Biennale Danza, il Barocco e i corpi queer di Andrea Peña
Biennale Danza, il Barocco e i corpi queer di Andrea PeñaVenezia, 15 lug. (askanews) – Una riflessione sulla morte e la resurrezione, sui corpi queer e sulla potenza del Barocco, calata in un contesto ipercontemporaneo fatto di spazi brutalisti, ma anche di luce naturale, la luce della Laguna, sfruttata come quinta. Alla Biennale Danza di Venezia è andata in scena la prima mondiale di “Bogota”, spettacolo della coreografa colombiana Andrea Peña, che vuole essere una ricerca sul complesso e mutevole stato dell’essere, alla luce di una continua evoluzione, narrativa e del ciclo vitale, dei personaggi sulla scena. Nove performer, che a volte interagiscono tra loro, a coppie o collettivamente, a volte portano avanti ciascuno una propria linea coreografica e narrativa, fino a collidere di nuovo con le altre.
C’è la potenza, anche retorica, del Barocco, soprattutto quello latino americano, mediato dagli oggetti di scena tratti dal mondo del lavoro; ci sono le posture così forti nella luce e nei corpi caravaggeschi, ma ci sono anche le ambiguità, le fluidità, i movimenti erotici. C’è la morte, si diceva, ma anche la conseguente rigenerazione, in un circuito che, come le corse dei danzatori sulla scena, non si ferma, è più grande anche del tempo dello spettacolo. Nella visione di Andrea Peña lo spettatore è chiamato a essere testimone attivo di questa continua mutazione, di questa “trasformazione viscerale”, per usare le parole della coreografa, che vorrebbe essere viatico alla creazione di universi alternativi, in perfetta linea con il filo conduttore di questa Biennale Danza per come l’ha costruita il direttore Wayne McGregor. Interessante, oltre al dinamismo della messa in scena, ai suoi frammenti di banale normalità dentro la cornice poderosa del Barocco – per esempio gli artisti si cambiano i costumi sul palco e a un certo punto la stessa coreografa entra in azione per ripulire una zona dai detriti – interessante si diceva è anche la continua relazione di scambio tra la dimensione interna ed esterna, interiore ed esteriore. Che è quella che alimenta l’energia e l’ambiguità dei corpi, oltre che molti dei momenti di azione dello spettacolo. E naturalmente fa da architrave a tutto il mondo di “Bogota”, offre ai suoi personaggi la possibilità di esistere e di essere sia fragili sia scultoreamente possenti, allo stesso tempo. Il tempo della possibilità. Il tempo della danza contemporanea. (L.M.)