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Assolatte: rivedendo norme vetuste settore sarebbe più competitivo

Assolatte: rivedendo norme vetuste settore sarebbe più competitivoRoma, 17 nov. (askanews) – Semplicemente rivedendo una normativa vetusta, risalente per molti aspetti ai primi del Novecento, si potrebbe aiutare il comparto lattiero caseario a diminuire i costi di produzione e renderlo, di conseguenza, più competitivo. E’ quanto ha spiegato in una intervista ad Askanews Massimo Forino, direttore di Assolatte, l’associazione aderente a Confindustria che rappresenta le industrie italiane del comparto lattiero-caseario, il primo settore dell’agroalimentare italiano. Una delegazione di Assolatte il 13 novembre scorso ha incontrato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, per “esaminare alcuni problemi che preoccupano molto il settore, veniamo da anni difficili”.

In un contesto complicato, tra fiammate inflattive e costi di produzione in salita, difficile accesso al credito, necessità di favorire l’ingresso di giovani nelle aziende e problemi di competitività, quale aiuto potrebbe arrivare al settore dalla politica? “Servirebbe rivedere completamente la struttura dei costi – dice Forino – perchè oltre a intervenire limitatamente sui prezzi dei prodotti bisognerebbe ridurre i costi di produzione. In Italia abbiamo una normativa in molte parti vetusta, che risale ai primi anni del Novecento. La definizione di formaggio – prosegue – è riportata in un regio decreto del 1925, quando il latte era un’altra cosa e l’industria quasi non esisteva. Semplicemente rivedendo una serie di norme vecchie alle quali devono sottostare agricoltori e industriali, senza intaccare qualità e sicurezza dei prodotti, si potrebbero ottenere dei costi di produzione inferiori e rendere il settore più competitivo, con una diminuzione anche dei prezzi di vendita, in un settore dove la marginalità è molto ridotta”. Proprio nell’incontro al Masaf con il ministro si è discusso del problema dei costi di produzione e dei costi agricoli, che sono esplosi tra il 2022 e il 2023. “A fronte di una disponibilità degli industriali a riconoscere prezzi crescenti – aggiunge il direttore di Assolatte ad Askanews – abbiamo visto il prezzo del latte alla stalla salire da 0,38 a dicembre 2021 a 0,60 centesimi a dicembre 2022. Ora siamo a 0,50 centesimi e il prezzo del latte medio di quest’anno probabilmente sarà di 0,52, quindi superiore alla media dell’anno scorso che fu 0,51. Quindi, sul prezzo del latte ci sono pochi margini e il mondo agricolo continua ad avere altissimi costi di produzione”. Per questo al ministro è stato segnalato anche il fatto che “a livello europeo il prezzo alla stalla è 0,43 centesimi, quindi è molto basso e questo pone un problema di competitività, perchè ci confrontiamo con prodotti esteri a prezzi molto più bassi”.

Alla distribuzione, invece, “i prezzi al dettaglio sono cresciuti in modo importante, con una percentule di aumento però inferiore a quella dei costi: i costi medi industriali sono aumentati del 24% e i fatturati del 18%. Quindi il differenziale sta erodendo i margini industriali. Ora – auspica Forino – speriamo che la situazione si stabilizzi, ma ci sono tensioni sulle materie grasse, su panna e burro: i prezzi all’ingrosso stanno mostrando una leggera risalita, speriamo non salgano troppo altrimenti la stabilizzazione dei prezzi al dettaglio incontrerà un ostacolo, mentre noi vogliamo fare arrivare i prezzi a livelli più vicini alla capacità di spesa degli italiani”. E se è vero che il carrello degli italiani sta diventando sempre più leggero quanto a prodotti ma sempre più pesante quanto al prezzo, Forino precisa che “una cosa sono gli aumenti percentuali e una cosa gli aumenti assoluti: fino al 2021 un italiano medio spendeva in latticini 0,85 centesimi al giorno. Dopo l’esplosione dei costi siamo arrivati a 0,92-0,93 centesimi al giorno. Quindi c’è l’inflazione e ha colpito anche il nostro settore, ma l’incidenza assoluta dei costi di produzione è abbastanza ridotta rispetto ad altri settori. Non è quella del lattiero-caseario la voce che dovrebbe preoccupare gli italiani”.

Ovviamente, gli aumenti dei costi agricoli e di produzione rendono più complicati gli investimenti, anche perché “è completamente cambiata la logica del credito. Fino a 2 anni fa si ottenevano mutui a tassi interessanti – ricorda Forino – sotto il mezzo punto percentuale, ora siamo al 4,5% e questo incide sia sugli investimenti per gli adeguamenti alle nuove logiche di maggiore sostenibilità ambientale e per le normative europee sulle plastiche sia per i prodotti stagionati che ricorrono al credito impegnando il formaggio in garanzia”. Ultimo ma non ultimo, nel settore lattiero-caseario c’è un problema di ricambio generazionale e di figure professionali specifiche: le aziende segnalano difficoltà a trovare personale qualificato che sostituisca le fasce anziane, anche se la maggior parte dei dipendenti nelle aziende del settore caseario ha tra 50 e 60 anni. “Spesso ci viene segnalato un problema nel trovare manutentori e tecnici – dice il direttore di Assolatte – C’è un problema di mancanza di giovani, eppure questo è un settore che ha tenuto e che è in forte sviluppo, con una domanda di lavoratori in crescita. speriamo che si possano fare azioni di formazione per favorire l’accesso di nuove generazioni”. “E’ vero che la cucina italiana tira ma non dobbiamo fare tutti l’alberghiero: servono tecnologi alimentari, veterinari, manutentori, periti industriali, perché quello che arriva in tavola parte da processi industriali gestiti da esperti”.

Infine, una notazione sul ddl sul cibo sintetico approvato ieri alla Camera in via definitiva, visto che anche nel settore del latte si parla da un po’ di tempo delle opportunità della produzione in vitro. “Noi siamo d’accordo sull’andare con i piedi di piombo e usare denominazioni corrette. C’è una questione di sicurezza alimentare che riguarda ad esempio anche le proteine del latte. C’è anche un tema di brevettabilità dei processi – spiega Forino – oggi il latte si ottiene dalla mungitura di animali: pensare che venga sostituito in tutto o in parte da prodotti ottenuti in fermentatori di grandi gruppi industriali spaventa. E poi c’è il tema della denominazione: se in futuro questi prodotti fossero sicuri e immessi sul mercato, questo per noi non sarebbe latte, bisognerà (come è stato fatto con i prodotti di origine vegetale, ndr) normare la definizione, avere specifiche sanitarie, fare una valutazione di impatto sull’economia. Sul tavolo c’è anche un tema sociale, visto che il comparto lattiero caseario è il primo settore dell’industria agroalimentare europea e non solo italiana”. “Noi – conclude il direttore di Assolatte – pensiamo che questa battaglia va fatta a livello europeo. L’obiettivo di fare una norma nazionale per poi arrivare a fare una norma armonizzata in Europa, è un percorso rischioso ma valido”.