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Autore: Redazione StudioNews

Iberdrola costruirà in Sicilia maggiore parco fotovoltaico italiano

Iberdrola costruirà in Sicilia maggiore parco fotovoltaico italianoRoma, 27 feb. (askanews) – Il gruppo Iberdrola ha firmato un accordo con la IB Vogt, impresa specializzata nel settore fotovoltaico per la costruzione di un parco da 245 MegaWatt in Sicilia. Lo riporta Servimedia, secondo cui si tratta del più grande progetto di questo tipo nella Penisola.


Con un comunicato Iberdrola ha riferito che il progetto è stato battezzato “Fenice” (Fénix) e che partirà già dal mese di marzo. Dovrebbe, una volta completato, essere in grado di fornire energia verde per circa 140.000 famiglie, una popolazione analoga a quella della città di Catania. Iberdrola stima di impiegarvi in maniera diretta fino a 500 lavoratori nella fase di costruzione e più di 100 addetti durante la fase operativa di funzionamento dell’impianto.

Effetto Sardegna sul centrodestra, si tenta la quadra sulle amministrative

Effetto Sardegna sul centrodestra, si tenta la quadra sulle amministrativeRoma, 27 feb. (askanews) – Sminuire la portata dello smacco subito. “Perchè, è successo qualcosa?”, si dice tra il serio e il faceto. Aggrapparsi ai numeri come potessero essere letti fuori dal contesto. “Le liste sfiorano il 50% dei voti, non c’è nessun calo per il centrodestra”. Continuare a mostrarsi compatti, per esempio vergando una nota congiunta come non accadeva da mesi. Nel day after delle elezioni perse in Sardegna, con Paolo Truzzu battuto da Alessandra Todde, per la coalizione di governo più che il giorno dell’autocritica è la fiera della polvere sotto il tappeto.


E’ vero, Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini ammettono, nel comunicato congiunto, che si è trattato di “una sconfitta” e promettono che ci ragioneranno “insieme per valutare i possibili errori commessi”. Ma tutti si affrettano a dire che comunque non c’è nessun effetto sul governo o sulla coalizione. E tuttavia, l’analisi del voto sembra diversa a seconda della campana che si ascolta. La Lega, per esempio, con il vice segretario Andrea Crippa, pur usando toni accomodanti, di fatto invita i meloniani “ad ascoltare i territori, a considerare le capacità e non solo i rapporti di forza”. Fratelli d’Italia ammette di aver sottovalutato che forse Truzzu era poco sostenuto dalla sua stesa città, ovvero Cagliari, ma nega che il problema nasca da una imposizione della presidente del Consiglio a dispetto degli alleati. Giovanni Donzelli lo dice apertamente a Maurizio Gasparri nella riunione che a mezzogiorno si tiene alla Camera per discutere dei prossimi appuntamenti delle amministrative. “Parlare di presunta arroganza non va bene”, afferma. Ce l’ha in particolare con l’intervista dell’azzurro Giorgio Mulè che parla esplicitamente di “prove di forza”. Insomma, le tensioni restano e nulla fa pensare che i prossimi mesi, con le Europee all’orizzonte, tenderanno a calare.


Al di là della strategia comunicativa, però, la sconfitta brucia. Soprattutto alla premier. Lo ammette, scherzando, nell’incontro con i giornalisti della stampa estera. “Mi invitate nel giorno in cui perdo le elezioni in Sardegna e sto pure facendo la Quaresima e non posso neanche affogare i miei dispiaceri nell’alcol”. E’ il suo primo passo falso elettorale dalla vittoria delle Politiche, per di più dopo aver insistito perché la lega mollasse Solinas per fare posto al candidato con il marchio di fabbrica meloniano. Ora non bisogna fallire i prossimi appuntamenti. Quello con le Regionali in Abruzzo, già guidate da Fdi con Marco Marsilio, è praticamente dietro l’angolo. Si vota il 10 marzo e per il 5 i tre leader si sono già dati appuntamento per un comizio tutti insieme a Pescara. E ormai non manca poi molto nemmeno alle elezioni in Basilicata dove Forza Italia chiede la riconferma di Vito Bardi. Ed è proprio questo uno dei nodi che si sta cercando di sciogliere in queste ore. Nella strategia messa a punto da centrodestra per cercare di far dimenticare il più in fretta possibile lo scivolone sardo, oltre che i sospetti e i veleni tra alleati che ne sono conseguiti, si è infatti deciso di provare ad accelerare proprio sui nomi dei candidati per le prossime tornate amministrative comprese alcune grandi citta come Bari o Firenze e la Regione Umbria che pure va al voto in autunno. L’accordo, viene riferito, è all’attenzione di leader e non è escluso che venga ufficializzato in tempi rapidi.


Ma c’è una scadenza più di tutte all quale guardano Meloni, Salvini e Tajani. Ed è quello delle Europee, dove il “si vince insieme e si perde insieme” di queste ore svanisce di fronte al sistema di voto proporzionale. E la presidente del Consiglio, assicurano, è sempre più tentata di guidare la partita in tutte le circoscrizioni per dimostrare che la sua leadership è salda. Sarà anche per questo che il capogruppo di Fratelli d’Italia invita tutti alla prudenza nel valutare questa sconfitta. “Rivediamoci l’11 giugno e ne parliamo”, afferma.

Effetto Sardegna su centrodestra, si tenta quadra su amministrative

Effetto Sardegna su centrodestra, si tenta quadra su amministrativeRoma, 27 feb. (askanews) – Sminuire la portata dello smacco subito. “Perchè, è successo qualcosa?”, si dice tra il serio e il faceto. Aggrapparsi ai numeri come potessero essere letti fuori dal contesto. “Le liste sfiorano il 50% dei voti, non c’è nessun calo per il centrodestra”. Continuare a mostrarsi compatti, per esempio vergando una nota congiunta come non accadeva da mesi. Nel day after delle elezioni perse in Sardegna, con Paolo Truzzu battuto da Alessandra Todde, per la coalizione di governo più che il giorno dell’autocritica è la fiera della polvere sotto il tappeto.


E’ vero, Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini ammettono, nel comunicato congiunto, che si è trattato di “una sconfitta” e promettono che ci ragioneranno “insieme per valutare i possibili errori commessi”. Ma tutti si affrettano a dire che comunque non c’è nessun effetto sul governo o sulla coalizione. E tuttavia, l’analisi del voto sembra diversa a seconda della campana che si ascolta. La Lega, per esempio, con il vice segretario Andrea Crippa, pur usando toni accomodanti, di fatto invita i meloniani “ad ascoltare i territori, a considerare le capacità e non solo i rapporti di forza”. Fratelli d’Italia ammette di aver sottovalutato che forse Truzzu era poco sostenuto dalla sua stesa città, ovvero Cagliari, ma nega che il problema nasca da una imposizione della presidente del Consiglio a dispetto degli alleati. Giovanni Donzelli lo dice apertamente a Maurizio Gasparri nella riunione che a mezzogiorno si tiene alla Camera per discutere dei prossimi appuntamenti delle amministrative. “Parlare di presunta arroganza non va bene”, afferma. Ce l’ha in particolare con l’intervista dell’azzurro Giorgio Mulè che parla esplicitamente di “prove di forza”. Insomma, le tensioni restano e nulla fa pensare che i prossimi mesi, con le Europee all’orizzonte, tenderanno a calare.


Al di là della strategia comunicativa, però, la sconfitta brucia. Soprattutto alla premier. Lo ammette, scherzando, nell’incontro con i giornalisti della stampa estera. “Mi invitate nel giorno in cui perdo le elezioni in Sardegna e sto pure facendo la Quaresima e non posso neanche affogare i miei dispiaceri nell’alcol”. E’ il suo primo passo falso elettorale dalla vittoria delle Politiche, per di più dopo aver insistito perché la lega mollasse Solinas per fare posto al candidato con il marchio di fabbrica meloniano. Ora non bisogna fallire i prossimi appuntamenti. Quello con le Regionali in Abruzzo, già guidate da Fdi con Marco Marsilio, è praticamente dietro l’angolo. Si vota il 10 marzo e per il 5 i tre leader si sono già dati appuntamento per un comizio tutti insieme a Pescara. E ormai non manca poi molto nemmeno alle elezioni in Basilicata dove Forza Italia chiede la riconferma di Vito Bardi. Ed è proprio questo uno dei nodi che si sta cercando di sciogliere in queste ore. Nella strategia messa a punto da centrodestra per cercare di far dimenticare il più in fretta possibile lo scivolone sardo, oltre che i sospetti e i veleni tra alleati che ne sono conseguiti, si è infatti deciso di provare ad accelerare proprio sui nomi dei candidati per le prossime tornate amministrative comprese alcune grandi citta come Bari o Firenze e la Regione Umbria che pure va al voto in autunno. L’accordo, viene riferito, è all’attenzione di leader e non è escluso che venga ufficializzato in tempi rapidi.


Ma c’è una scadenza più di tutte all quale guardano Meloni, Salvini e Tajani. Ed è quello delle Europee, dove il “si vince insieme e si perde insieme” di queste ore svanisce di fronte al sistema di voto proporzionale. E la presidente del Consiglio, assicurano, è sempre più tentata di guidare la partita in tutte le circoscrizioni per dimostrare che la sua leadership è salda. Sarà anche per questo che il capogruppo di Fratelli d’Italia invita tutti alla prudenza nel valutare questa sconfitta. “Rivediamoci l’11 giugno e ne parliamo”, afferma.

Schlein festeggia vittoria Sardegna e rilancia: uniti si vince, avanti così

Schlein festeggia vittoria Sardegna e rilancia: uniti si vince, avanti cosìRoma, 27 feb. (askanews) – Il Pd prova a cavalcare l’onda del successo in Sardegna, la vittoria insperata di Alessandra Todde ridà slancio ai democratici che cercano da tempo di convincere M5s ad una alleanza stabile ma per capire quanta strada ancora ci sia da fare basta confrontare i ‘post’ che pubblicano Elly Schlein e Giuseppe Conte sui social network. Se la leader Pd mostra una foto in cui è insieme a leader 5 stelle e alla Tode, l’ex premier non si ‘ricorda’ mai dell’alleata, negli scatti compare da solo o a fianco della neo-presidente della Sardegna. Due visioni diverse che permangono e non a caso la Schlein prova subito a rilanciare: “E’ una bella vittoria dei sardi, di Alessandra (Todde, ndr) e poi di tutta la coalizione. E’ stata una bella vittoria di squadra”, dice la leader democratica in Tv e praticamente in ogni occasione pubblica. “Adesso si continua, testardamente unitari, perché uniti si vince”, aggiunge.


Ma la leader Pd è solo la prima voce di un coro che si leva praticamente da tutto il partito, persino dalla minoranza che pure non è entusiasta di una prospettiva di abbraccio esclusivo con M5s. Anche il padre nobile del Pd Romano Prodi interviene per dire che “Il centro-sinistra più si unisce, più vince, non c’è niente fare”, ma davvero tutti i democratici si fanno sentire. Per Nicola Zingaretti “essere uniti non vuol dire automaticamente vincere ma andare divisi vuol dire automaticamente perdere”. Soprattutto, aggiunge, “è un fatto politico da cui deriva il dovere di provarci: contenuti chiari, cultura unitaria. Come sta facendo il Pd con Elly Schelin”. Giuseppe Provenzano dice “viva Alessandra Todde e il Pd, primo partito che lavora per l’unità”. Francesco Boccia sottolinea che “in Sardegna abbiamo provato a costruire uno schieramento grande e non siamo noi che ci siamo sottratti. Il Pd continuerà a lavorare in questa direzione”. Pierluigi Bersani annuncia uno “squillo di tromba” che è arrivato con il voto sardo e aggiunge: “Adesso, tutti in Abruzzo!”.


Abruzzo dove il campo è proprio largo, perché a sostegno del candidato Luciano D’Amico ci sono tutti, da M5s fino a Italia viva. E questo è il modello a cui guarda la minoranza, da Stefano Bonaccini a Lorenzo Guerini. Archiviati i malumori per le mancate primarie in Sardegna adesso tutti – a cominciare dal presidente Pd – festeggiano la vittoria e riconoscono alla Schlein il merito del successo. Le polemiche sul terzo mandato finiscono nel cassetto, almeno per ora, ma il timore di ‘Energia popolare’ è proprio quello rapporto quasi esclusivo Pd-M5s e non a caso Guerini fa appello anche ai centristi, chiede che capiscano l’importanza di schierarsi con il centrosinistra e che abbandonino le velleità terzopoliste. Una richiesta che da un lato è dettata da una preoccupazione politica, quella appunto di un Pd che guarda solo verso sinistra, ma dall’altra è imposta dall’aritmetica, perché anche il voto sardo – se si guardano le liste e non solo il risultato della Todde – conferma che tra centrosinistra e centrodestra c’è ancora uno divario importante. In Sardegna è stata la neo-presidente a colmarlo, raccogliendo 43mila voti in più rispetto alla somma dei partiti che la sostenevano. Ma non ci sarà sempre una Todde a coprire il distacco, per essere competitivi con la destra servono molti più voti di quelli che possono allo stato raccogliere Pd, M5s e Verdi-Sinistra.


Un tema che hanno ben chiaro in realtà anche i dirigenti che sostengono la segretaria. “Ma avremo modo di occuparcene”, dice un esponente della segreteria. “Intanto Calenda ha aperto”, fa notare. Un’apertura salutata dalla Schlein come “positiva”. Ma in prospettiva, aggiunge l’esponente della segreteria, “se il centro non riuscisse a organizzarsi come un soggetto in grado di raccogliere i consensi più moderati, potremmo essere noi del Pd a farloà”. Un po una riedizione della vocazione maggioritaria, ma che verrebbe attuata a tempo debito, dopo aver intanto consolidato il voto più tradizionalmente di sinistra. E come dice sorridendo un altro dirigente ‘schleiniano’, “va a finire che la vocazione maggioritaria la facciamo noi senza annunciarla”. Ci sarà tempo per questi ragionamenti, la segretaria per ora si gode la vittoria: “Non potevo trovare un modo migliore di festeggiare un anno di segreteria. E’ passato un anno dalle primarie. E’ la dimostrazione che la direzione intrapresa un anno fa è quella giusta”.

Lega a Meloni: dopo Sardegna “modello Cav”: non si vince da soli

Lega a Meloni: dopo Sardegna “modello Cav”: non si vince da soliMilano, 27 feb. (askanews) – L’ordine di scuderia è chiaro fin da ieri: evitare polemiche, accuse incrociate, rimpalli di responsabilità, caccia i colpevoli. Ma sotto la patina dell’unità le tensioni nel centrodestra restano: e seppure con toni pacati, la Lega non fa mistero delle aspettative per un cambio di registro nei rapporti tra i partiti, quando si tratta di scegliere i candidati per le elezioni amministrative. Matteo Salvini indossa i panni del saggio: “Ogni tanto cadere può servire a fare un esame per fare di più e meglio. Non do la colpa a Truzzu, si è trattato di un voto sardo per i sardi così come il 10 marzo sarà un voto in Abruzzo per gli abruzzesi”.


Il vicesegretario Andrea Crippa lo dice più chiaramente: “Bisogna ascoltare i territori, considerare le capacità e non solo i rapporti di forza”. Perchè archiviata con la sconfitta di Paolo Truzzu la destituzione di Christian Solinas, ora la Lega guarda alle altre realtà locali che andranno al voto. Con in testa un nome in particolare: quello di Luca Zaia. La convinzione del Carroccio è che la lezione sarda non può essere ignorata: “Non basta il consenso nazionale per vincere sui territori. Bisogna scegliere il candidato giusto, quello che rappresenta meglio le istanze locali”. Un ragionamento che per il Carroccio non ha una impersonificazione più naturale che nel governatore del Veneto, da 15 anni alla guida della Regione. Ecco allora che la Lega vuole tornare alla carica per l’eliminazione del limite di due mandati, che già nelle settimane scorse ha mandato in fibrillazione la maggioranza. Del resto, prosegue il ragionamento leghista, “se scegli il candidato sbagliato l’esito è quello della Sardegna: il dato di Cagliari dice tutto…”, insistono i leghisti guardando alla debacle di Truzzu nella città da lui amministrata. Discorso in qualche modo scivoloso, per i leghisti, alla prese con l’accusa di aver alimentato il voto disgiunto che ha penalizzato Truzzu: “Non scherziamo, lo escludiamo categoricamente”, ribadiscono i leghisti. Con ancora Andrea Crippa che ammonisce: “A me hanno insegnato che in politica come nella vita bisogna saper vincere ma soprattutto saper perdere. Quando perdi non vai a cercare capri espiatori altrove. Il voto disgiunto è una scelta spontanea che hanno fatto alcuni elettori”.


La sintesi la tira un parlamentare di lungo corso del Carroccio: “Ora è ovvio che ci si aspetta una riflessione: l’auspicio è che Meloni entri nella modalità Berlusconi. Quando il partito più grande e che esprimeva il leader era consapevole di vincere grazie alla coalizione. Un atteggiamento del tutto diverso da chi pensa che la coalizione vince perchè vince lui…”. Il primo banco di prova non è lontano: si attende il ritorno al principio della riconferma degli uscenti per i prossimi passaggi, dalla BAsolicata all’Umbria fino, appunto, al Veneto.

Pd più vicino dopo Sardegna ma su”campo largo”M5S frena: ‘campo giusto’

Pd più vicino dopo Sardegna ma su”campo largo”M5S frena: ‘campo giusto’Roma, 27 feb. (askanews) – La vittoria inattesa della candidata M5S-Pd in Sardegna, Alessandra Todde, non chiude, anzi ravviva la discussione sulle due versioni dell’alleanza dei “progressisti” o del centrosinistra, per utilizzare un termine un po’ desueto. Dovrebbe essere una alleanza stabile e vincolante, come la vorrebbe il Partito democratico che pensa ancora al “campo largo” aperto ai vari partitini centristi usciti in qualche modo ridimensionati dal flop di Renato Soru nell’isola, oppure un “campo giusto” come ripete Giuseppe Conte anche nel day after di Cagliari, rivendicando l’obiettivo di lavorare solo “insieme a forze politiche che siano compagni di viaggio affidabili”?


Di sicuro un successo “che poteva essere più largo senza la defezione di Renato Soru”, come sottolinea la vicepresidente del gruppo M5S al Senato Alessandra Maiorino, rafforza un punto che è certamente condiviso fra Conte e la segretaria del Pd Elly Schlein: non c’è alleanza che possa ambire a battere le destre senza una delle due forze principali delle opposizioni. “Si è affermato un principio”, commenta rigorosamente a taccuini chiusi un dirigente dem, moderatamente ottimista sulla possibilità che l’esito delle elezioni sarde possa sciogliere qualche nodo anche per le prossime scadenze: “Se facciamo l’accordo in Basilicata, a quel punto può scattare qualcosa anche in Piemonte”. La visione politica sullo scenario complessivo, però, rimane distante: “Non c’è bisogno – spiega ancora al cronista la senatrice Maiorino – di essere identici per fare degli accordi tra forze diverse, altrimenti faresti una fusione. Il fronte progressista va costruito ma deve esserci comunanza di valori: se Italia viva è una forza liberista, la nostra non è una antipatia politica ma una lontananza. Per questo preoccupa che il Pd continui a parlare semplicemente di campo largo”, aggiunge, riservando una battuta sarcastica al leader di Iv Matteo Renzi, che ha parlato di “spazi” che si aprono in vista delle europee per le forze centriste: “Le solite praterie che vede solo lui”. Quanto al leader di Azione Carlo Calenda, che ha aperto ad alleanze alle regionali, “ultimamente sta scoprendo un sacco di cose, è un timido corteggiamento”, taglia corto l’esponente stellata. Maiorino sottolinea il fatto che da certe sensibilità “riformiste” finora sia emersa “solo una miopia politica: a che serve lavorare, come ha fatto Renato Soru, per staccare il Pd dal M5S?” Ma sui potenziali sviluppi delle intese, che nel Pd qualcuno intravede possibili, la fedeltà alla linea ufficiale resta granitica: “La Sardegna rappresenta un modello di percorso condiviso, con una candidata credibile che non era solo una 5 stelle ma un riferimento per il territorio”. Se il Pd pensasse di essere in credito dopo il successo della fedelissima di Conte nell’isola, sbaglierebbe: “Ogni territorio ha le sue particolarità, su qualsiasi candidatura in Piemonte bisognerà vedere cosa pensano i piemontesi”.


La Sardegna, insomma, potrebbe rimanere un episodio isolato. E in ogni caso i tempi di evoluzione delle intese non sono necessariamente immediati. Difficile immaginare che prima dell’esito delle elezioni in Abruzzo (dove il candidato civico Luciano D’Amico corre per un campo largo più sul modello gradito al Pd) il negoziato fra il Nazareno e via di Campo Marzio si avvii a una conclusione positiva. “Ci sono situazioni sul territorio – confida un dirigente M5S molto vicino a Conte – che forse non consentono di superare tutti gli ostacoli. Ma la partita non è chiusa”.

Meloni scherza sulla sconfitta in Sardegna e confessa: non amo stare a Palazzo Chigi, per questo posso restarci

Meloni scherza sulla sconfitta in Sardegna e confessa: non amo stare a Palazzo Chigi, per questo posso restarciRoma, 27 feb. (askanews) – “So che da me ci si aspetta un intervento leggero e divertente, ma non ero leggera a 15 anni, figuriamoci dopo 16 mesi a Palazzo Chigi. In più mi invitate nel giorno in cui perdo le elezioni e sto facendo la quaresima, non posso affogare neppure i miei dispiaceri nell’alcol… non è la giornata migliore per aspettarsi simpatia e allegria…”. Lo ha detto, scherzando, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel corso di un incontro con i corrispondenti della stampa estera.


“Sono giornalista come voi – ha proseguito la premier – ma sono soprattutto sono una persona che ha impegnato i due terzi della sua esistenza nell’impegno politico, che considero la più straordinaria forma di impegno civile. Non avrei mai immaginato di arrivare dove sono, non amo starci e potrei rimanerci più degli altri proprio per questa ragione”. “Un mio collaboratore – ha aggiunto – dice che il mio motto è ‘moriremo tutti’: non sono ottimista, vedo sempre il bicchiere mezzo vuoto, ma vedendo sempre lo scenario peggiore possibile sono in grado di affrontare tutti gli scenari”. “Nessuno dei miei sogni nel cassetto – ha confessato – si è realizzato: volevo fare la cantante ma sono stonata, volevo giocare a pallavolo ma sono nana, volevo conoscere Michael Jackson ma è morto troppo presto. Ma Michael Jackson mi ha insegnato l’inglese. Ho quasi tutti i sette vizi capitali ma non la vanità”.


Poi, meloni ha affrontato un tema molto delicato: “Quest’anno abbiamo la presidenza del G7 e c’è un tema che vi riguarda anche come professionisti ed è quello dell’Intelligenza artificiale: possiamo parlare quanto vogliamo di libertà di stampa, tutti la difendiamo, ma qui rischiamo di cancellare la stampa e senza la stampa non c’è libertà. L’IA può essere una grande opportunità se governata, altrimenti può essere un detonatore” e “rischiamo un impatto devastante sul mercato del lavoro”. Per questo sarà “un focus che porteremo al G7”.

NIQ-Gfk: spesa più leggera, gli italiani si aggrappano alle promozioni

NIQ-Gfk: spesa più leggera, gli italiani si aggrappano alle promozioniMilano, 27 feb. (askanews) – Per il 2024 il 30% degli italiani dice di vivere in una condizione economica peggiore del 2023. Prezzi alimentari e bollette sono in cima alle loro preoccupazioni, ma nel primo caso l’aumento dei prezzi del cibo ci preoccupa meno dei cugini europei. Tuttavia in l’Italia c’è una percezione di perdurante crisi e questo perchè accanto a una inflazione allineata alla media del Continente non si registra un parallelo aumento dei salari con una diminuzione di quelli reali del 7,3%. A scattare questa fotografia l’ultima analisi di NIQ “Consumer outlook 2024” dedicata alle prospettive dei consumatori, alla percezione e alle intenzioni di spesa degli italiani per il 2024.


A oggi, il fenomeno dell’erosione della retribuzione, se paragonato ad altri stati europei, è una criticità tutta italiana poiché i valori registrati in Germania (-3,3%), Gran Bretagna (-2,9%), Francia (-1,8%) e Spagna (-1,2%) rivelano un controbilanciamento dell’inflazione con un innalzamento dei compensi. Questo per la quasi totalità delle famiglie italiane (il 96%) ha comportato un cambio della propria strategia di spesa. Dallo studio di NIQ, il 50% degli italiani segue puntualmente la lista dei prodotti necessari ed il 63% presta maggiore attenzione agli sprechi (vs 58% degli europei). C’è poi un 50% dei consumatori del Bel Paese – contro il 40% degli europei – che sceglie di acquistare prodotti in promozione e fare scorte oppure comprare all’ingrosso quando la marca prediletta è soggetta a sconto (32% vs 29% Europa). “Rispetto agli europei gli italiani si aggrappano di più alle promozioni che al prezzo più basso perchè siamo meno disposti a rinunciare alla qualità di quello che acquistiamo – ha spiegato Christian Centonze, western Europe commercial lead, consumer analytics di NIQ – La cultura alimentare italiana tende a non andare nella parte più bassa del prezzo”. Vero a guardare i dati come è vero che il carrello della spesa si alleggerisce: il numero dei prodotti scende del 6,5%, con una riduzione delle quantità soprattutto per l’ortofrutta, mentre per forza di cose aumentano le visite al punto vendita (+4,8%). Un altro trend comune a tutta l’Europa è il calo della quota dei prodotti premium a favore di proposte più convenienti. Ma, avverte Centonze “Occorre non cadere nella trappola della media: bisogna garantire risparmio a chi ne ha bisogno e valore aggiunto a chi lo chiede”. Questo discorso si lega direttamente all’andamento demografico del Paese e con il suo assetto sociale. “In Italia non esistono famiglie con figli ad alta disponibilità di reddito. La quasi totalità di famiglie con figli sono in una condizione di reddito in difficoltà”, ha osservato Centonze. Seguendo l’andamento della curva demografica si impone la necessita di analizzare la domanda di consumo, con una divisione, strettamente legata alla variabile di reddito con tre grandi gruppi familiari: con figli, senza figli e maturi. Questo rivela che se le famiglie giovani con figli affrontano una fase di declino e contrazione dei consumi, quelle più mature e benestanti risultano relativamente meno colpite, evidenziando un legame diretto tra l’età anagrafica e la distribuzione del reddito. Le famiglie giovani con figli hanno diminuito del 5,1 % i volumi in 5 anni mentre le famiglie mature li hanno aumentati (+4,1%) a fronte di un incremento dei prezzi del 28,7% per le prime molto più alto del 20,5% delle famiglie senza figli. Le differenze nel carrello della spesa riguardano anche le categorie merceologiche con un dato che vede penalizzati i consumi di frutta e verdura nelle famiglie giovani con figli a vantaggio di quelle più mature. Ma se nel primo caso parliamo del segmento di riferimento per le grandi marche, nel secondo c’è una maggior presenza della marca del distributore. Tra questi due poli ci sono le famiglie senza figli (il 25,7%) attente al benessere che spingono i consumi di cibi proteici o a base vegetale, che hanno un animale da compagnia e che spingono i consumi legati alla convivialità, come aperitivi e birra. “Emergono nuove consapevolezze e nuovi trend che testimoniano un’evoluzione dei consumatori – ha detto l’amministratore delegato di NIQ & GfK in Italia, Enzo Frasio – Da un lato, tematiche come il benessere, la salute e la sostenibilità offrono nuove opportunità per i brand. Dall’altra, l’analisi delle famiglie italiane mette in luce differenze sempre più marcate, alle quali le aziende e la distribuzione sono chiamate a fornire risposte coerenti. Per navigare in questa complessità, è fondamentale avere una visione olistica e concreta del mercato e quindi dei consumatori”.

Vittoria di Todde in Sardegna, il Pd pensa ancora al “campo largo” ma il M5S frena: ‘Campo giusto’

Vittoria di Todde in Sardegna, il Pd pensa ancora al “campo largo” ma il M5S frena: ‘Campo giusto’Roma, 27 feb. (askanews) – La vittoria inattesa della candidata M5S-Pd in Sardegna, Alessandra Todde, non chiude, anzi ravviva la discussione sulle due versioni dell’alleanza dei “progressisti” o del centrosinistra, per utilizzare un termine un po’ desueto. Dovrebbe essere una alleanza stabile e vincolante, come la vorrebbe il Partito democratico che pensa ancora al “campo largo” aperto ai vari partitini centristi usciti in qualche modo ridimensionati dal flop di Renato Soru nell’isola, oppure un “campo giusto” come ripete Giuseppe Conte anche nel day after di Cagliari, rivendicando l’obiettivo di lavorare solo “insieme a forze politiche che siano compagni di viaggio affidabili”?


Di sicuro un successo “che poteva essere più largo senza la defezione di Renato Soru”, come sottolinea la vicepresidente del gruppo M5S al Senato Alessandra Maiorino, rafforza un punto che è certamente condiviso fra Conte e la segretaria del Pd Elly Schlein: non c’è alleanza che possa ambire a battere le destre senza una delle due forze principali delle opposizioni. “Si è affermato un principio”, commenta rigorosamente a taccuini chiusi un dirigente dem, moderatamente ottimista sulla possibilità che l’esito delle elezioni sarde possa sciogliere qualche nodo anche per le prossime scadenze: “Se facciamo l’accordo in Basilicata, a quel punto può scattare qualcosa anche in Piemonte”. La visione politica sullo scenario complessivo, però, rimane distante: “Non c’è bisogno – spiega ancora al cronista la senatrice Maiorino – di essere identici per fare degli accordi tra forze diverse, altrimenti faresti una fusione. Il fronte progressista va costruito ma deve esserci comunanza di valori: se Italia viva è una forza liberista, la nostra non è una antipatia politica ma una lontananza. Per questo preoccupa che il Pd continui a parlare semplicemente di campo largo”, aggiunge, riservando una battuta sarcastica al leader di Iv Matteo Renzi, che ha parlato di “spazi” che si aprono in vista delle europee per le forze centriste: “Le solite praterie che vede solo lui”. Quanto al leader di Azione Carlo Calenda, che ha aperto ad alleanze alle regionali, “ultimamente sta scoprendo un sacco di cose, è un timido corteggiamento”, taglia corto l’esponente stellata. Maiorino sottolinea il fatto che da certe sensibilità “riformiste” finora sia emersa “solo una miopia politica: a che serve lavorare, come ha fatto Renato Soru, per staccare il Pd dal M5S?” Ma sui potenziali sviluppi delle intese, che nel Pd qualcuno intravede possibili, la fedeltà alla linea ufficiale resta granitica: “La Sardegna rappresenta un modello di percorso condiviso, con una candidata credibile che non era solo una 5 stelle ma un riferimento per il territorio”. Se il Pd pensasse di essere in credito dopo il successo della fedelissima di Conte nell’isola, sbaglierebbe: “Ogni territorio ha le sue particolarità, su qualsiasi candidatura in Piemonte bisognerà vedere cosa pensano i piemontesi”.


La Sardegna, insomma, potrebbe rimanere un episodio isolato. E in ogni caso i tempi di evoluzione delle intese non sono necessariamente immediati. Difficile immaginare che prima dell’esito delle elezioni in Abruzzo (dove il candidato civico Luciano D’Amico corre per un campo largo più sul modello gradito al Pd) il negoziato fra il Nazareno e via di Campo Marzio si avvii a una conclusione positiva. “Ci sono situazioni sul territorio – confida un dirigente M5S molto vicino a Conte – che forse non consentono di superare tutti gli ostacoli. Ma la partita non è chiusa”.

Draghi a Strasburgo: per tornare competitiva l’Ue deve riformarsi

Draghi a Strasburgo: per tornare competitiva l’Ue deve riformarsiBruxelles, 27 feb. (askanews) – L’Unione europea deve applicare a sé stessa la richiesta di operare delle “riforme strutturali”, che rivolge spesso e giustamente agli Stati membri, per poter ritrovare quella capacità di agire collettivamente e per obiettivi comuni che sembra avere perso negli ultimi anni, e per recuperare la competitività della sua economia a livello globale.


E’ quanto ha detto l’ex premier italiano ed ex presidente della Bce Mario Draghi, oggi a Strasburgo, intervenendo alla riunione della Conferenza dei presidenti delle commissioni del Parlamento europeo. L’incontro era destinato a uno scambio di vedute nel quadro della preparazione del rapporto sul futuro della competitività dell’Ue, che è stato chiesto a Draghi dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e che dovrebbe essere pubblicato a fine giugno. Secondo una nota dello staff di Draghi, “lo scambio ha dimostrato quanto globale e complessa sia la strada per riconquistare la nostra competitività, in particolare in termini di mobilitazione degli investimenti per le massicce esigenze” che oggi ha l’Ue.


“Draghi – riferisce la nota – ha sottolineato la necessità di essere competitivi per mantenere i nostri sistemi di welfare e preservare i nostri valori fondamentali”, e soprattutto “ha chiesto riforme strutturali a livello dell’Ue e il ritrovamento della capacità di agire collettivamente per gli interessi collettivi”. Durante il suo discorso introduttivo, Draghi ha ricordato innanzitutto gli “importanti risultati” ottenuti dall’Ue negli ultimi anni, “dall’adozione di politiche climatiche e digitali all’avanguardia a livello mondiale, alla definizione degli strumenti che guidano la ripresa dell’Europa dalla pandemia di Covid-19 e alla riduzione della nostra dipendenza dalle importazioni energetiche russe”.Nonostante questi successi nell’affrontare crisi e shock, ci troviamo oggi, ha sottolineato l’ex premier italiano, “in un momento critico”, di fronte a “tre tendenze convergenti che ci costringono a considerare come rafforzare la competitività europea nel lungo termine”.


“In primo luogo – ha spiegato -, la rapida accelerazione della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica continua a migliorare l’organizzazione del lavoro e il suo ruolo nello stimolare la crescita produttiva. Prendiamo ad esempio gli sviluppi compiuti nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale generativa, le cui applicazioni pratiche in ambiti quali la sanità e l’istruzione sono di vasta portata”. “In secondo luogo – ha continuato Draghi -, il cambiamento climatico sta spingendo il nostro ecosistema naturale a un punto critico, costringendo tutti ad agire per accelerare la transizione verde”.


“In terzo luogo – ha rilevato -, un contesto geopolitico in rapida evoluzione, caratterizzato da una maggiore tendenza al conflitto, sia in termini economici che militari, sta costringendo l’Ue a riesaminare il proprio approccio alla globalizzazione”. In questo contesto, “le pratiche anti concorrenziali di alcuni dei nostri concorrenti continuano a compromettere la parità di condizioni a livello globale e l’autonomia strategica aperta dell’Ue. Ciò richiede una riflessione seria su come ridurre il rischio delle nostre potenziali vulnerabilità. Queste tendenze – ha aggiunto Draghi – sollecitano una riflessione complessiva sulle leve per rilanciare la competitività europea, compresi gli attrezzi e gli strumenti a disposizione delle nostre istituzioni”. L’ex presidente della Bce ha avvertito quindi che “ripensare le nostre politiche economiche per aumentare la crescita della produttività e della competitività è essenziale per preservare il modello sociale unico dell’Europa”, e ha posto quindi una serie di domande per alimentare il dibattito con i presidenti delle commissioni europarlamentari. “In primo luogo – ha chiesto -, come possono le nostre istituzioni mobilitare una migliore spesa pubblica per sostenere gli investimenti privati negli innovatori che guidano la doppia transizione”, verde e digitale? In secondo luogo – ha proseguito -, cosa possiamo fare per stimolare e accelerare l’innovazione pionieristica?”. La terza domanda, infine, è “come possiamo colmare il disallineamento delle competenze in Europa?”. Secondo fonti presenti all’incontro Draghi ha evidenziato come il vero problema che l’industria europea oggi ha in relazione alla forza lavoro non riguardi più i suoi costi (che sono diventati quasi un fattore marginale, non una considerazione primaria), ma piuttosto la mancanza di competenze specifiche e la necessità di formarle.