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Diete e detox, CRI e The Fool insieme contro fake news e disinformazione

Diete e detox, CRI e The Fool insieme contro fake news e disinformazioneRoma, 12 ott. (askanews) – Di ritorno dalle vacanze sono molte le persone che si affidano a diete e detox per l’avvio dell’anno. Non sono pochi però i rischi che si possono incontrare se non si presta la dovuta attenzione o se si pratica il fai da te. Per questo la Croce Rossa Italiana in collaborazione con The Fool, all’interno dell’Osservatorio Online su disinformazione e fake news sulle tematiche sanitarie, ha deciso di dedicare al tema un focus. Sono molte le fake news e le disinformazioni che girano sul web come ad esempio sulle diete detox. Non esiste alcuna prova scientifica, infatti, che tali diete migliorino l’eliminazione delle tossine dal corpo. Il nostro organismo, grazie a organi come fegato e reni, è perfettamente in grado di gestire questo processo da solo. Un altro capitolo riguarda le cosiddette ‘Diete miracolose’ o ‘estreme’. Queste promettono una perdita di peso rapida, ma spesso il peso perso è principalmente liquido, non grasso. Possono causare, inoltre, carenze nutrizionali, dato che spesso escludono interi gruppi di alimenti. Anche la vulgata secondo cui saltare i pasti aiuterebbe a perdere peso è sbagliata. Non è corretto. Saltare i pasti può portare a un aumento dell’appetito e, quindi, a un consumo eccessivo di cibo nel pasto successivo. L’altro mito per cui tutti i carboidrati fanno ingrassare non è vero. Dipende: i carboidrati complessi, presenti in frutta, verdura e cereali integrali, sono essenziali per una dieta equilibrata. Al contrario, i carboidrati raffinati, presenti in alimenti come dolci e snack, possono contribuire all’aumento di peso. Passando al capitolo sugli integratori che sarebbero sempre sicuri perché naturali, va sottolineato che nonostante molti di questi prodotti siano a base di ingredienti naturali, possono comunque avere effetti collaterali e interagire negativamente con altri farmaci. L’altro grande mito da sfatare riguarda lo zucchero. Eliminare completamente lo zucchero dalla dieta non è necessario. È importante, invece, limitare il consumo di zuccheri aggiunti. Il nostro corpo ha bisogno di una certa quantità di zuccheri naturali per funzionare correttamente. L’ultima avvertenza è sul bere acqua calda ogni mattina per migliorare il metabolismo. La verità è che non esistono prove scientifiche a supporto di questa tesi.

Tennis&Friends, Salute e Sport: al Foro Italico la prevenzione è giovane

Tennis&Friends, Salute e Sport: al Foro Italico la prevenzione è giovane

Roma, 11 ott. (askanews) – Torna al Foro Italico, dal 13 al 15 ottobre, Tennis & Friends – Salute e Sport con l’obiettivo di veicolare la cultura della prevenzione attraverso lo sport e i corretti stili di vita. La manifestazione, che in 12 anni ha favorito 200mila screening gratuiti, quest’anno ha per titolo La prevenzione è Giovane, un invito a ragazzi e famiglie a prendersi cura della propria salute. L’evento prenderà avvio venerdì 13 alle ore 10. La mattinata sarà dedicata agli studenti delle scuole primarie e secondarie della Capitale e della Regione Lazio che verranno accompagnati attraverso dei percorsi educativi sui temi della salute e dello sport.   Sabato 14 e domenica 15 aprirà al pubblico con ingresso gratuito, dalle ore 10.00 alle ore 18.00, il Villaggio della Salute, in collaborazione con Salute Lazio che ha invitato, attraverso il coordinamento della Asl Roma 1, tutte le strutture sanitarie della Regione. Le Asl che hanno subito aderito costituiscono un percorso di screening completo, mettendo a disposizione oltre 500 professionisti, impegnati in 34 aree sanitarie con circa 190 postazioni, per offrire visite gratuite suddivise in 65 diverse specialistiche. Al Villaggio della Salute saranno presenti inoltre le autoemoteche per la donazione del sangue e le postazioni sanitarie adibite alla somministrazione delle vaccinazioni. I percorsi di prevenzione saranno garantiti anche da medici militari della Difesa all’interno del Villaggio Interforze.

Sabato e domenica il Villaggio dello Sport accoglierà la Federazione Italiana Tennis e Padel insieme ad altre importanti Federazioni Sportive Nazionali che allestiranno spazi per avvicinare la popolazione alla pratica sportiva. Presenti i campioni di numerose discipline: tennis, padel, atletica leggera, ciclismo, danza sportiva, judo, lotta, karate, arti marziali, pesca sportiva e attività subacquee, pugilato, rugby, scherma, taekwondo, tiro con l’arco e volley. In questo ambito, inoltre, la Difesa propone un percorso di “Military Fitness”. Restando in tema di sport, sabato prenderanno il via sui campi numerosi tornei di padel e tennis. Sabato e domenica in particolare scenderanno in campo gli Ambassador di Tennis & Friends – Salute e Sport impegnati nei tornei Celebrities. “Abbiamo voluto intitolare l’edizione 2023 ‘La prevenzione è Giovane’ perché i ragazzi sono il presente e il futuro, nonché i primi destinatari del nostro messaggio. È importante imparare fin da subito i corretti stili di vita, ovvero, seguire una alimentazione equilibrata e svolgere una regolare attività sportiva. I dati rivelano che il 30% dei bambini italiani fra gli 8 e i 9 anni è in sovrappeso o obeso. Per loro il rischio è di incorrere in una serie di problemi secondari, come malattie cardiovascolari, diabete di tipo II, ipertensione e dislipidemia. Lo stesso problema riguarda anche il 33% della popolazione adulta, per questo è importante ribadire come il moto sia necessario, così come eseguire esami periodici per tenere sotto controllo colesterolo e pressione arteriosa. Fare prevenzione, inoltre, non è solo doveroso per prendersi cura della propria salute, è anche un bene per tutta la società. Spendere infatti in prevenzione da parte del Servizio sanitario nazionale conviene in termini di riduzione dei costi destinati a ricoveri, trattamenti farmacologici e chirurgici. Solo per le malattie cardiovascolari in Italia i costi ammontano a oltre 41 miliardi di euro all’anno, un dato sopra la media europea. Una spesa che potremmo ridurre se facessimo più attenzione a prevenzione primaria e secondaria”, afferma Giorgio Meneschincheri, medico specialista in medicina preventiva, presidente della onlus Friends for health e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Quest’anno il Comitato tecnico scientifico della manifestazione, presieduto da Francesco Vaia, direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, è composto da Giorgio Meneschincheri, medico specialista in medicina preventiva, Giuseppe Quintavalle, commissario straordinario Asl Roma 1, Alberto Siracusano, direttore UOC Psichiatria e Psicologia clinica del Policlinico Tor Vergata di Roma, Federico Vigevano, direttore Area scientifica Neuroscienze dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, Egidio Fracasso, capo del 1° reparto-politica e organizzazione sanitaria dell’Ispettorato generale di Sanità militare, Fabrizio Ciprani, direttore centrale di sanità della Polizia di Stato, Marco Tardelli, Ambassador Onu, Massimiliano Raponi, direttore sanitario dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, Massimo Andreoni, professore emerito di Malattie infettive dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, Paolo Sormani, amministratore delegato e direttore generale della Fondazione Policlinico Campus Bio-Medico di Roma, e Nicola Pietrangeli, ambasciatore del tennis italiano nel mondo e presidente onorario di Tennis & Friends – Salute e Sport. La cerimonia di apertura avrà luogo sabato 14 alle ore 11.30 alla presenza delle Istituzioni e delle Autorità sanitarie e militari. Veronica Maya, madrina storica della manifestazione, introdurrà sul palco la conduttrice Mara Venier per il taglio del nastro.

Italiani, salute e prevenzione: il 42% non si sottopone a controlli

Italiani, salute e prevenzione: il 42% non si sottopone a controlliMilano, 11 ott. (askanews) – La prevenzione riveste un ruolo fondamentale per la nostra salute, consentendo di giocare d’anticipo nella gestione di molte malattie, oltre a rappresentare un importante fattore di sostenibilità economica per il Servizio Sanitario Nazionale. Ma non per tutti gli italiani “prevenire è meglio che curare”: oltre 4 connazionali su 10 non si sottopongono ad alcun controllo preventivo o screening. Tra le principali motivazioni, la mancanza di consapevolezza e sensibilità sul tema e le disponibilità economiche limitate. Questo il quadro – poco confortante – che emerge dall’ultima edizione dello “Stada Health Report”, un’ampia indagine online condotta tra marzo e aprile 2023 da Human8, per conto del Gruppo Stada, su un campione rappresentativo di 32 mila persone in 16 Paesi – Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Italia, Kazakistan, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia, Spagna, Svizzera, Regno Unito e Uzbekistan. I risultati italiani sono stati presentati oggi in occasione di una conferenza stampa a Milano.

Nel dettaglio, il 42% degli italiani – in particolare uomini e di età compresa tra i 18 e i 34 anni – non effettua nessun check up, mentre circa metà del campione intervistato (49%) aderisce solo ad alcune attività di prevenzione: tra i controlli medici più diffusi, le visite odontoiatriche (59%) e gli esami del sangue (51%): percentuali più basse di adesione per quanto riguarda gli screening per il tumore all’intestino (30%) e per il tumore della pelle (26%) e la gastroscopia (11%). Si registrano, inoltre, alcune differenze di genere: le donne risultano essere più propense a sottoporsi a visite ginecologiche (69%) o a programmi di screening per il tumore alla mammella (66%), mentre poco più di 4 italiani su 10 di età superiore ai 55 anni (42%) partecipa a screening della prostata e solo il 9% degli uomini si sottopone a controlli per il tumore ai testicoli. Ma quali sono gli ostacoli che impediscono una più ampia adesione ai controlli sanitari? Per il 29% degli intervistati la causa principale è la mancanza di conoscenza di quali controlli effettuare o la scarsa disponibilità economica, mentre il 18% lamenta la mancanza di tempo e il 16% sostiene di non aver bisogno di sottoporsi ad alcune attività di prevenzione. “Mentre il Report dello scorso anno ha mostrato come il Covid-19 abbia avuto un impatto significativo sulla salute mentale e fisica degli italiani, quest’anno il focus dello Stada Health Report è sulla prevenzione. Abbiamo intervistato 2 mila italiani e i risultati evidenziano una significativa distanza tra l’importanza di adottare misure preventive e il numero di italiani che si sottopone effettivamente a controlli preventivi adeguati – afferma Luca Vitaloni, Senior Research Manager Human8 -. In particolare, abbiamo osservato che oltre il 40% degli italiani non si presenta ad alcun controllo medico e che quasi 1 italiano su 3 non è nemmeno consapevole che potrebbe sottoporsi a dei controlli o non se li può permettere”.

Non ci sono, però, solo dati scoraggianti: il Report evidenzia anche alcuni risultati positivi. Inaspettatamente, nonostante l’attuale contesto storico, il benessere mentale degli italiani è migliorato. Il 70% degli intervistati – principalmente uomini e over 55 – dichiara che la propria salute psichica è “buona” o “molto buona”, registrando un + 10% rispetto al 2022: un trend in crescita che si riscontra anche negli altri Paesi coinvolti nella survey. Anche la qualità del sonno è migliorata: 2 italiani su 3 (67%) – in particolare uomini e di età compresa tra i 18 e i 34 anni – sostengono di riposare bene durante la notte (di contro il 59% nel 2022). Non mancano, comunque, le preoccupazioni – in primis la paura di perdere un familiare (63%), le problematiche legate alla salute (61%) o di carattere economico (50%) – che solitamente sono discusse in privato, in famiglia o nella propria cerchia di amici (44%), anche se 1 italiano su 4 (24%) preferisce non confidarsi con nessuno. Un altro topic analizzato dallo Stada Health Report è il livello di soddisfazione degli italiani nei confronti del sistema sanitario. Come negli altri Stati, anche nel nostro Paese si registra un calo della fiducia dei cittadini, passando dal 69% nel 2021 al 51% nel 2023, posizionando l’Italia al terz’ultimo posto, seguita solo dalla Serbia e dalla Polonia. A preoccupare 1 nostro connazionale su 3 – soprattutto donne e over 55 – è la difficoltà di approvvigionamento dei farmaci. Di contro, gli italiani sono tra i più fedeli in Europa alla farmacia (73%) e 2 su 5 sono favorevoli alla vaccinazione presso questo presidio sanitario, con una percentuale (40%) di gran lunga superiore alla media europea (24%). Infine, l’Italia è nella “top 3” per quanto riguarda l’uso della ricetta elettronica (76% di contro una media europea del 45%).

“Ancora una volta lo Stada Health Report ci consente di avere a disposizione dati utili per fare un’attenta riflessione sui reali bisogni di salute dei cittadini. In particolare, ciò che emerge in maniera molto chiara nell’edizione di quest’anno è quanto ancora si debba fare in termini di prevenzione: uno sforzo che deve coinvolgere tutti, Istituzioni, operatori sanitari e aziende – commenta Salvatore Butti, General Manager & Managing Director di Eg Stada Group -. Da anni noi di Eg Stada ci impegniamo per sensibilizzare la collettività sull’importanza di una corretta attività di prevenzione sostenendo giornate di screening in farmacia e supportando il ‘Tour della Salute’, l’evento itinerante che offre la possibilità di sottoporsi gratuitamente a consulti medici. È anche grazie a questi progetti di sostenibilità sociale che riusciamo a dare concretezza alla nostra purpose, ‘Caring for People’s Health as a Trusted Partner’”.

Disabilità, focus UNIAMO a Locatelli per persone con malattia rara

Disabilità, focus UNIAMO a Locatelli per persone con malattia raraRoma, 11 ott. (askanews) – In una lettera aperta indirizzata al Ministro per le disabilità, Alessandra Locatelli, UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare, a seguito del dibattito stimolato durante ExpoAid, la manifestazione che ha viste coinvolte le associazioni che si occupano di disabilità, sottolinea le specificità delle persone con malattia rara, che hanno nella maggior parte dei casi una disabilità congenita o acquisita a seguito della patologia.

I punti sono stati sintetizzati dalla Federazione dopo gli incontri con i rappresentanti delle Associazioni, in oltre due anni di lavoro. Una prima stesura delle richieste è stata pubblicata nell’Effemeride “Le Gravi Disabilità: 10 punti da implementare”; durante gli incontri di MonitoRare e i tavoli degli Stati Generali delle Malattie Rare sono stati ulteriormente finalizzati. Nella programmazione delle politiche sociali, evidenzia la Federazione, deve essere tenuto conto della doppia specificità che caratterizza la comunità: malattia rara e disabilità, con una complessità di presa in carico notevole, sia dal punto di vista sanitario che da quello sociale. Fondamentale, per i rappresentanti dei pazienti rari, la necessità di una maggiore omogeneità di intervento nel territorio nazionale, assicurando inoltre l’integrazione delle politiche sanitarie con le altre di interesse della disabilità grave (sociale, abitativa, educativa e occupazionale).

La lettera prosegue elencando i vari punti emersi nelle discussioni. La necessità (evidenziata anche dal Piano Nazionale Malattie Rare) di strutturare i centri di competenza per le malattie rare delle professionalità che possano valutare il danno attuale e futuro ai fini delle valutazioni ai fini dell’invalidità, spesso sottostimata nelle persone con malattia rara. La presa in carico globale, che deve prevedere la necessaria integrazione della rete malattie rare con l’organizzazione prevista dal DM 77 (recente una lettera a questo proposito indirizzata dalla Federazione al Ministero della Salute). Le richieste toccano poi gli aspetti riabilitativi e sociali, la gestione dell’emergenza-urgenza specie in caso di disabilità intellettiva, l’attenzione alle persone “non collaboranti”, la necessità di percorsi scolastici inclusivi, considerando le elevate esigenze in termini di terapie ripetitive, ospedalizzazioni, follow up della comunità rara. Esigenze che si riflettono anche sul Dopo di Noi, che deve contemplare necessariamente anche questi aspetti nella strutturazione dei percorsi.

Una lettera aperta al ministro Locatelli, quindi, che risponde all’esigenza di non lasciare indietro nessuno, in un momento in cui con il PNRR, la legge delega sulla Disabilità e i decreti attuativi che seguiranno, il DM 77 si rischia di creare silos invece di reti, escludendo o non considerando a sufficienza le esigenze di tutti. “Sentiamo molto vicino il Ministro Locatelli, che ha dimostrato in più di una occasione di essere preparata e sensibile a tutti i problemi legati alla disabilità” – sottolinea Annalisa Scopinaro, presidente UNIAMO -. Con questa lettera vogliamo evidenziare ancora di più l’esigenza di lavorare in rete emersa anche durante ExpoAid, sottolineando alcune specificità della nostra comunità che non possono essere dimenticate”.

Longevity Run, a Roma sport e prevenzione con i medici del Gemelli

Longevity Run, a Roma sport e prevenzione con i medici del GemelliRoma, 11 ott. (askanews) – Da venerdì 13 a domenica 15 ottobre torna a Roma l’appuntamento con la prevenzione e la promozione dei corretti stili di vita con i medici de Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. Il binomio salute e sport sarà di nuovo protagonista della edizione romana della Longevity Run 2023, presso lo Stadio Nando Martellini alle Terme di Caracalla. In particolare, le giornate di venerdì e sabato saranno dedicate ai check-up gratuiti eseguiti dagli specialisti del Policlinico Gemelli e all’attività fisica con lezioni di pilates, funzionale, yoga, baby run per i più piccoli, dimostrazione propedeutica alla pesca da parte della Federazione Italiana Pesca Sportiva e allenamento Sprintt Training Program, dedicato agli anziani. Sabato pomeriggio inoltre, alle ore 16.00, un momento istituzionale con la Guardia di Finanza. Domenica 15 ottobre si svolgerà la Longevity Run, una gara non competitiva di 10 Km, che quest’anno ha un nuovo percorso nel centro storico della città. Per la Longevity Run ci si può iscrivere sul sito www.longevityrun.it.

“La tappa romana della Longevity Run – afferma Francesco Landi, Ordinario di Medicina interna all’Università Cattolica e Direttore del Dipartimento Scienze dell’invecchiamento Ortopediche e Reumatologiche del Policlinico Gemelli – arriva dopo un tour estivo di grande successo, in cui abbiamo toccato piazze importanti e luoghi di villeggiatura meravigliosi. Incontrando sempre più il favore del pubblico, si conferma la voglia delle persone di fare prevenzione e di provare a cambiare lo stile di vita, la dieta e praticare esercizio fisico, requisiti necessari per una longevità di successo”. Quest’anno il Villaggio della Prevenzione sarà allestito due giorni, venerdì e sabato, per effettuare screening gratuiti, ribadire l’importanza della prevenzione e dare informazioni sulla nuova campagna vaccinale, anche per l’herpes zoster. I medici eseguiranno la misurazione dei 7 fattori di rischio cardiovascolare, ovvero la pressione arteriosa, i valori di glicemia e colesterolo, dell’indice di massa corporea, unitamente alla valutazione dello stile di vita (ad esempio il fumo), delle abitudini alimentari e di alcuni parametri di performance funzionale (come la forza muscolare).

Domenica mattina, con la collaborazione tecnica di GSBR – Gruppo Sportivo Bancari Romani, si svolgerà la corsa non competitiva di 10 Km nel centro storico di Roma, la città più antica al mondo, proprio a sottolineare questo concetto di longevità che si può raggiungere con il binomio sport e prevenzione. Partner istituzionali di questa edizione della Longevity Run sono Roma Capitale e Federazione Italiana di Atletica Leggera – Comitato Lazio. Sponsor dell’iniziativa Danacol con tante altre aziende e associazioni amiche come Smart Axistance e-Well Digital di Enel X, Poste Italiane, Fiuggi, Carni Sostenibili, ANPA e Senior L’Età della Saggezza ONLUS di Confagricoltura, TuscoFarm, Vannucci Piante, Serenissima Ristorazione, Yakult, Genage, GSK e Bromerex.

Oncologia, in Italia oltre 1.740 associazioni di pazienti: record in Ue

Oncologia, in Italia oltre 1.740 associazioni di pazienti: record in UeRoma, 11 ott. (askanews) – Oltre 1.740 Associazioni oncologiche di pazienti e caregiver censite in Italia solo nel 2023: 283 in Lombardia, al vertice con il numero maggiore, 169 in Piemonte, 140 nel Lazio, 137 in Emilia-Romagna, 129 in Veneto, 6 in Valle d’Aosta, di media una ogni 100 mila abitanti per singola Regione. E regalano all’Italia il ‘record’ europeo in proporzione al numero di abitanti, almeno dei principali paesi dell’UE. Basti pensare, ad esempio, che in Francia sono circa 200 (20 nazionali e 164 regionali).

Sono i dati “di capillarità” del primo Libro Bianco sul mondo del volontariato oncologic presentato oggi al Ministero della Salute. Promosso e redatto da ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia) – con la collaborazione delle Reti Oncologiche Regionali, degli IRCCS oncologici italiani, delle strutture oncologiche e con la ricerca dei siti web delle singole associazioni – il volume ha lo scopo di censire ma soprattutto di valorizzare ruolo e operatività che le associazioni oncologiche di pazienti e caregiver rivestono nel tessuto regionale, sociale, collettivo. Risorsa e linfa di cui il Paese, dall’ospedale al territorio alla ricerca, non può fare a meno, rappresentano uno dei beni più preziosi per la comunità civile e scientifica. E portano avanti importanti battaglie come la proposta di Legge sul diritto all’oblio oncologico, il riconoscimento di specifiche patologie nell’ambito dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), e poi dialogano con le Istituzioni e partecipano ai tavoli tecnici. Sono, inoltre, a fianco dei medici e dei ricercatori: collaborano all’elaborazione di materiale informativo, fungono da guida con la loro esperienza nella messa a punto di PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) dedicati alle diverse neoplasie, favoriscono il miglioramento dell’attività delle Reti Oncologiche Regionali. Fondamentale – infine – il recente coinvolgimento negli studi clinici che segna l’avvio verso un profondo cambiamento culturale, sociale e civili cui la sanità deve aprirsi, come richiamato a livello europeo da Mission Cancer. “Le Associazioni oncologiche di pazienti e caregiver assistono, ascoltano, si prendono cura, supportano il paziente e contribuiscono a colmare alcuni bisogni socio-assistenziali e informativi, adempiendo a una mission psico-sociale – spiega il Ministro della Salute, prof. Orazio Schillaci, che firma la prefazione del volume -. Sono preziosi alleati che aiutano anche a stimolare le azioni, gli interventi socio-sanitari e l’attività legislativa come nel caso della legge sull’oblio oncologico. Un patrimonio umano e sociale il cui sostegno contribuisce a rafforzare l’assistenza offerta dal Sistema Sanitario Nazionale”. “Questo primo Libro Bianco – spiega Stefania Gori, Presidente ROPI – è il primo censimento delle associazioni di pazienti e caregiver presenti in Italia, e ha l’obiettivo di valorizzare il ruolo e il supporto che, con instancabile energia e sensibilità, offrono quotidianamente al paziente, ai famigliari e a chi se ne prende cura. Ma non solo: è necessario riconoscere il prezioso contributo che svolgono a livello territoriale e al fianco delle Istituzioni, presenza indispensabile nei tavoli Tecnici per la definizione, anche da un punto di vista legislativi, dei diritti sociali e civili dei pazienti oncologici. Basti pensare allo straordinario lavoro svolto nella stesura della legge sull’oblio oncologico, con l’obiettivo di cancellare le discriminazioni sul lavoro, garantire il diritto a ricevere adeguata assistenza in termini di mutui bancari e/o polizze assicurative, e molto altro. ROPI, con il Libro Bianco, intende anche continuare a delineare, in maniera condivisa, i criteri di accreditamento delle associazioni oncologiche nei diversi Tavoli di lavoro istituzionali, proseguendo la strada tracciata da Agenas. Non ultimo va riconosciuto l’importante bagaglio esperienziale che forniscono a medici e operatori sanitari, utile nella comprensione degli effettivi bisogni del paziente e dei gap assistenziali ancora esistenti: una risorsa per la ricerca e una risorsa per l’assistenza di cui il territorio non può privarsi, ma che deve imparare a valorizzare sotto l’aspetto sociale, civile, scientifico”. Da sempre l’Agenzia – conclude Domenico Mantoan, direttore di Agenas – è impegnata nell’individuare efficaci strumenti di accesso partecipato e personalizzato del cittadino ai servizi sanitari. Anche in considerazione di questi importanti presupporti, siamo impegnati nella costante implementazione del Portale della Trasparenza che già oggi vede tra i dati a disposizione quelli relativi alle Reti tempo-dipendenti, alle Reti Oncologiche regionali nonché alla Rete nazionale tumori rari.

Cardiomiopatia aritmogena, 4 milioni per ricerca a Università Padova

Cardiomiopatia aritmogena, 4 milioni per ricerca a Università PadovaRoma, 11 ott. (askanews) – Si chiama IMPACT – Cardiogenomics meets Artificial Intelligence: a step forward in arrhythmogenic cardiomyopathy diagnosis and treatment – il progetto di ricerca della durata di 36 mesi finanziato con 4 milioni di euro dall’European Innovation Council per la cardiogenomica. La missione dell’European Innovation Council, istituito dalla Commissione europea nel 2021, è quella di individuare e sviluppare tecnologie innovative per la ricerca.

Il team internazionale – coordinato dalla professoressa Alessandra Rampazzo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e composto da Universiteit Maastricht (dottoressa Martina Calore), Universitair Medisch Centrum Utrecht (dottoressa Anneline te Riele), Gruppo Lutech (dottoressa Barbara Alicino), Consorzio Italbiotec (dottoressa Melissa Balzarotti), Ksilink (dottor Peter Sommer) e Italfarmaco (dottor Christian Steinkuhler) – studierà lo sviluppo di nuove terapie per la cardiomiopatia aritmogena (ACM), una malattia genetica che colpisce il cuore e che rappresenta una delle principali cause di aritmie ventricolari e morte cardiaca improvvisa. Con un’incidenza di 1 su 5000, può essere considerata una malattia cardiovascolare di grande rilevanza. La cardiomiopatia aritmogena è una patologia degenerativa che interessa il cuore, frequentemente coinvolta nella morte improvvisa di atleti e adolescenti. Il segno istopatologico caratterizzante è la sostituzione fibroadiposa del miocardio, che pregiudica il funzionamento del muscolo cardiaco portando all’insorgenza di aritmie ventricolari. Ad oggi non è disponibile alcuna terapia per prevenire o almeno rallentare le progressive modificazioni del tessuto cardiaco.

Numerosi sono i geni le cui mutazioni sono certamente coinvolte in questa patologia, alcuni dei quali scoperti dal gruppo di ricerca della professoressa Alessandra Rampazzo. Tuttavia, molte delle alterazioni genetiche identificate nel DNA dei pazienti affetti sono di significato incerto e non ancora direttamente correlati alla patologia, e quindi di utilità limitata sia per i genetisti che per i medici. “Grazie ai finanziamenti ottenuti da Horizon Europe, il nostro progetto di ricerca si propone di aprire nuove prospettive terapeutiche basandosi sui risultati ottenuti nei diversi modelli proposti. Si tratta di un progetto innovativo e multidisciplinare, il cui successo è fortemente sostenuto dalle diverse ma complementari competenze dei partner europei che fanno capo a istituzioni accademiche e aziende leader nel settore informatico, biotecnologico e farmaceutico – dice la professoressa Alessandra Rampazzo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, coordinatrice scientifica del team internazionale -. Una tale collaborazione consentirà di raggiungere gli ambiziosi traguardi prefissati. L’obiettivo generale del progetto finanziato dalla comunità europea è quello di integrare e analizzare mediante l’intelligenza artificiale i dati clinici e molecolari provenienti dal registro dei pazienti con ACM con dati provenienti da analisi strutturali e funzionali di modelli cellulari, quali microtessuti cardiaci tridimensionali, e modelli in vivo. Questi risultati ci permetteranno di ottenere una migliore comprensione del ruolo e dell’impatto di alterazioni genetiche sulla progressione clinica della cardiomiopatia aritmogena. Inoltre – conclude Alessandra Rampazzo – il progetto prevede uno screening e una successiva valutazione del potenziale terapeutico di numerosi composti e molecole innovative, sia in modelli cellulari che animali”.

La scoperta di nuovi bersagli terapeutici e la comprensione dei meccanismi patogenetici sottostanti non solo potrebbero portare a nuove terapie per l’ACM, ma potrebbero aprire la strada ad una migliore gestione clinica della malattia e a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Il meeting di tutti i partecipanti, che ufficializzerà l’avvio del progetto, si terrà a Padova il 26 e 27 ottobre.

Malattie reumatiche, Opbg: funziona cura sindrome attivazione macrofagica

Malattie reumatiche, Opbg: funziona cura sindrome attivazione macrofagicaRoma, 11 ott. (askanews) – La sindrome da attivazione macrofagica è una complicanza grave di alcune malattie reumatiche, che può risultare letale fino al 30% dei casi. Grazie ad uno studio internazionale coordinato dal Bambino Gesù di Roma oggi sappiamo che è possibile curarla. Lo rende noto l’Ospedale della Santa Sede in occasione della giornata mondiale delle malattie reumatiche del 12 ottobre. I risultati della sperimentazione sono stati pubblicati sulla rivista Annals of the Rheumatic Diseases. Nel 2017 i medici dell’Ospedale avevano già identificato le cause della sindrome, aprendo la strada alla ricerca di una cura efficace. «Si tratta di una grandissima soddisfazione per tutti noi, è la chiusura di un lungo percorso di ricerca» spiega il professor Fabrizio De Benedetti, responsabile di Reumatologia del Bambino Gesù.

La sindrome da attivazione macrofagica (MAS dall’inglese: Macrophage Activation Syndrome) si manifesta come complicanza grave di alcune malattie reumatologiche (artrite idiopatica giovanile sistemica, malattia di Kawasaki, vasculiti sistemiche e lupus eritematoso sistemico). È caratterizzata da un’attivazione fuori misura dei macrofagi, le cellule “spazzino” che abitualmente eliminano le cellule infette, ma che in questa malattia eliminano anche le cellule sane. A seconda delle forme, può causare la morte fino al 30% dei casi. Al Bambino Gesù vengono diagnosticati e curati circa 15 nuovi piccoli pazienti l’anno. Nel 2017 i ricercatori del Bambino Gesù avevano già scoperto che è l’interferone-gamma la molecola responsabile dell’insorgenza della sindrome da attivazione macrofagica. Si tratta di una molecola generata dalle cellule del sistema immunitario coinvolta nell’innesco e nella modificazione del processo infiammatorio. Lo studio aveva dimostrato che l’interferone-gamma viene prodotto in grande eccesso nel fegato e nella milza, gli organi principalmente coinvolti nella MAS. Questa scoperta ha reso possibile la ricerca di una cura efficace. Normalmente la MAS viene trattata con alte dosi di cortisonici e con immunosoppressione generalizzata, ma i risultati non sono certamente soddisfacenti e la mortalità purtroppo resta alta. Il trial clinico internazionale coordinato da medici e ricercatori del Bambino Gesù, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Annals of the Rheumatic Diseases, ha invece dimostrato l’efficacia di un anticorpo monoclonale (l’emapalumab), che neutralizza l’interferone gamma, per il trattamento della MAS. La sperimentazione con il farmaco ‘salvavita’ ha coinvolto 14 pazienti, di età compresa tra i 2 e i 25 anni, seguiti sia al Bambino Gesù che in alcuni Centri in Francia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. La remissione completa dalla MAS è stata ottenuta in 13 pazienti dopo una media di 25 giorni di trattamento. In un precedente studio coordinato dal Bambino Gesù era già stata dimostrata l’efficacia di questo farmaco per il trattamento della linfoistiocitosi emofagocitica primaria, patologia caratterizzata, come la MAS, dalla proliferazione incontrollata dei macrofagi.

«La sperimentazione ha dimostrato la straordinaria efficacia di questo anticorpo monoclonale nella completa remissione della sindrome da attivazione macrofagica – spiega il professor Fabrizio De Benedetti, responsabile di Reumatologia del Bambino Gesù – . Per tutti noi è una grandissima soddisfazione, è la chiusura di un lungo percorso di ricerca iniziato parecchi anni fa con l’individuazione dei meccanismi che causano la MAS. Un esempio dell’importanza della ricerca traslazionale il cui fine ultimo, non va mai dimenticato, è la salute delle persone. In questo caso le ricerche sulla MAS hanno portato alla identificazione di nuovi biomarcatori per la diagnosi e per la prognosi di malattia e, in ultimo, alla dimostrazione di efficacia di un farmaco salvavita visto il tasso di mortalità di questa complicanza».

Ospedali: alta qualità in 9% strutture pubbliche, 27% in private

Ospedali: alta qualità in 9% strutture pubbliche, 27% in privateRoma, 9 ott. (askanews) – Luci e ombre nella sanità emergono “Rapporto sulla Qualità degli Outcome clinici negli Ospedali italiani” 2023, elaborato da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), – presentato oggi a Roma nella sede di Unioncamere – che propone una valutazione comparativa tra le strutture di diritto pubblico e le strutture di diritto privato del Servizio Sanitario Nazionale, da cui si evince la qualità offerta dalla sanità italiana, con un focus sulla variabilità tra Regioni e all’interno delle stesse, sulla base dei risultati del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2022.

La valutazione comparativa delle strutture ospedaliere pubbliche e di quelle di diritto privato, elaborata in funzione della qualità dell’assistenza in sette aree cliniche (sistema cardiocircolatorio, sistema nervoso, sistema respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto e osteomuscolare), rivela che a livello nazionale, delle 511 strutture di diritto pubblico valutate, 45 (pari al 9%) riportano tutte le aree cliniche validate di qualità alta o molto alta; delle 297 strutture di diritto privato, quelle con standard elevati sono, invece, 80 (pari al 27%). Per quanto riguarda le strutture di qualità bassa o molto bassa, queste rappresentano il 19% delle strutture valutate di diritto pubblico (54 su 511) e il 32% delle strutture di diritto privato (75 su 297). Nell’area del sistema cardiocircolatorio, si rileva un’elevata concentrazione su livelli alti/molto alti di aderenza agli standard: mentre nel nord e, ancora di più, nel sud e isole la proporzione di strutture di diritto privato over-standard è superiore rispetto a quella delle strutture di diritto pubblico, nel centro la situazione è ribaltata. Qui, infatti, le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle accreditate che tra quelle di diritto pubblico.

Nell’area sistema nervoso, la divaricazione tra le due componenti è sostanziale soprattutto al sud e isole: qui le strutture che riportano livelli di qualità alta/molto alta sono proporzionalmente di più tra le accreditate, mentre quelle che riportano una qualità substandard sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto pubblico. Nel centro – analogamente a quanto riportato per l’area cardiocircolatoria – le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra le strutture accreditate che tra quelle di diritto pubblico. Nell’area sistema respiratorio, per quanto riguarda il confronto pubblico-privato, la percentuale di strutture che raggiunge standard di qualità alta/molto alta è significativamente maggiore tra quelle accreditate. Nell’area della chirurgia oncologica, è il nord ad avere risultati simili al sud, con le strutture di diritto privato che, nel confronto con quelle di diritto pubblico, sono proporzionalmente di più tra quelle di qualità alta/molto alta e di meno tra quelle di qualità bassa/molto bassa. Al centro, se le strutture sovra-standard hanno la stessa percentuale tra le pubbliche e le accreditate, le strutture con qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra quelle di diritto privato.

Nell’area osteomuscolare, le differenze tra le due componenti sono soprattutto al centro e al sud, dove, rispettivamente il 37% e il 52% delle strutture pubbliche riportano livelli di qualità bassa/molto bassa. Nell’area gravidanza e parto si documenta una importante divaricazione tra le due componenti: al nord il 56% delle strutture di diritto privato registra livelli di qualità alta/molto alta contro il 15% del sud, mentre le strutture accreditate di qualità bassa/molto bassa sono il 22% al nord e il 75% nel sud e isole. “Anche grazie alla realizzazione del Rapporto presentato – dichiara il Presidente di Agenas Enrico Coscioni – prosegue il lavoro di collaborazione tecnico-operativa dell’Agenzia nei confronti delle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, nonché delle loro aziende sanitarie, in ambito organizzativo, gestionale oltre che in tema di efficacia degli interventi sanitari. Avere strutture – siano esse di diritto pubblico o privato – in grado di garantire una sempre più efficace presa in carico dei pazienti è l’obiettivo che Agenas persegue sin dalla sua istituzione. Dunque, ben venga l’individuazione di buone pratiche da diffondere in modo uniforme per tutto il territorio nazionale”.

“Il Rapporto, frutto dell’Accordo di collaborazione stipulato tra Agenas e Aiop – ha dichiarato il Direttore Generale Agenas Domenico Mantoan – ha voluto mettere in evidenza sia l’apporto che la componente pubblica e quella privata hanno fornito al corretto funzionamento del SSN, sia la risposta rispetto all’emergenza pandemica. Ciò è stato possibile rielaborando i dati dell’edizione 2022 del Programma Nazionale Esiti (PNE) per verificare, a un livello di dettaglio maggiore, la qualità delle prestazioni erogate dalle strutture pubbliche e da quelle private accreditate. Ricordo che Agenas si configura come organo tecnico-scientifico del SSN e anche grazie al ruolo acquisito da oltre un anno di Agenzia nazionale per la sanità digitale ha sempre più tra i suoi obiettivi quello di assicurare il potenziamento dei servizi e dei processi in sanità mediante l’analisi approfondita dei dati. Va considerato, comunque, che il privato accreditato, a differenza di altri comparti del SSN, è l’unico sottoposto a dei tetti rigidi, congelati al 2011, con la conseguenza di generare una “schizofrenia” di sistema”. Per la Presidente Nazionale Aiop Barbara Cittadini “Il PNE ha, sempre, avuto la finalità positiva di volere restituire una fotografia attraverso la quale identificare tutti gli spazi di miglioramento percorribili per realizzare una sanità di prossimità, efficace ed appropriata. Con questo lavoro, nato dalla virtuosa sinergia tra Agenas e Aiop, partiamo proprio dall’analisi degli esiti in funzione della natura giuridica delle strutture per superare l’ideologica dialettica che contrappone “il pubblico al privato”. È prioritario riflettere sull’estrema variabilità della qualità all’interno delle due componenti, in ogni Regione e tra Regioni, facendo emergere quelle contraddizioni che devono essere migliorate in un percorso di efficientamento complessivo che tuteli i valori di universalità, solidarietà ed equità ai quali si ispira il nostro Servizio Sanitario Nazionale. La riforma del sistema, già in atto – ha commentato Cittadini – non deve tradire la preziosa ed originaria natura del PNE, utilizzandone la valenza tecnico-scientifica a servizio di un meccanismo di razionalizzazione acritica delle sole strutture di diritto privato del SSN. Se la concorrenza non si sostituirà alla programmazione, se la selezione non si sostituirà al miglioramento, vorrà dire che saremo stati in grado di costruire un sistema solido, che non lasci intere aree geografiche sguarnite di presidi di ricovero e cura, finalmente in grado di tutelare il diritto alla salute sancito dalla Costituzione” ha concluso.

Al Bambino Gesù di Palidoro inaugurata l’Isola di Carlo

Al Bambino Gesù di Palidoro inaugurata l’Isola di CarloRoma, 7 ott. (askanews) – Un campo di basket in materiale antitrauma e colorato per i bambini e i ragazzi seguiti dalla neuroriabilitazione del Bambino Gesù di Palidoro: “L’isola di Carlo” è stata realizzata grazie alla donazione della famiglia Benedizione ed è intitolata alla memoria del figlio Carlo. L’opera è stata realizzata grazie alla donazione di circa 55.000 euro della famiglia attraverso la Fondazione Bambino Gesù Onlus. All’inaugurazione hanno partecipato il direttore sanitario dell’Ospedale, Massimiliano Raponi, il segretario generale della Fondazione Bambino Gesù Onuls, Francesco Avallone, il presidente del Comitato Italiano Paralimpico della Regione Lazio, Armando Marco Iannuzzi e la famiglia Benedizione.

“L’isola di Carlo” consiste in mezzo campo da basket con canestro unico, regolabile in altezza per le differenti esigenze di gioco, realizzato con una speciale gomma in materiale ecosostenibile, antitrauma e colorato. Si tratta di uno spazio per lo svolgimento della pratica sportiva dei bambini e dei ragazzi in carrozzina che consente un significativo ampliamento delle attività riabilitative e terapeutiche, già avviate con la bicicletta adattata. Si chiama attività sportiva adattata quella rivolta alle persone che non sono in grado, per diversi tipi di motivi, di partecipare alle normali attività sportive. La famiglia Benedizione ha deciso di realizzare quest’opera per esaudire il desiderio del figlio che quando era ricoverato in Ospedale aveva espresso la voglia di aiutare i bambini e i ragazzi che aveva incontrato durante la sua degenza. «Carlo era un ragazzo che amava lo sport. Si era infatti laureato in diritto sportivo. Il progetto del campo da gioco è stato realizzato da un suo compagno di classe, diventato architetto, e i colori sono un omaggio alla sua personalità solare e vivace» racconta la mamma, Maria Grazia Benedizione.

«La realizzazione di questo campo rappresenta un punto di arrivo per la famiglia e un punto di partenza per noi clinici della neuroriabilitazione – spiega la dottoressa Gessica Della Bella, responsabile dell’Unità Operativa di Attività Sportiva Adattata -La linea di confine tra riabilitazione e sport adattato è infatti sempre più sottile. Il nostro obiettivo è quindi quello di integrare lo sport nel progetto riabilitativo, perché abbiamo visto che lo sport adattato dà la possibilità ai bambini unici e speciali come quelli seguiti da noi di poter arrivare a un gesto funzionale e a svolgere l’attività sportiva come i pari età». I bambini e i ragazzi che saranno avviati all’attività si sottoporranno a una valutazione clinico-riabilitativa da parte di un team interdisciplinare, composto da medici dello sport, fisiatri, fisioterapisti, personale laureato in scienze motorie, esperti in attività fisica adattata. Si prevede di includere nel primo anno di attività 50 giovani di età compresa tra i 5 e i 16 anni.