Biennale Musica, tra computer anni Ottanta e cellule neurali
Biennale Musica, tra computer anni Ottanta e cellule neuraliVenezia, 20 ott. (askanews) – Scienza e tecnologia come punto di partenza, e forse anche di arrivo, per due delle opere più interessanti viste alla Biennale Musica 2023, dedicata al suono elettronico: “CBM 8032 AV” di Robert Henke e “Glia” di Maryanne Amacher.
Cominciamo da Henke, che sul palco del Teatro Malibran ha portato dei computer Commodore di inizio anni Ottanta dotati di processore da 8 bit con memoria totale di 32 kilobyte, a cui l’aggiunta di una scheda audio, basata sulla stessa tecnologia del periodo, ha permesso di emettere dei suoni, un singolo suono alla volta. Su questa possibilità l’artista ha costruito uno concerto straordinario, con anche una significativa appendice visuale, sempre sviluppata da quei computer. “Mi piace lavorare con dei limiti”, ha detto Henke alla platea del teatro veneziano, trasformato per un’ora in una sorta di Berlino d’avanguardia, non si sa in quale epoca storica, ma di certo affascinante, così come è affascinante la sensazione di stare ascoltando e osservando ciò che sta dietro il velo digitale (e per molti versi soffocante) del nostro iper-presente tecnologico. In certi momenti lo spettacolo sembra una vera e propria rivelazione.
In Arsenale invece Bill Dietz ha diretto l’opera scritta dalla Amacher, morta nel 2009, che prende il nome dalle cellule cerebrali che collaborano alle trasmissioni neurali tra le sinapsi. Anche in questo caso si ha la sensazione di trovarsi di fronte a un’opera di “musica totale”, in una composizione che sfrutta strumenti tradizionali, come i violini o i flauti, per andare oltre, per diventare suono biologico e coinvolgere il pubblico in profondità. (Leonardo Merlini)