Aumenta il numero degli statali, ma nei concorsi 2 su 10 poi rinunciano al posto
Aumenta il numero degli statali, ma nei concorsi 2 su 10 poi rinunciano al postoRoma, 16 mag. (askanews) – Dopo l’ennesimo calo registrato nel 2021, a fine 2022 tornano a crescere i dipendenti pubblici in Italia, che raggiungono 3.266.180 unità, il valore il più alto dell’ultimo decennio, +0,8% in un anno. Il segnale positivo di una P.A. che dà segnali di cambiamento e torna ad assumere, ma ha ancora un numero di lavoratori basso (inferiore ai principali paesi europei in proporzione sia alla popolazione che agli occupati), un’età media alta, pochi giovani, poca formazione e una carenza di tecnici e profili specialistici per cogliere le sfide del Pnrr. Nel lavoro pubblico si segnala la crescita del lavoro a tempo determinato, su 100 contratti a tempo indeterminato ce ne sono 15 flessibili, e la difficoltà di reclutamento di fronte a una vera e propria competizione sul talento con il settore privato e tra le stesse amministrazioni. È quanto emerge dall’Indagine sul Lavoro pubblico realizzata da Fpa, società del Gruppo Digital360, presentata questa mattina a Forum Pa 2023 ‘Ripartiamo dalle Persone’, la manifestazione in programma fino al 18 maggio presso il Palazzo dei Congressi di Roma.
La nuova dinamica vede una forte ripresa dei concorsi, ma anche una diminuzione dei candidati e un aumento delle rinunce. Da inizio 2021 a giugno 2022 si sono presentati appena 40 candidati per ogni posto messo a bando, un quinto rispetto ai 200 di media nel biennio precedente, e mediamente due vincitori su dieci hanno rinunciato al posto, con punte del 50% di rinunce per quelli a tempo determinatoi. A causa dell’affollamento delle selezioni nell’ultimo biennio, si sono spesso verificate candidature multiple e vincitori in più posizioni (il 42% ha partecipato a più di un concorso e il 26% è risultato idoneo in almeno due), in una concorrenza tra enti per cui l’8,6% dei 150mila assunti per concorso nel 2021 era già un dipendente pubblico. E l’inedito potere di scelta dei candidati spinge sempre meno persone ad accettare il trasferimento al Nord, dove l’affitto impegna quasi il 50% dello stipendio di un laureato neoassunto, contro il 18- 23% in una città metropolitana del Sudii. La PA è chiamata ad assumere innanzitutto per mantenere l’operatività degli enti: entro il 2033 oltre 1 milione di dipendenti pubblici saranno obbligati ad andare in pensione, circa uno su tre. Alcune amministrazioni dovranno sostituire più di metà del personale in servizio, ma in valori assoluti le uscite più significative saranno per scuola (463.257), sanità (243.130) e enti locali (185.345). E la PA deve far decollare le assunzioni per la tenuta del sistema pensionistico: nel 2023, nel pubblico si contano 94,8 pensioni erogate ogni 100 contribuenti attivi (erano 73 nel 2022). ‘L’indagine evidenzia per il settore pubblico alcuni effetti della trasformazione del mercato del lavoro già emersa nel privato – commenta Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA -. Da un lato, oggi i lavoratori danno meno importanza al ‘posto fisso’ in favore di aspetti come benessere, motivazione, formazione o lavoro agile. Dall’altro, in una scarsità di personale qualificato, si evidenzia una nuova competizione tra pubblico e privato sui profili tecnici e tra amministrazioni, a causa dell’ingorgo di concorsi. Una condizione che impone alla PA di diventare più attrattiva come datore di lavoro, acquisendo nuovi strumenti di employer branding e presentando ai candidati un’offerta completa di welfare aziendale, smart working, possibilità concrete di crescita professionale e retributiva’.
‘La Pubblica Amministrazione, anche grazie alla spinta dei fondi europei, oggi appare in evoluzione, ma per accompagnare i grandi processi di trasformazione del paese deve compiere un ulteriore cambio di passo, imparando sul campo il mestiere del datore di lavoro – dice Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA -. Servono proposte concrete per attrarre nuovi talenti e valorizzare le persone che già lavorano nel pubblico. A FORUM PA faremo la nostra parte, con idee e strumenti pratici come i ‘tavoli di lavoro’ organizzati con i Direttori personale delle più importanti amministrazioni insieme a manager pubblici e privati per analizzare modelli di successo e nuove idee di una PA che deve ‘ripartire dalle persone”. ‘La PA italiana si trova oggi ad affrontare sfide complesse, come quelle dei progetti del PNRR, che richiedono professionalità tecniche avanzate di cui oggi spesso non dispone – afferma Andrea Rangone, Presidente DIGITAL360 -. Ma proprio le future assunzioni del settore pubblico, di fatto il più grande datore di lavoro del Paese, rappresentano l’opportunità di orientare il sistema di istruzione verso l’innovazione e le competenze del futuro. Un’occasione per formare i profili tecnico-specialistici di cui l’Italia ha bisogno per le sfide della transizione digitale e sostenibile’. Il numero dei dipendenti pubblici. Al 31 dicembre 2021 i dipendenti pubblici erano 3.239.000, dopo l’ennesimo anno di stasi in cui circa 178.000 ingressi avevano solo tamponato l’uscita di 184.000 persone. Le stima della Ragioneria dello Stato per il 2022 offre segnali più ottimistici: con 3.266.180 persone, l’incremento annuo è di circa 27.000 unità. Un aumento soprattutto nel comparto Scuola con 14.400 unità in più (+1,2%) e Sanità con 9.000 persone (+1,3%). Nel 2022 cresce la spesa totale per i redditi da lavoro dipendente nella PA, circa 187 miliardi (contro i 177 del 2021), ma è in calo la spesa pro-capite per il reddito dei dipendenti (calcolata a prezzi costanti del 2022, depurata dall’inflazione): è di 57.200 euro, rispetto ai 59.000 euro del 2021 e risulta la più bassa dal 2015.
Secondo i dati a consuntivo, nel 2021 il numero dei contratti a tempo indeterminato ha raggiunto il minimo storico di 2.932.529 persone, il livello più basso dal 2001. Mentre quelli flessibili sono oltre 437.000, 22.000 in più rispetto all’anno precedente. Nella PA, su 100 contrati stabili ce ne sono 15 flessibili. Il 68% di questiè assorbito da Istruzione e ricerca, dove i precari sono 297.000 (il 30% del comparto), il 14% nella Sanità, circa 63.000, in forte crescita per il reclutamento dellapandemia. Nel 2021 gli assunti per concorso sono stati oltre 150.000, ma I’8,6% era già un dipendente pubblico. Analizzando i comparti delle funzioni centrali e locali, la sanità e quello dell’istruzione e della ricerca (al netto della scuola), la competizione tra amministrazioni ha riguardato l’8,6% dei vincitori di concorso che sono in realtà già dipendenti pubblici. Tra tutti i comparti, spiccano le Funzioni locali, terze per numero di assunzioni da concorso, che presentano un’incidenza percentuale di personale già dipendente pari al 15,6%. Dal suo esordio alla fine del 2021 e fino a metà marzo 2023 sul portale InPA (che dal 31 maggio del 2023 diverrà l’unico canale per la pubblicazione dei bandi di concorso), si contano 2.210 bandi (767 procedure ancora aperte, 1.443 chiuse) per un totale di 34.860 posti, di cui 1.000 banditi nel 2021, 14.630 nel 2022 e 19.230 nel 2023. Dei posti messi a bando, il 4% sono per incarichi di collaborazione, il 24% per assunzioni a tempo determinato, il 72% per assunzioni a tempo indeterminato. Gli stipendi privati crescono più in fretta di quelli pubblici e li raggiungono. Confrontando la dinamica salariale, il settore pubblico è stato nettamente in vantaggio sul privato fino al blocco contrattuale del 2010: nel 2009 l’indice della retribuzione oraria (base 2015=100) era a 98 per il settore pubblico contro 88,8 nel settore privato. Poi, anche a causa del blocco contrattuale, i settori si sono avvicinati e nel 2022 sono appaiati (106,1 nel pubblico e 105,4 nel privato). Ma è più netta a vantaggio del privato la differenza nell’istruzione e della ricerca dove nel 2022 il privato spunta un indice di 108,6 contro 104,7 del pubblico. In vantaggio il privato anche nella sanità, dove l’indice del privato è 107,7, mentre nel pubblico resta a 105,5.
I nuovi contratti stipulati nel 2022, ma relativi agli anni 2019-2021, sono un’importante novità sul lavoro pubblico: valorizzano le professionalità e introducono la ‘quarta area’ delle Elevate Professionalità, che rappresenta un futuro sbocco professionale per i funzionari già presenti nell’amministrazione. All’interno dei contratti è forte la spinta alla formazione ed è inserita la distinzione – dopo anni di home working – tra lavoro agile e lavoro da remoto. Nelle PA, nonostante le assunzioni, nel 2021 l’età media del personale stabile è 50,7 anni (49,9 anni per gli uomini, 51,4 per le donne). Nel 2001 era di 44,2 anni. L’età media di entrata è passata in vent’anni da 29,3 a 34,3 anni. Gli impiegati pubblici con meno di trent’anni sono il 4,8%, si riducono al 3,6% solo tra il personale stabile. Nei Ministeri, negli enti locali e nella scuola abbiamo solo due giovani di meno di trent’anni assunti stabilmente ogni cento impiegati. Il confronto con i dipendenti stabili che hanno più di 60 anni è impietoso: nei Ministeri abbiamo lo 0,7% persone di meno di trent’anni, ma il 29,3% sopra i 60 anni. Nelle funzioni locali sono l’1,8% contro il 20,8% di ‘anziani’, nella scuola addirittura lo 0,3% contro il 22,8% di persone sopra i 60 anni.
L’Italia continua ad avere un numero totale di impiegati pubblici nettamente inferiore a quello dei principali paesi europei, sia in proporzione alla popolazione (5,5 impiegati pubblici ogni 100 abitanti, mentre sono 6,1 in Germania; 7,3 in Spagna; 8,1 in UK; 8,3 in Francia), che in proporzione agli occupati (14 impiegati pubblici ogni 100 occupati contro il 16,9 in UK, il 17,2 in Spagna, il 19,2 in Francia).
Dai dati a consuntivo del Conto Annuale della Ragioneria dello Stato si rileva che in tredici anni, dal 2008 al 2021, la spesa per la formazione dei pubblici dipendenti è quasi dimezzata, da 301 milioni di euro reali del 2008 ai 158,9 del 2021. Il numero di giorni di formazione è sceso dal massimo di 4,9 milioni del 2008 ai 2,9 milioni del 2021, meno di un giorno in media per dipendente. Il piano straordinario del ministro Brunetta non ha raggiunto, per ora, gli obiettivi annunciati: a settembre 2022 si contano poco più di 55.000 dipendenti entrati in formazione su 3,2 milioni e solo 2.500 dipendenti immatricolati nelle 65 università aderenti al piano ‘PA 110 e lode’. La PA però è composta da sempre più laureati che sono ora il 43,8% del totale, con una crescita di ben il 27,3% rispetto al 2011. Un dato destinato a crescere perché il 90% dei concorsi sul portale InPA richiede la laurea (esclusi quelli per Forze dell’ordine, di vigilanza e Forze armate).