Milano, 5 apr. (askanews) – La 67esima “Mostra del Valdobbiadene DOCG” torna dal 6 al 24 aprile a Col San Martino (Treviso). Nata dall’iniziativa di alcuni amici che attendevano le persone all’uscita della chiesa offrendo un bicchiere di vino, è una delle più longeve rassegne legate alla Primavera del Prosecco, che ogni anno ripropone circa un centinaio di etichette dei produttori di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG.
Tanti gli appuntamenti in programma alla festa: dall’inaugurazione del 6 aprile alle tante serate a tema, tra cui l’appuntamento speciale del 12 aprile con la Paella alla Valenciana. Non mancheranno inoltre eventi dedicati alla scoperta del territorio come passeggiate a cavallo, enotour sul territorio e il mercatino “Sulla strada di San Martino” lunedì dell’Angelo. Dall’8 al 23 aprile torna anche la 51esima edizione della” Mostra del Cartizze e Valdobbiadene DOCG “di San Pietro di Barbozza (Treviso). Protagonisti della Mostra saranno il Prosecco Superiore DOCG e lo spiedo della tradizione. In programma un lungo calendario di attività, tra le quali cene a tema, come quella che si terrà il 14 aprile dal titolo “Alla scoperta delle Langhe”, con i produttori di Serralunga d’Alba (Cuneo). Ma saranno tante anche le opportunità di prendere parte a passeggiate, degustazioni e visite alla sede della Confraternita di Valdobbiadene.
Numerosi anche gli eventi collaterali che, per tutta la durata della rassegna, offriranno interessanti spunti per scoprire le Colline Patrimonio dell’Umanità Unesco, come la Slow Bike Primavera del Prosecco Superiore, iniziativa promossa da Primavera del Prosecco Superiore e la Rete d’Imprese Visit. Prosecco Hills, che offre l’opportunità di ammirare il territorio in sella ad una E-BIKE o MTB! Cinque le pedalate enogastronomiche in programma tra Mostre del Vino della Primavera del Prosecco, alla scoperta di vigneti e cantine, con degustazione di prodotti tipici e vini di questa splendida terra. Il primo appuntamento si terrà lunedì 10 aprile 2023 (Pasquetta) con punto di partenza ed arrivo alla Cantina Casa Vecchia di Valdobbiadene.
Milano, 5 apr. (askanews) – Canelli, culla del Moscato d’Asti, sarà Docg. Si è infatti completato l’iter di riconoscimento del disciplinare di produzione dello storico vino e dal prossimo 6 aprile il suo nome sarà “Canelli Docg”. Le uve da vigneti composti esclusivamente dal vitigno Moscato bianco che potranno accedere alla nuova Denominazione di origine controllata e garantita, saranno quelle provenienti da 17 comuni attorno alla sottozona Canelli, punto di passaggio tra Langhe e Monferrato. L’annuncio è stato dato al Vinitaly dal Consorzio Asti Docg.
La media rivendicata negli ultimi anni è di circa 100 ettari, per una produzione di quasi un milione di bottiglie, ma l’area offre un potenziale molto più alto. Nel 1865, con Carlo Gancia, a Canelli è nato lo spumante metodo classico, antesignano dell’Asti spumante legato al 100% con le uve di Moscato. Da lì ha avuto origine la filiera della spumantizzazione, che grazie alle tecnologie di elaborazione del vino si esprime oggi nelle tipologie Asti spumante e Moscato d’Asti. In particolare, la elaborazione di un vino aromatico, dolce, con una leggera sovrapressione e una bassa gradazione saranno i tratti distintivi anche del Canelli Docg nella tipologia Riserva, che sarà immessa sul mercato non prima di 30 mesi di invecchiamento e affinamento. La coltivazione della vite, e del Moscato è la coltura predominante nell’area di Canelli fin dal 1.300. Poi lo sviluppo, soprattutto nei primi anni del ‘900 con Federico Martinotti che perfezionò il procedimento di preparazione del vino destinato alla fermentazione. Il Consorzio dell’Asti Docg è tra le realtà consortili più antiche d’Italia. Il vitigno Moscato Bianco che dà vita alla Docg piemontese, nelle tipologie Asti Spumante e Moscato d’Asti, è coltivato in 51 comuni della provincia di Alessandria, Asti e Cuneo per un’estensione di circa 10mila ettari rientranti nel paesaggio vitivinicolo Patrimonio mondiale dell’umanità, il primo in Italia, riconosciuto dall’Unesco nel 2014 (“Paesaggi vitivinicoli delle Langhe-Roero e del Monferrato”). Lo scorso anno l’imbottigliamento ha superato la quota di 100 milioni di pezzi, per il 90% esportati.
Milano, 5 apr. (askanews) – Uno è il veliero italiano conosciuto da tutte le marine militari come “la nave più bella al mondo”, l’altra la manifestazione internazionale di riferimento per il vino tricolore. L’Amerigo Vespucci e Vinitaly da luglio salperanno insieme per promuovere le eccellenze del made in Italy, con un tour mondiale che farà scalo nelle principali città di tutti i continenti. A dare l’annuncio è stato il ministro della Difesa Guido Crosetto, in visita alla 55esima edizione di Vinitaly, in programma fino ad oggi pomeriggio alla Fiera di Verona.
“Le imprese ci hanno chiesto di aiutare a portare all’estero l’immagine italiana e ora il governo lo farà anche attraverso il ministero della Difesa” ha spiegato il ministro, aggiungendo che “dal 1 luglio, per due anni, l’Amerigo Vespucci sarà impegnata in una campagna addestrativa che farà il giro del mondo, con tappe in ogni continente dove presenteremo anche il meglio del made in Italy: in questo progetto, Veronafiere con Vinitaly, ci accompagnerà sulla più famosa nave scuola della Marina militare italiana, contribuendo a promuovere le eccellenze della Nazione fuori dai nostri confini”. “Per Vinitaly è un grande onore salire a bordo della Vespucci e contribuire con il nostro brand fieristico a valorizzare ed esaltare il vino, vero e proprio prodotto-bandiera dell’Italia” ha commentato il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, sottolineando che “questa nuova iniziativa rafforza il nostro piano di sviluppo di una piattaforma promozionale permanente e coordinata con tutti i partner istituzionali, in grado di attrarre, da un lato, gli investimenti dei mercati sul prodotto italiano e, dall’altro, di potenziare l’incoming verso il Paese e i suoi territori”.
Verona, 4 apr. (askanews) – È in atto una lenta ma continua evoluzione nel rapporto di genere con il vino, con un numero crescente di donne che nel tempo sta scoprendo il valore intrinseco e sociale del prodotto. È quanto emerge dall’Osservatorio sul mondo agricolo Enpaia-Censis, in merito al consumo di vino al femminile, presentato in occasione del Vinitaly a Verona. Oltre 12,1 milioni di donne bevono vino: è il 46,7% delle donne italiane con un incremento percentuale nel periodo 2014-2021 del 15,5% a fronte del 2,9% degli uomini. In particolare, in termini di quote di mercato per genere, le donne sono passate dal 38,7% del totale dei consumatori di vino nel 2014 al 41,5% nel 2021, espandendo la propria rilevanza rispetto a quella degli uomini che invece è scesa dal 61,3% al 58,5%. Per quanto riguarda le classi di età, a bere vino sono il 46,1% delle donne con età compresa tra 18 e 34 anni, il 49,1% tra i 35 e 54 anni, il 47,8% tra i 55 e 64 anni e il 43,8% tra le donne con almeno 65 anni. Con riferimento alla professione, dai dati emerge che la quota di donne che beve vino riguarda il 63% delle dirigenti, il 58,9% delle impiegate e dei quadri intermedi, rispetto al 47,9% di chi svolge funzioni più esecutive e al 37,6% delle casalinghe. Il 50,1% delle donne pratica un consumo ad alta responsabilità, poiché limita le quantità e sceglie cosa bere in base alla qualità dei prodotti. Il 90,3% delle donne, inoltre, è convinto che sia possibile educare le persone al consumo moderato, maturo e responsabile di vino e alcolici in genere.
Per quanto riguarda le preferenze delle donne in termini di tipologie di vino, dall’Osservatorio Enpaia-Censis emerge che il 40,6% delle donne preferisce i vini frizzanti, il 40,1% i rossi fermi, il 30,2% i bianchi fermi, il 29,3% gli spumanti, il 19,2% i rosati, il 12,9% i passiti e liquorosi e l’11,3% gli champagne. Gli uomini, molto più delle donne, concentrano invece le proprie preferenze sui rossi fermi (56,1%) e sui bianchi fermi (34,3%). Per Giorgio Piazza, Presidente Fondazione Enpaia e Roberto Diacetti, Direttore Generale Fondazione Enpaia: “Lo studio che abbiamo voluto presentare in occasione del Vinitaly fotografa un fenomeno che sta assumendo sempre più i connotati di un consumo importante da parte delle donne. Non si tratta di un consumo massivo ma intelligente e informato che tiene conto delle tipologie e dell’origine dei prodotti, nonché della loro tradizione e della loro importanza nei vari settori che questo nostro meraviglioso Paese esprime. Va segnalato il fatto che nel mondo del vino l’imprenditoria vitivinicola è donna non solo sotto il profilo del consumo ma anche della produzione, dell’attenzione e della ricerca della qualità, della tradizione e della valorizzazione del prodotto”. Francesco Maietta, Responsabile Area Consumer, Mercati privati, Istituzioni Censis: “Le donne sono sempre più protagoniste del mercato del vino in Italia: aumenta infatti il numero di consumatrici, in particolare tra le donne giovani. In netta maggioranza nella fruizione del vino le donne sono portatrici di una cultura evoluta, matura, nemica degli eccessi e attenta alla qualità. Nei prossimi anni rispondere alle esigenze del consumo femminile di vino sarà sul mercato italiano una delle sfide maggiori per la filiera”.
Milano, 4 apr. (askanews) – Trent’anni dopo la nascita a Verona del Movimento Turismo del Vino, il 3 aprile è stata presentata a Vinitaly, alla presenza della ministra del Turismo Daniela Santanchè, il 19esimo Osservatorio sul turismo del vino di Nomisma Wine Monitor, la più grande indagine mai realizzata sul turismo del vino in Italia: 265 cantine e 145 Comuni di distretti enologici che fotografano un turismo che accelera, con l’aumento nel numero e nelle tipologie delle esperienze offerte. A celebrare l’anniversario della nascita della prima associazione sull’enoturismo sono intervenute Città del Vino, Donne del Vino, La Puglia in Più, mostrando insieme con il Movimento gli spettacolari dati di crescita di questo comparto.
“Le eccellenze italiane, come il vino, sono un forte traino per il turismo: un settore che può dare grandi possibilità occupazionali ai nostri giovani” ha affermato Santanchè, aggiungendo che “anche per questo dobbiamo investire nella loro formazione e per questo in legge di bilancio abbiamo istituito un fondo di 21 milioni di euro”. “Lavorare nel comparto turistico richiede sacrificio e questo va ricompensato: per questo stiamo pensando con il ministro Calderone come sostenere le aziende” ha proseguito la ministra, ricordando che “l’enoturismo cresce perché è legato a un’esperienza, vuol dire poter camminare nei vigneti: per vedere la vendemmia arriveranno 10 milioni di visitatori”. “Ma c’è ancora tanto da fare – ha sottolineato – a partire da una cartellonistica appropriata, poi potenziare il digitale e destagionalizzare il turismo per stabilizzare anche i lavoratori. La promozione – ha concluso – è ancora troppo frammentata, deve essere organizzata: dobbiamo avere la capacità di fare rete”. “L’introduzione nel 2017 di una normativa agile ma puntuale – ha spiegato il docente ed esperto di Enoturismo, Dario Stefàno – ha messo le ali agli investimenti nelle cantine turistiche italiane che, negli ultimi 10 anni, hanno raddoppiato e in certi casi triplicato l’offerta di esperienze prevedendo intrattenimento, pasti, pernottamenti, serate a tema, esperienze legate al vino, allo sport e alla cultura”.
Donatella Cinelli Colombini, che 30 anni fa creò Cantine aperte e il Movimento Turismo del Vino, si è unita alla presidente delle Donne del Vino, Daniela Mastroberardino, per evidenziare il ruolo femminile. Infatti, benché le cantine turistiche italiane siano dirette soprattutto da uomini (55%), il management della wine hospitality è soprattutto femminile (73%). La wine hospitality delle Donne del Vino si differenzia per una maggiore diversificazione dell’offerta: non solo vino, ma anche attività legate al benessere, alla ristorazione (28%) e ai corsi di cucina (40%), alla ricettività (36%), allo sport (piscine 15%) e all’organizzazione di visite a luoghi limitrofi o di collegamento a eventi culturali (50%). “Una proposta di turismo pensata come un’esperienza culturale attiva e coinvolgente” spiegano Cinelli Colombini e Mastroberardino, sottolineando che “ora dobbiamo puntare a formare addetti sempre più competenti e preparati all’accoglienza: un visitatore soddisfatto diventa un autorevole ‘brand ambassador’ di territorio e prodotto”. La tipologia di cantina turistica più diffusa in Italia è quella piccola e familiare (39%) che appare particolarmente presente in Campania, Puglia e Umbria. Seguono le cantine con rilevanza storica o architettonica (14%) che hanno le percentuali più alte in Veneto e in Piemonte. Le imprese con marchio famoso o storico sono il 12% del totale e sono particolarmente diffuse in Veneto e Sicilia. Piemonte, Toscana, Friuli e Sicilia si caratterizzano per imprese del vino con particolari bellezze paesaggistiche e naturalistiche (11%) mentre in Puglia e in Umbria è più alta la quota di cantine ben organizzate per l”incoming’.
L’indagine evidenzia poi due elementi critici: il 44% delle cantine sono lontane dai circuiti turistici o enoturistici, problema particolarmente evidente in Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania. Inoltre, la metà delle cantine chiude al pubblico nel fine settimana e nei giorni festivi. Chiusura che riguarda anche molti uffici turistici, costituendo un serio problema rispetto ai flussi dei visitatori che sono invece concentrati nei giorni di festa. Per i 145 sindaci intervistati, essere Città del Vino significa promuovere e valorizzare il vino e la sua cultura (per il 76%); essere all’interno di una rete, di un progetto condiviso per poter creare strategie di marketing turistico (65%), e avere una capacità di raccontare e di creare occasioni di promozione del territorio, dei suoi prodotti e delle sue aziende (48%).
Roma, 4 apr. (askanews) – A Vinitaly i vini del Lazio si dimostrano “vulcanici” in ogni senso. Sono loro, soprattutto, ad attrarre i buyers stranieri nel grande padiglione del Lazio e di Arsial, lunedì 3 aprile, nella seconda giornata della fiera di Verona dedicata ai prestigiosi vini italiani. Una giornata terminata con la visita del ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida.
Accompagnato dall’assessore all’agricoltura della Regione Lazio, Giancarlo Righini, e dal Commissario straordinario di Arsial, Andrea Napoletano, il ministro si è fermato, stand per stand, a salutare i produttori. E ha ribadito l’importanza del “brand Roma” che, grazie all’abbinamento con il nome della città eterna e dei suoi monumenti, può diventare un attrattore straordinario di turisti e creare nuove opportunità commerciali: “Implementeremo il lavoro messo in campo nel passato, una base di partenza per un punto di arrivo molto elevato”, ha dichiarato Lollobrigida. Dai vitigni autoctoni ai vini di grande qualità: cresce l’interesse da parte dei consumatori stranieri per i vini laziali, come ha confermato l’apprezzamento delle delegazioni di Brasile, Portogallo, UK, Canada ed Europa occidentale, che hanno degustato i vini del territorio. In particolare, i vini vulcanici, un tesoro enologico dal grande potenziale evolutivo.
Il Lazio vitivinicolo, infatti, insiste in buona parte su aree vulcaniche che, per la composizione mineraria dei suoli e la buona capacità di trattenere l’acqua, regalano al vino grande complessità aromatica, elevata acidità e una mineralità intensa, uniti ad eleganza. Proprio la vulcanicità dei vini, unita alle caratteristiche particolari dei territori, rappresenta un elemento di valorizzazione molto importante, in grado di unire la tradizione della storia millenaria dell’enologia laziale al futuro.
Milano, 4 apr. (askanews) – Si è chiusa con nuovo, grande, successo la ventiquattresima edizione di Summa, la rassegna delle eccellenze enologiche, principalmente biologiche e biodinamiche, che è andata in scena a Casòn Hirschprunn & Tòr Löwengang della Tenuta Alois Lageder, organizzatrice dell’evento. Oltre 2.500 i visitatori, tra operatori, giornalisti e wine lover provenienti da mezzo mondo, che hanno fatto registrare il tutto esaurito.
“Siamo molto soddisfatti, il riconoscimento più importante per noi è vedere i produttori e i visitatori contenti” ha dichiarato la chief marketing officer dell’azienda di Magré (Bolzano), Helena Lageder, aggiungendo che “i racconti dei vignaioli, i loro vini e sicuramente anche il luogo ed il clima rilassato dell’evento sono sempre fonte di ispirazione per chi ci viene a trovare. Diventa così più piacevole anche fare business – ha concluso – e quest’anno sono sicuramente cresciuti anche gli operatori internazionali, una bella occasione per chi come noi produce vino di qualità, rispettando dei valori che mettono la natura al centro”. Centodieci le aziende presenti quest’anno all’interessantissima due giorni, provenienti oltre che dall’Italia, da Germania, Nuova Zelanda, Austria, Portogallo, Svizzera e Francia (con nuove aziende dalla Champagne) e, per la prima volta, dalla Grecia. Successo hanno riscosso anche tutte le masterclass e le degustazioni guidate con diversi focus e grande è stato poi l’interesse per le visite nella Cantina della Tenuta e nei vigneti, a testimonianza della maggiore consapevolezza che sta crescendo nel settore in merito all’agricoltura in linea con l’ambiente e all’economia circolare che sta alla base di un’azienda biodinamica. “È evidente che il consumatore si stia sempre più rendendo conto dell’importanza di scegliere vini di qualità prodotti nel rispetto della terra – ha evidenziato Helena Lageder – e questo è molto importante considerando le sfide sempre più urgenti che si trova ad affrontare il nostro pianeta”.
Un’area dell’evento è stata allestita e destinata al racconto dell’importante Progetto Dormizil, un dormitorio per persone senzatetto basato sul concetto dell’”housing first”. Il programma, sostenuto con parte del ricavato della vendita dei biglietti di ingresso a Summa, intende realizzare una struttura a lungo termine per i senzatetto, con 9 piccoli appartamenti, uno spazio per l’accoglienza di emergenza, docce e lavatoi. L’appuntamento con la prossima edizione di Summa è in calendario per il 13 e 14 Aprile 2024.
Verona, 4 apr. (askanews) – La sostenibilità rappresenta insieme con il biologico uno dei principali driver di acquisto del Prosecco, un trend che riguarda tutti i principali mercati di riferimento del Prosecco DOC. Nello specifico, in Italia il 28% dei consumatori sceglie il Prosecco da consumare proprio sulla base della presenza di attributi “green” (come il bio e la sostenibilità ambientale e sociale). All’estero l’interesse nei confronti del Prosecco biologico o sostenibile è ancora maggiore: si va dal 32% dei consumatori tedeschi per arrivare al 36% di quelli svedesi e al 40% di quelli statunitensi. È quanto emerge dal sistema di “survey” che Wine Monitor Nomisma conduce da anni per il Consorzio di Tutela della DOC Prosecco, con lo scopo di monitorare i comportamenti di consumo del Prosecco nei principali mercati mondiali e valutare le potenzialità di sviluppo del vino spumante più venduto nel mondo, tra cui quelle legate alla certificazione di sostenibilità.
In Italia il 9% dei consumatori di spumanti ha acquistato negli ultimi 12 mesi un vino certificato sostenibile, ossia con marchio Equalitas, Viva o SQNPI. Si tratta dunque ancora di una nicchia di mercato che presenta un identikit dell’acquirente tipo ben definito: Millennials, di genere maschile con titolo di studio e reddito elevato. Tali caratteristiche socio-demografiche si ritrovano anche in Germania e Svezia, dove la quota di soggetti che consumano vini sostenibili è più elevata rispetto all’Italia (in particolare nel caso del Paese Scandinavo) e pari rispettivamente al 10% e 15%. Dalle “consumer survey” condotte da Wine Monitor Nomisma emerge come i vini sostenibili godano di una migliore reputazione rispetto ai vini convenzionali, perché presentano “maggior rispetto dell’ambiente” e “maggiore tracciabilità”, così come un “più alto rispetto per lavoratori e cittadini”. “Da anni si assiste a un crescente interesse nei confronti del vino sostenibile, che coinvolge anche i consumatori di Prosecco, in primis dei mercati a maggiore capacità di spesa (come Nord America e Nordics), e che rappresenta un driver per valorizzare ulteriormente questa denominazione a livello globale” ha spiegato Emanuele Di Faustino, Responsabile Industria, Retail e Servizi di Nomisma, evidenziando “come in Germania, ad esempio, la certificazione di sostenibilità si colloca al secondo posto tra i fattori che potrebbero motivare a spendere di più per una bottiglia di Prosecco con una quota del 25%, valore che sale al 29% tra i consumatori degli USA, primo mercato di destinazione del Prosecco DOC”.
La domanda potenziale di vini sostenibili è davvero enorme e coinvolge tutti i principali mercati mondiali. Se nel Regno Unito (seconda destinazione del Prosecco) il 39% dei consumatori pensa che i vini sostenibili saranno tra i più rilevanti trend di consumo dei prossimi 2/3 anni, tale quota sale al 47% negli Stati Uniti e al 49% in Germania, rispettivamente primo e terzo mercato di export per il Prosecco DOC. Per soddisfare le esigenze sempre più evolute dei consumatori di tutto il mondo, il sistema Prosecco da anni investe per incrementare il livello di sostenibilità ambientale e sociale della denominazione. A questo riguardo, è importante sottolineare come la strategia del Consorzio non si fermi esclusivamente al pilastro ambientale (garantita anche dal biologico), ma si stia focalizzando anche su quello sociale ed economico con lo standard Equalitas.
Verona, 4 apr. (askanews) – Il mercato si trova davanti ad un calo strutturale del vino rosso? Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly si tratta di una visione semplicistica, si assiste piuttosto ad un’accelerazione verso il tanto auspicato posizionamento in fascia alta delle denominazioni italiane rossiste più virtuose.
In un mercato export trainato dagli spumanti (+6% i volumi nel 2022), in cui i bianchi fermi (+1,3%) e i rosati hanno tenuto, chi sembra soffrire di più è il simbolo enologico per antonomasia: il vino rosso. Ma se è vero che In Italia la tipologia ha fatto peggio di tutte (-4,3% le quantità esportate), con cali evidenti in particolare nei principali Paesi della domanda, a cominciare dai top 3 (Germania a -5%, Usa -6% e UK -8%), la scomposizione dei dati di vendita per segmento di prezzo riserva sorprese rilevanti. L’analisi qualitativa sulle esportazioni dei rossi italiani che emerge a Vinitaly vede infatti le categorie premium (da 6 a 9 euro/litro in cantina) e superpremium (oltre i 9 euro) conquistare quote di mercato molto importanti negli ultimi 12 anni. Per esempio, stante il calo generale dei volumi di rosso esportati, nel 2010 i prodotti sotto i 6 euro rappresentavano a valore i due terzi del mercato; oggi l’inversione di tendenza, con gli over 6 euro al 60% delle vendite. In poco più di 10 anni la crescita del segmento di fascia alta, che vale ora 1,9 miliardi di euro di export, è stata del 200%. “Assistiamo a un cambiamento importante del posizionamento del nostro prodotto; il mondo chiede calici in grado di evocare l’italianità e noi abbiamo le potenzialità di assecondare al meglio questa richiesta di mercato. Il futuro dei nostri rossi passerà anche, necessariamente, dalle piazze emergenti asiatiche, tornate in forze a questo Vinitaly a partire dalla Cina” ha commentato l’ad di Veronafiere, Maurizio Danese, sottolineando che “dalla Cina sono infatti 130 i top buyer che ospitiamo, a cui si aggiungono operatori della domanda provenienti da 17 Paesi dell’Asia. Inoltre – ha concluso -, ripartiremo già ad aprile con un intenso programma di promozione in Cina, dalle masterclass a Vinitaly Chengdu fino alla nostra fiera Wine to Asia a Shenzhen, dall’11 al 13 maggio”.
“Diversi mercati di sbocco stanno dando segnali di stanca nei confronti di prodotti di personalità non definita e con caratteristiche organolettiche poco consone all’evoluzione del gusto in atto” ha affermato il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, precisando che “ci troviamo da una parte con molti vini che, pur a prezzi molto accessibili, oggi fanno fatica a vendere e, dall’altra, con una forte domanda di prodotti di qualità, in linea con l’immagine che tutto il made in Italy è in grado di evocare. È un buon segno – ha concluso – ma serve risolvere questo sfocamento in atto tra il mercato e la produzione di molti dei nostri rossi”. A favorire questo trend di valorizzazione delle produzioni rosse, protagoniste in particolare nella ristorazione mondiale a prezzi spesso decuplicati, sono alcuni tra i principali mercati, a cominciare dagli Usa, avamposto di una tendenza premium (a 480 milioni di euro) che incide per il 72% sul totale vini rossi italiani acquistati (+222% dal 2010). Notevole anche la crescita di prodotti destinati in particolare alla ristorazione in Canada (72% e +141%), Svizzera (76% e +143%), Francia (70%) e Corea del Sud (79%). Quote robuste di prodotti basic persistono invece in UK, Paesi Bassi, Belgio e Russia.
Dai dati, rileva l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, emerge chiaramente una divaricazione dei mercati: quelli disponibili ad aprire una nuova fase, trainata dal valore territoriale o di brand, e quelli invece ancorati a una visione statica del vino made in Italy, fatto più di quantità che non di valore intrinseco. La sfida sarà far crescere quelli che oggi si posizionano a metà strada, tra i primi la Germania, che ancora vede il 50% dei volumi nella fascia 3-5,99 euro, ma anche altre piazze importanti come Danimarca, Norvegia, Austria e in generale i Paesi dell’Est europeo, oggi in forte sviluppo, come Polonia e Repubblica Ceca. Il tour di Vinitaly in Cina, con il sostegno di ICE, farà tappa prima a Chengdu per la masterclass di apertura di con l’unico master sommelier cinese Yang LV e – con la controllata Wine to Asia – per l’organizzazione di un business forum con una delle più influenti piattaforme dedicate al vino in Cina, Wine Sommelier. Si vola poi a Shenzhen, il 14 aprile, nel Padiglione Italiano della Fiera governativa di Hainan, per un tasting e la presentazione dell’Italia a Wine to Asia (11-13 maggio), insieme a ICE e a Fondazione Altagamma. A Shenzhen, manifestazione internazionale di Veronafiere, è attesa la presenza di oltre 450 espositori provenienti da 20 Paesi.
Milano, 3 apr. (askanews) – Oltre 150 vini da Serbia, Albania e Macedonia del Nord, per la prima volta si presentano e degustano uniti sotto la bandiera di “Open Balkan” al Vinitaly in corso a Veronafiere. Perché non solo il business ma anche la diplomazia e la collaborazione internazionale passano attraverso l’assaggio di un calice di vino. Nell’International Wine Wall (padiglione D) del Salone internazionale dei vini e dei distillati fino al 5 aprile alla Fiera di Verona, i produttori dei tre Paesi dei Balcani presentano una selezione delle migliori etichette dai diversi vigneti dell’area, tra identità e potenzialità di un panorama enologico che negli ultimi anni ha attirato sempre più l’attenzione di critici e consumatori di tutto il mondo.
La collettiva ha ricevuto ieri la visita ufficiale a Vinitaly del presidente della Repubblica Serba, Aleksandar Vucic, del primo ministro dell’Albania, Edi Rama, e del primo ministro della Macedonia del Nord, Dimitar Kovacevski, accompagnati dal ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani. 2Vinitaly ha avuto la grande capacità di aprirsi a Paesi amici” ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sottolineando che “avere qui i Balcani con i loro prodotti significa avere una visione più ampia e scoprire nuovi mercati, con l’obiettivo di far crescere il nostro settore vitivinicolo”.
“Serbia, Albania e Macedonia del Nord possono essere ancora più presenti qui in fiera e in Italia in generale” ha commentato il presidente serbo Vucic, dicendosi “convinto che collaborazioni di sistema come la collettiva di ‘Open Balkan’ siano in grado di portare benefici anche in altri campi, attraendo più businessmen e portando l’àindustria italiana a essere più presente nelle nostre regioni. Siamo molto contenti di essere qui a Vinitaly, anche perché abbiamo la possibilità di imparare molto su questo settore”. Tra gli appuntamenti in calendario a “Open Balkan”, è da segnalare quello di domani dal titolo “Indegenous varieties of Balkan – taste the difference”, una masterclass condotta dal pluripremiato critico enologico e sommelier Luca Gardini e dallo chef stellato Tomaz Kavcic, alla scoperta delle varietà autoctone dei Balcani con nove etichette in degustazione (alle 14 in sala Orchidea, Palaexpo piano -1).
La compagine balcanica arriva a Vinitaly dopo il successo della prima edizione di “Wine Vision by Open Balkan”, la fiera dedicata all’enogastronomia e al turismo di Belgrado che ha visto lo scorso anno la partecipazione di oltre 350 espositori provenienti da oltre 20 Paesi, diventando di fatto la manifestazione internazionale di riferimento nel Sud-Est Europa e stabilendo nuovi ed elevati standard per la diffusione e la promozione del vino dei Balcani occidentali.