Milano, 2 apr. (askanews) – “Vinitaly è una manifestazione che è diventata veramante importante, grandiosa, e quanto per noi è importante il vino anche a livello culturale, di identità e di tradizione: oggi è la Domenica delle Palme, la settimana più importante delle Cristianità, e il vino è anche un elemeno sacro nella nostra cultura, di identità, di tradizione e di orgoglio”. Lo ha detto il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nel suo saluto che ha aperto a Veronafiere la cerimonia di inaugurazione della 55esima edizione del Vinitaly, che si apre oggi.
“Essere qui per me è un onore, in questi giorni ho pensato che qui ho fatto il mio primo discorso pubblico, quindi potete capire l’emozione” ha detto il presidente, aggiungendo che “quando parlo con chi viene dalle altre parti del mondo, parlo in maniera orgosgliosa dei nostri vini”. “Qui c’è anche l’arte in questi giorni, e il fatto che tutto questo sia fatto nella mia Verona, mi rende veramente orgoglioso: una città che proprio nel Vinitaly dimostra le sue potenzialità incredibili” ha continuato Fontana, sottolineando che “prorio per questo, oggi voglio ricordare tutte quelle persone che lavorano qui alla Fieradiverona, ogni tanto forse ce ne dimentichiamo, ma sono tanti i dipendenti che in questi anni e in queste settimane si sono sacrificati per fare grande questa manifestazione, questa fiera rendendola una delle prime al mondo”. “Il ringraziamento va quindi a tutte queste persone nascoste che tutti i giorni lavorano per rendere grande la nostra Verona, questa manifestazione, per rendere grande la cultura del vino del mondo”. Insieme con il presidente Lorenzo Fontana, all’inaugurazione oggi a Verona sono presenti, tra gli altri i ministri Lollobrigida e Sangiuliano, e i presidenti di Veneto, Umbria, Basilicata, Toscana ed Emilia-Romagna.
Milano, 2 apr. (askanews) – Per l’84% degli italiani un consumo moderato di vino fa bene alla salute. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti e Centro studi Divulga presentata al Vinitaly, con in mostra per la prima volta la storia millenaria del vino, dall’Arca di Noè alla stazione spaziale, di fronte l’ingresso principale Cangrande di Casa Coldiretti.
Sempre secondo la ricerca, circa la metà (42%) di chi non rinuncia al vino lo fa regolarmente, con punte del 49% se si considerano gli individui con un elevato livello di istruzione e del 46% degli ultrasessantacinquenni. “Non a caso alla domanda su cosa rappresenti il vino – rileva Coldiretti – la risposta prevalente è che si tratta dell’espressione della cultura nazionale e del territorio, mentre al secondo posto si piazza ‘una fonte di piacere’ e al terzo ‘un modo per stare insieme’”. “Il più gettonato resta il vino rosso, preferito dal 48% dei consumatori – continua Coldiretti – superando il bianco (31%) e gli spumanti (12%), mentre il rosé viene indicato da un 8% e il restante predilige altro. La compagnia privilegiata di consumo del vino è la famiglia, secondo oltre la metà (51%) degli intervistati, mentre un altro 29% lo beve assieme agli amici. C’è poi un 13% – spiega Coldiretti – che predilige il vino quando è assieme al partner. Solo un 6% lo beve da solo. Le mura domestiche risultano dunque il luogo privilegiato di consumo, seguite da ristorante ed enoteche e bar”.
Ma dove comprano il vino gli italiani? Secondo Coldiretti/Centro studi Divulga il luogo di acquisto principale è il supermercato (62%), mentre al secondo posto ci sono le cantine e i negozi aziendali con il 30%, seguite da enoteche, piccoli negozi di alimentari e discount, mentre il web calamita ancora solo un 5% degli ordini. Dalla ricerca emerge infine che al momento dell’acquisto la prima caratteristica che viene presa in considerazione è il territorio di produzione, saldamente davanti al prezzo e al marchio, ma c’è anche chi guarda alla gradazione alcolica e alla certificazione biologica. “Non sorprende dunque che la metà esatta degli italiani (50%) – conclude Coldiretti – preferisca consumare vino della propria regione, rispetto a un 26% che lo sceglie di altre regioni italiane e a un 23% per il quale la provenienza è indifferente”.
Milano, 2 apr. (askanews) – L’azienda siciliana Al-Cantàra del produttore Pucci Giuffrida, associato a Confagricoltura e presidente della Sezione vitivinicola dell’Unione provinciale agricoltori di Catania, si è aggiudicata il riconoscimento “Cantina dell’anno-Gran Vinitaly 2023”. Lo ha reso noto Confaagricoltura, spiegando che sono otto le etichette di Giuffrida premiate all’edizione “5StarWines” del Vinitaly, la manifestazione in corso da oggi al 5 aprile a Verona.
L’impresa vitivinicola è situata lungo il versante Nord dell’Etna nel territorio di Randazzo (Catania). L’imprenditore si è aggiudicato, tra oltre mille etichette in gara, questo premio assegnato alla cantina che ha totalizzato il miglior risultato nei “parziali”, cioè nella somma dei punteggi raccolti fra i primi tre vini in classifica in almeno due categorie di concorso. Giuffrida, commercialista di professione, è entrato nel mondo del vino meno di vent’anni fa. Classificato al primo posto nella categoria dei rosati “Amuri di fimmina e amuri di matri”, Etna rosato doc (vendemmia 2021) da uve di nerello mascalese. Stesso punteggio per quattro etichette Al-Cantàra: sono gli Etna Bianco Doc Occhi di Ciumi 2021 (carricante e grecanico), Luci Luci 2020 (carricante) e Muddichi di Suli (IGP terre siciliane, 2020). Gli altri vincitori, piazzatisi entro i primi tre posti nelle varie categorie, sono: O’ Scuru o’ scuru (Etna Rosso Doc 2020),’A Nutturna 2021 (IGP bianco da uve di nerello mascalese), Lu veru piaciri (Etna Rosso Doc 2020 da uve di nerello mascalese e cappuccio) e, fra le bollicine dell’Etna, premiato anche Re Befè, spumante Etna Bianco Brut Doc la cui produzione è iniziata appena due anni fa.
Le otto etichette saranno inserite nel “5Star Wines – The Book 2024”, la guida redatta dalla giuria del premio e distribuita in ristoranti, enoteche e a buyer internazionali.
Milano, 2 apr. (askanews) – Il vigneto Italia vale 56,5 miliardi di euro, per un corrispettivo a ettaro di 84mila euro, quattro volte più della media delle superfici agricole. Lo rileva l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly con una ricognizione sui valori dei 674mila ettari del vigneto nazionale che da Nord a Sud della Penisola generano un’economia da oltre 30 miliardi di euro l’anno e rappresentano al contempo uno degli investimenti più redditizi in assoluto sul piano fondiario. Con il mercato che risponde con un boom di transazioni, dettate in particolare da fondi e family office interessate soprattutto alle regioni a maggior vocazione enologica e di conseguenza a maggior tasso valoriale, come Alto Adige, Trentino, Veneto, Toscana e Piemonte.
Le quotazioni massime più alte dei filari italiani (a volte sopra il milione di euro per ettaro) si riscontrano in provincia di Bolzano, nella zona di Barolo e Barbaresco, sulle colline di Conegliano e Valdobbiadene e a Montalcino. Si va dai 300-500mila euro a ettaro per la zona di produzione del Trento Doc, la Valpolicella, Bolgheri e la Franciacorta. Stime di poco inferiori per le aree del Prosecco Doc, del Lugana, del Chianti Classico e Montepulciano. Negli ultimi 15 anni, secondo le rilevazioni elaborate dal Crea, la grande maggioranza delle denominazioni ha incrementato le proprie punte di valore: si va da Montalcino (+63%) a Valdobbiadene (+16%), da areali nel bolzanino come Caldaro (+75%) o Canelli nell’astigiano (+58%) fino al Collio (+50%), all’Etna (+57%), ai filari montani della Valle d’Aosta (+114%). L’alto valore medio a ettaro (dato dalla presenza di ampi territori vocati a produzioni di successo, come Prosecco, Valpolicella, Lugana, Pinot grigio, Valdadige) associato all’estensione del vigneto (100mila ettari circa), pone il Veneto in testa alla classifica generale dei valori fondiari. “Il vigneto Italia è ormai un brand globale specie nei suoi territori più vocati, e questo è un elemento di forza a cui gli investitori non possono sottrarsi” ha dichiarato il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, aggiungendo che “notiamo come in genere l’ingresso di fondi internazionali o di famiglie facoltose nelle aree simbolo della viticoltura italiana sia in primo luogo una questione di prestigio, poi certamente un bene rifugio o un elemento di diversificazione degli asset”. “Ma alla base c’è la consapevolezza di investire sul valore nel senso più etimologico del termine, più che di aderire a un progetto remunerativo nel breve-medio periodo con il solo valore della produzione” ha proseguito Frescobaldi, concludendo “in Italia si assiste a questo e non è un caso se Bernard Arnault, presidente del gruppo Lvmh, ha recentemente acquistato Casa degli Atellani di Milano, vigna di Leonardo compresa”.
Per l’ad di Veronafiere, Maurizio Danese “il vino italiano è un capitale strategico del Paese e Vinitaly lo ha ribadito con un rapporto realizzato dall’Osservatorio assieme a Prometeia con i nuovi numeri di una filiera da 31,5 miliardi di euro l’anno”. Il settore, che vanta la miglior bilancia commerciale tra tutti i comparti del made in Italy tradizionale, ha una propensione all’export doppia rispetto all’agroalimentare e questo ha un peso anche sul valore fondiario di un prodotto sempre più globale, sempre più riconosciuto come bandiera dell’Italian style” ha precisato, evidenziando che “non è un caso se per il Cbre, leader mondiale nella consulenza nel settore real estate, il volume degli investimenti nel vigneto tricolore è segnalato in crescita in tripla cifra nell’ultimo biennio”. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, inoltre, la viticoltura in Italia costituisce da sempre un baluardo a difesa del paesaggio: nonostante la crescita della viticoltura in pianura, tutt’oggi poco più della metà dei vigneti nazionali si colloca sopra i 300 metri di quota, con il 42% in collina (301-700 metri) e il 9% in montagna (sopra i 700 metri). Montagna che, in alcuni areali come Valle d’Aosta e Liguria, è il luogo di maggiore presenza della viticoltura con quote superiori al 60%, ma che raggiunge incidenze ragguardevoli (pari o superiori al 30%) anche in altre regioni, come Campania, Basilicata, Calabria, Molise e Piemonte. In totale sono 62mila gli ettari vitati in montagna, dato destinato a crescere in futuro per via dell’innalzamento delle temperature medie. Viticolture prevalentemente di collina (281 mila gli ettari complessivi) sono quelle abruzzese (96%), umbra (89%), marchigiana (85%) e toscana (81%), a cui si aggiungono le produzioni di alta collina in provincia di Bolzano (86%) e Trento (40%). Prevalenza di viticoltura pianeggiante in Veneto, Emilia-Romagna, Puglia, Sicilia e Friuli Venezia Giulia.
Milano, 1 apr. (askanews) – Si apre oggi a Magrè (Bolzano) la 24esima edizione di Summa, l’importante rassegna delle eccellenze enologiche biologiche e biodinamiche dal mondo. Nell’incantevole scenario di Casòn Hirschprunn & Tòr Löwengang della Tenuta Alois Lageder, organizzatrice dell’evento, ci saranno fino a domani sera 110 Cantine provenienti, oltre che dall’Italia, da Germania, Nuova Zelanda, Austria, Portogallo, Svizzera e Francia (con nuove aziende dalla Champagne) e per la prima volta anche dalla Grecia. Aziende selezionate per l’altissima qualità dei loro vini prodotti in armonia con l’ambiente.
L’offerta italiana si arricchisce quest’anno dei vini di prestigiose e storiche cantine pioniere di una scelta produttiva naturale, come Gravner, Federico Graziani, Giulia Negri-Serradenari, Occhipinti, Passopisciaro Andrea Franchetti e Braida. Divenuta negli anni un punto di riferimento per un numero sempre crescente di operatori e wine lover che fanno scelte di acquisto e consumo consapevoli, a loro Summa propone degustazioni guidate, verticali, prove di botte e walk around tasting, con la presenza dei vignaioli che raccontano come nascono i propri vini. Durante l’evento, vengono proposte anche visite tra vigneti e in cantina, per far toccare con mano la filosofia biodinamica di Tenuta Alois Lageder, basata sull’economia circolare. Inoltre, il Paradeis, ristorante della Tenuta, proporrà piatti preparati con prodotti a km zero di produzione propria e di altri partner.
Summa quest’anno devolverà parte del ricavato della vendita dei biglietti d’ingresso al Progetto “Dormizil – dormitorio per persone senzatetto”. Basato sul concetto dell’”housing first”, il progetto intende realizzare una struttura a lungo termine per i senzatetto, con nove piccoli appartamenti, uno spazio per l’accoglienza di emergenza, docce e lavatoi.
Milano, 31 mar. (askanews) – Compie 40 anni il celebre Schulthauser della Cantina San Michele Appiano. Era infatti il 1982 quando Hans Terzer ebbe l’dea di dar vita ad un Pinot Bianco più strutturato e longevo, contribuendo alla rinascita qualitativa del vino altoatesino. Nel periodo in cui la viticultura di qualità cominciava a farsi strada nella terra dei rossi dolomitici, tra i pochi vitigni a bacca bianca dominava il Pinot Bianco: Terzer scelse una zona di altura, nella contrada Appiano Monte, ai piedi del massiccio della Mendola, intorno al Castello Moos-Schulthaus. Con questo vino il winemaker inaugurò un nuovo, personale, modello di vinificazione per valorizzare le uve migliori dei conferitori, vinificando circa il 70% in acciaio e il rimanente 30% in legno grande e introducendo una nuova tecnica fino ad allora sconosciuta in Alto Adige, la fermentazione malolattica per una parte del Pinot Bianco per aumentare morbidezza ed eleganza.
In breve tempo lo Schulthauser divenne il primo vino bianco altoatesino a conquistare il mercato, prima locale e poi internazionale, e ancora oggi, esibendo l’etichetta originaria sulla classica bottiglia renana, questo bianco mantiene un ruolo identitario per l’azienda nata nel 1907. Del vigneto Schulthaus, ben 26 ettari sono dedicati al Pinot Bianco. La vendemmia, che un tempo cominciava a fine settembre, oggi è anticipata al 15 del mese, con rese intorno ai 60 hl/ha e una produzione massima tra gli 80 e i 90 quintali, per un totale di circa 200mila bottiglie prodotte ogni anno.
Milano, 31 mar. (askanews) – Entrare in cantina, assistere alla produzione del vino, ammirare gli stupendi paesaggi della campagna umbra costellati di vigneti e oliveti: imparare come si fa il vino, conoscere il territorio, le persone e il loro lavoro. Esperienze che oggi sbarcano nel Metaverso e approdano al Vinitaly (a Veronafiere dal 2 al 5 aprile) grazie alla collaborazione tra Famiglia Cotarella e Engineering. Una partnership che offrirà un’esperienza immersiva tra le vigne e le botti della Cantina di Montecchio (Terni) e la natura circostante, in un viaggio virtuale che rappresenta un’ulteriore opportunità di conoscenza, oltre che di miglioramento del servizio offerto, agli appassionati di vino.
“Il nostro ingresso nel Metaverso, grazie alla collaborazione con Engineering, è ispirato al concetto di ‘umanesimo digitale’ e alla volontà di tenere sempre la persona al centro” ha spiegato la Ceo della Cantina, Dominga Cotarella, sottolineando che “usiamo le più moderne e sofisticate tecnologie con l’idea di mettere a disposizione un altro strumento per farci conoscere, far scoprire un territorio, una natura, che amiamo molto e a cui dobbiamo molto, per dare valore al lavoro e alla passione di chi opera nel settore, non tanto per vendere il vino”. “Vogliamo che l’esperienza virtuale in cantina sia un invito per quella reale, che diventa così più attesa e consapevole” ha precisato, concludendo “a nostro avviso essere nel Metaverso è anche un modo per diffondere la cultura del vino, soprattutto tra i più giovani, suscitando in loro interesse, curiosità, ma soprattutto quella conoscenza e quel rispetto che li inducano a bere in maniera responsabile”. “Oggi le nuove tecnologie sono uno strumento determinante per valorizzare l’eccellenza dei prodotti dei nostri territori” ha precisato Gianluca Polegri, Direttore Digital Solutions di Engineering, aggiungendo che “il Metaverso è un insieme di spazi digitali interconnessi e accessibili attraverso una molteplicità di dispositivi, capace di mettere la persona al centro di un’esperienza immersiva, che non vuole sostituirsi a quella reale, ma promuoverla e incentivarla”. “Il progetto realizzato dal Metaverse Lab di Engineering insieme con la Famiglia Cotarella offre una customer journey totalmente innovativa e coinvolgente, in grado di raccontare in modo inedito l’azienda, facendone conoscere la qualità dei vini e la bellezza delle sue tenute”. Un viaggio virtuale, che grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia come Realtà Virtuale, Digital Twin e Intelligenza artificiale, può coinvolgere sia l’appassionato di vino che un pubblico più giovane, trasmettendo tutti i valori di un mondo fatto di passione e grandi competenze”.
Durante il Vinitaly, presso lo stand di Famiglia Cotarella (Pad. 7 Stand D3), sarà possibile per il pubblico visitare virtualmente la cantina, passeggiare tra i vigneti, immergersi nella natura della fattoria didattica Tellus, e conoscere più da vicino i vini Famiglia Cotarella grazie all’apposita postazione allestita da Engineering. L’azienda ha infine annunciato che a breve sarà possibile effettuare il viaggio virtuale nel mondo della Famiglia Cotarella anche attraverso una App.
Milano, 31 mar. (askanews) – Sarà Vinitaly (a Veronafiere dal 2 al 5 aprile) la prima vetrina del progetto sostenibile “Bottiglia Masi”, disegnata dal celebre architetto e designer Piero Lissoni per la storica Cantina veronese Masi. Molto caratterizzata e facilmente riconoscibile, questa bottiglia pesa 370 grammi, “il 33% in meno rispetto alla media delle bottiglie dei vini di analogo posizionamento”.
Realizzata dal gigante Verallia, punto di riferimento mondiale nella progettazione e fornitura di contenitori in vetro, “Bottiglia Masi” punta a generare un “circolo virtuoso”: diminuire la quantità di vetro, significa infatti ridurre la materia prima occorrente per la produzione e diminuire la quantità di energia necessaria in fase di lavorazione, trasporto e movimentazione. Una bottiglia sottile, elegante ma anche robusta che dà forma a “Fresco di Masi”, la linea di vini biologici prodotti da uve vendemmiate nelle ore più fresche e vinificate immediatamente, senza appassimento, senza passaggio in legno, solo con i lieviti naturali, decantati e non filtrati. Il “Fresco di Masi Rosso Verona IGT 2022” si è aggiudicato nei giorni scorsi il premio “Etichetta dell’anno 2023” dalla giuria della 27esima edizione della Vinitaly Design International Packaging Competition, il concorso organizzato da Veronafiere-Vinitaly. “Alla vigilia di Vinitaly, dove saremo presenteremo le nostre ultime iniziative ai mercati internazionali, siamo orgogliosi di ricevere questo importante riconoscimento da parte di Veronafiere-Vinitaly” ha dichiarato il direttore marketing di Masi, Raffaele Boscaini, aggiungendo che “con ‘Fresco’, Masi propone al mercato un prodotto che interpreta le mutate abitudini dei consumatori contemporanei e di domani e la sua etichetta e la confezione sono decisamente coerenti con questo nuovo messaggio”. “Un’immagine fortemente identitaria per Masi rivista in versione ‘pop’ – ha concluso – che veste una bottiglia più sostenibile perché leggera, di grande impatto grazie alle sue forme e trasparenze realizzate dal designer internazionale Piero Lissoni”.
Milano, 31 mar. (askanews) – Brunello e Rosso di Montalcino tirano la volata dell’enoturismo a Montalcino, che nel 2022 non solo ha chiuso a +36% rispetto a un 2021 già in forte ripresa, ma ha superato anche gli anni d’oro del triennio pre-covid (2017-2019) con un +16% e 210 mila presenze con pernottamento. Lo rileva, alla vigilia di Vinitaly, il Consorzio del vino Brunello di Montalcino che ha elaborato i dati provvisori dell’ufficio statistico della Regione Toscana. Rispetto all’anno precedente, il ritorno alla normalità cosmopolita dei winelover di Montalcino lo si legge dai numeri: +81% gli stranieri sul 2021 (a 143 mila presenze, oltre i 2/3 del totale) e -12% gli italiani (67 mila) che nel periodo Covid avevano tenuto in piedi l’enoturismo ilcinese. Un ritorno al futuro tra le vigne del paesaggio Unesco della Val d’Orcia sia per le strutture alberghiere (+41%) che per agriturismi, relais in cantina, b&b (+34%).
Il risiko delle presenze vede il ritorno dei turisti statunitensi saldamente in vetta tra gli stranieri, con una crescita del 168% sul 2021 ma anche del 31% sul 2019, poi Germania (+22%) e Regno Unito, che con un balzo del +257% nell’ultimo anno scalza il Brasile dal podio. Rispetto al 2021 i fortissimi incrementi dai Paesi terzi hanno fatto la differenza, ma è il saldo sul 2019 il benchmark più significativo, con crescite in doppia cifra per quasi tutte le principali aree di provenienza. Tra queste, i Paesi Bassi guadagnano la quinta piazza grazie a un +31% sul 2019, poi Svizzera (+47%), Canada (+8%) Francia (+36%) e Belgio (+24%). In forte calo ovviamente la Russia (-69%), rimpiazzata dalla Polonia (+60%), e una Cina ancora alle prese con le chiusure. Tra gli italiani, il podio degli arrivi vede in testa la Lombardia (+21% sul 2019), poi Lazio e Toscana, ora seguita da vicino dal Veneto (+28%). “Lo scorso anno il nostro borgo e le nostre cantine parlavano una babele di lingue come non accadeva da tempo” ha dichiarato il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci, ricordando che “lo scorso anno i turisti provenienti dalle Americhe, a partire dagli Stati Uniti, ma anche dal Brasile e dal Canada, sono stati oltre un quarto del totale, ma abbiamo rivisto anche ospiti dall’Oceania, dall’Asia, dall’Est Europa, oltre naturalmente agli arrivi dall’area comunitaria. Un turismo alto spendente – ha concluso – che da una parte ha fatto volare le vendite dirette in azienda, dall’altra si è rivelato un toccasana per l’industria dell’accoglienza e dei suoi servizi”.
Secondo il Consorzio, lo scorso anno l’ospitalità e stata quindi caratterizzata dal ripristino dagli assetti pre-pandemici, con i big spender, in crescita dai Paesi terzi, che erano ovviamente gli statunitensi, primo mercato estero per le vendite di Brunello ma anche dell’enoturismo con una incidenza sulle presenze straniere al 31%. Un target naturale per l’offerta di Montalcino in grado di consolidare il positivo impatto socioeconomico per l’area rurale ma anche per fidelizzare il brand e i consumi dei vini della denominazione. Secondo Wine Intelligence, il profilo del “Brunello-lover” statunitense corrisponde all’identikit dell’enoturista-tipo che lo scorso anno ha fatto ritorno al borgo toscano: appassionato di vino e in particolare di quello toscano, reddito alto (oltre 100 mila dollari), in grado di spendere oltre 75 dollari per una bottiglia.
Roma, 31 mar. (askanews) – Mangiare senza glutine a Pasqua si può. La semplice gita fuori porta a Pasquetta, un weekend fuori, o un viaggio di qualche giorno approfittando di un ponte lungo potrebbe essere un problema per chi soffre di celiachia ma in realtà “bastano pochi semplici accorgimenti per evitare problemi”. Secondo Michele Mendola, che ha creato la community Celiachia Facile proprio per aiutare chi soffre di questa intolleranza a affrontare la vita di tutti i giorni, “per scegliere un ristorante che offra un menù senza glutine ci sono diverse app e addirittura dei siti specializzati. Le recensioni sono sempre un ottimo indicatore – spiega Mendola -, ma se si hanno dei dubbi è sempre bene contattare il ristoratore. Non basta usare degli ingredienti senza glutine, occorre anche seguire particolari accorgimenti quando si cucina. Vanno usate pentole e utensili appositi, per evitare contaminazioni. I cibi con il glutine possono infatti lasciare dei residui, e bastano quelli a scatenare l’intolleranza. Il cliente, inoltre, non deve esitare a chiedere che un piatto venga modificato per eliminare gli ingredienti con il glutine”.
Lo street food è ormai una vera e propria esperienza, anche perché consente di assaggiare delle pietanze che non si trovano in nessun altro posto. “In un luogo molto affollato, o quando il cibo viene preparato velocemente, i rischi di contaminazione accidentale purtroppo aumentano – sottolinea Mendola. – In questi casi però, i soggetti intolleranti hanno la possibilità di vedere come vengono preparate le pietanze e se vengono usati utensili appositi. In ogni caso è una buona regola comunicare chiaramente al ristoratore di avere un’intolleranza”. E all’estero? “Quando si viaggia all’estero non si deve aver paura – dice Mendola -, i cibi senza glutine hanno gli stessi standard in tutto il mondo: le normative sulle etichette alimentari possono variare da un Paese all’altro, ma i livelli di glutine ammessi per definire un cibo gluten free sono gli stessi non solo nei Paesi Europei, ma anche all’estero. Una pietanza gluten free può contenere al massimo 20 parti per milione, e questo equivale a dire che il glutine è pressoché assente. Insomma – spiega l’ideatore di Celiachia Facile – non c’è il rischio che il pane o la merendina senza glutine che mangiamo all’estero abbia un livello di glutine superiore rispetto al cibo italiano”. Una buona norma, sia per un breve viaggio che per una vacanza più lunga, è portare una piccola scorta di snack, pane, pasta e prodotti da forno. “Questi alimenti possono essere utili in caso di difficoltà, magari anche quando si viaggia in auto per diverse ore. E se c’è un imprevisto, come una notte in un albergo o in un B&B che non offrono cibi senza glutine, si può chiedere di usare la cucina e prepararsi da soli una cena” conclude Mendola.