Art Basel 2023, la fiera milionaria che brilla come un museo
Art Basel 2023, la fiera milionaria che brilla come un museoBasilea, 14 giu. (askanews) – Il mondo dell’arte passa tutto di qui: nella piazza sovrastata dall’architettura di Herzog e de Meuron transitano i nomi che contano del Sistema del contemporaneo e insieme a loro migliaia di addetti ai lavori e visitatori. Art Basel è la fiera d’arte più importante al mondo e passandoci si capisce perché. Non si tratta solo delle 284 gallerie – oggettivamente le più importanti al mondo – o degli oltre 4mila artisti rappresentati: aspetti decisivi ovviamente, ma a questi va aggiunta la postura che la fiera assume qui a Basilea, il suo essere luogo che va oltre la dimensione commerciale – che è enorme e imprescindibile – per diventare qualcosa di più. Qualcosa che ha l’ambizione di fare il punto su ciò che succede davvero nel sistema dell’arte e di farlo al più alto livello possibile. E se questa considerazione sembra adattarsi alla perfezione per la sezione Unlimited, che storicamente ospita le opere di grandi dimensioni, le installazioni e i video e ha banalmente la stessa forza espositiva di una Biennale, è vera anche per la fiera vera e propria, per gli stand, per tutto quello che, sulla carta, dovrebbe essere più ordinario. Ma nei booth di Hauser & Wirth, oppure di Gagosian, di David Zwirner o di Paola Cooper, il livello della proposta è alto, a volte altissimo. Tanto da farci chiedere se non sia addirittura troppo per una fiera.
Poi però arrivano i numeri: per esempio quelli proprio di Gagosian, che ha fatto sapere che nel primo giorno di preview, aperto solo a inviti vip, sono già state vendute 40 opere, con prezzi che vanno da qualche centinaio di migliaia di dollari fino a 6 milioni. Prima ancora che la fiera sia ufficialmente aperta. Il che naturalmente fa riflettere anche sulla dimensione esclusiva – non solo per via di prezzi che a volte sembrano sfuggire a ogni possibile controllo, ma proprio per una questione di accesso, in senso più ampio – di questo smagliante mondo del contemporaneo. In un certo senso Art Basel qui a Basilea – la fiera ha importanti appendici nei nuovi luoghi globali dell’arte, come Hong Kong e Miami – è la somma di tante contraddizioni e la cartina di tornasole di un settore che porta avanti battaglie sociali e istanze politiche molto forti, grazie all’impegno degli artisti e dei galleristi che li sostengono, ma allo stesso tempo è anche un motore economico e di potere, un club chiuso ed esclusivo. Gentile, sorridente, a volte anche informale, ma pur sempre centro di potere. C’è però da dire – e in questo può avere influito anche il carisma e la preparazione di Vincenzo de Bellis, direttore di tutte le fiere di Art Basel – che la qualità delle proposte è molto spesso straordinaria e mostra in modo chiaro la differente rilevanza di questa fiera rispetto alle altre – seppur importanti – che si trovano in tutto il mondo. Le opere e gli artisti sono realmente quelli più rilevanti sulla scena e che si tratti di uno strabiliante Mark Rothko sui toni del giallo, oppure di una installazione di Ibrahim Mahama o ancora di una serie di immagini di Nan Goldin, la sensazione è quella di trovarsi dentro un museo, e non un museo qualsiasi, ma del livello – per dire – del MoMA di New York. Con in più il dinamismo e la frenesia del momento fieristico, con in più il grande passaggio del pubblico che conta e, ovviamente, la possibilità di staccare quelle opere dalle pareti degli stand e, potendoselo permettere, portarsele via. Perché poi a contare è soprattutto il mercato, i soldi che rendono possibile tutto questo. Ma, magari ingenuamente, è bello pensare che non ci sia solo questa dimensione, che ci sia bisogno di altro per farli girare questa soldi, e questo “altro” è la grandezza del lavoro di tanti degli artisti che le più brillanti gallerie del mondo hanno portato qui, al crocevia tra Svizzera, Francia e Germania, anche in questo mese di giugno insolitamente caldo all’epoca della vita umana nel cambiamento climatico.
(Leonardo Merlini)