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Aifa: in Italia consumo antibiotici ancora alto ma trend in discesa

Aifa: in Italia consumo antibiotici ancora alto ma trend in discesa



Aifa: in Italia consumo antibiotici ancora alto ma trend in discesa – askanews.it


Aifa: in Italia consumo antibiotici ancora alto ma trend in discesa – askanews.it



















Roma, 3 apr. (askanews) – Nel 2021 prosegue il trend in riduzione dell’uso di antibiotici in Italia (-3,3% rispetto al 2020), sebbene i consumi si mantengano ancora superiori a quelli di molti Paesi europei. Nel confronto europeo emerge inoltre in Italia un maggior ricorso ad antibiotici ad ampio spettro, che hanno un impatto più elevato sullo sviluppo delle resistenze antibiotiche. Si conferma un’ampia variabilità regionale nei consumi, con significativi margini di miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva soprattutto nelle Regioni del Sud. Sono alcuni degli elementi che emergono dal Rapporto “L’uso degli antibiotici in Italia – 2021”, a cura dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’AIFA, pubblicato sul portale dell’Agenzia. Nell’analisi sull’uso degli antibiotici in regime di assistenza convenzionata sono inclusi anche dei focus sulla prescrizione nella popolazione pediatrica e negli anziani, sulle prescrizioni di fluorochinoloni in sottogruppi specifici di popolazione e sull’uso degli antibiotici nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Il Rapporto prende inoltre in esame l’uso degli antibiotici in ambito ospedaliero, l’acquisto privato di antibiotici di fascia A, il consumo degli antibiotici non sistemici e gli indicatori di appropriatezza prescrittiva nell’ambito della Medicina Generale. La nuova edizione presenta anche una sezione sulla rete dei laboratori di microbiologia e, in accordo a quanto previsto dal Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico Resistenza (PNCAR) 2022-2025, e una sezione che prende in considerazione l’utilizzo degli antibiotici in ambito veterinario. Infine, come negli ultimi anni, il Rapporto fornisce una valutazione dell’impatto della pandemia da COVID-19 sul consumo di antibiotici nell’ambito dell’assistenza farmaceutica convenzionata e degli acquisti da parte delle strutture sanitarie pubbliche, che include anche il primo semestre del 2022. Gli andamenti temporali dei consumi e le importanti differenze nei pattern prescrittivi tra aree geografiche che emergono dai dati del Rapporto evidenziano l’importanza di continuare a monitorare, sia a livello nazionale che regionale o locale, gli indicatori di consumo e di qualità della prescrizione degli antibiotici in Italia, così come raccomandato anche dal nuovo PNCAR 2022-2025. Secondo i dati, nel 2021 circa 3 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con una prevalenza che aumenta all’avanzare dell’età, raggiungendo il 50% negli over 85. Nella popolazione pediatrica i maggiori consumi si concentrano nella fascia di età compresa tra 2 e 5 anni, in cui circa 4 bambini su 10 hanno ricevuto nell’anno almeno una prescrizione di antibiotici. Il 76% delle dosi utilizzate è stato erogato dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e quasi il 90% degli antibiotici rimborsati dal SSN viene erogato sul territorio (in regime di assistenza convenzionata). Più di un quarto dei consumi a livello territoriale (26,3%) corrisponde ad acquisti privati di antibiotici rimborsabili dal SSN (classe A). Le penicilline in associazione agli inibitori delle beta-lattamasi si confermano la classe a maggior consumo (36% dei consumi totali), seguita dai macrolidi e dai fluorochinoloni. Permane un’ampia variabilità regionale nei consumi a carico del SSN, che sono maggiori al Sud rispetto al Nord e al Centro. Nelle regioni del Nord si registrano inoltre le riduzioni maggiori (-6,1%), mentre al Sud sono più contenute (-2,2%). Nelle Regioni del Sud si riscontra una predilezione per l’utilizzo di antibiotici di seconda scelta.

Complessivamente i consumi in Italia si mantengono superiori a quelli di molti Paesi europei. L’Italia si conferma uno dei Paesi europei con il maggior ricorso a molecole ad ampio spettro, a maggior impatto sulle resistenze antibiotiche e pertanto considerate di seconda linea, con un trend in peggioramento negli ultimi due anni. L’Italia è anche uno dei Paesi con la minor quota di consumo degli antibiotici del gruppo “Access” (47%), considerati antibiotici di prima scelta, che secondo la WHO dovrebbero costituire almeno il 60% dei consumi totali. In ambito ospedaliero si osserva in particolare un incremento del ricorso all’utilizzo di antibiotici indicati per la terapia di infezioni causate da microrganismi multi-resistenti. Sia i consumi in regime di assistenza convenzionata sia gli acquisti da parte delle strutture sanitarie pubbliche sono aumentati nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Autismo, Neuropsichiatri infantili Sinpia: fondamentale diagnosi precoce

Autismo, Neuropsichiatri infantili Sinpia: fondamentale diagnosi precoce



Autismo, Neuropsichiatri infantili Sinpia: fondamentale diagnosi precoce – askanews.it


Autismo, Neuropsichiatri infantili Sinpia: fondamentale diagnosi precoce – askanews.it



















Roma, 1 apr. (askanews) – La diagnosi precoce e l’intervento tempestivo sono azioni strategiche per il miglioramento della prognosi e della qualità della vita delle persone con disturbi dello spettro autistico (ASD) e dei loro caregiver. “I primi segnali di un disturbo dello spettro autistico si manifestano generalmente nella primissima infanzia – sottolinea Elisa Fazzi, Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SINPIA e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia – oggi è possibile arrivare a una diagnosi già intorno ai 2 anni, se non prima, grazie ad una maggiore conoscenza del disturbo e alla presenza di una rete diffusa di collaborazione tra i pediatri di libera scelta e i servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza che permette di intercettare i segnali di rischio già a 18 mesi e di avviare il percorso diagnostico con accesso prioritario, giungendo ad una diagnosi entro i 2-3 anni di età. Si tratta di una rete sviluppata nell’ambito dell’Osservatorio Nazionale Autismo dell’Istituto Superiore di Sanità, che si è consolidata grazie ai progetti NIDA finanziati dal Fondo Nazionale Autismo. Possiamo considerare la diagnosi precoce come un obiettivo raggiunto o ben avviato nella maggior parte delle regioni, non altrettanto avviene per gli interventi terapeutici, che in età evolutiva rappresentano la vera sfida per il Servizio Sanitario Nazionale, sebbene anche in questo ambito grandi passi avanti siano stati realizzati rispetto al passato”.

I Disturbi dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorders, ASD) sono un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale in molteplici contesti e da pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. Possono presentare profili di funzionamento molto variabili in base alla presenza di altri disturbi (disabilità intellettiva, disturbi del linguaggio, disturbi di attenzione, sindromi genetiche ecc). Secondo l’Istituto Superiore di Sanità si stima che in Italia 1 bambino su 77 presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi, che sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine. “E’ fondamentale che gli interventi abilitativi siano basati sulle migliori e più recenti evidenze scientifiche – aggiunge Antonella Costantino, Past President SINPIA e Direttore UONPIA Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – e soprattutto che siano personalizzati per ogni bambino e ogni famiglia, in base al profilo di funzionamento, agli specifici punti di forza e criticità di quel bambino e del suo ambiente di vita, all’età, alle risposte al trattamento e agli obiettivi, le priorità, le preferenze e la sostenibilità per ciascuno, calibrando attentamente anche intensità, frequenza e durata. Non tutto va bene per tutti, e ogni progetto va costruito su misura e condiviso con l’utente e la sua famiglia, quello che può funzionare molto bene per un soggetto può determinare conseguenze negative per un altro. Purtroppo, questa è l’area su cui sono ancora presenti le maggiori disomogeneità regionali, per la grande differenza di risorse di partenza dei servizi di NPIA, che i progetti del Fondo Nazionale Autismo non bastano a colmare”.

La formazione e un adeguato sostegno ai genitori e ai caregiver rappresentano un altro aspetto particolarmente importante della presa in carico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha messo a punto il Caregiver Skills Training (CST), un modello open-access per caregiver di bambini con disturbo del neurosviluppo, incluso l’autismo, e l’ISS, in collaborazione con la rete nazionale dei servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA), ha contribuito a formare operatori che a loro volta formeranno a cascata altri operatori, per una ricaduta capillare in tutte le Regioni. “E’ sempre più urgente investire sull’organizzazione e sulle risorse dei servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, valorizzando le competenze del nostro Sistema Sanitario e superando la disomogeneità dei singoli sistemi regionali”, conclude Elisa Fazzi. “L’esperienza dei progetti del Fondo Nazionale Autismo ha mostrato come un investimento mirato e coordinato di risorse possa attivare in poco tempo trasformazioni molto significative. Ora vanno messe a sistema ed estese a tutte le Regioni le buone pratiche sviluppate, stabilizzando ed adeguando in via prioritaria il personale agli standard territoriali appena approvati in Conferenza Unificata e indispensabili per garantire la continuità della presa in carico degli utenti e l’effettiva equità delle risposte su tutto il territorio nazionale”.

Osp. Bambino Gesù, asportato tumore di 2 kg da fegato bimba 10 mesi

Osp. Bambino Gesù, asportato tumore di 2 kg da fegato bimba 10 mesi




Osp. Bambino Gesù, asportato tumore di 2 kg da fegato bimba 10 mesi – askanews.it


Osp. Bambino Gesù, asportato tumore di 2 kg da fegato bimba 10 mesi – askanews.it



















Roma, 31 mar. (askanews) – Complesso intervento di oltre 6 ore allìOspedale Bambinio Gesù per rimuovere un grosso amartoma mesenchimale dal fegato di una lattante. La bimba sta bene e ha ripreso a crescere regolarmente Quando è stata rimossa, la massa tumorale ammontava a quasi 2 kg, circa un quarto del peso corporeo della piccola. L’intervento è stato eseguito con successo dall’équipe del prof. Marco Spada, responsabile di Chirurgia Epato-Bilio Pancreatica e dei trapianti di fegato e rene dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Oggi la bimba, che ha compiuto un anno da poco, sta bene, si alimenta senza problemi e ha ripreso a crescere regolarmente.

Sono stati i genitori allarmati a portare la bimba al Pronto Soccorso del Bambino Gesù. A confronto con il fratellino gemello, mostrava un rigonfiamento dell’addome e inappetenza. L’ecografia subito eseguita ha mostrato una grossa lesione a contenuto liquido nel fegato. La bimba è stata sottoposta a una valutazione multidisciplinare che ha coinvolto epatologi, anestesisti-rianimatori, radiologi, oncologi e anatomopatologi. L’esito è stata la conferma della presenza di una neoplasia del fegato, di più di 13 cm di diametro, che occupava interamente la parte destra e centrale del fegato, comprimendone la porzione sinistra. Il tumore schiacciava e costringeva gli altri organi circostanti (stomaco, pancreas, intestino, rene destro) a una dislocazione dalla sede originaria. Le caratteristiche radiologiche della lesione facevano sospettare che si trattasse di un amartoma mesenchimale. L’amartoma mesenchimale è un tumore benigno che deriva dalla crescita anomala delle cellule del fegato di origine mesenchimale. Il termine amartoma deriva dalla parola greca che significa “errore”. Le cellule che compongono l’amartoma sono normali, ma crescono in modo disorganizzato. Sebbene raro in assoluto, è il secondo tumore in ordine di frequenza che può svilupparsi nel fegato in età pediatrica, soprattutto nei primi due anni di vita. In considerazione delle dimensioni, della localizzazione e della sua prevalente componente liquida, una biopsia della lesione non avrebbe consentito in sicurezza e con certezza di confermare la natura benigna del tumore e di escludere che la neoplasia non fosse invece un sarcoma embrionale indifferenziato, tumore maligno che può presentarsi sempre in età periartica con caratteristiche radiologiche simili a quelle dell’amartoma mesenchimale. Per questo motivo era necessario procedere con la sua asportazione chirurgica. Utilizzando un sofisticato software di elaborazione delle immagini TAC è stato costruito un modello tridimensionale del fegato per valutarne le dimensioni e i rapporti del tumore con la parte sana dell’organo e i suoi vasi sanguigni. Il modello ha reso evidente che l’asportazione del tumore avrebbe lasciato una quantità insufficiente di fegato sano la quale, nonostante le capacità di rigenerazione delle cellule epatiche, non avrebbe garantito il buon funzionamento dell’organo dopo l’operazione. L’equipe del prof. Spada ha quindi deciso di adottare una strategia che permette di ottenere in poche settimane l’aumento del volume del fegato sano, destinato a rimanere dopo l’asportazione del tumore. Questa metodica di radiologia endovascolare, denominata embolizzazione portale, che è più spesso utilizzata nei pazienti adulti, consiste nel bloccare l’afflusso di sangue verso la parte di fegato occupata dal tumore e deviare tutto il flusso sanguigno della vena porta verso la parte sana del fegato. A distanza di 4 settimane dall’embolizzazione portale, effettuata dai radiologi interventisti dell’Ospedale della Santa Sede, una nuova TAC con ricostruzione 3D ha confermato che il fegato sano era raddoppiato, passando da un volume stimato di 80 a 120 ml, favorendo le condizioni per effettuare l’intervento. La bimba è stata così sottoposta alla resezione del tumore, che ha comportato l’asportazione di gran parte del fegato, ad eccezione della porzione laterale sinistra sana. In pratica sono stati asportati 6 degli 8 segmenti (porzioni) che costituiscono il fegato. Il peso della massa asportata era di quasi 2 kg, rispetto agli 8,5 kg di peso della bambina. L’operazione è durata oltre 6 ore e una volta terminata la piccola è stata trasferita in terapia intensiva.

Sanità, Gimbe: sistema in “codice rosso”, ecco il piano di rilancio

Sanità, Gimbe: sistema in “codice rosso”, ecco il piano di rilancio


Sanità, Gimbe: sistema in “codice rosso”, ecco il piano di rilancio – askanews.it



Sanità, Gimbe: sistema in “codice rosso”, ecco il piano di rilancio – askanews.it




















Milano, 31 mar. (askanews) – Quattordici punti per rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale(SSN) ormai in “codice rosso” per la coesistenza di varie “patologie”: imponente sotto-finanziamento, drammatica carenza di personale sanitario, crescenti diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e inesorabile avanzata del privato. Una crisi di sostenibilità senza precedenti di un SSN vicino al punto di non ritorno: tanto che il diritto costituzionale alla tutela della salute nell’indifferenza di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate, in particolare nel Sud del Paese. È questo lo sconfortante resoconto della Fondazione GIMBE sulla sanità pubblica che emerge nel corso della 15a Conferenza Nazionale in corso oggi a Bologna.

“Per la nostra democrazia – ha esordito Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i princìpi fondamentali del SSN, siano stati traditi e ora troneggino parole chiave come: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita”. “Da oltre dieci anni – ha continuato Cartabellotta – assistiamo all’assenza di visione e strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti: per questo abbiamo elaborato il ‘Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale’, a seguito di una consultazione pubblica che ha coinvolto oltre 1.500 persone, che sarà utilizzato dalla Fondazione GIMBE come standard di riferimento per monitorare scelte e azioni di chi decide sul diritto alla tutela della salute”.

È cruciale e inderogabile un rilancio progressivo e consistente del finanziamento pubblico per la sanità. Al momento, la Nota di Aggiornamento del DEF nel triennio 2023-2025 prevede una riduzione della spesa sanitaria media dell’1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/PIL che nel 2025 precipita al 6%, ben al di sotto dei livelli pre-pandemia. Nel 2021 la spesa pubblica pro-capite nel nostro Paese è inferiore alla media OCSE ($ 3.052 vs $ 3.488) e in Europa ci collochiamo al 16esimo posto: ben 15 Paesi investono di più in sanità, con un gap che va dai $ 285 della Repubblica Ceca ai $ 3.299 della Germania. Impietoso il confronto con i paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con distanze sempre più ampie e oggi ormai incolmabili. “Senza più pretendere di guardare a paesi come Germania e Francia ponendosi obiettivi irrealistici – commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – entro il 2030 occorre allineare il finanziamento pubblico almeno alla media dei paesi europei rispetto ai quali nel 2020 il gap era già di quasi € 12 miliardi nel 2021. E vincolando la destinazione d’uso delle risorse: rilanciare le politiche del personale sanitario, garantire l’erogazione uniforme dei LEA e consentire un equo accesso alle innovazioni”.

Covid, Iss: rischio altro in 4 Regioni, moderato in 8

Covid, Iss: rischio altro in 4 Regioni, moderato in 8



Covid, Iss: rischio altro in 4 Regioni, moderato in 8 – askanews.it



Covid, Iss: rischio altro in 4 Regioni, moderato in 8 – askanews.it



















Milano, 31 mar. (askanews) – Quattro tra Regioni e Province Autonome sono a rischio alto a causa di molteplici allerte di resilienza, tra cui una che risulta “non valutabile” per la “mancanza di trasmissione di dati” e perciò è stata equiparata a rischio alto ai sensi del DM del 30 aprile 2020. E’ quanto emerge dai dati del monitoraggio settimanale sul Covid-19della Cabina di regia Iss-Ministero della Salute.

Otto Regioni sono a rischio moderato e altre otto classificate a rischio basso. Quindici tra Regioni/PPAA riportano almeno una allerta di resilienza. Sei Regioni/PPAA riportano molteplici allerte di resilienza.

Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica

Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica


Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica – askanews.it



Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica – askanews.it



















Milano, 31 mar. (askanews) – E’ “sostanzialmente stabile” l’incidenza settimanale dei contagi di Covid a livello nazionale: secondo quanto emerge dai dati del monitoraggio della Cabina di regia Iss-Ministero della Salute, nella settimana compresa tra il 24 e il 30 marzo sono stati 37 ogni 100 mila abitanti, contro i 38 ogni 100 mila abitanti registrati nella settimana precedente. 17/03/2023 -23/03/2023). Secondo quanto emerge

Quanto all’Rt medio calcolato sui casi sintomatici, nel periodo 8 – 21 marzo è stato pari a 0,99 (range 0,93-1,10), in lieve aumento rispetto alla settimana precedente ma sotto la soglia epidemica. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è in aumento e appena sopra la soglia epidemica: Rt=1,01 (0,96-1,06) al 21 marzo contro Rt=0,89 (0,84-0,94) registrato il 14 dello stesso mese.

”One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche

”One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche


“One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche – askanews.it



“One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche – askanews.it


















Roma, 28 mar. (askanews) – L’approccio “One Health” diventi un meccanismo di prevenzione. Questo il messaggio lanciato dagli esperti intervenuti durante il Workshop “Dalla diagnostica in emergenza covid a prospettive di diagnostica organizzata” organizzato da Hologic in occasione del 50° Congresso Nazionale AMCLI (Associazione Microbiologi Clinici Italiani) e coordinato da Pierangelo Clerici, Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T. Ovest Milanese e Presidente dell’Associazione.

La pandemia ha trasformato la nostra società e i cambiamenti avvenuti hanno impattato diversi settori, non ultimo quello della diagnostica, imponendo nuove dinamiche operative, organizzative e gestionali. La gestione del rischio, infatti, è diventata fondamentale per la prevenzione, la diagnostica e la promozione della salute pubblica, accentuando l’attenzione sullo studio di nuove malattie infettive emergenti. “Il mondo dei virus respiratori, infatti è in costante evoluzione, perciò, dobbiamo essere pronti a guidare le nuove tecnologie verso una diagnostica ragionata e sostenibile”, ha chiosato il Prof. Antonio Piralla, Dirigente presso UOC di Microbiologia e Virologia, Fondazione IRCCS Policlinico. San Matteo, Pavia Secondo l’Oms circa il 60% delle malattie infettive emergenti segnalate a livello globale proviene da animali, e sono interconnesse all’evoluzione di eventi biologici, sociali, economici e politici. Queste sfide non possono essere affrontate solamente dalla sanità pubblica e dalla medicina umana ma è necessario implementare un approccio inter e transdisciplinare con l’obiettivo di ottimizzare la salute di persone, animali e degli ecosistemi in generale.

L’approccio multidisciplinare integrato “One Health” rappresenta una grande opportunità per limitare il rischio di nuove pandemie e l’avvento di nuove malattie infettive, ma in Italia siamo molto indietro. Infatti, oltre ai quasi 20 miliardi del PNRR per la Missione 6 (Salute) esiste un fondo complementare (PNC) dedicato nello specifico a salute, ambiente, biodiversità e clima. Questo piano prevede lo stanziamento di 500 milioni di euro con l’obiettivo di implementare programmi di approccio integrato salute-ambiente-clima come il modello “One Health”. Ma senza l’istituzione di tavoli tecnici regionali interistituzionali/ intersettoriali/ interdisciplinari per la definizione e la condivisione di percorsi e procedure integrate, basate su l’approccio One Health questi fondi potrebbero non risultare efficaci. “Da decenni come IZS dell’Abruzzo e del Molise adottiamo l’approccio One Health in ogni attività che svolgiamo: per questo ci siamo fatti trovare pronti quando è scoppiata la pandemia da SARS-CoV-2. Lavorare seguendo questo approccio richiede una visione ampia, olistica, di più discipline che lavorano in maniera integrata per assicurare la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente in una parola: la salute globale”, ha continuato il Dott. Nicola D’Alterio, Direttore Generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”.

Inoltre, è assolutamente prioritario definire procedure e metodologie condivise per la valutazione di impatto integrato, il consolidamento dei sistemi di analisi e sorveglianza epidemiologica dei rischi ambientali, anche attraverso le reti regionali e nazionale e delle iniziative di digitalizzazione previste nell’ambito del Piano Complementare del PNRR. Durante la Tavola Rotonda, alla quale ha partecipato anche il Prof. Maurizio Sanguinetti, Direttore Dipartimento Scienze di laboratorio e infettivologiche, Direttore dell’UOC di Microbiologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS sì anche è dibattuto dell’importanza di una collaborazione sinergica tra aziende e stakeholder pubblici. Il Sistema Sanitario Italiano dovrà infatti, mettere in campo politiche e strategie capaci di porre i pilastri per un’efficace collaborazione tra aziende e stakeholder pubblici, in grado di liberare tutte le sue potenzialità, correggendo le inefficienze.

Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie

Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie


Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie – askanews.it



Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie – askanews.it



















Roma, 24 mar. (askanews) – Farine di grilli, biscotti di locusta, pasta di larve: gli insetti arriveranno presto sugli scaffali dei supermercati, dopo i 4 decreti ministeriali che regolano la vendita in Italia di questi prodotti. Ma gli esperti della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) mettono in guardia: i prodotti derivati dagli insetti possono indurre allergie alimentari e casi sono già stati registrati in Cina, Stati Uniti e in qualche caso in Europa. Il pericolo è particolarmente velato se si è già allergici a crostacei, molluschi o acari della polvere, perché si possono avere reazioni crociate a causa della similitudine molto marcata con alcune proteine presenti negli insetti. Secondo le stime degli esperti, sono a rischio alto di reazioni allergiche da insetti il 2% degli italiani sensibili ai crostacei, circa 800mila persone. Per tutelarli è importante che le etichette riportino con chiarezza le informazioni in merito all’eventuale contenuto di prodotti derivati da insetti, così da poter fare scelte alimentari consapevoli e non correre pericoli.

“In letteratura scientifica sono già stati riferiti numerosi casi di pazienti con reazioni a farine di artropodi, in particolare a farine di grilli, con sintomi che vanno da lieve orticaria a gravi shock anafilattici”, sottolinea Mario Di Gioacchino, Presidente SIAAIC, “si tratta spesso di pazienti già allergici ad altre sostanze, sia alimentari che animali, che nella maggior parte dei casi avevano un’allergia nota ai crostacei e dopo aver ingerito farine di grillo hanno avuto una reazione. Sia nei crostacei che nei grilli sono infatti presenti molecole simili, che quindi giustificano una reazione crociata tra i due alimenti. Anche molluschi, insetti, acari della polvere, cavallette, vermi della farina, granchi, scarafaggi, moscerini della frutta sono artropodi che crostacei e grilli, condividono perciò molte proteine; quelle individuate più spesso come causa di reazione crociata sono la tropomiosina e l’arginina chinasi, più raramente l’esamerina 1B e le catene leggere e pesanti della miosina. Si ipotizza peraltro la possibile presenza di proteine cross-reattive non ancora individuate, e in generale si suppone una reattività crociata tra questi alimenti attorno al 90%”. Le farine di insetti a scopo alimentare sono un’abbondante fonte di proteine, grassi, vitamine e minerali ed emettono meno gas serra rispetto alla maggior parte del bestiame; anche per questo il mercato è in continua crescita e si stima che per il 2030 riguarderà 390 milioni di consumatori, che acquisteranno questi nuovi alimenti per 260mila tonnellate. Anche le Istituzioni tuttavia, nel dare l’ok con 4 decreti ministeriali all’arrivo degli insetti sulle nostre tavole, hanno sottolineato l’importanza di una corretta informazione ai consumatori e segnalato la necessità di riportare in etichetta l’ingrediente anche se non presente al livello massimo previsto, con informazioni chiare sulle confezioni e su ogni aspetto della catena alimentare. Cautele condivise da SIAAIC perché come aggiunge Di Gioacchino, “il rischio di anafilassi dopo l’ingestione di farine di artropodi, in particolare grilli, in chi è allergico ai crostacei o agli acari non è di dominio comune, i pazienti non sono consapevoli della necessità di evitare l’ingestione di insetti. Poiché questi sono sempre più promossi come fonte di proteine in tutto il mondo, i medici dovranno educare i pazienti su questo rischio e le agenzie di regolamentazione dovranno considerare l’esigenza di un’etichettatura precauzionale pertinente, in modo da favorire un consumo consapevole e senza rischi”, conclude Di Gioacchino.

Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla

Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla


Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla – askanews.it



Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla – askanews.it



















Milano, 24 mar. (askanews) – “Questa settimana si osserva un ulteriore lieve flessione dell’incidenza dei casi di Covid 19 nel nostro Paese, e il tasso di incidenza si colloca a 38 casi per 100 mila abitanti. L’Rt mostra invece delle oscillazioni, siamo a 0,96, comunque al di sotto della soglia epidemica”. Così il direttore Generale della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, illustra i risultati del monitoraggio settimanale dell’Iss.

“Per quanto riguarda il tasso di occupazione dei posti di area medica e di terapia intensiva – aggiunge Rezza – siamo rispettivamente al 4,1% e all’1,1%, quindi c’è una lieve diminuzione dell’occupazione dei posti di area medica, mentre la terapia intensiva è piu’ o meno stabile. Quindi – conclude il dirigente del Ministero – c’è una sostanziale stabilizzazione della situazione epidemiologica che appare la momento del tutto tranquilla”.

”Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie

”Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie


“Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie – askanews.it



“Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie – askanews.it



















Roma, 24 mar. (askanews) – La maggior parte delle reazioni allergiche associate agli insetti è provocata dalle punture di api e vespe o dalle sostanze volatili rilasciate da scarafaggi e altre specie infestanti. Ma anche gli insetti commestibili possono essere causa di allergie. I dati riportati in letteratura descrivono reazioni allergiche a un’ampia varietà di specie, fra cui bachi da seta, cavallette e locuste, ma anche tarme della farina, cicale e grilli. Lo evidenzia il sito “Dottoremaeveroche” pagina di informazione online della Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici.

Mangiare insetti aumenta il rischio di allergie? “La maggior parte delle allergie alimentari associate al consumo di insetti – si legge – viene ricondotta a due proteine, tropomiosina e arginina chinasi, presenti negli insetti e in altri animali appartenenti al regno degli artropodi . Queste proteine stimolano negli individui suscettibili la produzione di IgE (immunoglobuline E), gli anticorpi normalmente associati alle reazioni allergiche. A ogni pasto a base di insetti o di ingredienti ottenuti dalla loro manipolazione, le IgE riconoscono le proteine “nemiche” e innescano la cascata di reazioni responsabile dei sintomi caratteristici delle allergie alimentari (prurito e gonfiore nella zona intorno alla bocca, mal di pancia, vomito, diarrea e, nei casi più gravi, shock anafilattico). Le reazioni allergiche associate al consumo di insetti possono manifestarsi anche come conseguenza di un’allergia ad altri alimenti. Questo meccanismo, noto come reattività crociata, potrebbe spiegare come mai le persone allergiche ai crostacei hanno un rischio più alto di sviluppare una reazione allergica a un piatto a base di insetti”. Mangiare insetti aumenta il rischio di allergie? “Nel 1996 alcuni ricercatori dell’Università della California di Davis dimostrarono che le IgE di persone con un’allergia grave ai gamberetti reagivano anche a una proteina isolata da cavallette e altri insetti – è la rispopsta degli esperti sul sito – . Questa proteina era la tropomiosina. Altri studi hanno poi confermato il significato clinico di questa scoperta. Uno in particolare ha indagato gli effetti derivanti dal consumo di un estratto proteico a base di larve di Tenebrio molitor, comunemente noto come tarma della farina, in 15 persone allergiche ai gamberetti. Di queste, 13 hanno sviluppato una reazione allergica dopo aver ingerito 216 milligrammi dell’estratto proteico, una quantità pari o inferiore a quella riportata nelle tabelle nutrizionali di alcuni snack a base di questo ingrediente. La reattività crociata delle IgE alla tropomiosina è stata dimostrata anche in altre specie di insetti commestibili, fra cui mosche, grilli e locuste. Quindi sì, se si è allergici ai crostacei, sarebbe meglio evitare di consumare insetti”. Ma c’è di più: “Sembra che esistano meccanismi di reattività crociata anche fra insetti commestibili e acari della polvere. Tuttavia – sottolinea il sito Fnomceo – a differenza di quanto succede nelle allergie ai crostacei, sono pochi i pazienti allergici agli acari della polvere che presentano un’ipersensibilizzazione nei confronti di insetti commestibili. Senza contare che il significato clinico di questa co-sensibilizzazione e i meccanismi molecolari coinvolti sono ancora poco chiari, col risultato che, in caso di esposizione, non si è in grado di prevedere con relativa sicurezza se si verificherà una reazione allergica. Nonostante questo, sarebbe opportuno evitare il consumo di insetti commestibili anche se si è allergici agli acari della polvere, perché anche in questo caso il rischio di incorrere in una reazione allergica è più alto”.