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Fibrosi cistica: a ottobre nelle piazze il ciclamino della ricerca

Fibrosi cistica: a ottobre nelle piazze il ciclamino della ricercaMilano, 29 set. (askanews) – Il Ciclamino della Ricerca in fibrosi cistica (FC) tornerà a fiorire in ottobre nelle piazze italiane in occasione della XXI Campagna Nazionale promossa dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica grazie agli oltre 5.000 volontari FFC Ricerca che animeranno il territorio con i loro eventi, per rendere la fibrosi cistica sempre più conosciuta e promuovere la ricerca per trovare una cura efficace e accessibile per tutte le persone con FC. Non solo, da quest’anno si coloreranno di ciclamino anche le aree adiacenti ai 31 punti vendita in Italia di Tecnomat, main sponsor di Campagna.

“Dal 2002 a oggi abbiamo investito oltre 36 milioni di euro in 477 progetti e servizi di ricerca, contribuendo a migliorare la qualità e durata di vita delle persone con FC – dichiara Matteo Marzotto, presidente FFC Ricerca -. Con l’impegno di 1.800.000 euro nel progetto strategico internazionale GenDel-CF per il triennio 2024-26 guardiamo alla terapia genica per sconfiggere all’origine la fibrosi cistica. Un obiettivo ambizioso che non sarebbe possibile senza la rete di ricercatori, volontari e imprese come Tecnomat, che ci affiancano”. Inaugura la Campagna Nazionale l’11a edizione della pedalata solidale Charity FFC Bike Tour, dal 4 al 7 ottobre in Lombardia da Brescia a Milano, con il presidente Matteo Marzotto e i bikers e campioni Jury Chechi, Francesco Moser, Maurizio Fondriest, Gianni Bugno, Claudio Chiappucci, Alessandro Ballan, Paola Pezzo, Max Lelli, Fabrizio Macchi e Iader Fabbri.

“Negli ultimi anni, le significative accelerazioni nelle offerte di cura in FC, in particolare grazie ai farmaci cosiddetti modulatori, hanno portato a cambiamenti significativi nella vita di moltissime persone con FC. – sottolinea Carlo Castellani, direttore scientifico FFC Ricerca – Molto però rimane ancora da fare, per tenere sotto controllo le manifestazioni e l’evoluzione della malattia, monitorare gli effetti avversi ai farmaci e individuare nuovi composti che potrebbero essere più efficaci o meglio tollerati degli attuali modulatori. In Italia i modulatori sono utilizzati in circa il 60-70% dei malati: quasi 1 malato di fibrosi cistica su 3, perciò, non può accedere a queste terapie. Il piano strategico di Fondazione, in linea con la mission “Una cura per tutti”, mira a colpire la malattia sia a livello dei meccanismi molecolari, di infiammazione e infezione batterica, sia con sintesi di nuove molecole modulatrici e metodiche di terapia genica per correggere potenzialmente tutte le oltre 2.000 mutazioni a carico del gene CFTR, responsabile della malattia”. Nel 2023 FFC Ricerca ha stanziato 2.375.363 euro a sostegno di 18 progetti scientifici per aumentare le conoscenze sulla malattia e migliorare lo stato di salute di tutte le persone con FC. FFC Ricerca ha deciso di investire nel triennio 2024-26 1.800.000 euro su un progetto strategico nel campo della terapia genica dal titolo GenDel-CF (Tackling GENe DELivery in lungs for the treatment of Cystic Fibrosis). La terapia genica in fibrosi cistica consiste nell’inserire nelle cellule sequenze corrette del gene CFTR o molecole di RNA, in modo da ripristinare la produzione di una proteina CFTR funzionante, cosa che il gene mutato non fa. A differenza della terapia basata sui farmaci modulatori, questo approccio si propone come cura per qualsiasi tipo di mutazione CFTR presente nella persona malata.

Fondazione ha lanciato a settembre la campagna di sensibilizzazione 1 su 30 e non lo sai con l’obiettivo di aumentare la conoscenza sulla malattia e informare sul test del portatore di fibrosi cistica per favorire una scelta genitoriale consapevole. Esiste un test genetico che indaga se nel patrimonio genetico di una persona ci sono mutazioni a carico del gene CFTR, responsabile della fibrosi cistica, che potrebbero essere trasmesse ai figli.

Giornata mondiale cuore, Parolari: correggere fattori rischio per prevenzione

Giornata mondiale cuore, Parolari: correggere fattori rischio per prevenzioneRoma, 29 set. (askanews) – “Oggi è il 29 settembre, data importante perché è la Giornata mondiale del cuore, la Giornata dedicata alla consapevolezza delle malattie cardiovascolari, che sono tuttora la più frequente causa di morte nel mondo occidentale. Lo slogan di quest’anno è ‘Mettici il cuore, conosci il cuore’”. È quanto afferma Alessandro Parolari, presidente della SICCH (Società Italiana di Chirurgia Cardiaca), responsabile della Cardiochirurgia Universitaria Policlinico San Donato e professore ordinario di Cardiochirurgia presso l’Università Statale di Milano.

“Noi tutti sappiamo come il progresso nella cura delle malattie cardiovascolari sia veramente incredibile, riusciamo a trattare pazienti sempre più anziani, con tecnologie sempre meno traumatiche e meno invasive. Riusciremo probabilmente in futuro anche a migliorare e ad avere più cuori da trapiantare per i pazienti che avranno bisogno di questa prospettiva”, aggiunge. “Però tutti noi dobbiamo conoscere le malattie cardiovascolari, dobbiamo essere consapevoli di come si presentano e consapevoli del fatto che appena abbiamo un segnale, un dubbio, la cosa più importante è rivolgersi al nostro medico per cercare di prevenire i più grossi problemi. E soprattutto, per una vera prevenzione, provare a correggere tutti i fattori di rischio che tutti ben conosciamo e che ci possono aumentare naturalmente i problemi cardiovascolari. Buona Giornata mondiale del cuore”, conclude Parolari.

Università Cattolica e Monticello SPA insieme per futuro benessere

Università Cattolica e Monticello SPA insieme per futuro benessereRoma, 29 set. (askanews) – Monticello SPA&FIT e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano annunciano una collaborazione per lo sviluppo del progetto di ricerca dal titolo “Sviluppo di conoscenze e buone pratiche per il wellness e l’empowerment individuale”, che vedrà impegnati gli studenti immatricolati al primo anno del corso di laurea magistrale in Psicologia del Benessere.

Il progetto congiunto tra le due eccellenze del territorio lombardo, l’una punto di riferimento per il benessere e l’altra prestigioso polo accademico, è finalizzato a promuovere e potenziare la collaborazione tra le due strutture nel settore dello studio degli aspetti psicologici che possano facilitare il wellness e l’empowerment nei loro vari aspetti e migliorare la comunicazione tra clienti e operatori. In particolare, la collaborazione avrà il doppio obiettivo di favorire, da una parte, la possibilità per gli studenti dell’ateneo di effettuare ricerche e fare esperienze pratiche guidate, di avere supporto nelle attività di realizzazione di tesi, progetti ed elaborati nel campo del wellness; dall’altra parte l’opportunità per Monticello SPA&FIT di ricevere il supporto del know-how, della ricerca e di idee innovative in campo psicologico per un costante potenziamento e arricchimento delle sue attività.

Tra i numerosi campi di collaborazione, i più significativi saranno l’analisi e valutazione delle caratteristiche ambientali della SPA in termini di wellness; l’implementazione di programmi di benessere, empowerment personale e di training cognitivo-emotivi; la messa a punto di strumenti e procedure per la comunicazione con il cliente al fine di ottimizzarne la qualità, con raccolta e analisi di informazioni da parte degli ospiti. Lunedì 2 ottobre si terrà quindi, nella struttura di Monticello SPA&FIT, la giornata inaugurale del corso di Laurea Magistrale in “Psicologia per il Benessere: Empowerment, Riabilitazione e Tecnologia Positiva”, dove in mattinata tutti gli studenti iscritti al primo anno, affiancati dai propri docenti e dal coordinatore della Laurea Magistrale, prof.ssa Michela Balconi, saranno coinvolti in una esperienza immersiva presso la struttura e in una sperimentazione nel campo delle Neuroscienze del Benessere. Il pomeriggio sarà poi dedicato alla presentazione del corso di Laurea Magistrale dell’Università Cattolica.

”Giornata internazionale dell’aborto sicuro”, Babbel e D.i.Re: il ruolo del linguaggio

”Giornata internazionale dell’aborto sicuro”, Babbel e D.i.Re: il ruolo del linguaggioRoma, 28 set. (askanews) – In occasione della Giornata internazionale dell’aborto sicuro, che ricorre annualmente il 28 settembre, Babbel – la piattaforma per l’apprendimento delle lingue che offre lezioni su app e live – e l’associazione nazionale D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza – hanno unito le forze per sensibilizzare e informare le persone in merito a questa importante tematica attraverso l’analisi di tutti quei termini, poco conosciuti o ancora percepiti come tabù, che caratterizzano il dibattito relativo ai diritti riproduttivi.

“La conoscenza del linguaggio tecnico adoperato quando si parla di sistema sanitario e procedure mediche può servire, in questo contesto, non solo ad orientarsi all’interno del dibattito e a prendervi parte, ma anche – e forse soprattutto – a far valere i propri diritti e a difendere quelli delle altre persone” ha commentato Sara Garizzo, Principal Content Strategist di Babbel. La libertà di accesso all’aborto, ricorda una nota, è un diritto sancito, in Italia, dalla Legge 194/78, che permette di interrompere volontariamente la gravidanza in una struttura pubblica entro i primi 90 giorni di gestazione, che sia per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Sebbene l’introduzione di questa legge abbia rappresentato un importante passo in avanti, la sua applicazione presenta ancora oggi alcune criticità. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno nel mondo gli aborti sono 73 milioni e di questi il 45% vengono effettuati in modo non sicuro; addirittura un terzo degli aborti non sicuri viene effettuato da personale non istruito che utilizza metodi pericolosi1, complici la scarsa accessibilità e la penalizzazione delle pratiche che mettono a rischio la salute di chi vi accede.

Per quel che riguarda la situazione in Italia, dall’ultima Relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della legge 194/782 emerge che, nel 2020, le interruzioni di gravidanza sono state 66.413, mentre gli aborti clandestini, secondo le stime dell’Istat elaborate in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità3, si attesterebbero in un intervallo compreso tra i 10.000 e i 13.000 casi all’anno. Un elemento che, in Italia, ostacola fortemente l’accessibilità all’aborto e limita la libertà di scelta è l’obiezione di coscienza: nel 2020 in Italia i ginecologi e le ginecologhe obiettori e obiettrici di coscienza si attestavano al 64,6% della totalità. A questa percentuale si aggiungono gli anestesisti e le anestesiste (44,6%) e il personale non medico (32,6%)4.

“L’aborto in Italia è un diritto che ancora si cerca di mettere in discussione, sebbene da 45 anni ci sia una legge che lo tutela. Talvolta vengono usate parole e portate avanti campagne che colpevolizzano le donne che scelgono di abortire, trattandole da criminali. Per questo abbiamo aderito con convinzione a questa campagna di Babbel: la libertà passa anche dalla consapevolezza e dalla conoscenza” ha affermato la Dott.ssa Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. IVG: si tratta dell’acronimo di “interruzione volontaria di gravidanza”, il termine medico utilizzato per definire il ricorso alla conclusione della gestazione per ragioni esogene entro la ventesima settimana di gravidanza. L’IVG può essere eseguita mediante due modalità, quella farmacologica e quella chirurgica. Aborto farmacologico: avviene con la somministrazione della pillola abortiva o Mifepristone, nota anche con la sigla ‘RU486’, dal concepimento fino alla nona settimana di gestazione. Il farmaco può essere assunto sia in una struttura medica autorizzata sia in autonomia. La pillola abortiva non deve essere confusa con la “pillola del giorno dopo”, un tipo di contraccettivo di emergenza da assumere per prevenire una gravidanza – e quindi non per causare un aborto – a seguito di un rapporto non protetto, entro le 72 ore dallo stesso; essa non è considerata come una metodologia di contraccezione regolare e, pertanto, ne si consiglia l’utilizzo solo in caso di emergenza. Aborto clinico chirurgico: questa tipologia di aborto viene effettuata – generalmente a partire dalla nona settimana ed entro i 90 giorni (salvo casi eccezionali particolarmente gravi) – tramite un intervento chirurgico, il raschiamento della cavità uterina. Aborto elettivo o volontario: si utilizza questo termine per riferirsi alle IVG la cui motivazione principale non dipende necessariamente da ragioni mediche, ma personali e/o sociali. Aborto terapeutico: nel caso in cui l’interruzione di gravidanza comporti rischi per la salute della madre oppure del feto, l’aborto, effettuato entro la ventesima settimana di gestazione, è descritto come “terapeutico”. Tuttavia, nonostante il limite temporale, l’aborto terapeutico può avvenire anche oltre i 90 giorni dal concepimento tramite la modalità chirurgica. Aborto spontaneo: con questo termine si indicano interruzioni di gravidanza non indotte tramite la chirurgia o i farmaci, ma che avvengono “naturalmente” nei primi 180 giorni di gravidanza (più comunemente si verificano nei primi tre mesi). Inoltre, ci sono due sottocategorie di aborto spontaneo: può essere “completo” se caratterizzato dall’espulsione totale dell’embrione o del feto privo di vita, oppure “incompleto” o “ritenuto” se l’espulsione è solamente parziale o se l’embrione o il feto, sebbene siano privi di attività cardiaca, sono presenti completamente all’interno della cavità uterina. Quando poi il feto non è più in vita, ma l’organismo non riconosce la perdita della gravidanza, l’aborto spontaneo è definito come “silente” (in inglese si utilizzano gli aggettivi “silent” e “missed”, traducibili come “silente” e “perso”): in questi casi la placenta continua a rilasciare ormoni e, di conseguenza, non è possibile rintracciare i sintomi più comuni di aborto spontaneo come sanguinamento vaginale, dolorosi crampi ed espulsione del tessuto fetale.

Consultorio familiare: istituiti nel 1975, sono strutture socio-sanitarie di assistenza presenti sul territorio italiano volte a favorire l’educazione alla maternità e paternità responsabili, prevalentemente rivolte alla salute e ai bisogni fisio-psicologici delle donne e di chi si trova in difficoltà socio-economiche. L’accesso è diretto, senza prescrizione del medico di famiglia e, per quel che riguarda i minori, senza l’autorizzazione dei genitori. Sebbene i consultori pubblici siano più diffusi e conosciuti, esiste anche una rete di consultori privati. Obiezione di coscienza: con questo termine si fa riferimento al rifiuto ad ottemperare ad obblighi e doveri imposti dal sistema giuridico italiano qualora si giudichino inconciliabili con le proprie norme morali, etiche e religiose; nel caso dell’aborto, per esempio, il personale medico può rifiutarsi di effettuare la procedura; anche se lo Stato dovrebbe garantire sempre e in tutte le strutture medico-sanitarie l’accesso all’IVG, si stima che siano ben 22 gli ospedali con il 100% di obiezione (tra ginecologi/ginecologhe, anestesisti/e, personale infermieristico e OSS) e 72 quelli in cui la percentuale di obiezione è superiore all’80%5. Diritti sessuali e riproduttivi: il diritto alla salute è un diritto fondamentale e universale. La salute non deve essere intesa solo come salute fisica o assenza di patologie, ma anche come stato di benessere generale: fisico, psicologico e sociale. La salute sessuale e riproduttiva è compresa in questo concetto. La legge 194 riprende questo principio, garantendo il diritto alla “procreazione cosciente e responsabile”. Ognuna ha il diritto di scegliere se e quando avere figli, senza che le loro scelte ostacolino in nessun modo il raggiungimento dei loro obiettivi. In virtù di questo principio il Sistema Sanitario garantisce ad ogni donna la possibilità di scegliere e il supporto necessario a sostenerla senza mai esercitare alcun giudizio. Autodeterminazione: il diritto all’autodeterminazione si concretizza nel diritto di scegliere liberamente se sottoporsi a pratiche che coinvolgono il proprio corpo e le proprie aspettative di salute e di vita. Questo diritto è sancito dall’articolo 32 della Costituzione italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Libertà di scelta: qualunque tipo di pratica medica deve ottenere il consenso informato del/della paziente per poter essere svolta. L’articolo 1 comma 1 della legge 219/2017 stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”. Il consenso informato deve essere documentato e devono essere fornite informazioni chiare e sincere ai/alle pazienti.

Sanità, prosegue la raccolta fondi per il ‘Settembre d’oro’

Sanità, prosegue la raccolta fondi per il ‘Settembre d’oro’Roma, 28 set. (askanews) – Secondo le statistiche, ogni anno vengono diagnosticati circa 400.000 casi di cancro tra bambini e adolescenti sotto i 20 anni a livello globale: questa realtà evidenzia l’importanza cruciale del Settembre d’Oro, il mese dedicato alla sensibilizzazione e alla raccolta fondi per la lotta contro il cancro pediatrico. Durante questo periodo, informa una nota, eventi e campagne si susseguono in tutto il mondo con l’obiettivo di attrarre l’attenzione del pubblico su questa sfida medica urgente: l’iniziativa globale, promossa in Italia da FIAGOP, di cui l’Associazione Peter Pan è uno dei membri fondatori, verrà evidenziata su tutto il territorio nazionale durante la settimana dal 23 al 30 settembre tramite la campagna di sensibilizzazione “Accendi d’oro, accendi la speranza”. Al fine di amplificare ulteriormente la chiamata all’azione collettiva per sostenere la ricerca, migliorare i trattamenti e, soprattutto, salvare vite, Rocco Giocattoli, da anni grande sostenitore di Peter Pan, contribuisce attraverso una campagna di comunicazione, sui canali web e social dell’azienda, e tramite la distribuzione nei punti vendita del brand dei tatuaggi reversibili con il Nastrino d’Oro, simbolo della lotta al cancro infantile.

“Anche quest’anno, Rocco Giocattoli è al fianco delll’Associazione Peter Pan nel loro impegno incessante contro il cancro pediatrico” commenta Dino D’Alessandris, Amministratore insieme al fratello Marco D’Alessandris, di Rocco Giocattoli. “Un tatuaggio potrebbe sembrare un piccolo gesto, ma è un potente simbolo di solidarietà. Chi decide di portarlo, sta inviando un messaggio chiaro: riconoscere e celebrare il coraggio, la forza e la resilienza di tutti i bambini e gli adolescenti che lottano contro questa terribile malattia.” Il culmine emozionale della campagna sarà una serata speciale, durante la quale il Colosseo sarà illuminato con il fiocco d’oro come segno di speranza e solidarietà. Il 30 settembre, a partire dalle ore 20:00 e fino alla mezzanotte, l’Anfiteatro Flavio brillerà di una luce dorata, che rappresenta la lotta intrapresa da migliaia di famiglie con figli malati di cancro. L’evento è aperto a tutti coloro che desiderano partecipare per condividere questo importante momento di sensibilizzazione e supporto a tutti i bambini e gli adolescenti che ogni giorno combattono contro il cancro. Attraverso questo gesto simbolico, la speranza è quella di illuminare la strada verso un futuro in cui il cancro pediatrico possa essere definitivamente sconfitto.

“Siamo molto felici di avere nuovamente accanto Rocco Giocattoli in questo importante momento istituzionale. Rocco Giocattoli, che ci supporta da tempo nei nostri progetti, è sempre accanto ai nostri bambini restituendo loro il “diritto di giocare”, ed è un alleato prezioso per “accendere” l’attenzione sulle problematiche e sui diritti dei pazienti pediatrici malati di cancro. Insieme continueremo a fare tanto per i bambini malati di cancro del mondo” dichiara Roberto Maniero, Presidente di Peter Pan.

Malattie neurologiche disimmuni: con marcatori passi avanti su diagnosi

Malattie neurologiche disimmuni: con marcatori passi avanti su diagnosiRoma, 28 set. (askanews) – Colpiscono il sistema nervoso centrale e periferico e possono provocare disabilità anche gravi. Non è semplice diagnosticarle e possono essere confuse con depressione, sofferenza psichica, sindrome da somatizzazione o ipocondria. Le malattie neurologiche disimmuni sono un gruppo di patologie rare che possono colpire sia il sistema nervoso centrale che il sistema nervoso periferico. Spesso queste malattie influiscono sulla capacità di camminare o di afferrare gli oggetti e provocano perdita di sensibilità, formicolio o dolore a mani e piedi, oppure dare crisi epilettiche e demenza. In merito alle terapie molto è stato fatto negli ultimi anni, ma sul fronte delle cure innovative sperimentali c’è ancora molto da fare. A parlarne è stato il professor Bruno Giometto, dell’Università degli Studi di Trento (UNITN) e direttore Neurologia presso l’ospedale Santa Chiara di Trento, intervenuto oggi al 62esimo Congresso Nazionale della SNO – Scienze Neurologiche Ospedaliere, in corso a Firenze. Titolo della sessione: ‘Le malattie disimmuni: le patologie emergenti’.

“Tra le malattie neurologiche disimmuni la più nota e diffusa è la sclerosi multipla, per cui non sono stati ancora identificati marcatori accurati e facilmente misurabili – ha detto Giometto – In generale, però, le malattie disimmuni (o autoimmuni) hanno anticorpi che si possono ricercare nel sangue e che permettono una diagnosi corretta della malattia. Negli ultimi 10 anni, in particolare, c’è stato un importante avanzamento: se un tempo le encefalopatie disimmuni venivano scambiate per encefaliti, oggi invece si è visto che molte di queste patologie sono autoimmuni e non infettive, grazie agli anticorpi che ci danno informazioni. Se le trattiamo in modo corretto, quindi, il paziente guarisce e questo è un aspetto non trascurabile”. Tali patologie, nonostante i progressi, restano non facili da diagnosticare e richiedono “molta esperienza da parte del clinico”; ma dalla loro parte hanno oggi a disposizione test di laboratorio innovativi, con “marcatori sierologici specifici, che rivestono un ruolo sempre più importante”. Quanto alle terapie, secondo Giometto, sono stati fatti grandi passi in avanti: “Esistono terapie cortisoniche di primo livello efficaci (come anche immunoglobuline o plasmaferesi) ma anche terapie di secondo livello. Queste ultime sono importanti quando abbiamo una diagnosi certa di malattia, perché si iniettano anticorpi monoclonali che bloccano i linfociti che producono gli anticorpi”.

Secondo analisi recenti, intanto, le terapie per le encefaliti disimmuni “funzionano” per quasi 9 pazienti su 10, ma è altrettanto importante sottolineare che i pazienti ad oggi ancora non rispondono alle nuove terapie sperimentali. “Ci stiamo ancora lavorando”, ha sottolineato a tal proposito l’esperto. Ma a che età possono manifestarsi le encefaliti disimmuni e quali sono i primi segnali? “Queste patologie colpiscono tutte le fasce d’età, a partire da quella pediatrica – ha chiarito Giometto – nei bambini e nei giovani riscontriamo prevalentemente quelle malattie che sembrano psichiatriche ma sono invece autoimmuni, mentre negli adulti e negli anziani quelle che si presentano con crisi epilettiche e demenza”. Ad intervenire, durante la sessione, anche la dottoressa Silvia Casagrande, dirigente medico presso l’Unità operativa di Neurologia dell’ospedale di Trento e Rovereto: “Alcune forme di malattie autoimmuni neurologiche possono inoltre essere spia di una forma tumorale spesso non ancora rilevata. Queste patologie, denominate sindromi neurologiche paraneoplastiche – ha spiegato -spesso hanno una peggior risposta alla terapia rispetto alle altre malattie autoimmuni e la loro gestione richiede un approccio multidisciplinare. Un loro corretto inquadramento può, tuttavia, condurre ad una diagnosi precoce di una malattia oncologica – ha concluso Casagrande – con conseguente miglioramento della prognosi del tumore”.

Malattie intestino, attenzione a flora batterica per star bene con gusto

Malattie intestino, attenzione a flora batterica per star bene con gustoRoma, 26 set. (askanews) – Sì all’olio extravergine d’oliva, alle fibre solubili di frutta e verdura cotte e senza buccia, al pesce e alle carni magre; da evitare i cibi industriali, i fritti e i grassi, i legumi e alcuni conservanti: per prendersi cura della flora batterica intestinale e migliorare sintomi e qualità di vita, chi soffre di malattie infiammatorie croniche intestinali dovrebbe seguire il decalogo messo a punto dagli esperti di AMICI Italia, l’associazione che si occupa dei pazienti e dei loro familiari. Utile il diario alimentare per scoprire i ‘cibi no’, mai eliminare alimenti senza prima essersi consultati con il medico: non rinunciare a una dieta varia, equilibrata e gustosa è importante per gestire al meglio la malattia

Insomma: meglio non ordinare una cotoletta fritta al ristorante, ma perché privarsi di un pesce al forno con le patate? Tanti piatti gourmet possono far parte dell’alimentazione quotidiana di chi soffre di colite ulcerosa o malattia di Crohn, perché avere una malattia infiammatoria cronica intestinale (o MICI) non significa dover rinunciare al gusto a tavola, anzi: la dieta amica dell’intestino può e deve essere varia, bilanciata e buona. Lo hanno sottolineato gli esperti dell’Associazione AMICI Italia in occasione della Terrasini Event Night 2023, evento di beneficienza che unisce scienza e cucina, organizzato dallo chef Giuseppe Costa (ristorante 1 stella Michelin ‘Il Bavaglino’ di Terrasini), insieme ad altri 10 chef che hanno ottenuto la ‘stella verde’ della sostenibilità. L’obiettivo è raccogliere fondi a sostegno dell’Associazione e per dimostrare che perfino la cucina ‘stellata’ può essere adatta alle esigenze nutrizionali dei pazienti con MICI. Dalla frutta e verdura ricca di fibre solubili, meglio se cotta e senza buccia, al pesce e carni magre condite con olio d’oliva a crudo, sono tanti i cibi amici del microbiota, l’insieme dei batteri che popolano l’intestino e la cui salute è fondamentale per i pazienti con MICI: senza sottoporsi a restrizioni alimentari inutili, anche i pazienti possono e devono riscoprire il piacere della tavola. “L’alimentazione ha un ruolo cruciale nella gestione delle MICI”, spiega Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Italia, “nella colite ulcerosa e malattia di Crohn l’infiammazione cronica dell’intestino comporta sintomi come dolore addominale, diarrea, perdita di peso, fatica: si tratta di malattie trattabili con una combinazione di terapie mediche, cambiamenti nello stile di vita e strategie alimentari adeguate, perciò una valutazione corretta dello stato nutrizionale e un supporto per le corrette indicazioni alimentari sono imprescindibili. Per chi soffre di colite ulcerosa e malattia di Crohn adottare una dieta appropriata può fare la differenza tra il benessere e il disagio: le scelte alimentari possano influenzare direttamente i sintomi e la qualità della vita dei pazienti, che devono essere supportati e orientati per saper scegliere i cibi da preferire o evitare nelle diverse fasi di malattia, durante le riacutizzazioni e nei periodi di remissione. Inoltre l’educazione alimentare è fondamentale per garantire una migliore comprensione delle necessità nutrizionali specifiche dei pazienti con MICI: un piano alimentare ben progettato può spesso favorire il recupero e aiutare a prevenire le carenze nutrizionali purtroppo comuni nei pazienti”. Per aiutarli nelle scelte a tavola, gli esperti hanno raccolto in un decalogo le ‘regole base’ della dieta nelle fasi in cui le MICI non danno sintomi e gli accorgimenti da seguire in caso di riacutizzazioni. Si tratta di indicazioni generali, che devono essere personalizzate dal medico in base alle esigenze specifiche del singolo paziente. Per individuare i cibi ‘sì’ e quelli che invece favoriscono la comparsa dei sintomi, per esempio, gli esperti di AMICI Italia raccomandano a tutti di tenere un diario alimentare così da capire gli alimenti difficili da tollerare e quelli che invece danno benessere, perché possono essere molto diversi fra i vari pazienti e perché senza fare sufficiente attenzione è possibile finire per escludere cibi tutt’altro che pericolosi, costringendosi a seguire diete squilibrate, ripetitive, poco sane e gustose. “Rinunciare a intere categorie di alimenti e privarsi inutilmente di alcuni cibi può provocare carenze nutrizionali e perfino portare a galla veri e propri disturbi del comportamento alimentare”, specifica Maria Cappello, Responsabile dell’Ambulatorio dedicato alle IBD della UOC di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico di Palermo, “le raccomandazioni dietetiche sono perciò essenziali per i pazienti con MICI, che in assenza di indicazioni chiare spesso adottano restrizioni senza alcun razionale clinico né basate su evidenze scientifiche, frutto del passaparola o di quanto viene letto sul web e sui social, esponendosi a molti rischi. Le indicazioni devono essere personalizzate e modulate in relazione alla fase di malattia, attiva o in remissione, complicata o no, senza dimenticare che l’alimentazione è anche convivialità, piacere della tavola. È importante che i pazienti non perdano questo aspetto del nutrirsi”.

Al via la seconda edizione di RO.MENS il Festival della Salute Mentale

Al via la seconda edizione di RO.MENS il Festival della Salute MentaleRoma, 26 set. (askanews) – Si svolgerà a Roma dal 3 al 10 ottobre 2023 la II Edizione del Festival della Salute Mentale RO.MENS per l’inclusione sociale contro il pregiudizio, #davicinonessunoènormale Organizzato dal Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Roma 2, il più grande d’Italia con un bacino di circa 1 milione e 300mila abitanti, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale, con il patrocinio della RAI, con partner Romics, il Festival internazionale del fumetto. Padrino l’attore, regista e presentatore, Pino Strabioli. Primo testimonial l’attore Lillo, con altri in arrivo. 92 le opere realizzate dagli studenti di 22 scuole medie superiori sul tema della salute mentale nell’ambito dei 3 concorsi arti figurative (24 quadri, 2 lenzuola dipinte, 1 scultura) letterarie (35 temi e 13 poesie) e audiovisive (9 cortometraggi, 3 canzoni, 5 podcast). I tre vincitori saranno premiati dal Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, insieme all’azienda/cooperativa con storie di assunzioni di persone con disturbi mentali, martedì 10 ottobre in Campidoglio, in occasione della giornata mondiale della salute mentale.

Nell’ambito delle diverse manifestazioni culturali, musicali e sportive, parteciperanno, tra gli altri, il cantautore Edoardo Vianello, il neo Direttore generale del Dipartimento della Prevenzione del Ministero della Salute, Francesco Vaia, il Coordinatore del Tavolo Tecnico sulla salute mentale del Ministero della Salute, Alberto Siracusano, e il prorettore dell’Università degli Studi Roma Tre, Marco Catarci. “Vogliamo realizzare una città solidale” ha affermato Barbara Funari, Assessora alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale, “dove chi soffre di disagio mentale non si senta emarginato e solo, contrastando lo stigma e costruendo una rete integrata sociale e sanitaria”.

“La nostra azienda” ha dichiarato Giorgio Casati, Direttore Generale ASL Roma 2 “è impegnata a portare avanti percorsi innovativi, mettendo insieme soggetti diversi, per dare risposte al disagio mentale anche in termini di prevenzione”. Sottolinea Massimo Cozza, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma 2: “Il nostro obbiettivo è promuovere l’inclusione e superare i pregiudizi con una corretta informazione sui disturbi mentali, partendo dalla persona con un approccio bio-psico-sociale”.

Giornata Cuore, malattie cardiovascolari principale causa morti nel mondo

Giornata Cuore, malattie cardiovascolari principale causa morti nel mondoRoma, 26 set. (askanews) – Ogni anno il 29 settembre si celebra la Giornata Mondiale del Cuore che ha l’obiettivo di informare e sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione cardiovascolare. Le malattie cardiovascolari restano ancora oggi la principale causa di morte nel mondo, con circa 17 milioni di decessi ogni anno e 230.000 nel nostro Paese. Ma l’80% di questi decessi sono in gran parte prevenibili, in quanto riconoscono, accanto a fattori di rischio non modificabili, quali età, sesso e familiarità, anche fattori modificabili, legati a comportamenti e stili di vita corretti. Ecco perché quest’anno il messaggio della Giornata verte sull’importanza della prevenzione e dell’aderenza alla cura che ci permettono di vivere bene anche con una malattia cardiovascolare. Domenico Gabrielli – Presidente Fondazione per il Tuo cuore e Direttore Cardiologia dell’Ospedale S. Camillo di Roma sottolinea: “Parallelamente al crescere delle possibilità di trattamento medico e chirurgico della malattia già conclamata, si è venuta affermando la consapevolezza dell’importanza di interventi di tipo preventivo, atti a impedire o ritardare l’insorgenza della malattia stessa come ad esempio il fumo, l’alcol, la scorretta alimentazione e la sedentarietà, spesso a loro volta causa di diabete, obesità, ipercolesterolemia e ipertensione. Un dato rilevante per la salute degli italiani è che negli ultimi 40 anni la mortalità totale si è più che dimezzata e il contributo dalle malattie cardiovascolari è stato quello che più ha influito sul trend in discesa della mortalità. Il 40% di questa riduzione è attribuibile ai trattamenti farmacologici e ben il 55% è dovuta al miglioramento del controllo dei fattori di rischio”. “La prevenzione – avverte Gabrielli – rappresenta l’arma più efficace per contrastare l’insorgenza e la progressione delle malattie cardiovascolari e la Fondazione per il Tuo cuore dei Cardiologi Ospedalieri Italiani ANMCO, che ho l’onore di presiedere, da oltre venti anni si impegna attivamente in questo senso attraverso la ricerca e diverse iniziative di prevenzione, con l’obiettivo di ridurre le malattie cardiovascolari che colpiscono indistintamente uomini e donne. La percezione che le donne rappresentino una popolazione a basso rischio per le patologie cardiovascolare deve infatti essere riconsiderata ed è bene sfatare l’erronea convinzione che queste malattie siano tipiche del sesso maschile, poiché a fronte di un tasso di ospedalizzazione in Italia quasi doppio negli uomini rispetto alle donne per patologie acute cardiovascolari, la mortalità in Europa, sia in termini assoluti che percentuali è maggiore nelle donne rispetto agli uomini. Le donne muoiono ogni anno più per malattie cardiovascolari che di cancro al seno o all’utero ma nonostante questi dati preoccupanti le malattie cardiovascolari nel sesso femminile rimangono poco riconosciute e in molti casi poco comprese non avendo ancora ottenuto la stessa consapevolezza pubblica della malattia cardiovascolare maschile. E’ ormai evidente la necessità di promuovere una maggiore enfasi sugli aspetti specifici del genere sui fattori di rischio cardiovascolari, sulla manifestazione degli stati di malattia e sulla risposta alle terapie”. E osserva: “Sebbene le donne mostrino un esordio clinico della malattia cardiaca ischemica con un ritardo di oltre 10 anni rispetto agli uomini, perché significativamente protette dagli ormoni femminili fino alla menopausa, gli eventi cui vanno incontro sono invece più gravi in tutte le fasce d’età e la mortalità per eventi coronarici è superiore nelle donne rispetto agli uomini. Dunque anche per le giovani donne, che presentano meno probabilità di ammalarsi, vi è una maggiore mortalità e complicanze in caso di insorgenza di patologia ischemica.  Le ragioni sono diverse, una delle cause principali è attribuibile al quadro clinico che risulta talvolta meno definito e il sintomo principale, il dolore, appare non solo più sfumato ma anche localizzato in sedi atipiche, determinando così ritardi sia nella diagnosi sia nel trattamento terapeutico. La maggiore mortalità intraospedaliera è in parte legata al ritardo pre-ospedaliero ma anche al maggior numero di complicanze post infartuali, doppio delle donne rispetto agli uomini. Il ruolo del “genere” è ormai dunque ampiamente riconosciuto e la conoscenza delle manifestazioni specifiche di malattia cardiovascolare può a mio avviso contribuire a diminuire le disparità di assistenza sanitaria per le donne e migliorare la salute globale. La Giornata Mondiale del Cuore rappresenta oggi un’occasione per ricordare a tutti gli italiani, uomini e donne, l’importanza della prevenzione e del prendersi cura del proprio cuore”.

Rabbia: 59mila vittime l’anno. Iniziative nel mondo nel segno One Health

Rabbia: 59mila vittime l’anno. Iniziative nel mondo nel segno One HealthRoma, 25 set. (askanews) – Il 28 settembre si celebra la 17^ Giornata mondiale contro la rabbia, la più grande iniziativa globale sostenuta dalle Organizzazioni sanitarie internazionali per l’eliminazione di questa grave malattia. La Giornata è coordinata dalla Global Alliance for Rabies Control (GARC) e viene celebrata ogni anno il 28 settembre, anniversario della morte di Louis Pasteur. Il tema di quest’anno è “Rabies: All for 1, One Health for all” (Rabbia: tutti per uno, una salute per tutti), che evidenzia la necessità da parte di tutti i Paesi di collaborare e rafforzare i sistemi sanitari a livello globale, uniti nello sforzo di ridurre l’impatto della rabbia sulla salute umana e animale.

Centinaia gli appuntamenti in programma in tutto il mondo per sensibilizzare cittadini e istituzioni su questa tematica. Anche l’Italia partecipa alla Giornata mondiale contro la rabbia e ospiterà un corso di formazione teorico-pratico di tre giorni, dal 26 al 28 settembre a Legnaro (Padova) presso l’IZS delle Venezie (IZSVe), destinato ai point of contact per la rabbia di 8 Paesi membri del REMESA (REseau MEditerranéen de Santé Animale, rete Mediterranea per la sanità animale): Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Libano e Giordania. L’evento si concluderà con un workshop dal titolo “Towards rabies control: epidemiology, diagnosis, vaccination”. L’iniziativa è organizzata dal Scientific & Technical Office of REMESA (STOR – presso l’IZS della Sicilia) e dal Centro di referenza nazionale/FAO per la rabbia dell’IZSVe, in collaborazione con il co-segretariato WOAH-FAO del REMESA e col supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (WOAH). Il workshop ha l’obiettivo di fornire ai delegati un aggiornamento multidisciplinare focalizzato sulla regione del Mediterraneo, dalla diagnostica di laboratorio alle più moderne procedure di vaccinazione, e fornirà inoltre un follow-up delle attività chiave finora messe in atto per raggiungere l’obiettivo “Zeroby30” del Piano Strategico Globale, promosso da OMS, FAO, WOAH e GARC per porre fine ai decessi umani per rabbia trasmessa dai cani.

La rabbia è una delle malattie più antiche, ma rimane ancora una minaccia quotidiana per milioni di persone in tutto il mondo, in particolare in Africa e Asia, dove i cani rappresentano il serbatoio principale e dove si registra un’alta percentuale di cani semi-padronali o randagi non vaccinati. Si stima che la malattia uccida una persona ogni 9 minuti, circa 59.000 persone all’anno, colpendo in particolare la popolazione meno istruita e povera che non ha accesso o non richiede la profilassi post-esposizione. Infatti, benché si tratti di una malattia invariabilmente fatale dall’inizio dei sintomi, l’infezione si può prevenire al 100% con un intervento tempestivo.