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Al MITA di Brescia la storia persiana nella mostra Persia Felix

Al MITA di Brescia la storia persiana nella mostra Persia FelixMilano, 5 mar. (askanews) – Persia Felix è la seconda mostra di MITA a Brescia ed è un viaggio nell’impero persiano tra il 1500 e il 1700, dove si raccontano le città, le antiche dimore, i giardini, l’eleganza, quella cultura tanto libera, diffusa, felice attraverso tappeti della Collezione Zaleski e una serie di oggetti tra miniature e metalli.



Dalla capitale Isfahan, dalla quale provengono spettacolari tappeti fioriti a giardino – ha detto Giovanni Valagussa, curatore della mostra e della collezione di Fondazioen Tassara – andiamo a Heritz con i suoi tappeti invece geometrici e in seta, oppure ci spostiamo a Kirman che sviluppa una decorazione vegetale più essenziale e rarefatta di nobilissima indole, e raggiungiamo Tabriz a nord con il suo gusto più schematico e geometrico che si avvicina a quello del Caucaso. E non mancano alcuni tappeti più moderni che risalgono alla fine dell’Ottocento o inizio Novecento, con trionfi naturalistici di gusto quasi Art Nouveau, che sembrano grandi voliere multicolori con centinaia di curiose presenze zoomorfe. Una mostra su una Persia felice, colta ed elegantissima, che ci testimonia la sua grande tradizione e la varietà delle sue espressioni. Circa 40 manufatti, tra tappeti dalla collezione di Fondazione Tassara, insieme ad alcuni prestiti dalle collezioni di Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica (Genova) e The NUR Islamic Metalworks Collection (Milano), consentono di avere un panorama della cultura sviluppata nelle città fiorite durante l’impero safavide, in particolare tra il 1501 e il 1736, una sorta di Rinascimento persiano, grazie alla liberalità e all’apertura intellettuale dell’epoca, in grado di far crescere la società e di sviluppare le arti nella zona che oggi viene fatta coincidere con l’Iran.


I tappeti in mostra, originariamente realizzati per ornare palazzi e dimore di alto rango, sono arrivati in Europa soprattutto attraverso le esportazioni ottocentesche. Creazioni immaginifiche sul tema del giardino, in cui intrecci di tessuto diventano rami, sentieri, stagni e ruscelli abitati da un bestiario tra fantasia e documentario. Orsi e giaguari, cani e cavalli, daini e arieti animano anche le pagine miniate e calligrafate esposte, che testimoniano la millenaria tradizione letteraria della Persia, ricca di scrittori, filosofi, matematici, scienziati e poeti, i cui versi scandiscono l’allestimento e definiscono il percorso museale. Questo viaggio ha inizio grazie ai volumi di Jean Chardin (Parigi, Francia, 1643 – Chiswick, Gran Bretagna, 1713) autore dei Voyages de monsieur le chevalier Chardin en Perse et autres lieux de l’Orient (Viaggi del cavalier Chardin in Persia e in altri luoghi orientali), considerati fino a oggi come testimonianza attendibile, dettagliata e approfondita sulla storia e sulla società dell’epoca. Allo scritto di Chardin (presente in mostra un esemplare del 1686 con disegni di Grelot) è dedicato un video con la regia di Wladimir Zaleski e musica originale di ZÖJ, duo australiano e persiano che produce musica persiana contemporanea.


Il percorso si completa grazie ad alcuni rari oggetti in metallo che permettono di avere uno scorcio sulle attività quotidiane del periodo, spesso con funzioni legate al tema centrale dell’acqua: alcune brocche e un bacile dalle decorazioni fittissime e fluenti, a ghirigori e arabeschi, fino alle forme zoomorfe di una lampada a olio che si trasforma in una lepre dalle orecchie aguzze e di una maniglia in fattezze leonine con l’obiettivo di scoraggiare gli ospiti non graditi.