Salute, Schillaci: oblio oncologico è una battaglia di civiltàRoma, 27 ott. (askanews) – “Ho fortemente sostenuto la legge sull’oblio oncologico per garantire diritti e parità di trattamento alle persone che escono dalla malattia neoplastica. Purtroppo chi guarisce dal cancro si trova ancora di fronte ad alti steccati che ostacolano il ritorno alla normalità. Succede nella ricerca del lavoro, nelle adozioni, nella sottoscrizione di un mutuo o di un’assicurazione: tutte circostanze nelle quali l’aver avuto un tumore pesa come uno stigma incancellabile. Porre fine a queste discriminazioni è, appunto, una ‘battaglia di civiltà’”. Lo ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci nel videomessaggio inviato al convegno “Oblio oncologico: una battaglia di civiltà – Verso la legge che tutela le persone guarite da malattie oncologiche”, organizzato dal Cnel in collaborazione con l’Associazione “Le 12 Querce – Centro studi Tony e Andrea Augello”.
“Insieme al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e con tutto il governo, – ha proseguito Schillaci – abbiamo seguito con grande attenzione l’iter della legge, assicurando il supporto necessario per procedere speditamente. Considero un grande traguardo sul piano umano e sociale la convergenza di tutte le forze politiche su questa legge”. “Grazie allo sviluppo della diagnostica, agli screening, alle migliori capacità di cura, – ha detto il ministro della Salute – abbiamo un numero sempre maggiore di persone che sopravvivono dopo una diagnosi di tumore. Nel 2020 sono stati stimati in oltre 3 milioni e seicentomila i pazienti viventi dopo la diagnosi di malattia oncologica. Si tratta di circa il 37% in più di quanto si osservava 10 anni prima. E il 27% di queste persone è considerato ‘guarito’, ovvero la sua aspettativa di vita è pressoché uguale a quella di chi non si è mai ammalato. Eppure, alla guarigione dal punto di vista medico non corrisponde ancora una guarigione giuridica e sociale. I progressi della medicina ci chiamano a un cambiamento culturale, sociale e ad un avanzamento di civiltà. E una volta di più, dobbiamo essere grati alle associazioni per aver dato voce a un’istanza le cui ragioni sono così importanti ed evidenti. Un impegno che le istituzioni e la politica hanno fatto proprio e ora finalmente si riconosce il diritto all’oblio oncologico anche in Italia”.
“Del resto, il pieno reinserimento sociale è cruciale nel percorso del paziente oncologico e anche il reinserimento lavorativo è tra gli obiettivi del Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 con cui puntiamo a rafforzare la prevenzione, le reti oncologiche regionali, l’empowerment dei pazienti, la ricerca. Perché la lotta contro il cancro – ha concluso Schillaci – è una priorità assoluta per il ministero della Salute. E soprattutto richiede il contributo di tutti”. Aprendo il convegno il presidente del Cnel Renato Brunetta ha ricordato che è stato il Cnel a presentare il 21 marzo scorso la proposta di legge sull’oblio oncologico, approvata dalla Camera all’unanimità il 3 agosto e che Brunetta auspica venga approvata definitivamente entro l’anno.
Al via primo ampio studio post pandemia su dieta degli italianiRoma, 27 ott. (askanews) – Hanno aderito già circa 15 mila volontari, sono donne in 8 casi su dieci, soprattutto nella fascia di età tra i 45 e i 65 anni, in oltre la metà dei casi pranzano fuori una volta alla settimana e oltre il 15% abitualmente cinque giorni su sette. E, sorpresa, emerge solo l’11,7% di fumatori, contro il 24,2% nazionale del report 2022 dell’Istituto Superiore della Sanità. Sono i primi dati preliminari di YOUGOODY, lo studio prospettico che ha preso il via il 23 febbraio di quest’anno, ideato, coordinato e gestito direttamente dal team di ricercatori della Struttura Complessa di Epidemiologia e Prevenzione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, in collaborazione con Esselunga.
“Lo studio mira a comprendere i cambiamenti che sono avvenuti in questi ultimi 30 anni nello stile di vita degli italiani”, sottolinea Sabina Sieri, Direttore Struttura Complessa di Epidemiologia e Prevenzione INT e responsabile del progetto YouGoody: “Per questo, le persone che aderiscono sono invitate a compilare una serie di questionari dettagliati relativi allo stile di vita e allo stato di salute. La parte predominante è quella della dieta, suddivisa per gruppi alimentari, come frutta e verdura, cereali, carne, alcolici. I dati che ricaveremo dai questionari ci serviranno per individuare nuovi stili alimentari e comportamentali che saranno poi messi in relazione con il mantenimento di un buono stato di salute oppure con l’insorgenza o l’aggravarsi di malattie quali diabete, tumori e malattie cardiovascolari”. Il reclutamento del Progetto prevede due strategie. La prima, in corso, con la ricerca di volontari attraverso i canali di comunicazione Esselunga, come la newsletter e la cartellonistica nei negozi. La seconda, che prenderà il via a breve, ha come obiettivo di ampliare il numero di adesioni allo studio coinvolgendo le Regioni del Centro e del Sud, isole comprese, grazie al supporto dei Comuni, delle Asl di zona e dei Centri universitari. Questo, per costruire una coorte prospettica di 100 mila volontari over 18 entro giugno 2025. “Nel nostro Istituto hanno preso forma studi focalizzati sullo stile di vita e in particolare sull’alimentazione, che hanno contribuito alla creazione di quella che oggi è internazionalmente la dieta anti-cancro” – interviene Marco Votta, Presidente INT – “Non poteva quindi che nascere presso di noi YouGoody, che permetterà di rendere sempre più mirate le strategie preventive che saranno utili a noi, ma soprattutto alle generazioni future. Ringrazio quindi i nostri ricercatori, che hanno ideato questo progetto, ulteriore fiore all’occhiello per il nostro Istituto e che lo stanno sviluppando su tutto il territorio nazionale. Ringrazio anche Esselunga, che ancora una volta è al nostro fianco per iniziative volte alla promozione della salute”.
YOUGOODY è il primo ampio studio osservazionale condotto in Italia dopo la pandemia. Durante i lockdown si è assistito a un aumento del consumo di comfort food e a una diminuzione dell’attività fisica, confermati da una review pubblicata su Frontiers in Nutrition1. Dati alla mano, il 22,6% degli intervistati ha ammesso un consumo maggiore rispetto al pre-lockdown di snack, salati, dolciumi, prosecco, e il 37,2% ha dichiarato di avere trascurato l’attività fisica durante il confinamento. Ad oggi, sono in corso ricerche per valutarne l’impatto nel tempo. “Sappiamo che eventi esterni di grande impatto, come l’emergenza Covid-19, producono cambiamenti importanti nello stile di vita – continua Sieri – La raccolta dei dati che abbiamo in corso ora ci permetterà di caratterizzare le nuove abitudini di vita, di valutare come esse si evolvono nel tempo e il loro impatto sulla salute, grazie al fatto che queste informazioni verranno aggiornate ogni 2 anni. Questo ci permetterà anche di comprendere se e altri eventi esterni, come le campagne informative che man mano verranno attivate a cura del Ministero della Salute avranno una loro efficacia nell’influenzare cambiamenti positivi nello stile di vita”.
È noto che la scorretta alimentazione, il consumo di alcool, il sovrappeso e la sedentarietà sono responsabili di circa il 30% dei casi di cancro. Ma il mix rappresenta anche una grande minaccia per la salute di cuore e cervello. “Le malattie cardiovascolari e le forme tumorali oggi in Italia rappresentano rispettivamente la prima e la seconda causa di morte – interviene Giovanni Apolone, Direttore Scientifico INT – Hanno in comune i medesimi fattori di rischio per quanto riguarda lo stile di vita e per questo, oggi si assiste sempre di più alla progettazione di studi che vanno oltre la singola patologia. YOUGOODY è un progetto che va in questa direzione e i risultati che si otterranno saranno sicuramente utili per la formulazione di strategie di prevenzione mirate al benessere totale della persona”. Sta emergendo che cambiare lo stile di vita produce effetti a qualsiasi età, a fronte di un rischio più basso di eventi letali. A dimostrarlo è EPIC, European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition, il vasto studio internazionale che ha preso vita all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano nei primi anni ’90 e che in questo momento è all’apogeo della sua attività scientifica. Grazie a EPIC sono stati pubblicati a partire dal 2004 dati molto solidi sulla relazione tra consumo di carne rossa e insaccati e il cancro al colon e la riduzione del rischio associata al consumo di alimenti ricchi di fibre vegetali, provenienti in particolare da cereali integrali e verdure. E sempre EPIC, ha permesso di mettere in luce l’impatto negativo dell’insulino-resistenza sull’incremento del rischio di alcune forme tumorali, tra le quali il cancro al seno in post-menopausa.
“Queste informazioni, così come molte altre, hanno consolidato dal punto di vista scientifico il valore di un regime alimentare ricco di frutta, verdura, cereali integrali e relativamente povero in carni rosse, insaccati e cibi ricchi in grassi animali e messo in luce quali meccanismi negativi scattano nell’organismo in caso di consumo eccessivo di alcolici e di bevande dolci, sia a base di zucchero che di dolcificanti artificiali” – interviene Elio Riboli, Professore di Epidemiologia e Prevenzione del Cancro presso la Scuola di Sanità Pubblica dell’Imperial College di Londra e Coordinatore Europeo e Principal Investigator di EPIC. – “Sappiamo però che in questi trent’anni i gusti alimentari si sono modificati. Basti pensare ad esempio all’aumento di chi sta scegliendo una dieta senza carni, vegetariana o vegana e in generale all’incremento della popolazione di single che ha portato a un concetto diverso dei pranzi e soprattutto delle cene. Ora, con YOUGOODY sarà interessante esaminare i cambiamenti intervenuti nello stile di vita degli italiani e seguirne l’andamento nel corso degli anni, con l’obiettivo anche di comprendere se c’è una relazione tra questi cambiamenti e il rischio di malattia, anche in positivo”. Il progetto rientra nella più ampia partnership che unisce l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ed Esselunga che, già nel 2012, aveva portato alla raccolta di oltre 880mila euro donati da Esselunga con la collaborazione dei clienti. Nel 2019 è poi stata suggellata una collaborazione della durata di due anni che ha visto la donazione di un milione di euro da parte di Esselunga da destinare ad attività e progetti di ricerca scientifica condotti da INT, rinnovata nel 2021 con un ulteriore finanziamento che ha permesso di sviluppare questo progetto. Esselunga, inoltre, ha realizzato con i ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano l’iniziativa “Impariamo a mangiare bene”: una collana di cinque volumi dedicati alla promozione di uno stile di vita sano grazie a una alimentazione equilibrata. “Con l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano condividiamo il ruolo fondamentale che assumono un regime alimentare corretto e abitudini salutari come validi strumenti per la prevenzione di molte patologie. È per tale motivo che siamo onorati di aver contribuito, con i nostri strumenti e i nostri canali, all’esito di questa prima parte dello studio prospettico. Continueremo pertanto a veicolare questa iniziativa con l’obiettivo di farla conoscere ad un numero sempre maggiore di nostri clienti e permettere un ampio reclutamento, perché crediamo nella ricerca e nella promozione di stili di vita sani e, come fatto negli anni, proseguiremo nel divulgare i valori di un’alimentazione equilibrata”, conclude Giovanni Merante, responsabile Sponsorizzazioni ed Eventi Esselunga.
Salute: sesso, dopo il tumore 1 donna su 2 prova doloreRoma, 26 ott. (askanews) – Difficoltà e dolore durante i rapporti sessuali nel 57% dei casi; calo del desiderio per il 25%. Il restante 12% si divide equamente in cistiti ricorrenti, secchezza vaginale e problemi psicologici come tristezza immotivata e insonnia. Sono i primi risultati dello Sportello di Ascolto Sex and The Cancer per l’orientamento psicologico e medico dedicato al tema della sessualità dopo il cancro e per pazienti che effettuano un trattamento oncologico o lo hanno abbandonato, nato da un’idea di Amalia Vetromile, ex paziente oncologica e ora Presidente dell’Associazione Mamanonmama Aps. I risultati, lanciati in occasione del 4° Convegno Nazionale di Sex and the Cancer, riguardano 1.400 donne sopravvissute al tumore, hanno tra i 45 e i 55 anni e vengono da ogni parte d’Italia. «In Italia, le persone che vivono dopo una diagnosi di tumore sono circa 3,6 milioni, di queste più di 1,9 milioni sono donne – commenta Vetromile -. Molte delle cure che le donne devono affrontare hanno conseguenze, dalle patologie urogenitali alla menopausa precoce, che si ripercuotono sulla sfera della salute riproduttiva e sessuale, spesso taciute per pudore o scarsa consapevolezza». «Le terapie oncologiche che vanno dalla terapia chirurgica alle chemioterapie o radioterapie sono prevalentemente orientate a ridurre il tumore al massimo. Queste, naturalmente, hanno effetti collaterali sull’organismo. È importante che il medico sia attento a cogliere prematuramente i segnali che arrivano dalle donne e a stimolare un dialogo medico-paziente su questi temi», spiega l’oncologa Alessandra Fabi, responsabile di Medicina di Precisione in senologia del Policlinico Gemelli di Roma.
«Per quanto riguarda la mia branca, la ginecologia – aggiunge Donatella Caserta, ordinario di ginecologia e direttrice Uoc ginecologia Aou Sant’Andrea Sapienza Università di Roma ed esperta dello Sportello – il problema è che queste terapie, soprattutto se eseguite in una donna molto giovane, portano ad avere conseguenze, come una menopausa precoce. Questo può determinare non soltanto l’impossibilità di avere successivamente una gravidanza ma, molte volte, ad avere quella che noi definiamo come sindrome uro genitale, ovvero tutta una serie di disturbi legati al basso tratto che le impediscono anche di avere rapporti».
Diritto alla cura, incontro su valore tecnologia in gestione diabeteRoma, 25 ott. (askanews) – Un approccio integrato e interdisciplinare alla cronicità, che porti alla collaborazione delle diverse figure coinvolte – persone con diabete, clinici, istituzioni e industrie farmaceutiche – che implichi servizi digitali e tecnologie innovative equamente accessibili, per ottenere un superamento delle barriere alla collaborazione, un incremento dell’efficacia della terapia e un effettivo miglioramento della qualità della vita delle persone con diabete. Di questo si è parlato ieri all’evento “Oltre la cura: la persona e la tecnologia al centro della gestione del diabete”, che si è svolto nell’ambito della seconda edizione del Forum “Tutto nella norma”, nato dalla collaborazione tra Fondazione Roche e Formiche per discutere di diritti e temi di politica sanitaria tra esponenti del mondo accademico, istituzionale e sanitario.
Il diabete è una malattia cronica molto complessa, con forti ripercussioni sul quotidiano delle persone che vi convivono. In Italia, secondo i dati del rapporto dell’Italian Barometer Diabetes Observatory 2022, è stimata una prevalenza pari al 6,8 per cento della popolazione italiana, 4 milioni di persone, con un trend collegato strettamente all’invecchiamento della popolazione e, quindi, in costante aumento. A questi dati andrebbero aggiunti circa un milione e mezzo di casi non diagnosticati. Proprio per questi numeri e per la tendenza al progressivo aumento, il diabete è una delle sfide più impegnative con cui è chiamato a misurarsi il Servizio Sanitario Nazionale. Negli ultimi anni si sono fatti grandi progressi in ambito scientifico, tecnologico e normativo, ma è necessario fare ulteriori sforzi per rendere concreto un modello di cura e gestione della patologia davvero integrato, affinchè il diritto alla cura delle persone con diabete si possa tradurre in un beneficio per la collettività.
“La condizione della persona con cronicità coinvolge comportamenti singoli e decisioni pubbliche, valori umani e competenze professionali, urgenze immediate e necessità di programmazione e allocazione di risorse adeguate da parte del Servizio Sanitario Nazionale – commenta Mariapia Garavaglia, Presidente Fondazione Roche. – Si tratta di un ambito in cui l’attenzione alla dimensione etica si traduce in attenzione alla qualità umana delle relazioni tra tutti gli interlocutori del Sistema salute, che solo collaborando tra loro possono sostenere i bisogni sanitari, assistenziali e psicologici delle persone, migliorandone così la qualità di vita”. “Il diabete è una malattia che richiede un approccio olistico, mirato e personalizzato per cui “sintonizzarsi” con la persona nella sua unicità diventa fondamentale. L’innovazione tecnologica riveste un ruolo centrale nella gestione della patologia e nella prevenzione delle complicanze; la disponibilità dei dati permette di facilitare il dialogo medico-paziente, la collaborazione tra medici di medicina generale e strutture diabetologiche e lo sviluppo di servizi di teleconsulto – commenta Nicola Napoli, Professore Ordinario di Endocrinologia Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e Presidente SID Lazio. – Oggi però in Italia abbiamo ancora numerose problematiche legate alla digitalizzazione e alla condivisione del dato in ambito sanitario; la diabetologia italiana si è in gran parte dotata di strumenti elettronici per la gestione dei dati clinici, ma la condivisione di questi con altri specialisti che concorrono nella cura del diabete e delle sue complicanze, e con la rete della medicina generale, è ancora estremamente limitata”.
“Queste difficoltà nella gestione della persona con diabete si declinano a livello regionale, dove l’assistenza è diversa da regione a regione, spesso anche tra una ASL e l’altra della stessa regione – afferma Raffaella Sommacal, Consigliere delegato AGD Italia e membro del Consiglio Direttivo Diabete Italia. – Occorre implementare su tutto il territorio nazionale un’assistenza integrata, continua e focalizzata sugli outcome di cura sin dagli esordi della patologia. E in quest’ottica, la digitalizzazione sanitaria risulta fondamentale per promuovere l’uso di registri e la raccolta dati, integrandoli nel sistema di cura del diabete ed utilizzandoli quali strumenti essenziali per migliorare la qualità della cura della malattia, che permetterebbero al paziente di migliorare l’aderenza terapeutica, ai clinici di collaborare e comunicare tra loro offrendo così una cura interdisciplinare, alle istituzioni di tenere monitorato l’andamento della malattia e delle sue complicanze”. “Quindi, oggi l’innovazione tecnologica rappresenta l’elemento utile a colmare il divario tra bisogni e risorse, e può portare a un rinnovamento organizzativo e tecnologico nel diabete, volto a un’assistenza completa – continua Vincenzo Fiore, Direttore U.O.S.D. Diabetologia-Endocrinologia, Asl Roma 5-sede P.O. Tivoli e Presidente AMD Lazio. – Una corretta implementazione di questa innovazione e un accesso esteso a livello nazionale sono condizioni necessarie per promuovere la collaborazione tra tutti gli interlocutori che cooperano nella cura del diabete e per far sì che pazienti e caregiver possano sfruttare appieno il potenziale delle risorse tecnologiche oggi a disposizione”.
“Roche è da sempre impegnata a portare un cambiamento concreto nella cura del diabete, investendo in ricerca e sviluppo e in partnership di qualità con terze parti volte a mettere a disposizione dei pazienti e del Sistema soluzioni sempre più innovative, sostenendo percorsi educazionali di qualità in collaborazione con le società medico-scientifiche e promuovendo il dialogo fra i diversi interlocutori, affinché ogni persona con diabete possa essere ascoltata nei suoi bisogni e avere accesso a soluzioni e modelli di cura e gestione della patologia sempre più personalizzati, equi e sostenibili”, conclude Massimo Balestri, General Manager di Roche Diabetes Care Italy.
Al Nuovo Policlinico di Milano il reparto pediatria più bello al mondoRoma, 24 ott. (askanews) – Contribuire a realizzare in Italia «il reparto di pediatria più bello e accogliente del mondo» per ridurre al minimo lo stress emotivo e psicologico dei piccoli pazienti e dei loro genitori. È la grande sfida della Fondazione De Marchi, il cui obiettivo è di rendere gli spazi pediatrici del Nuovo Policlinico di Milano, che sarà ultimato entro il 2024, ambienti ancora più colorati, accoglienti, altamente tecnologi e totalmente a misura di bambino. Per il progetto è stato già lanciato un bando da un milione di euro, rivolto ai migliori studi di architettura e aperto fino al 31 ottobre. Il vincitore sarà selezionato nelle prossime settimane, la premiazione del progetto vincitore avverrà a gennaio 2024.
«Il milione di euro già stanziato ci permetterà di realizzare il progetto vincitore del bando, ma per rendere gli spazi del Nuovo Policlinico ancora più belli e per potenziare i servizi per i bambini e le loro famiglie abbiamo ancora bisogno di sostegno», spiega Francesco Iandola, direttore esecutivo della Fondazione De Marchi. «Il nostro obiettivo, infatti – aggiunge Iandola – è quello di sostenere l’attivazione nel nuovo reparto anche di servizi di supporto psicologico, pet therapy, musicoterapia e arteterapia». Gli ambienti destinati alle strutture di Pediatria del Nuovo Policlinico avranno un’estensione di oltre 12mila metri quadrati distribuiti su tre piani e saranno caratterizzati da spazi capaci di promuovere il benessere dei bambini e dei loro familiari, con zone di incontro, relax e svago. Come richiesto dal bando, tutti gli ambienti pediatrici condivideranno una narrazione e un unico progetto creativo e verranno utilizzate speciali tecnologie multimediali per accogliere, stupire e accompagnare i bambini in ogni tappa del loro percorso di cura.
La Pediatria del Nuovo Policlinico continuerà ad essere un punto di riferimento a livello nazionale per i bambini bisognosi di cure mediche. La Lombardia è, infatti, tra le Regioni maggiormente coinvolte nell’accoglienza di pazienti costretti a spostarsi per motivi sanitari. Per contribuire a finanziare il progetto dei nuovi spazi pediatrici e offrire nuovi servizi ai piccoli pazienti e alle loro famiglie, Fondazione De Marchi ha lanciato una campagna sms solidale: per donare basta inviare un sms o fare una chiamata da rete fissa al numero 45581 entro l’11 novembre. L’iniziativa rientra nel progetto “Un ospedale mica male” finalizzato a contenere il dolore e a ridurre lo stress dei bambini ricoverati in ospedale, alleviando il senso di isolamento e facilitando il ritorno alla vita quotidiana al termine delle cure.
La Fondazione De Marchi, attraverso i suoi progetti, ogni anno sostiene quasi 90.000 bambini realizzando, oltre ad interventi di umanizzazione e fornitura di macchinari diagnostici e terapeutici, 150 ore di pet therapy, 1.400 ore di arte terapia e di 550 ore di assistenza psicologica.
Lupus eritematoso: approccio multidisciplinare per diagnosi precoceRoma, 24 ott. (askanews) – Favorire una crescente collaborazione tra clinici, medici di famiglia e associazioni di pazienti per contrastare l’avanzata del lupus eritematoso sistemico. Tre i pilastri su cui costruire un nuovo approccio alla malattia: diagnosi precoce, approccio multidisciplinare e terapie innovative. È l’invito che arriva nel corso del convegno “Lupus: focus su cause e sintomi di una patologia complessa”, promosso oggi a Roma, presso Sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica, per volontà del Senatore Ignazio Zullo. “Il Lupus è una patologia che impatta gravemente sulla qualità della vita dei pazienti, in particolare delle giovani donne, e come politico impegnato nel migliorarla non posso che essere soddisfatto delle nuove prospettive che le persone affette da LES avranno anche grazie ai nuovi farmaci – commenta Zullo, membro della 10ª Commissione permanente del Senato (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) -. La ricerca progredisce e mette a disposizione nuove opportunità terapeutiche. In questo anno di legislatura ho potuto riscontrare quanto i temi delle patologie autoimmuni, come il LES, abbiano dei fili conduttori ed è per questo che con un gruppo di colleghi afferenti al Senato e alla Camera abbiamo deciso di riunirci in un Intergruppo Parlamentare “Prevenzione e cura delle malattie autoimmuni” che presenteremo ufficialmente il 21 novembre 2023 e per il quale abbiamo chiesto la partecipazione delle principali Società Scientifiche e delle Associazioni di Pazienti”. Il lupus è una malattia reumatica cronica autoimmune che coinvolge il sistema immunitario e colpisce vari organi e tessuti, che nei casi più critici possono rimanere danneggiati dal peggioramento della malattia. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la malattia colpisce soprattutto le donne in età fertile, prevalentemente dai 15 ai 40 anni, con un rapporto donna-uomo 6-10:1. In età pediatrica e dopo la menopausa, il rapporto si riduce a 3:1. Il lupus eritematoso sistemico (LES) in Italia colpisce oltre 27mila persone. “La malattia può esordire a tutte le età, tuttavia l’esordio più frequente è nelle donne in età fertile, con importanti implicazioni sulla gravidanza e sulla maternità. I sintomi iniziali, quali febbre, astenia, malessere generale, artralgie, sono spesso aspecifici, e questo è uno dei motivi che contribuisce alle difficoltà diagnostiche – spiega Gian Domenico Sebastiani, presidente nazionale della Società italiana di reumatologia (Sir) – . Una ricerca condotta dal Gruppo di Studio sul LES di recente insorgenza della Società Italiana di Reumatologia, che coordino personalmente da più di 10 anni, dimostra che il ritardo diagnostico nel nostro paese è ancora notevole, in media 20 mesi. In aggiunta alle difficoltà diagnostiche legate alla complessità del quadro clinico, contribuiscono al ritardo diagnostico la scarsa conoscenza della malattia da parte dei medici e della popolazione in generale, e la scarsa presenza di strutture reumatologiche di riferimento negli ospedali e presidi territoriali del SSN. Il paziente affetto da LES viene spesso visto da specialisti diversi dal reumatologo, che non sempre sono in grado di riconoscere la malattia”. “Il ritardo diagnostico – prosegue Sebastiani – genera gravi ripercussioni per il paziente e per la collettività, in quanto nel lasso di tempo che intercorre tra l’esordio della malattia e il riconoscimento diagnostico, il paziente accumula danno irreversibile a carico degli organi e apparati colpiti. Ad oggi disponiamo di farmaci molto efficaci che, sotto la guida del reumatologo esperto, sono in grado di modificare favorevolmente il decorso e la prognosi della malattia, con notevoli vantaggi per il singolo individuo e per la collettività in termini di risparmio sulla spesa sociale, dal momento che il danno è direttamente correlato all’invalidità”.
Fnomceo- Censis: ogni euro investito in Ssn ne genera quasi il doppioRoma, 24 ott. (askanews) – Puntare sul Servizio sanitario nazionale conviene. E non solo nel senso che fa bene alla salute delle persone: è un investimento redditizio per l’azienda Italia. Ogni euro di risorse pubbliche investito in sanità ne genera, infatti, quasi due di produzione in valore. Non solo: se l’investimento pro-capite di risorse fosse pari a quello della Germania, si creerebbero 2 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro, e non limitatamente al settore. A dimostrarlo, il Rapporto Fnomceo-Censis “Il valore economico e sociale del Servizio Sanitario Nazionale – Una Piattaforma fondamentale per il Paese”, che ha studiato gli impatti economici e occupazionali – diretti, indiretti e indotti – della spesa sanitaria pubblica. Il Rapporto è stato presentato oggi a Roma da Francesco Maietta, responsabile area Consumer, mercati privati e istituzioni del Censis nell’ambito del convegno “Valore salute: SSN, volano di progresso del paese”, voluto dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, la Fnomceo, appunto, per celebrare “i 45 anni del Servizio Sanitario Nazionale, un’eccellenza italiana”. A introdurre la presentazione, il Presidente del Censis, Giuseppe De Rita. E che il Servizio sanitario nazionale sia davvero un’eccellenza lo dimostrano i dati: l’Italia è uno dei paesi più longevi al mondo e, anche, quello con una più alta aspettativa di vita senza disabilità. Infatti, l’Italia si colloca al terzo posto della graduatoria Ue per speranza di vita con 82,7 anni dopo Spagna (83,3) e Svezia (83,1); ed è al terzo posto della graduatoria della speranza di vita in buona salute dove registra un valore dell’indicatore pari a 68,1, inferiore solo a quello di Malta (68,7) e Svezia (68,4). “È evidente che la qualità del Servizio sanitario – spiega il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – nel lungo periodo, non è estranea al fatto che l’Italia sia un caso di studio per allungamento della speranza di vita e per diffusione della longevità attiva, vale a dire per la diffusione di positive esperienze esistenziali individuali di terza e quarta età, fatte di buona salute e coinvolgimento sociale”. Ma il Servizio sanitario nazionale è molto più che un erogatore di servizi e prestazioni sanitarie, comunque indispensabili al benessere e alla qualità della vita degli italiani. I dati dell’indagine parlano chiaro. Partendo da un valore della spesa sanitaria pubblica pari a 131,3 miliardi di euro (dato dalla spesa sanitaria pubblica del 2022, 131,1 miliardi di euro – pari al 6,7% del PIL – più una quota aggiuntiva che include la ricerca e sviluppo) il valore della produzione interna diretta, indiretta e dell’indotto ad essa ascrivibile è stimata pari a 242 miliardi di euro. Il moltiplicatore della transizione dalla spesa al valore della produzione è pari a 1,84: per ogni euro di spesa sanitaria pubblica investito nel Servizio sanitario viene generato un valore della produzione non distante dal doppio. “La domanda di beni e servizi attivata dalla spesa sanitaria pubblica – spiega il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – si irradia nel resto dell’economia, ampliando il valore della produzione delle imprese, con benefici significativi sull’occupazione, sul valore aggiunto e sul Pil nazionale”. Il valore aggiunto complessivo creato è pari a 127 miliardi di euro: il 7,3% del valore aggiunto totale e il 6,5% del Pil. I settori che direttamente e indirettamente beneficiano della spinta della spesa sanitaria pubblica sono le attività dei servizi sanitari, per un valore della produzione pari a 126 miliardi di euro con quasi 1,3 milioni di occupati, il settore dell’assistenza sociale con 8,6 miliardi di valore di produzione e un’occupazione di 180 mila persone, il commercio al dettaglio e all’ingrosso, con quasi 9 miliardi di valore di produzione e oltre 95 mila occupati. E poi settori professionali e di servizi qualificati di tipo amministrativo, legale, contabile, di consulenza gestionale con un valore della produzione di oltre 3 miliardi di euro per oltre 30 mila addetti, e quello relativo a servizi di vigilanza e di facility management con 3 miliardi di euro di valore della produzione e quasi 43 mila occupati. La generatività della spesa sanitaria pubblica si completa considerando che il totale delle imposte dirette e indirette e dei contributi sociali ascrivibili al circuito attivato dalla spesa sanitaria pubblica citata è pari ad oltre 50 miliardi di euro. Si tratta di oltre 28 miliardi di imposte dirette e indirette e quasi 22 miliardi di contributi sociali relativi ai lavoratori dipendenti coinvolti.
Schillaci: investire in operatori sanitari e per liste d’attesaMilano, 24 ott. (askanews) – “Credo che sia importante investire in due campo: il primo sono gli operatori sanitari, che durante il Covid hanno dimostrato grande dedizione al loro, e bisogna fare sì che entrino nel SSN devono e si sentano gratificati. essere valorizzati e remunerati meglio. L’altro punto importante va nella direzione dei cittadini: noi dobbiamo rimettere i cittadini al centro del progetto della sanità pubblica”. Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervistato a Unomattina su Rai1, e per realizzare questo secondo obiettivo il primo punto è combattere le lunghe liste d’attesa, che il ministro definisce “un problema inaccettabile”.
“Abbiamo stanziato 520 milioni per ridurre le liste di attesa – ha aggiunto Schillaci -; oggi bisogna fare sì che gi operatori sanitari si dedichino soprattutto a questo. Per ridurle servono più medici, più assunzioni, migliori retribuzioni per i medico del Servizio Sanitario nazionale. E poi ci sono troppi esami che vengono prescritti, che non sono essenziali”. Schillaci ha parlato anche del numero dei medici: “Questa carenza oggi è il risultato di una errata programmazione negli anni passati, oggi abbiamo aumentato il numero dei posti in università. Ma noi vogliamo anche che i medici che hanno lasciato il SSN possano tornare, perché vogliamo rilanciare il servizio pubblico. In manovra c’è un forte impegno per il rinnovo dei contratti di tutte le professioni sanitarie”.
Schillaci ha infine ribadito l’importanza di potenziare la medicina territoriale, anche nell’ottica di decongestionare i pronto soccorso.
Vitiligine, fa tappa a Milano il tour di sensibilizzazioneRoma, 23 ott. (askanews) – Molto visibile, a causa delle caratteristiche macchie bianche, ma poco conosciuta. La vitiligine è una malattia di cui si parla poco ed è spesso scambiata per un problema esclusivamente estetico. Al contrario si tratta di una patologia autoimmune e cronica che colpisce tra lo 0,5% e il 2% della popolazione mondiale e che ha un forte impatto dal punto di vista sociale, psicologico ed emotivo. Per favorire una migliore comprensione di questa malattia e promuovere una conoscenza che possa abbattere i pregiudizi che ancora circondano i pazienti, è iniziato il Vitilive Walking Tour: 4 tappe in altrettante città italiane per fare informazione, supportare i pazienti, grazie ai consulti informativi dermatologici gratuiti, e promuovere il benessere con una passeggiata ludica di 3-5 chilometri. Dopo il via a Napoli del 15 ottobre, domenica 29 ottobre è la volta di Milano con appuntamento dalle ore 10 all’Arco della Pace e passeggiata in programma all’interno di Parco Sempione. Un evento, quello del capoluogo lombardo, organizzato in collaborazione con Promos e Opes Lombardia. Poi terza tappa sarà Torino il 26 novembre per concludere a Roma il 3 dicembre. Il Vitilive Walking Tour è organizzato in collaborazione e con il patrocinio di SIDeMaST, ADOI, con il patrocinio di Associazione Nazionale gli “Amici per la Pelle” ONLUS (ANAP), e con il contributo non condizionante di Incyte. “La vitiligine è una malattia che si manifesta attraverso macchie di colore bianco che sono conseguenza della perdita dei melanociti cutanei. Per le sue caratteristiche, viene spesso limitata alla sola sfera estetica, quando in realtà è una patologia cronica autoimmune e, in quanto tale, spesso è associata ad altre problematiche di questa natura, come le malattie tiroidee, le malattie infiammatorie croniche intestinali, il diabete mellito e l’alopecia areata”, spiega Giuseppe Argenziano Presidente SIDeMaST. Importante quindi la presa di coscienza dell’impatto che la vitiligine può avere sulla qualità di vita dei pazienti, molti dei quali sperimentano ansia e depressione, come sottolinea Ugo Viora, Presidente ANAP: “La vitiligine impatta significativamente la sfera psicologica e sociale dei pazienti che ne sono affetti, in particolare nella fascia di popolazione più giovane. Secondo una recente ricerca realizzata dalla società di consulenza Kearney, nei pazienti con vitiligine ansia e depressione risultano rispettivamente il 72% e il 32% più diffuse rispetto al resto della popolazione e il ricorso a percorsi di terapia è 20 volte più frequente tra questi pazienti” . Per promuovere una maggiore informazione anche su questo aspetto della patologia, ogni tappa del tour sarà raccontata attraverso foto, video e testimonianze di chi convive con la vitiligine, a partire da Luca Marin, ex campione olimpionico di nuoto, ambassador del tour.
Tumori rari: Policlinico Gemelli verso creazione Centro SarcomiRoma, 22 ott. (askanews) – Fondazione Policlinico Gemelli, attraverso l’attività del Comprehensive Cancer Center, è al primo posto in Italia per volumi di neoplasie trattate. Nel 2022 sono stati infatti ricoverati oltre 18 mila pazienti oncologici, 16.146 dei quali sottoposti ad intervento chirurgico. Tra questi, anche alcuni affetti da patologie rare, quali i sarcomi dei tessuti molli, patologie che interessano circa l’1% della popolazione italiana adulta. Ogni anno, presso la FPG vengono assistiti circa 250 pazienti affetti da questo particolare gruppo di neoplasie per essere sottoposti ad intervento chirurgico, radio-chemioterapia o follow-up. Di particolare importanza è l’attività di FPG sui sarcomi retroperitoneali, ai quali è dedicata un’unità specifica, la UOC di Chirurgia del Peritoneo e Retroperitoneo, diretta da Fabio Pacelli, Associato di Chirurgia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma.
“La chiave del successo del trattamento dei pazienti con sarcoma dei tessuti molli – afferma il professor Pacelli – è il team multidisciplinare, che raggruppa diverse competenze (chirurgo, oncologo, anatomopatologo, radiologo, radioterapista) in un tumor board, dove si defiscono le strategie di gestione migliori, dalla diagnosi precoce, alla chirurgia, al follow-up ambulatoriale. Il tumor board del Peritoneo e dei Sarcomi ha valutato lo scorso anno oltre 500 pazienti”. L’evoluzione naturale di queste attività è la creazione di un Centro Sarcomi, in progetto presso FPG, per concentrare i trattamenti di questi tumori rari in un unico centro di riferimento. “Questo – spiega Pacelli – rappresenterebbe infatti un’eccezionale opportunità per ottimizzare le strategie terapeutiche e migliorare i risultati, attraverso l’integrazione di più competenze. Un’altra ricaduta di questo progetto è l’ulteriore impulso alla ricerca clinica e sperimentale in questo campo”. Strettamente connesso a questo progetto è l’aspetto organizzativo, declinato nella creazione di un percorso clinico assistenziale dedicato ai sarcomi e nella creazione di un ambulatorio dedicato nel quale convogliare i pazienti dallo sportello cancro.
“Il nostro obiettivo – afferma Sergio Alfieri, Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Addominali e Endocrino-Metaboliche di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Ordinario di Chirurgia Generale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – è di arrivare a creare in tempi brevi un Centro Sarcomi dedicato all’integrazione delle varie competenze ed eccellenze già presenti presso il Policlinico Gemelli, per facilitare l’approccio multidisciplinare a queste patologie e mettere a terra un percorso clinico assistenziale, finalizzato al miglioramento dei risultati del loro trattamento che, attualmente, non ha altri centri di riferimento ad alto volume nel Centro-Sud Italia”.