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Vino, l’8 novembre la seconda edizione del “Wine in moderation day”

Vino, l’8 novembre la seconda edizione del “Wine in moderation day”Milano, 5 nov. (askanews) – Dopo l’esperienza inaugurale dello scorso anno, l’associazione Wine in moderation (Wim) annuncia la seconda edizione internazionale del “Wine in moderation day”, che si svolgerà in tutto il mondo l’8 novembre. L’iniziativa mira a coinvolgere i consumatori e i professionisti del vino attraverso vari punti di contatto, promuovendo un più profondo apprezzamento per la cultura e la storia del vino e incoraggiando al contempo scelte di consumo consapevoli.


Il messaggio centrale della campagna è sempre il medesimo: la cultura del vino consiste nell’assaporare l’esperienza e nel saper evitare gli eccessi, ed evidenzia che il vero piacere del vino deriva dalla creazione di momenti memorabili come si evince dal claim “The Greatest Wine? The one that you will remember” (“Il vino più buono? Quello che ricorderai”, ndr). Anche quest’anno la campagna comprenderà una serie di eventi e attività promozionali e ogni Paese deciderà come organizzare la propria giornata. “Dopo il successo della prima edizione dello scorso anno, siamo entusiasti di rinnovare questa importante campagna con la seconda edizione del ‘Wine in Moderation Day’” ha affermato il presidente Sandro Sartor, spiegando che “il nostro obiettivo è quello di rafforzare la nostra missione di lunga data, che consiste nel responsabilizzare i professionisti del vino e i consumatori a fare scelte responsabili. Anche se incoraggiamo la moderazione tutto l’anno e vogliamo che tutti i nostri consumatori se ne ricordino ogni volta che gustano un bicchiere di vino, – ha aggiunto – ci piace l’idea di celebrare il concetto di bere responsabile in un solo giorno: capire e apprezzare il vino in modo da migliorare l’esperienza e creare ricordi duraturi”.


“La nostra Denominazione coinvolge un importante numero di stakeholders, dai consumatori agli operatori del settore: è nostra responsabilità impegnarci a diffondere quotidianamente un messaggio positivo in merito al consumo moderato di vino per poter continuare a divulgare la piacevolezza del nostro Prosecco che non si limita solo al prodotto in sé, ma abbraccia la convivialità, la gioia e lo stile che caratterizzano i momenti di consumo” ha aggiunto Giancarlo Guidolin, presidente del Consorzio di tutela della Doc Prosecco (National Coordinator di Wine in Moderation), sottolineando che “in occasione di questo giorno speciale invitiamo tutti a riflettere sull’importanza di un approccio responsabile e sostenibile al mondo del vino: solo così potremo garantire che la nostra tradizione vinicola continui a essere un simbolo di qualità per le generazioni future”.

Vino, a “Symbiosis” di Crealis il premio Innovazione green del Simei

Vino, a “Symbiosis” di Crealis il premio Innovazione green del SimeiMilano, 5 nov. (askanews) – Il capsulone da spumante bi-materico completamente privo di plastica e realizzato in carta e alluminio (l’unico in Italia a utilizzare la carta come componente primario) si è aggiudicato il “Green innovation award” dell’Innovation Challenge “Lucio Mastroberardino” 2024, il concorso del Salone internazionale per le macchine per enologia e imbottigliamento (Simei), che ad ogni edizione premia le più innovative e promettenti novità tecnologiche del settore macchine per enologia e imbottigliamento.


La 30esima edizione del Simei, manifestazione di Unione italiana vini (Uiv), si terrà da martedì 12 a venerdì 15 novembre alla Fiera Milano Rho. Il “Symbiosis” di Enoplastic, “partner storico” del Simei, sarà protagonista al Salone insieme con l’intera gamma green del marchio varesino di proprietà di Crealis, gruppo internazionale specializzato nelle soluzioni di chiusura.

Vino, Assodistil: rischio frodi fiscali se Mef ritira norme dealcolati

Vino, Assodistil: rischio frodi fiscali se Mef ritira norme dealcolatiMilano, 5 nov. (askanews) – L’Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli ed acquaviti (Assodistil), con una lettera indirizzata ai ministri Giorgetti, Lollobrigida e Pichetto Fratin interviene riguardo le notizie pubblicate da alcuni organi di stampa, e riferibili ad alcune Associazioni vitivinicole italiane- secondo le quali il ministero dell’Economia ha ritirato le norme relative ai vini dealcolati recentemente inserite nella proposta di decreto legislativo in materia di accise. La richiesta dei produttori di vino al ministero della Sovranità alimentare “sarebbe quella di considerare la soluzione idroalcolica residua come rifiuto, quindi non sottoposto ad accise”.


Nella sua nota, Assodistil porta all’attenzione dei tre titolari dei dicasteri che l’eventuale accettazione di tale richiesta presenterebbe forti criticità in ambito economico, fiscale e ambientale. In primo luogo, l’associazione ribadisce “come non vi sia alcun dubbio che la miscela idroalcolica residuante dalla dealcolizzazione del vino, avendo un contenuto alcolico ben superiore all’1,2% e talora addirittura del 95% rientri pienamente nella definizione di alcole e dunque negli oneri fiscali collegati alla produzione, circolazione e commercio di tale prodotto ai sensi della normativa vigente”. “Il rispetto della legalità è alla base delle nostre valutazioni, considerando che l’accisa sull’alcole etilico sorge al momento della sua fabbricazione e che pesa per oltre 10 euro per ogni litro, ne consegue che escludere dal circuito fiscale i produttori di vino dealcolato solleverebbe senza dubbio forti appetiti, con il rischio di creare frodi fiscali di enorme portata” sostiene il presidente di AssoDistil, Antonio Emaldi, aggiungendo “chiunque produce alcole etilico, anche se in via subordinata, deve quindi rispettare la stessa normativa: sarebbe infatti per noi incomprensibile che la medesima fattispecie sia sottoposta a due discipline completamente diverse, una che rientra tra gli obblighi tributari e l’altra esclusa”.


Nella propria nota, Assodistil ribadisce ai ministeri che “la destinazione più logica e vantaggiosa dell’alcole ottenuto dalla dealcolizzazione del vino è senza dubbio quella dell’uso come bioetanolo per i carburanti, tenuto conto come la produzione in Italia dello stesso bioetanolo è inferiore a quanto richiesto al 2030 per ottemperare agli obblighi previsti dalle vigenti disposizioni di legge”. Tale destinazione, pur mantenendo la natura “tributaria” del prodotto, “sarebbe perfettamente in linea con gli obiettivi di economia circolare intesa come valorizzazione energetica e riutilizzo dei materiali di scarto, che è oggetto della più recente legislazione italiana e comunitaria, e permetterebbe ai produttori di ottenere un ricavo da tale prodotto, anziché di dover sopportare un costo per il suo smaltimento in caso dovesse venire catalogato come un rifiuto”.

Vino, Rebughini: lavoriamo con aziende per potenziare efficacia Vinitaly

Vino, Rebughini: lavoriamo con aziende per potenziare efficacia VinitalyMilano, 5 nov. (askanews) – Potenziamento delle proprie quote export soprattutto verso gli Stati Uniti, sostenibilità, nuovi canoni di comunicazione e costante osservazione delle nuove tendenze di consumo salvaguardando sempre identità e autenticità. Sono le parole chiave di sette “market maker” del settore del vino italiano intervenuti nella sessione istituzionale “Quale futuro per il vino. Quale vino per il futuro” nell’ambito della prima giornata di “wine2wine Business forum” che si chiude oggi, 5 novembre, a Veronafiere.


A confrontarsi in presenza sugli scenari futuri e sulle strategie aziendali adottate per fronteggiare la complessità strutturale del mercato globale sono stati Silvia Franco, (Nino Franco, Veneto), Aldo Vajra (G.D. Vajra, Piemonte), Marina Cvetic (amministratore unico Masciarelli Tenute agricole, Abruzzo), Alberto Lusini (ceo Angelini Wines & Estates) e Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere, a cui si sono aggiunti i contributi video di Marco Caprai (Arnaldo Caprai, Umbria), Antonio Rallo (Donnafugata, Sicilia) e Elena Fucci (Elena Fucci, Basilicata). Sul fronte della geografia dell’export, le sette aziende rappresentative del prodotto tricolore di fascia premium confermano ancora il mercato Usa sul podio della loro strategia presente e futura, seguita dall’Asia oltre i confini cinesi. Mentre tra le piazze a maggior tasso di potenzialità si affaccia l’Africa. Base di partenza, le curve dei consumi del vino secondo i dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che delineano una transizione sempre più orientata verso una contrazione volumica dei consumi e una contestuale maggior attenzione verso i segmenti premium dell’offerta globale e in particolare italiana. Una spesa della domanda mondiale di vino, rileva Vinitaly, che è cresciuta molto di più rispetto al trend quantitativo. Discorso a parte invece per il fenomeno spumanti, che, in particolare con la locomotiva Prosecco, ha visto lievitare di oltre il 200% anche i volumi esportati negli ultimi 13 anni. Un fenomeno, a cui sta contribuendo non poco il trend globale dell’aperitivizzazione, che ha generato un sostanziale quanto inedito equilibrio tra le tipologie tricolori destinate all’export: 5,3 mln di ettolitri per i rossi, 5 mln per gli spumanti e 4,5 mln per i bianchi. Per il futuro, secondo l’Osservatorio, la sfida sarà sempre più legata all’attualizzazione delle occasioni di consumo di vino in un contesto di forte competitività, con un mondo delle bevande che si sta dimostrando più pronto ad accogliere i mutamenti di una domanda meno conservativa di un tempo.


“Abbiamo voluto dare voce alle aziende perché Vinitaly è parte integrante della promozione di questo settore fondamentale della nostra bilancia commerciale” ha commentato il direttore generale di Veronafiere, Adolfo Rebughini, aggiungendo che “in quest’ottica, il piano industriale ‘One Veronafiere’ ha recepito molte indicazioni strategiche provenienti proprio dalle nostre aziende espositrici a partire dal recente esordio di Vinitaly Usa a Chicago. Con le due prossime tappe, ad Almaty in Kazakistan, new entry di quest’anno, e ‘Vinitaly Wine Vision by Open Balcan’ a Belgrado – ha proseguito Rebughini – iniziamo il percorso di avvicinamento al Vinitaly 2025 che avrà delle novità anche in temini di segmentazione del prodotto. Stiamo infatti chiudendo un accordo per quanto riguarda i ‘raw wine’, quindi vini naturali, organici e biodinamici. Seguendo i dati di mercato – ha proseguito – è confermata la mixology, una tendenza che inizia ad avere effetto sia sulle curve di consumo che di fatturato mentre stiamo facendo delle valutazioni sui dealcolati. Inoltre – ha concluso – il 2025 segnerà il debutto autonomo del salone dell’olio che esordirà come ‘Sol2Expo’, dal 2 al 4 marzo”.

Vino, tengono gli investimenti ma peggiorano ricavi e indebitamento

Vino, tengono gli investimenti ma peggiorano ricavi e indebitamentoMilano, 4 nov. (askanews) – Il Corriere Vinicolo in uscita oggi dedica un focus all’analisi dei bilanci di circa 800 imprese del vino per 13,5 mld di euro di ricavi, a partire dall’ultimo esercizio fino al quinquennio precedente. Tra i fondamentali rilevati da Luca Castagnetti, partner della veronese Studio Impresa, spiccano quelli dei ricavi, in crescita dell’1,5% sul 2022 ma che deflazionati scendono a -3,8%; di una redditività in parziale ripresa ma con un Ebit a -6,3% sul 2019; delle immobilizzazioni materiali comunque in buona crescita, così come il valore aggiunto, che recupera rispetto all’anno passato. La posizione finanziaria netta, dopo una serie positiva, accusa invece un peggioramento nell’ultimo biennio: il 24,7% dello scorso anno si aggiunge infatti al 28,05% del 2022. Infine, gli oneri finanziari, che con l’impennata dei tassi di interesse hanno innegabilmente contribuito a ingrigire il quadro del settore.


Secondo il settimanale di Unione italiana vini, la diminuzione dei ricavi e la crescita dell’indebitamento sono tra le principali tendenze da monitorare anche nel prossimo futuro per cancellare i tratti, che si intravedono, di una possibile crisi strutturale. Per il direttore Giulio Somma, “diventa quindi determinante l’esigenza di lavorare sulla promozione internazionale per allargare la domanda, con i programmi Ocm che si fanno più che mai essenziali per lo sviluppo delle aziende nei mercati chiave esteri”. Completano il dossier bilanci l’analisi per fasce dimensionali, le performance a cinque anni della cooperazione, i risultati regione per regione e il confronto tra mondo agricolo e imprese industriali.

Vino, il Collio vuol tornare a competere forte della sua grande storia

Vino, il Collio vuol tornare a competere forte della sua grande storiaMilano, 4 nov. (askanews) – Tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, nell’immaginario dei consumatori, Collio era sinonimo di grande vino bianco, onnipresente dalle enoteche alla ristorazione fino alla Gdo, e sui mercati di mezzo mondo. Ottimi vini prodotti da vignaioli di grande valore che hanno contribuito a scrivere la storia del vino italiano, ma caratterialmente e culturalmente poco inclini a fare sistema nonostante siano figli di una storia complessa e di un territorio ‘lontano’ e di frontiera, grande appena settemila ettari, boschi compresi. Come spesso capita, il successo porta ad immaginare di operare in una sorta di regime di monopolio perenne, dimenticandosi delle regole di mercato e della concorrenza che nel frattempo ha iniziato a muoversi, a partire dai cugini friulani Carso e Colli Orientali, dai vicini veneti e soprattutto dall’Alto Adige, dove proprio il saper fare squadra e creare uno stile omogeneo hanno impresso una crescita rapida e il raggiungimento di una qualità media molto alta a prezzi competitivi.


Ora, nell’anno in cui il Consorzio per la tutela della Doc dei vini Collio compie sessant’anni, il presidente David Buzzinelli e la giovane direttrice Lavinia Zamaro ripartono dall’immutata e riconosciuta qualità dei vini per un nuovo e indispensabile percorso di rivalorizzazione di quello che fin dai tempi dei Romani è ritenuto uno dei territori enologici più vocati d’Italia. Merito del suo microclima mite e temperato, della buona piovosità, della biodiversità e della Ponca (o flysch di Cormons), l’alternanza di strati di argille calcaree e arenarie che caratterizza il suo suolo regalando ai vini spiccata mineralità, buona sapidità e preziosa longevità. ‘Credo che negli anni Novanta ci si sia un po’ adagiati sugli allori perché c’era la consapevolezza di essere arrivati in cima e non c’è stata la lungimiranza, la visione di immaginare che questo non sarebbe durato per sempre senza mettere in atto delle azioni, delle strategie. Anche a causa delle dinamiche consortili che hanno visto diversi avvicendamenti di consigli e presidenti, c’è stato un lungo periodo di stallo mentre il resto del mondo non solo è andato avanti ma ha anche cambiato marcia’ racconta ad askanews Zamaro, donna di carattere, attenta, appassionata e legatissima a questa sua terra, spiegando che ‘quello che stiamo cercando di fare è cambiare marcia anche noi per poter correre di più, cercando di riguadagnare fette di mercato e cambiando modalità comunicative modernizzandoci un po’: il Collio è una zona di confine del Friuli Venezia Giulia e caratterialmente non siamo le persone più espansive del mondo, la maggior parte dei produttori fa fatica ad uscire e a proporsi, quindi abbiamo l’esigenza di fare conoscere al mondo chi siamo’. Fondato nel 1964 dal Conte Sigismondo Douglas Attems di Petzestein che l’ha presieduto fino al 1999, l’ente consortile conta oggi 178 soci (di cui 116 sono imbottigliatori), numero destinato a crescere a testimonianza dell’interesse a serrare le fila per rilanciare l’immagine del Collio. ‘Negli ultimi 3-4 anni c’è un grosso fermento sia per quanto riguarda il cambio generazione nelle aziende sia in Consorzio’ continua la direttrice, precisando che ‘il nostro Consiglio, eletto due anni fa, è cambiato per il 50% e quasi tutti coloro che sono entrati hanno tra i 30 e i 35 anni e stanno prendendo la guida dell’azienda. Ci sono inoltre dei giovani che hanno preso in mano i vigneti che erano coltivati dai loro genitori o dai nonni e stanno iniziando ad imbottigliare, quindi credo che questo sia per noi un momento focale’ prosegue Zamaro, sottolineando che ‘è l’occasione che non dobbiamo perdere e vedo che c’è voglia di muoversi assieme, anche se magari non è ancora chiara la direzione che si vuole intraprendere perché le singole realtà difendono le loro peculiarità ma in questi ultimi anni si percepisce che il territorio ha capito la necessità di comunicare e muoversi in modo diverso’. ‘Tante aziende che si erano allontanate, oggi si stanno riavvicinando e iniziano a partecipare attivamente’ continua, ricordando che ‘oggi abbiamo una rappresentatività altissima, oltre ad essere ‘erga omnes’ fin dal 2012′, e che ‘ci sono dei tavoli tecnici creati dal Consiglio con le aziende per ragionare in merito al Disciplinare su temi che ci stanno a cuore come la macerazione e il Collio Bianco, quindi c’è la volontà e l’impegno di trovare dei messaggi unitari da mandare fuori’.


Nel 2023 in questa verdissima mezzaluna di discese e di salite in provincia di Gorizia, tra le Alpi Giulie e l’Adriatico, sono state prodotte un totale di circa 7,3 milioni di bottiglie, un numero leggermente superiore a quello del 2022, a conferma di un trend che dal 2019 ha portato anno dopo anno ad +9%. La vendemmia 2024 è stata complessa dal punto di vista meteorologico e ha portato ad un calo della produzione ma con uve perfettamente sane e di eccellente qualità e dunque si confida di proseguire lungo la strada della crescita, così come prosegue il percorso all’insegna della sostenibilità, con l’ente consortile nel suo ruolo di operatore associato del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi): nel 2021 la certificazione coinvolgeva 13 aziende, che quest’anno sono salite a 28 per una superficie complessiva di circa 570 ettari. Queste Cantine, che hanno chiesto la certificazione in forma associata attraverso il Consorzio, si sommano a quelle che da diversi anni l’hanno realizzata da sole, portando il territorio l’anno scorso ad un totale di circa 900 ettari certificati Sqnpi, e circa 200 certificati bio. ‘Per noi è fondamentale tracciare le linee guida per una viticoltura rispettosa delle persone e della natura’ spiega Zamaro, rimarcando che ‘con il nostro contributo possiamo lavorare tutti insieme salvaguardando l’ambiente e al tempo stesso trovare soluzioni sostenibili dal punto di vista produttivo e anche economico-finanziario per i nostri produttori’. Racchiuso tra i fiumi Isonzo e Judrio, il confine con la Slovenia e la pianura isontina, il Collio conta su circa 1.500 ettari di vigneto che si sviluppano lungo una sequenza quasi ininterrotta di meravigliosi declivi di meno di 300 metri ricoperti da boschi fitti. Vigneti che al 90% sono coltivati con varietà a bacca bianca: Pinot Grigio (25%), Sauvignon (17%), Friulano (15%), Ribolla Gialla (12%), Chardonnay (7%), Pinot Bianco (3,7%), Malvasia Istriana (3,5%) e Picolit (0,5%) a cui va sommato circa un 15% composto da Traminer Aromatico, Riesling e Muller Thurgau. Il 10% di uva a bacca rossa è rappresentata da Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, utilizzati principalmente per dar vita all’uvaggio del Collio Rosso. ‘Dalle statistiche che stilo con regolarità emerge che Ribolla Gialla e Friulano stanno crescendo, ma questo è un territorio che ha vissuto continue commistioni e quindi la classificazione tra autoctoni e internazionali regge fino ad un certo punto perché qui Pinot Grigio e Sauvignon ci sono sempre stati così come il Merlot’ dice la direttrice, mettendo in luce che ‘tuttavia le aziende stanno spingendo sempre di più sugli autoctoni: chi sceglie di espiantare, reimpianta con Friulano e Ribolla ma i risultati di questo lavoro li vedremo tra una decina di anni’. ‘Nel Collio non si possono impiantare nuovi vigneti: il territorio è questo e la ricchezza di biodiversità che abbiamo qui è sotto gli occhi di tutti e siamo consapevoli che va tutelata’ prosegue, sottolineando che ‘non credo che ci sia alcun interesse di produrre di più, anche perché sappiamo che la ponca dà il risultato migliore quando le rese sono basse: il nostro Disciplinare prevede 100 quintali all’ettaro, ma la media è intorno ai 70-80’.


Alla luce delle 17 varietà di uve coltivate a cui si aggiungono le tipologie Collio Bianco e Collio Rosso, il tema di una linea stilistica comune può essere uno dei temi su cui vale la pena riflettere per evitare una proposta eccessivamente frammentata e poco a fuoco. ‘Non penso si troverà mai una stilistica comune ma sono convinta che non sia un punto a nostro sfavore – replica Zamaro – credo che certe sfaccettature in un territorio così piccolo e così poliedrico possono essere solo una ricchezza’. In questa splendida e in parte ancora ‘incontaminata’ terra che in friulano si chiama ‘Cuei’, l’enoturismo può diventare una risorsa importante per i produttori. ‘Le Cantine stanno investendo moltissimo, tante hanno recentemente rinnovato e costruito alloggi e ristoranti’ spiega la direttrice, evidenziando che ‘ci sono delle sinergie importanti con l’Ente di promozione turistica della Regione, con le Camere di commercio e con i Comuni del Patto del Collio, che sono gli enti preposti a valorizzare la parte enoturistica’. Il mercato di riferimento per i vini del Collio (Doc dal 1968, una tra le prime attribuite nel nostro Paese) rimane quello del Triveneto, a cui si sono aggiunte le piazze di Roma e Milano, mentre per l’estero Austria e Germania, ma si registra una crescita di interesse da parte del Nord Europa, a partire dai Paesi Bassi. ‘In ambito Ocm da un paio d’anni puntiamo ad organizzare un evento Collio negli Usa, sul modello di quello fatto nel 2023 a Londra – continua la direttrice – e stiamo inoltre cercando di inserire Canada, Est Europa, Cina e Giappone che però sono da approcciare con una certa delicatezza date le nostre dimensioni ridotte. Il Consiglio è comunque intenzionato ad allargare il raggio d’azione’. Nel frattempo, in Collio è sbarcata un’altra importante realtà del vino italiano a dimostrazione del grande potenziale anche commerciale che questo territorio continua ad avere. Infatti, dopo l’acquisizione nel 2001 di Attems da parte di Marchesi Frescobaldi, nel 2019 di Borgo Conventi effettuata dalla famiglia Moretti Polegato, nel 2021 di Jermann da parte di Marchesi Antinori, è stata da poco annunciata una partnership tra il gruppo veronese Tommasi e Marco Felluga-Russiz Superiore, proprio poco dopo la scomparsa a 96 anni del celebre imprenditore goriziano (nonché ex presidente per due mandati del Consorzio), tra i primi a scommettere sul successo di questi vini. Vini che dal 2009 possono contare su una bellissima bottiglia dalla forma unica con la scritta Collio incisa sulla baga, la capsula gialla e un peso ridotto.


‘Sono ottimista – conclude Zamaro – penso che nei prossimi 5-10 anni si vedrà in modo chiaro come effettivamente questo territorio guarderà al futuro’. (Alessandro Pestalozza)

Remedy: fine wine e distillati di pregio hanno la loro casa a Milano

Remedy: fine wine e distillati di pregio hanno la loro casa a MilanoMilano, 3 nov. (askanews) – Remedy ha la struttura e la cura di un club privato britannico. Le sue sale con il soppalco, il suo lungo bancone in legno, le sue comode poltrone di design, le sue lampade ricercate, la boiserie e le sue morbide tonalità pastello tra il grigio e il verde, richiamano l’atmosfera ovattata e rilassata degli alberghi internazionali di lusso. Non ostenta sfarzo ma induce su una certa signorilità pensata per blandire i suoi clienti che raggiungono questa insegna all’angolo tra viale Majno e via Morelli, in zona Porta Venezia, attratti da una carta con quasi 6.500 vini e più di duemila distillati. Mancava a Milano Remedy, mancava ai professionisti del settore enogastronomico, agli appassionati e ai turisti gourmet che in questa città, tutti insieme, compongono una fascia alto spendente e fedele. Qui trovano non solo la materia prima, in questo caso le bottiglie, ma anche dei gestori competenti ed entusiasti di poter offrire qualità, profondità di annate, referenze particolari ed etichette rare. E cioè di fare con soddisfazione il proprio lavoro, sempre con grande professionalità ma anche con “normalità”, lasciando cioè a chi è alle prime armi la possibilità di passare una serata senza senso di inadeguatezza ma, casomai, con la possibilità di dare sfogo alla propria curiosità. Questo senza rinunciare ad una certa esclusività, perché sei pur sempre ne “il tempio del bere bene”, come recita il claim del locale, e come testimonia la cantina custodita in un affascinante caveau sotto il locale (visitabile su richiesta) dove sono raccolte qualcosa come 18mila bottiglie.


I fondatori sono tre amici che si sono incrociati in Puglia: i tarantini Michele Bernardi (famiglia di celebri pasticceri e titolare di un’enoteca a Grottaglie) e Amedeo Pagano (titolare con la famiglia della Masseria Bagnara a Lizzano), e il produttore vinicolo trentino e collezionista di vini Alessandro Michelon. Grandi amanti degli alcolici, hanno dato vita all’avventura milanese mettendo insieme le loro collezioni di bottiglie provenienti da tutto il mondo, e le loro risorse economiche e di tempo. “Abbiamo scelto Milano perché pensiamo possa essere l’unica città in grado sorreggere un format come questo, dove ad essere protagonisti sono il vino e gli spirit senza una vera e propria cucina, perché il nostro ‘food’, seppur ricercato e di alta qualità, è un accompagnamento sempre a crudo” racconta Bernardi ad askanews, aggiungendo che “credo si debba un po’ scardinare l’idea che un grande vino debba essere per forza accompagnato da un grande cibo, come succede da anni a Londra o nei ‘bar à vin’ in Borgogna dove all’aperitivo si vede servire ‘La Tache’ di Romanee Conti insieme con taglieri di salumi e formaggi”. Qui i “bites” sono in realtà ben più raffinati: crudi di mare, tartare, carpacci, ostriche e gamberi viola di Gallipoli, oltre a insaccati artigianali come la soppressata della Valle d’Itria e il capocollo di Martina Franca, e diversi, grandi, formaggi. “La carta si sviluppa in modo orizzontale più che verticale, perché di ripetizioni di annata ce ne sono davvero poche” prosegue Amedeo, spiegando che la selezione di vini verte principalmente su Italia e Francia. Per quanto riguarda il nostro Paese, è più sbilanciata sui rossi che sui bianchi, mentre in Francia, dove a farla da padrona è la Borgogna, vitigni bianchi e rossi si equivalgono. “La carta è pensata per chi ama il vino e abbiamo quindi anche tante referenze cosiddette ‘naturali’, con grandi bottiglie dello Jura, della Loira e della Alsazia (da La Sansonniere a Domaine Tissot fino a Maison Overnoy), perché una selezione di questa importanza deve poter rispondere alle richieste di qualunque amante del vino, da chi vuole bere il classico Dom Perignon a chi preferisce il micro produttore di Champagne, da chi chiede un ‘Cervaro della Sala’ a chi vuole invece Radikon, perché hanno tutti una loro ragione d’essere” sottolinea Amedeo, spiegando che “i prezzi partono più o meno dalla quarantina di euro: cerchiamo di applicare un ricarico standard a tutte le bottiglie, incluse le speculative, e poi ci sono quelle che in carta sono contrassegnate dal ‘lucchetto’ perché sono limitate ad un massimo di una bottiglia per tavolo perché hanno un prezzo molto più basso rispetto al loro valore di mercato, un po’ come fa il ristorante ‘Le Soufflot’ a Meursault in Borgogna”. “Vini e distillati sono due famiglie separate con parenti in comune” continua Amedeo, precisando che “che qui i distillati, per essere esaltati e apprezzati al meglio, vengono serviti lisci e non miscelati”. Ecco allora un tripudio di Rum e whisky ma anche una grandissima selezione di Armagnac, Bas-Armagnac, Cognac e Calvados, senza dimenticare le Grappe (bianche e barricate), qualche Tequila e Mezcal e liquori come La Chartreuse.


L’elegante ‘Cigar room’ che fa bella mostra di se nel locale è stata invece un desiderio di Michele Bernardi, che con il collega sommelier Amedeo segue la gestione quotidiana di Remedy. “Nasce dalla mia grande passione per i sigari e il tabacco è un piccolo spazio, quattro posti dove potersi concedere un momento di relax” spiega ad askanews, aggiungendo che “oggi è diventata un grande attrattore, anche perché a Milano oltre a qualche albergo di lusso e a pochi ristoranti non esistono locali che offrono questa possibilità”. L’altra grande passione di Michele sono le bollicine: “Ci sono diverse bottiglie nella nostra Cantina di cui vado orgoglioso, come dei Dom Perignon, per esempio un vintage 1985, un 1990 nel suo astuccio verde originale ancora sigillato, e due 1998, uno vintage e l’altro ‘P2’; oppure l’ultima cassa di Salon che è stata presentata e che contiene una magnum 2008, e poi, per rimanere sullo champagne, tanto Jacques Selosse. Ma anche le vecchie annate di Ferrari, a partire dal 1995 con la prima edizione del ‘Trento Doc Bruno Lunelli’ che però non vendo e aspetto di aprire con qualche cliente meritevole”. Già perché come ogni appassionato intenditore, come ogni cultore della materia, ci sono bottiglie speciali, con una loro storia, di cui si fa fatica a disfarsi e che quindi vanno sottratte al commercio per essere date come un’onorificenza, per essere condivise con chi ne è effettivamente degno, il cliente che ne riconosce il valore, che capisce, che apprezza. Perché Michele soffre “quando mi comprano delle bottiglie che ho custodito gelosamente per anni e poi non le apprezzano. Lo confesso, è più forte di me, mi da un grande fastidio”. Per quanto riguarda gli spirits, Michele punta sui Rum e sul Wisky: “La nostra ampia collezione di Caroni che è una chicca non da poco, perché è difficile trovarne così tanti – rimarca – e poi i vecchi “Foursquare” con le special release che ha fatto Luca Gargano, mentre per lo Scotch l’ultimo Macallan 30 anni, uno ‘sherry cask’ in purezza che è una delizia, ma sono certamente da citare anche le bottiglie di Armagnac degli anni ’40, ’60 e ’70, che qui abbiniamo ai cioccolatini che produciamo nell’azienda artigianale della mia famiglia a Grottaglie”. L’ultima segnalazione riguarda, a sorpresa, il caffè che qui ha una carta di miscele super premium curata dalla torrefazione artigianale Espresso Giada di Pistoia.


Aperto in sordina l’estate scorsa, Remedy non è solo una scommessa sulla qualità ma anche un osservatorio privilegiato sul mondo dei ‘fine wine’ e dei distillati di pregio, e su quanto pesino nei loro consumi, in una città come Milano, da un lato gli appassionati e dall’altro gli amanti dell’esclusività e del lusso. Foto: Federico Bontempi

Grappa, dal 6 a l’8 dicembre c’è “La notte degli alambicchi accesi”

Grappa, dal 6 a l’8 dicembre c’è “La notte degli alambicchi accesi”Milano, 03 nov. (askanews) – Dal 6 all’8 dicembre, nel borgo trentio di Santa Massenza di Vallelaghi, torna l’appuntamento con “La notte degli alambicchi accesi”, lo spettacolo teatrale itinerante messo in scena dalla Compagnia Koinè, che racconta la storia, le tradizioni e i segreti della produzione della grappa artigianale.


Nel borgo conosciuto come la “capitale della grappa artigianale” gli attori di Koinè accompagneranno la folla di appassionati alla scoperta delle cinque distillerie protagoniste della kermesse: Giovanni Poli, Casimiro, Distilleria Francesco, Giulio & Mauro, e Maxentia. Le aziende apriranno le porte ai visitatori, suddivisi in gruppi e guidati tramite radiocuffia dalla celebre voce narrante di Patrizio Roversi, prevedendo anche una breve degustazione. L’evento nasce “per ricordare le nottate passate in distilleria con l’obiettivo di massimizzare la produzione giornaliera su cui veniva pagata una imposta forfettaria”. Un’eredità dell’Impero austroungarico, che portava i vari distillatori a farsi compagnia l’un l’altro tra chiacchiere e qualche assaggio di grappa. Gli spettacoli sono in calendario venerdì 6 e sabato 7 dicembre alle 17 e alle 21, mentre domenica 8 saranno anticipati alle 16 e alle 20 (è consigliata la prenotazione).


La manifestazione è organizzata dall’Associazione culturale “Santa Massenza piccola Nizza de Trent”, con il supporto di Garda Trentino e dell’Istituto Tutela Grappa del Trentino, e la collaborazione della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino. Foto: Apt Trento – D. Mosna

Abelé 1757 presenta in Italia l’annata 2013 de “Le Sourire de Reims”

Abelé 1757 presenta in Italia l’annata 2013 de “Le Sourire de Reims”Milano, 3 nov. (askanews) – Abelé 1757, quinta Maison più antica della Champagne, presenta sul mercato italiano l’annata 2013 de “Le Sourire de Reims”, Brut millesimato composta per il 60% da Chardonnay e per il 40% da Pinot Noir, che prende il nome dalla statua posta sulla Cattedrale della città simbolo della più nota e raffinata tra le bollicine francesi. Decapitato durante la Prima guerra mondiale, l’angelo fu restituito alla città grazie al sostegno di Henri Abelé, fondatore della Maison, che gli ha poi dedicato una Cuvée de Prestige in una bottiglia che ricorda la forma di quella originaria dello Champagne rappresentata nel quadro “Le Déjeuner d’huîtres” del 1735. Il dipinto, firmato da Jean-François de Troy, ritrae Luigi XV durante un pranzo a Versailles, dove quattro ospiti seguono con gli occhi il tappo della bottiglia di Champagne appena stappata.


Il prezioso “Sourire de Reims Millesimato 2013” segue il lancio del superbo “Blanc de Blancs Extra-Brut” in edizione limitata ad appena 1.757 bottiglie (ogni riferimento non è casuale) esclusivamente in Francia e in Italia. Si tratta dei primi due Paesi per volumi e per valore di questa Maison di alta gamma che cuba circa 400mila bottiglie l’anno, con l’Italia che in appena due anni di distribuzione ha superato la Spagna, mercato in cui l’azienda con sede a Reims esporta i suoi prodotti da diverso tempo. Non poco per un “Maison boutique” che si posiziona in una fascia alta nei soli canali Horeca e in quello delle enoteche. Acquisita nel 2019 dal Centre Vinicole-Champagne Nicolas Feuillatte, l’azienda di “négociant manipulant” guidata dalla Dg Marie Gicquel, è stata affidata alle giovani ma già esperte mani dello Chef de Cave Etienne Eteneau, la cui prima annata è stata proprio la 2019. Trentasei anni, Eteneau è cresciuto tra le vigne di Grenache e Muscat in Occitania, si è formato come agronomo e ha lavorato per il Dipartimento tecnico e ambientale del Comité Champagne, poi da un enologo in Australia, per una Cantina in California e quindi è rientrato in Francia come responsabile delle cantine, dell’imbottigliamento e della gestione dei vigneti della Tenuta Vranken-Pommery. Infine è arrivata (improvvisa) la chiamata di Abelé, azienda che non ha vigneti di proprietà e che si approvvigiona da una trentina di famiglie di conferitori che gestiscono circa 25 ettari in Cote des Blancs, nell’area di Sézannais e sulle colline di Vitry-le-Francois.


Si deve a questo giovane Chef de Cave la “nouvelle vague” stilistica lanciata nel 2021, anno in cui la Maison cambia il nome da Champagne Henri Abelé a Abelé 1757. “In quell’anno si è deciso di puntare su nuovi mercati oltre alla Spagna, a partire da Italia, Svizzera e Belgio, e l’unico strumento che avevo a disposizione per imprimere una svolta era la ‘sboccatura’, quindi lavorare sulla riduzione del residuo zuccherino e sulla base da unitilizzare per la liqueur d’expedition” racconta Eteneau, che in parallelo, gestiva l’intero processo di vinificazione per le nuove cuvée a partire dall’annata 2019, per la quale è stata introdotta una nuova bottiglia che ha sostituito la classica ‘champagnotta’. Il giovane enologo ha puntato sullo Chardonnay vinificato in acciaio “per esaltare freschezza e finezza”, lasciando il legno “solo ad alcune basi di Pinot Noir per estrarre un po’ di frutti e spezie”. Poi sulla lunghezza e la persistenza dei vini, arrivando a riprendere per il suo sorprendente “Blanc de Blancs Extra-Brut”, “una tecnica oramai quasi abbandonata, quello del ‘poignettage’”, lo “scuotimento” per 12 volte delle bottiglie durante i quattro anni di sosta sui lieviti, “per accellerare i fenomeni di autolisi e massimizzare l’estrazione di composti che dessero maggiore persistenza gustativa”.

Vino, dal 15 al 17 novembre torna la “Monza Wine Experience”

Vino, dal 15 al 17 novembre torna la “Monza Wine Experience”Milano, 3 nov. (askanews) – Monza capitale del vino italiano per tre giorni: i migliori vini nazionali si danno appuntamento alla sesta edizione della “Monza Wine Experience”, da venerdì 15 a domenica 17 novembre, con il più grande “walk around tasting” aperto al pubblico dedicato ai fine wine vini italiani, con punteggi da 90 a 100 dati dalla critica internazionale, un’esclusiva masterclass dedicata al Brunello di Montalcino e dieci banchi d’assaggio in centro città.


Venerdì 15 novembre, la kermesse inizia con “Calici sotto le Stelle”, la passerella a cielo aperto, dalle 18.30 in via Bergamo, dove degustare vini da tutta Italia. Tracolla, calice e tre coupon di degustazione vengono consegnati ai wine lovers per affrontare un vero e proprio viaggio enologico da Nord a Sud tra celebri Denominazioni, nuove proposte, dieci tra piccole e grandi Cantine e venti etichette. Sabato 16 novembre alle 17.30, le lussuose sale dell’Hotel de la Ville di fronte alla Villa Reale, ospitano invece la masterclass “Le grandi riserve di Brunello di Montalcino” guidata da Aldo Fiordelli, senior editor per James Suckling in Italia. La degustazione offre a tutti i wine lovers la possibilità di degustare calici di blasonate Cantine che si distinguono grazie al loro stile unico: Banfi, Biondi Santi, Collemassari e Il Marroneto.


Dopo il sold out dello scorso anno alla prima edizione, domenica 17 novembre torna a grande richiesta “L’Eccellenza in Villa”, l’esclusiva degustazione dei più pregiati vini italiani nelle sale di rappresentanza della Villa Reale di Monza. Tra le etichette in degustazione: Barolo Monvigliero di Burlotto, San Leonardo, Brunello di Montalcino di Biondi Santi, Guado al Tasso di Antinori, Amarone della Valpolicella 2015 di Bertani, gli esclusivi bianchi di Terlano, Chianti Classico di Castell’in Villa, Franciacorta Riserva Franco Ziliani 2008 di Berlucchi e Bagnadore Riserva 2016 di Barone Pizzini, le cantine di Roagna, Tedeschi, Tenuta di Biserno, Tenuta di Trinoro, Grattamacco e Passopisciaro.