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Vino, nuovo sito per la Cantina Poggio al Tesoro: subito premiato

Vino, nuovo sito per la Cantina Poggio al Tesoro: subito premiatoMilano, 23 mag. (askanews) – Nuova vita per il sito di “Poggio al Tesoro”, la Cantina di Bolgheri (Livorno) di Marilisa Allegrini e delle sue due figlie. Il restyling è stato curato dall’agenzia fiorentina The Branding Crew, che già aveva pensato e sviluppato il progetto web di San Polo Montalcino, l’altra realtà vitivinicola toscana della famiglia Mastella Allegrini.

Il nuovo sito web di Poggio al Tesoro punta sul colore e gioca nell’alternanza di foto, video e testi, evidenziando fin dal menu i valori e i punti di forza dell’azienda: la tenuta, Bolgheri, i vigneti e ovviamente i vini. “Storie DiVino” e i “Diari della Vendemmia” offrono infine contenuti editoriali e approfondimenti verticali dedicati alla comunità dei wine lovers. Un lavoro che è stato premiato dai due portali internazionali CSS Design Awards e Awwwards. Il primo gli ha attribuito i riconoscimenti “Best Innovation”, “Best User Interface Design” e “Best User Experience Design”, mentre dal secondo il sito di Poggio al Tesoro ha ricevuto la “Honorable Mention”.

Slow Food: carne sintetica non è soluzione a domanda insostenibile

Slow Food: carne sintetica non è soluzione a domanda insostenibileMilano, 23 mag. (askanews) – “Soddisfare l’attuale domanda globale di carne ha richiesto uno stravolgimento dei secolari metodi di allevamento, dando vita al cosiddetto approccio industriale o intensivo. Un metodo che ha sì assicurato carne (quasi) per tutti, ma a condizioni ingiuste, inaccettabili e insostenibili”. Lo sottolinea in una nota la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini, spiegando che “il problema non si risolve passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori per la produzione di carne sintetica, ma basterebbe ridurre il consumo di carne nei Paesi del Nord del mondo, dando concretezza alla auspicata transizione proteica”.

E’ necessario insomma mettere in discussione le abitudini di consumo. “Non vi è alternativa, occorre mangiarne in minore quantità, scegliendo la carne in modo più consapevole, puntando su un modello sostenibile che rimetta in equilibrio allevamento e agricoltura, animali e terra, che metta al centro la fertilità del suolo e il rispetto per gli animali” insiste Nappini, aggiungendo “ma anche la tutela della biodiversità dei pascoli, la cura delle aree montane e la rigenerazione delle terre di pianura, riscoprendo la coltivazione e il consumo dei legumi”. Slow Food Italia, che ha appena pubblicato un documento in cui fa il punto sul consumo di carne, ricorda che in Italia questo si attesta intorno ai 79 kg annui a testa, inferiori a Paesi come Stati Uniti, Australia, Spagna e Germania, ma quasi il doppio della media mondiale, che nel 2014 era stimata in 43 kg.

Secondo l’associazione, il modello intensivo non solo “ha tolto gli animali dal pascolo e li ha privati della libertà e costretti a esistenze di sofferenza, ma ha richiesto enormi quantità di mangimi, per ottenere i quali si coltivano milioni di ettari di suolo agricolo o di aree deforestate”. Questo ha provocato “serie conseguenze dal punto di vista ambientale, sfruttando risorse preziose (suolo e acqua in primis) e contribuendo alle emissioni climalteranti”. Ma, come detto, secondo Slow Food, la soluzione non sta nella carne sintetica. “Il cibo è cultura, non è un semplice carburante per far funzionare l’organismo, somma algebrica di proteine, grassi e carboidrati”. Con la carne coltivata “si perderebbe definitivamente il legame tra il cibo e il luogo in cui viene prodotto, le conoscenze e la cultura locali, il sapere e le tecniche di lavorazione”. Inoltre, “i bioreattori dove si moltiplicano le cellule staminali richiedono grandi quantitativi di energia” e i principali soggetti coinvolti nello sviluppo di carne in laboratorio “sono gli stessi che dominano la filiera della carne, dalla coltivazione della soia utilizzata come mangime fino alla commercializzazione e distribuzione, e puntano semplicemente a un nuovo grande business, seguendo le stesse logiche e gli stessi strumenti (brevetti e monopoli)”.

Vino, i sei finalisti del concorso Miglior enotecario d’Italia 2023

Vino, i sei finalisti del concorso Miglior enotecario d’Italia 2023Milano, 23 mag. (askanews) – Sono Andrea Lauducci di Ferrara (Botrytis Enoteca), Loredana Santagati di Misterbianco (MisterCoffee), Luca Civerchia di Jesi (Rosso Intenso enoteca Ristorante Degusteria), Silvia Angelozzi di Alba Adriatica (Bellariva Enoteca Bistrot), Daniele Liurni di Roma (Enoteca Krasì), e Matteo Bertelà di Vigevano (Metodo Froma Bottega) i sei finalisti del concorso Miglior Enotecario d’Italia 2023, il primo contest nazionale dedicato all’eccellenza e alla professionalità dell’enotecario, ideato e organizzato dall’Associazione enotecari professionisti italiani (Aepi).

Realizzato con la collaborazione di Vinarius Associazione Enoteche Italiane e con il patrocinio del ministero delle Politiche agricole, Alimentari e Forestali, il concorso è giunto alla seconda edizione e ha per protagonisti enotecari operanti nelle bottiglierie, dove viene proposta la vendita per asporto, ma anche professionisti che lavorano all’interno di mescite (winebar) dove è previsto il servizio. Per ciascuna categoria è previsto un riconoscimento, al quale si aggiunge il premio speciale per la categoria Under 30 e quello destinato al Miglior enotecario d’Italia all’estero. Grazie alla rinnovata partnership con il Comité Champagne i sei candidati a vincere il titolo di quest’anno hanno potuto svolgere uno stage formativo di tre giorni a Epernay, celebre centro di produzione dello champagne.

L’esame finale con la proclamazione dei vincitori 2023 si terrà lunedì 29 maggio a Roma.

Vino, il “Piera Dolza 10 anni” rilancia il Torchiato di Fregona

Vino, il “Piera Dolza 10 anni” rilancia il Torchiato di FregonaMilano, 22 mag. (askanews) – “‘Piera Dolza 10 anni’ è un piccolo miracolo reso possibile solo dall’impegno coeso dei nostri vignaioli. Sono 2.500 bottiglie da 375 ml frutto della vendemmia 2013 che non è detto riusciremo a produrre ogni anno”. Alessandro Salatin è il presidente della cooperativa che riunisce sette piccoli vignaioli che dieci anni fa, associandosi, hanno salvato questo vino bianco passito del Trevigiano dal rischio di estinzione, unendo le proprie forze per presentarsi sotto un’unica etichetta: “Piera Dolza Torchiato di Fregona”.

Così facendo, questi produttori stanno tentando di superare le criticità dell’essere troppo piccoli per affrontare le esigenze del mercato, e ora si promuovono anche attraverso questa rara e preziosa chicca “da meditazione”. Il Torchiato di Fregona segue rigidissime regole di produzione: le rese massime consentite in vigna arrivano a 100 quintali per ettaro ma solo le uve migliori superano la severissima selezione per l’appassimento. Talvolta ne resta tra il 20 e il 30%, e di questo, dopo due o tre cicli di torchiatura, ne rimane appena il 20% pronto per il lungo affinamento. Ed è l’unico vino il cui Disciplinare impone che venga realizzato con l’impiego di tre vitigni autoctoni: il principale è la Glera, poi la Boschera e il Verdiso in percentuali ben definite. “In aggiunta, come cooperativa ci siamo autoimposti regole ancora più stringenti relative alla sostenibilità ambientale (divieto di ogni tipo di diserbante, favorire lo sfalcio a interfilari, e prevedere che il lavoro avvenga principalmente in forma manuale)” aggiunge Salatin, sottolineando che l’auspicio è quello che questo passito “diventi economicamente sostenibile e garantisca una giusta redditività a chi lo produce, in modo da attirare nuove generazioni che noi siamo pronti ad accogliere e accompagnare trasmettendo loro i nostri saperi”.

Alla presentazione del “Piera Dolza 10 anni”, è intervenuto, tra gli altri, l’assessore all’Agricoltura e Turismo della Regione Veneto, Federico Caner, che ha affermato “celebriamo un anniversario importante, che premia il lavoro di squadra, un territorio e un prodotto di eccellenza che nasce nelle colline Unesco tra Anzano, Fregona, Osigo, Montaner, Cappella Maggiore e Sarmede”. “Per il Veneto, il Torchiato di Fregona, con il suo sapore ricercato e di pregio, si contraddistingue per essere, assieme al Prosecco, uno dei vini identitari che ci rappresenta anche nel mondo” ha proseguito, aggiungendo “un vino che è sintesi perfetta tra la terra, la sua storia e la capacità di questi imprenditori di lavorare assieme: un esempio di dedizione e passione che va protetto come patrimonio culturale da preservare”. Date le modestissime quantità prodotte, il Torchiato di Fregona è rimasto per diverso tempo rimasto appannaggio del consumo familiare, almeno fino a quando i piccoli produttori si sono riuniti in Consorzio riuscendo a proporsi sul mercato. Le iniziali tredici aziende che hanno dato origine alla Doc, successivamente si sono trasformati in cooperativa, fino a configurarsi nell’attuale Associazione che riunisce i produttori della Docg nata per decreto nel 2011. Il grande balzo avvenne nel 2012 con l’inaugurazione del Centro di appassimento a Fregona, che ha permesso di arrivare ad una produzione media di “Piera Dolza” che oggi si attesta intorno alle 15mila bottiglie l’anno (20mila nelle annate migliori).

Colline vitate Soave sono Patrimonio agricolo di importanza mondiale

Colline vitate Soave sono Patrimonio agricolo di importanza mondialeMilano, 22 mag. (askanews) – Questa mattina nella sede della Fao a Roma si è tenuta la cerimonia ufficiale che celebra l’ingresso delle Colline Vitate del Soave tra i siti Globally importance heritage system (Giahs), Patrimonio agricolo di importanza mondiale istituito dalla Fao nel 2002.

Lo ha reso noto il Consorzio di tutela del Soave, spiegando che il Comprensorio veneto, già tra i primi in Italia ad essere riconosciuto Paesaggio rurale di interesse storico, ufficializza oggi l’ingresso tra le zone agricole del mondo che promuovono un’agricoltura sostenibile, lontana dai processi industriali, e che conserva uno stretto legame tra paesaggio, prodotti locali, comunità rurali associate. “Si tratta di un riconoscimento che ci rende pieni di orgoglio ma anche fortemente consapevoli della responsabilità che, come viticoltori, abbiamo” ha dichiarato il presidente del Consorzio, Sandro Gini a margine della cerimonia, sottolineando che “siamo chiamati a vivere un tempo di grande cambiamento dove l’agricoltura non assurge più soltanto ad una funzione alimentare, per quanto nobile e vitale: l’agricoltura oggi, attraverso coloro che vi operano, è di fatto mezzo e strumento per mantenere e conservare l’ambiente al cui interno sono calate le nostre stesse vite”.

Quattro i pilastri che hanno portato il Soave all’ottenimento del riconoscimento “Giahs”: l’esistenza di un sistema caratterizzato da muretti a secco e di girappoggio lungo le colline; la diffusione della Pergola Veronese quale tipica forma di allevamento dell’uva Garganega; la presenza di cooperative storiche che negli anni hanno permesso una crescita collettiva ed equamente distribuita all’interno della Denominazione; la tecnica dell’appassimento per la produzione del Recioto di Soave, prima Docg del Veneto nel 1998. Il Consorzio ha infine annunciato l’intenzione di proseguire lungo la strada della tutela del paesaggio e della sostenibilità dei sistemi agricoli, promuovendo una crescente consapevolezza tra la sua base produttiva. In particolare per “favorire la diffusione della Pergola veronese quale forma di allevamento identitaria, rispetto ad altri sistemi; divulgare linee guida che permettano di ridurre il rischio di erosione, anche con l’impiego di nuove tecnologie; limitare l’introduzione di elementi e di materiali avulsi dal contesto storico tradizionale del Soave; proseguire col Sistema di difesa avanzata del Soave, grazie ad incontri tecnici settimanali per la gestione quotidiana del vigneto; promuovere un approccio rispettoso della propria identità paesaggistica, delle specificità e delle caratteristiche morfologiche; proseguire il lavoro per il mantenimento della biodiverstà; attivare tavoli di lavoro relativi alla questione della gestione delle risorse idriche; favorire lo sviluppo di un turismo esperienziale fortemente connesso alla stagionalità, al vino e ai prodotti locali”.

Vino, Coldiretti Lombardia: a rischio abbandono 5 varietà di vite

Vino, Coldiretti Lombardia: a rischio abbandono 5 varietà di viteMilano, 22 mag. (askanews) – La Schiava nera, la Mornasca (coltivata ancora in Oltrepò Pavese) e le “bresciane” Groppello di Mocasina, Maiolina e Invernenga. Sono le cinque varietà di vite che Coldiretti Lombardia segnala essere considerate a rischio di abbandono.

Nel giorno in cui si celebra la Giornata mondiale della biodiversità, l’associazione regionale evidenzia che tra i vegetali in pericolo si contano anche dieci varietà di melo (tra cui Campanino, Decio, Frascona e Rosa mantovana) e otto tra orticole e cereali: dalla cipolla rossa di Breme (Pavia) al mais spinato di Gandino (Bergamo), fino al fagiolo borlotto di Gambolò (Pavia). Sul fronte dell’allevamento, Coldiretti Lombardia segnala 16 razze animali, bovini, ovini e caprini, a partire dalla mucca Varzese Ottonese, l’unica razza bovina autoctona della Lombardia, fino alla Bianca di Val Padana il cui latte è utilizzato per produrre il Parmigiano Reggiano. “La sopravvivenza di queste razze e delle varietà vegetali a rischio estinzione è legata al lavoro di agricoltori e allevatori che scelgono di investire su animali e vegetali custodi di biodiversità genetica e testimoni della nostra storia rurale” spiega la Coldiretti lombarda, aggiungendo che “la difesa della biodiversità, quindi, non ha solo un valore naturalistico ma è anche il vero valore aggiunto delle produzioni agricole Made in Italy”. “Investire sulla distintività – ha sottolineato il vicepresidente dell’associazione, Paolo Carra – è una condizione necessaria per le imprese agricole per distinguersi in termini di qualità delle produzioni e affrontare così il mercato globalizzato salvaguardando, difendendo e creando sistemi economici locali attorno al valore del cibo”.

Etichette Irlanda, Donnelly: così potremo decidere in modo consapevole

Etichette Irlanda, Donnelly: così potremo decidere in modo consapevoleMilano, 22 mag. (askanews) – “Questa legge è stata concepita per dare a tutti noi consumatori un’informazione più completa sul contenuto di alcol e sui rischi per la salute associati al consumo di alcolici: grazie a queste indicazioni, potremo decidere in modo consapevole. Informazioni e avvertenze relative alla salute esistono già sulle confezioni di altri prodotti alimentari e bevande: questa legge ora allinea anche gli alcolici”. Lo ha detto il ministro della Salute, Stephen Donnelly, dopo aver firmato i regolamenti che prevedono per la Repubblica d’Irlanda che le etichette delle bottiglie delle bevande alcoliche riportino i cosiddetti “health warning” e cioè delle avvertenze sanitarie relative al consumo di alcol, in primis per le donne in gravidanza, e più in generale per i rischi di sviluppare malattie epatiche e tumori potenzialmente mortali.

A Donnelly ha fatto eco la sua collega alla Salute Pubblica, Benessere e Strategia sulle droghe, Hildegarde Naughton, che ha sottolineato “tutti hanno il diritto di essere informati sui rischi associati a un prodotto prima di consumarlo: questa legge è stata concepita per garantire a tutti i consumatori di alcolici l’accesso a informazioni chiare e concise sui rischi connessi al consumo dell’alcol. Le prove mediche sono chiare – ha concluso la ministra – il rischio di cancro esiste anche a livelli inferiori di consumo di alcol”. Le etichette riporteranno anche il contenuto calorico e i grammi di alcol presenti nella bottiglia, e indirizzeranno il consumatore alle pagine web “www.askaboutalcohol.ie” dell’agenzia governativa “Health service executive” (Hse). La legge, promulgata oggi, prevede un periodo di tre anni per dare alle aziende il tempo per preparare le nuove etichette, ed entrerà dunque in vigore a partire dal 22 maggio 2026.

Il sito del Governo irlandese riporta alcuni dati sul consumo di alcol e i rischi correlati, tra cui quelli dell’Oms (“Rapporto su Alcol e cancro nella regione europea”, 2020), secondo cui i livelli di consumo da leggeri a moderati hanno causato nel 2017 quasi 23mila nuovi casi di tumore (di cui circa la metà al seno), e quelli del “Global burden of disease”, che riporta che nel 2019 il 4,8% di tutti i decessi sono stati attribuiti all’alcol.

Vino, Denis Andreis nuovo direttore generale di Cantina Toblino

Vino, Denis Andreis nuovo direttore generale di Cantina ToblinoMilano, 22 mag. (askanews) – Denis Andreis è il nuovo direttore generale di Cantina Toblino, la cooperativa vitivinicola con sede a Madruzzo (Trento) che riunisce oltre 600 soci della Valle dei Laghi.

“Dopo una attenta e approfondita selezione tra diversi profili, quello di Denis Andreis ha colpito positivamente per l’approccio manageriale e la chiarezza negli obiettivi” ha spiegato il presidente della cooperativa, Federico Sommadossi, sottolineando che “la sua esperienza si amalgama in maniera ottimale con la nostra realtà, che combina l’attività di cantina con la ristorazione di ‘Hosteria Toblino’ e con l’azienda agricola a gestione diretta”. Dopo una formazione tecnica e gestionale per aziende agroalimentari e vitivinicole, il 49enne manager veronese è cresciuto professionalmente alla Cantina Valpolicella Negrar dove ha ricoperto il ruolo di direttore Area gestionale. “Guardo con fiducia e determinazione al futuro della nostra cooperativa, orientata verso l’eccellenza dei prodotti e la cura del territorio” ha affermato il neo Dg, aggiungendo “sono convinto che il destino stesso sia nelle nostre mani e dipenda dalla nostra capacità di collaborare, mettendo al centro la passione e l’abilità necessarie, per far di Cantina Toblino un’azienda di grande successo. Credo fermamente che – ha concluso Andreis – con l’impegno e l’entusiasmo di tutti i soci e di tutti i collaboratori, possiamo raggiungere questo obiettivo”.

Cantina Toblino nasce nel 1960 nelle vicinanze del Lago di Toblino e del suo Castello, in mezzo alle campagne vitate del Piano Sarca, e vinifica esclusivamente l’uva conferita (certificata SQNPI e in parte biologica) dai soci su un totale di circa 900 ettari vitati.

Dos Sicilia: al via progetto valorizzazione dei prodotti Dop, Igp e Qs

Dos Sicilia: al via progetto valorizzazione dei prodotti Dop, Igp e QsMilano, 21 mag. (askanews) – Prende il via in Sicilia il primo ciclo di incontri dedicati ai prodotti di qualità organizzato e coordinato dall’”Associazione di consorzi per la promozione e valorizzazione di produzioni tipiche agroalimentari siciliane a marchio Dop, Igp e Qs” (Dos Sicilia).

“La mission di Dos Sicilia è favorire lo sviluppo e il progresso in campo alimentare della Regione Siciliana” ha spiegato il presidente Massimo Todaro, sottolineando che “il valore complessivo rappresentato dai Consorzi di tutela presenti raggiunge i 40 milioni di euro”. “Attualmente le produzioni agroalimentari di qualità certificata ad esso aderenti sono 16 – ha precisato Todaro – e, grazie al supporto della Regione, con l’assessorato regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, Dos Sicilia, sarà possibile fare rete e promuovere, nei mercati nazionali ed internazionali, questi nostri prodotti di qualità certificata”. Tra gli obiettivi principali di Dos Sicilia, c’è quello di favorire l’aggregazione di produttori, così come valorizzare, promuovere e diffondere le produzioni agricole e agroalimentari siciliane di qualità certificate attraverso l’adozione di pratiche sostenibili nella produzione e nella trasformazione, con particolare riguardo alla salvaguardia dell’ambiente e della salute della persona. Dos Sicilia si impegna inoltre “a combattere ogni tentativo di frode che potrebbe interessare le singole filiere e promuovere un consumo sostenibile agevolando il passaggio a regimi alimentari sani seguendo i principi della dieta mediterranea”.

Dos Sicilia ha quindi in programma diversi appuntamenti spalmati tra il 2023 ed il 2024 per portare nei diversi territori operatori del settore e rappresentanti del mondo dei media perché conoscano e raccontino le specificità di ogni produzione. Gli incontri già calendarizzati sono 17 a partire dal 21 maggio con il primo “educational” dedicato alla Vastedda del Belice DOP, che avrà luogo a Contessa Entellina nel caseificio Feudo Pollichino di Borgo Roccella dove, oltre ad un incontro dedicato all’approfondimento sul prodotto, avverrà una visita guidata all’azienda agricola ed uno showcooking con degustazione di prodotti tipici siciliani guidati da un maestro assaggiatore Onaf. Gli “educational” già in programma nei prossimi mesi vedranno coinvolti altri prodotti certificati siciliani, a partire dal 6 giugno con l’olio del Monte Etna DOP, la provola dei Nebrodi DOP il 2 luglio ed il giorno successivo la ciliegia dell’Etna DOP. Il 15 luglio sarà invece la volta dell’olio di Mazara DOP ed il 23 il pecorino Siciliano DOP, il ciclo di incontri si chiuderà l’8 settembre con la Pesca di Leonforte.

Il 27-28 maggio a Bari la prima edizione di “I sensi del vino”

Il 27-28 maggio a Bari la prima edizione di “I sensi del vino”Milano, 20 mag. (askanews) – Dino Abbrescia, Paola Saluzzi, Gabriele Romagnoli, Marianna Aprile e Barbara Sgarzi sono i primi ospiti annunciati per il primo simposio del vino di Bari, dal titolo “I sensi del vino”, che si terrà il 27 e il 28 maggio a Palazzo dell’Acqua. Due giorni alla scoperta delle eccellenze vitivinicole pugliesi, del loro stretto legame con la cultura e del loro ruolo fondamentale nella valorizzazione dei territori.

“Il vino è cultura”, questa la tesi alla base della due giorni pugliese che vedrà alternarsi personalità dal mondo dello spettacolo, giornalisti, produttori, imprenditori dal territorio. “Il vino è arte” e “Il vino è territorio” i corollari al messaggio lanciato attraverso la manifestazione, in una riflessione che non rinuncia allo spirito di intrattenimento ma vuole andare a fondo, grazie anche ai numerosi incontri e alle tavole rotonde che coinvolgeranno “osti d’eccezione” e invitati dalle cantine pugliesi. Si parte sabato alle 16, con l’apertura ufficiale dei lavori e i saluti del sindaco di Bari, Antonio De Caro, con Stefano Costantini, ideatore della rassegna. Seguirà il panel “Chilometro Zero” condotto da Paola Saluzzi, un excursus sulla filiera della produzione di vino in Puglia con Stefano Zorzi, presidente della Fondazione Pino Pascali e socio della Cantina Storica del Cardinale; Piernicola Leone de Castris, erede dell’omonima Cantina; Alberto Longo, produttore vini e bollicine pugliesi nel territorio di Lucera; Gaetano Marangelli, fondatore della Cantina Menhir Salento, brand noto nel mondo.

Seguirà l’appuntamento “Leggiamo il vino” con la presentazione del libro “Vino, donne e leadership” (Editore Il Sole24Ore, 2022) con l’autrice Barbara Sgarzi (in collegamento) in dialogo con Stefano Costantini. Poi la tavola rotonda “Raccontare il vino” per esplorare l’evoluzione del mondo della comunicazione enogastronomica, tra carta stampata, quotidiani online e social network. Alla sera, riflettori puntati su “Incontri ravvicinati pugliesi”, con l’attore Dino Abbrescia. Domenica è la volta de “Il vino è donna!”, un momento di riflessione e approfondimento insieme ad alcune delle figure femminili più importanti del mondo del vino e dell’enologia italiana e internazionale, condotto da Marianna Aprile. Seguirà la tavola rotonda, “Per fare il vino serve (meno) acqua”, per tracciare il punto sulla sostenibilità della filiera vitivinicola in Puglia.

“I sensi del vino” è un progetto di Elastica con la collaborazione di Alibertà, con il supporto di Acquedotto Pugliese, il contributo di Teatro Pubblico Pugliese Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura nell’ambito di Puglia Promozione e il patrocinio del Comune di Bari.