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Cosa prova un malato di Alzheimer: esperimento sociale al mercato

Cosa prova un malato di Alzheimer: esperimento sociale al mercatoMilano, 12 set. (askanews) – Andare al mercato per comprare della carne e vedersi consegnare della frutta; o chiedere una cotoletta e ricevere due barattoli di yogurt: prima di qualunque altra reazione sorge in noi un senso di spaesamento che diventa frustrazione dinanzi allo sguardo accondiscendente di chi ci è dinanzi. Sono alcuni degli episodi dell’esperimento sociale realizzato da Federazione Alzheimer Italia e Alzheimer Milano ODV per far provare ad alcuni ignari cittadini le sensazioni di smarrimento e confusione con cui nel nostro Paese convivono quotidianamente oltre 1.400.000 persone con demenza. Al centro dell’esperimento – che viene anche raccontato con un video disponibile sul sito nontiscordare.org – la domanda: “E se la persona con demenza fossi tu?”.

L’esperimento si è svolto in una giornata di normale apertura, in alcuni dei negozi del Mercato Comunale Isola di Milano. Tra i banchi degli esercenti sono stati collocati elementi completamente fuori posto. I cartellini che indicano il prezzo al chilo di pesche, uva e meloni nel banco della carne; quelli di latte e yogurt al reparto frutta. La complicità di due veri negozianti, il fruttivendolo Felice e il macellaio Roberto, hanno fatto il resto. Incaricati di comportarsi in modo incoerente rispetto alle richieste degli acquirenti, i due hanno ad esempio proposto uva e pesche a chi chiedeva arrosto e salsicce, latticini a chi voleva acquistare solo pomodori. Si sono così create situazioni impreviste che hanno generato incertezza e sconcerto nei clienti. “Ero confuso, non sapevo cosa fare”. “Mi sono sentito preso in giro”. “All’inizio ho pensato che fosse il fruttivendolo ad avere dei problemi”. “Ero dispiaciuta per la situazione”. Queste le parole con cui gli avventori, coinvolti a loro insaputa nell’esperimento, descrivono la frustrazione e il disorientamento che hanno provato. E sono sensazioni analoghe a quelle che ogni giorno in Italia provano tante persone con demenza mentre continuano a vivere le proprie vite, che comprendono anche azioni ordinarie come fare la spesa. Non ricordano più il nome delle cose e hanno difficoltà a usarle anche se lo hanno fatto per tutta la vita. Per aiutare queste persone e le loro famiglie a vivere in un Paese più inclusivo e attento ai loro bisogni ed emozioni serve l’aiuto di tutti. È a questo scopo che Federazione Alzheimer e Alzheimer Milano promuovono la campagna #nontiscordaredivolermibene con l’obiettivo di sensibilizzare sempre più persone sull’importanza di diventare “Amici delle Persone con Demenza”. Visitando il sito nontiscordare.org chiunque può iniziare il percorso di formazione per unirsi alla comunità di persone amiche della demenza. Un gruppo sempre più numeroso di cittadini consapevoli e informati che si impegnano quotidianamente per abbattere lo stigma che circonda la malattia e realizzare una società più inclusiva. Tra gli “Amici delle Persone con Demenza” ci sono già i commercianti del Mercato Comunale Isola di Milano, compresi i due complici dell’esperimento sociale, che lo scorso autunno hanno partecipato a uno specifico corso organizzato da Alzheimer Milano ODV. Scopo della formazione è rendere il Mercato un luogo dove l’esperienza del fare la spesa sia un momento sereno per le persone con demenza ma anche per familiari e caregiver, che spesso si trovano a disagio nel dover gestire le difficoltà del proprio caro in un contesto pubblico.

Anche questa iniziativa, come l’esperimento sociale, si inserisce nelle attività legate al progetto Dementia Friendly Italia avviato dalla Federazione Alzheimer Italia per invitare sempre più persone ad approfondire la conoscenza della malattia e i comportamenti corretti da adottare nei confronti delle persone con demenza e dei loro familiari. Altre info su dementiafriendly.it

Torino, dal 12 al 15 ottobre il festival Women and the City

Torino, dal 12 al 15 ottobre il festival Women and the CityMilano, 12 set. (askanews) – Si terrà dal 12 al 15 ottobre 2023 la prima edizione del festival Women and the City, l’appuntamento ideato dall’Associazione Torino Città per le Donne per promuove l’avvio di una riflessione comune che favorisca le prospettive di genere nelle politiche locali, rendendo gli spazi e le pratiche cittadine accessibili, inclusive ed eque. Dall’ambiente alla leadership, dall’innovazione alla medicina di genere, passando per la città fisica e la mobilità, la cultura, lo sport, la violenza di genere. Questi sono solo alcuni dei temi scelti come filo conduttore di questa prima edizione del festival. Un appuntamento pensato per calarsi nel vivo del gender mainstreaming che prende avvio dall’esperienza maturata dall’Associazione Torino Città per le Donne, presieduta da Antonella Parigi – manager culturale, ex assessora alla Cultura e al Turismo della Regione Piemonte, fondatrice della Scuola Holden, del Circolo dei Lettori e della suddetta associazione – e propone un ricco programma fatto di momenti On e altri Off organizzati grazie alla partecipazione di oltre 60 associazioni e reti del territorio torinese. “Women and The City ha l’obiettivo di fare sistema, individuare buone prassi, farle conoscere e metterle in rete. Racconterà le politiche per la parità di genere degli enti, in particolare delle amministrazioni comunali, delle associazioni, delle imprese e delle persone in un ampio dibattito e confronto” ha spiegato Antonella Parigi, presidente dell’associazione che organizza l’appuntamento.

Oltre al programma proposto dalle organizzatrici di Women and the City, la manifestazione si arricchirà anche di un Programma Off, disponibile negli stessi giorni dell’evento, creato in modo collaborativo e partecipato insieme ai rappresentanti degli enti e alle associazioni locali chiamate negli scorsi mesi a proporre approfondimenti. Nelle prossime settimane sarà possibile consultare il Programma Off sul sito dedicato. Non mancherà l’appuntamento con Luci e ombre, un percorso guidato attraverso il centro cittadino che evidenzi il protagonismo delle donne. Palazzo Madama, le istituzioni comunali e regionali, troppo a lungo testimoni di un’assenza femminile, l’Università che ha visto le prime Dottoresse italiane in Medicina e Giurisprudenza e il Museo Nazionale del Cinema, fortemente voluto e realizzato da Maria Adriana Prolo, saranno le tappe di un racconto che non dimentica e che guarda al futuro. Le visite guidate si terranno giovedì 12 ottobre alle ore 20 e domenica 15 ottobre alle ore 9.30 (su prenotazione, massimo 25 posti).

Women and the City arriva anche nelle scuole, studenti e docenti parteciperanno agli incontri. Ma sarà anche il festival ad andare nelle aule di sei licei torinesi artistici, scientifici e classici, aprendo con i più giovani un dibattito sulla parità di genere e i modelli di sviluppo delle città. Gli istituti coinvolti elaboreranno progetti e proposte che saranno illustrate nel mese di dicembre nel corso di un evento Off al Liceo Renato Cottini di Torino. Durante l’inaugurazione del festival, giovedì 12 ottobre, sarà presentato Goose!Il Gioco dell’Oca – Steam Education: il progetto creativo ed educativo per il contrasto degli stereotipi nelle materie STEAM e la valorizzazione delle professioni scientifiche. Il gioco, ideato da Simona Bonito, Consigliera di Parità della Provincia di Potenza, propone una riflessione sulla presenza delle donne nelle discipline scientifiche e incoraggia ragazzi e ragazze a sviluppare una lettura critica dei pregiudizi e degli stereotipi di genere riguardanti le materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche.

Il festival “Women and the City” è organizzato dall’associazione Torino Città per le Donne con il patrocinio del Comune di Torino con il contributo di Fondazione Compagnia San Paolo, Fondazione CRT, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino.

DiParola Festival, evento per un linguaggio chiaro e accessibile

DiParola Festival, evento per un linguaggio chiaro e accessibileMilano, 12 set. (askanews) – Giovedì 21 e venerdì 22 settembre si tiene online il primo evento in Italia dedicato al linguaggio chiaro inclusivo accessibile: si tratta della prima edizione del DiParola Festival. Un’iniziativa gratuita che si rivolge a un pubblico ampio e multi settoriale. Il programma spazia tra diverse tematiche, promuovendo l’importanza della comunicazione in più contesti: tecnologico, della pubblica amministrazione, del mondo del lavoro, medico, legale, energetico ed economico.

A organizzarlo è Valentina Di Michele, esperta di comunicazione che si occupa di facilitazione del linguaggio della tecnologia. Founder di Officina Microtesti, unico studio italiano di contenuti usabili, accessibili e inclusivi per siti, app e software che collabora con grandi aziende, start-up, PA centrale. “Dalla convinzione che in una società inclusiva parlare chiaro sia un diritto e un valore democratico, è nata l’esigenza di promuovere lo sviluppo di metodologie e tecniche volte alla semplificazione della comunicazione con la realizzazione di un festival che coinvolge i principali esponenti del settore. Durante il festival si parlerà di comunicazione chiara, inclusiva e accessibile in settori specializzati e complessi come quello medico, legale, della pubblica amministrazione, tecnologico, energetico, lavorativo ed economico, con i quali tutti noi ogni giorno ci confrontiamo e che pongono spesso una sfida di comprensione”, ha spiegato Valentina Di Michele, Content Experience Manager, CEO di Officina Microtesti e ideatrice del festival.

Solidarietà, 5,5 mln di italiani hanno previsto un testamento solidale

Solidarietà, 5,5 mln di italiani hanno previsto un testamento solidaleRoma, 12 set. (askanews) – Il 21% del campione degli over 50, ovvero 5,5 milioni di italiani, hanno già previsto un lascito solidale o sono orientati a farlo, mentre aumentano gli indecisi (35% vs 27 nel 2022) e restano stabili quelli sfavorevoli (45%). La famiglia è la grande protagonista della scelta: 7 italiani su 10 coinvolgerebbero i parenti più stretti nella scelta (erano il 64% nel 2022) e solo il 16% dichiara che prenderebbe questa decisione da solo. Anche tra chi non pensa di fare un lascito solidale, più che l’egoismo, il deterrente è l’incertezza del futuro: il 32% teme di sottrarre risorse al futuro degli eredi e il 28% è preoccupato per la precarietà lavorativa di figli e nipoti. E’ quanto rivela l’indagine “La percezione dei cambiamenti degli ultimi 10 anni e l’orientamento verso le donazioni e i lasciti solidali” realizzata da Walden Lab-Eumetra per il Comitato Testamento Solidale su un campione rappresentativo di italiani di 25+ anni (circa 46,5 milioni, in base ai dati Istat), presentata oggi a Roma.

“In Italia a fare testamento, rispetto ad altri Paesi del mondo, è una percentuale più ristretta di persone. In particolare, solo una minoranza, 5 milioni e mezzo di persone, dichiara di aver previsto un lascito solidale nel proprio testamento o di essere orientato a farlo – dichiara Rossano Bartoli, portavoce del Comitato Testamento Solidale e presidente della Lega del Filo d’Oro – eppure qualcosa si muove, stiamo assistendo ad un vero e proprio cambiamento culturale e possiamo dire che la generosità degli italiani non si è fermata neanche davanti agli eventi di questi ultimi 10 anni, nel corso dei quali il Comitato ha accompagnato l’opinione pubblica in un percorso di conoscenza e consapevolezza sullo strumento del lascito solidale, di cui oggi vediamo i frutti. Le campagne che abbiamo promosso hanno dissodato un terreno che sembrava inizialmente più ‘refrattario’, questo possiamo dircelo con soddisfazione guardando al decennio passato. Quanto al futuro, siamo consapevoli che ancora c’è del lavoro da fare, per superare qualche pregiudizio e diffondere sempre di più la cultura della solidarietà e del lascito”. In effetti, i dati parlano di un aumento della consapevolezza sul lascito: nel 2023 sa cosa siano e ne ha sentito parlare l’82% degli over 50 (vs 79% nel 2022 e 73% nel 2021). Promosse le campagne informative e di sensibilizzazione: il 72% degli intervistati considera positive le comunicazioni viste sul tema, che migliorano la conoscenza e l’immagine del lascito solidale (69%) e aumentano la propensione a farlo (65%). Come ricorda Bartoli, c’è ancora da lavorare, però, in questo senso, dal momento che permane qualche pregiudizio da sfatare: si ritiene che potrebbe decidere di fare un lascito chi non ha eredi diretti (51% vs 48 nel 2022) e chi ha grandi patrimoni (43%, dato stabile). Solo il 18% degli over 50 (meno di 1 su 5) pensa che il lascito solidale possa essere fatto da chiunque. Come ricorda Flavia Fiocchi, consigliere nazionale del Notariato con delega al Notariato per il sociale, “il lascito solidale è uno strumento alla portata di tutti grazie al quale è possibile lasciare una traccia di sé nel futuro, sostenendo i progetti in cui si crede e che definiscono la propria identità. Nel nostro ordinamento, che più di quello anglosassone ha a cuore la tutela dei diritti della famiglia, garantiti dalla legittima, è possibile destinare infatti, attraverso il testamento, una parte, piccola o grande che sia, della quota disponibile del patrimonio a progetti di solidarietà sociale. È un gesto semplice e non vincolante, che può essere ripensato, modificato in qualsiasi momento, senza che vengano in alcun modo lesi i diritti legittimi dei propri cari e familiari. Farlo è semplice e sicuro, ed il notaio è disponibile in ogni momento per orientare il cittadino verso la scelta più consapevole”.

Padre Pio, grandi festeggiamenti a Roma

Padre Pio, grandi festeggiamenti a RomaRoma, 11 set. (askanews) – Come da tradizione consolidata ormai da più di vent’anni si celebra a Roma la Festa in onore del santo Padre Pio. Migliaia di devoti con i 600 gruppi di preghiera del Lazio e le Associazioni di Protezione Civile si raduneranno presso la Chiesa di San Salvatore in Lauro, in via dei Coronari, adiacente Piazza Navona per commemorare il grande Santo con un ricco programma di eventi in occasione della sua Festa Liturgica.

All’interno dell’antica chiesa, già Santuario Lauretano, sono state esposte per l’occasione numerose reliquie, tra le quali il mantello, i guanti, le bende, la stola e il sangue delle stimmate che per cinquanta anni hanno segnato il corpo di san Pio da Pietrelcina. Vicino ad esse, il grande gruppo scultoreo riproducente il Cristo Redentore aiutato da Padre Pio Cireneo, da venti anni grande richiamo di pellegrini e devoti. In queste giornate si svolge dal 2004 anche la Festa della Protezione Civile, che vede in San Pio da Pietrelcina il proprio Patrono, ispiratore di quei valori fondanti di servizio al sollievo della sofferenza, che sono il presupposto della sua cooperazione al bene dello Stato.

I festeggiamenti seguiranno un intenso programma che vedrà intrecciarsi eventi religiosi, d’intrattenimento e di cultura, culminanti in alcuni momenti di particolare intensità: il 20 settembre (anniversario della stimmatizzazione) con l’esposizione solenne e la venerazione della reliquia del sangue di San Pio; il 22 settembre, la Veglia del Transito in cui si ricorda la sua morte, presieduta da Sua Em.za il Cardinale Luis Francisco Ladaria. L’evento centrale del programma dedicato a Padre Pio interesserà il pomeriggio del 23, con la processione a Piazza Navona alla presenza del Capo Dipartimento della Protezione Civile, il Dott. Fabrizio Curcio, del Prefetto di Roma, numerose autorità civili e militari. In Piazza Navona avverrà la benedizione dei mezzi della Protezione Civile ivi schierati. La Santa Messa solenne in piazza San Salvatore in Lauro (sempre colma di fedeli) sarà presieduta alle ore 18.00, da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione .

I festeggiamenti si concluderanno domenica 24 settembre alle ore 18.00 con la Santa Messa di ringraziamento presieduta da Sua Em.za il Card. Angelo Comastri e la Benedizione dei fedeli con il mantello di Padre Pio A loro si uniranno folle di pellegrini provenienti da tutto il Lazio, alcuni miracolati che ringraziano Padre Pio delle grazie ricevute, e numerose autorità civili.

Caldo, Coldiretti: non solo granchio blu, è sos specie aliene

Caldo, Coldiretti: non solo granchio blu, è sos specie alieneRoma, 8 set. (askanews) – Non solo granchio blu, dalla cimice asiatica ai pappagallini, dal cinipide del castagno alla Xylella, dal moscerino dagli occhi rossi al calabrone asiatico è allarme per l’invasione in Italia di vere e proprie specie aliene che causano danni per oltre un miliardo nei campi come nei mari distruggendo coltivazioni e allevamenti. A lanciare l’allarme è la Coldiretti con il moltiplicarsi lungo la Penisola degli attacchi di animali, insetti e organismi portati nelle campagne italiane dai cambiamenti climatici e dalla globalizzazione degli scambi.

Una invasione che è il frutto della tendenza al surriscaldamento in Italia dove la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra proprio nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine il 2022 il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020 mentre anche il 2023 si classifica fino ad ora in Italia nella top ten degli anni più caldi di sempre con una temperatura superiore di 0,67 gradi la media storica che lo classifica al terzo posto tra le più alte mai registrate nel periodo dal 1800, quando sono iniziate le rilevazioni, secondo l’analisi della Coldiretti sui dati Isac Cnr nei primi sette mesi. Se il granchio blu proveniente delle coste Atlantiche dell’America sta cingendo d’assedio le coste italiane sterminando vongole veraci, cozze, uova, altri pesci e molluschi- sottolinea Coldiretti – la “cimice marmorata asiatica” arriva dalla Cina ed è particolarmente pericolosa per l’agricoltura perché prolifica con il deposito delle uova almeno due volte all’anno con 300-400 esemplari alla volta che con le punture rovinano i frutti rendendoli inutilizzabili e compromettendo seriamente parte del raccolto. Una vera emergenza per il nostro sistema produttivo perché capace di colpire centinaia di specie coltivate e spontanee e la sua diffusione interessa tutto il territorio nazionale.

A far danni nei campi è arrivato anche il pappagallino o parrocchetto monaco – spiega Coldiretti -, una specie originaria del Sudamerica che fa strage di frutta e mandorle nelle regioni del Centro Sud, dove sta diventando una presenza fissa anche a causa dei cambiamenti climatici. (Segue)

Fondazione Triulza: podcast e video per 10 anni di innovazione sociale

Fondazione Triulza: podcast e video per 10 anni di innovazione socialeMilano, 6 set. (askanews) – Fondazione Triulza – polo privilegiato di rappresentazione e sviluppo delle proposte delle organizzazioni della Società Civile e del Terzo Settore – è nata dieci anni fa, il 13 luglio 2013, con l’obiettivo di partecipare a EXPO Milano 2015 e gestire il primo Padiglione della Società Civile nella storia delle Esposizioni Universali_ “Cascina Triulza”. In quella occasione si sviluppo il progetto “EXPlOding Energies to Change the World” condiviso da un’ampia rete di ONG, realtà del Terzo settore e dell’Economia Civile, enti filantropici, aziende profit e istituzioni. Cascina Triulza costituì il più grande padiglione dell’Esposizione, il primo con i contenuti già presenti e proposti, e quello che garantisce la presenza ancora oggi sul territorio dell’ex area espositiva – diventato ora il nuovo distretto dell’innovazione di Milano – dei valori e delle istanze di innovazione sociale espresse dalla scietà civile.

Dieci anni di intuizioni, progetti innovativi ed energie per cambiare il mondo, dunque. Per celebrare questo importante traguardo sono stati realizzati un video in cui Sergio Silvotti e Sabina Siniscalchi (ex-presidente ed ex-vicepresidente), insieme al presidente Massimo Minelli, raccontano l’esperienza di Cascina Triulza in EXPO Milano 2015 e il contributo di Fondazione Triulza in MIND Milano Innovation District; e un podcast sulla Social Innovation Academy con Mario Calderini , presidente del Comitato Scientifico della Social Innovation Academy e Chiara Pennasi, direttore di Fondazione Triulza Nel video Sabina Siniscalchi e Sergio Silvotti ripercorrono le sfide, le intuizioni, le relazioni e le iniziative pionieristiche e anticipatorie che hanno portato in questi anni Fondazione Triulza ad essere uno degli attori di riferimento nella promozione dell’innovazione sociale nel Terzo Settore e nel nuovo distretto dell’innovazione di Milano. Dopo Expo infatti, insieme alla rete di 70 organizzazioni, Fondazione Triulza pè infatti rimasta sul sito di MIND Milano Innovation District per continuare a dar vita a progetti di innovazione e impatto sociale e coinvolgere le comunità, secondo i principi che da sempre hanno costituito l’identità della Fondazione: sviluppo sostenibile, inclusione, giovani generazioni, partecipazione e cittadinanza attiva.

Nel podcast realizzato da Produzioni dal Basso, Mario Calderini, professore del Politecnico di Milano, membro del CdA di Fondazione Triulza e presidente del Comitato Scientifico dell’Academy, e Chiara Pennasi, direttore di Fondazione Triulza parlano poi di una delle più importanti iniziative di Fondazione Triulza: la Social Innovation Academy. Operativa in MIND dal 2018, l’Academy mette al centro l’innovazione sociale e la promozione di un nuovo modello di economia sociale, dando vita a iniziative strategiche come il Social Innovation Campus e i Percorsi di capacity building e trasferimento tecnologico per cooperative e imprese social-tech. La Social Innovation Academy è un laboratorio che valorizza la contaminazione tra i saperi dentro e fuori MIND, uno spazio di co-progettazione e di collaborazione aperto a tutti: Terzo Settore, Economia Civile, Enti Filantropici, Università e Centri di Ricerca, Istituzioni Pubbliche, Finanza, Aziende per far collaborare profit con no profit, pubblico con privato su innovazione e impatto sociale. link al video; https://www.youtube.com/watch?v=09ElcaenEjQ&feature=youtu.be link al podcast https://www.attiviamoenergiepositive.it/event/mind-social-innovation-academy/

Arriva “La voce degli ultimi”, il libro per ‘dar voce a chi non ha voce’

Arriva “La voce degli ultimi”, il libro per ‘dar voce a chi non ha voce’Roma, 1 set. (askanews) – Una raccolta di pensieri, alcuni sotto forma di preghiere, altri di filastrocche o poesie, scritte dagli ‘ultimi’ di ogni angolo del mondo, e in lingue diverse, o da chi da tutta una vita si prende cura di loro e giorno dopo giorno opera per offrirgli una nuova vita e una nuova chance di futuro. È proprio con l’obiettivo di far conoscere queste ‘voci inascoltate’ che la Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata nel 1968 da don Oreste Benzi, il prete dalla tonaca lisa, il 16 e 17 settembre tornerà nelle città di tutta Italia con l’evento solidale ‘Un Pasto al Giorno’ (unpastoalgiorno.apg23.org), giunto quest’anno alla sua 15esima edizione. Nel corso dell’evento i volontari distribuiranno in piazza ‘La voce degli ultimi’, un libro scritto grazie a ‘la voce di chi non ha voce’, per dar modo a chiunque lo legga di avvicinarsi ai valori che la Comunità pone da sempre al centro del suo impegno mediante progetti e realtà di accoglienza in Italia e in oltre 40 Paesi del mondo.

Accanto alle speranze di una delle ragazze uscite dalla tratta ai fini di prostituzione, ne ‘La voce degli ultimi’ è possibile leggere i versi con cui, ogni giorno, i bambini e ragazzi di strada accolti dalla Comunità nell’ambito del progetto Cicetekelo, in Zambia, ringraziano per il pasto che stanno per mangiare; a pagina 29 c’è la preghiera che Renata e i volontari di Napoli recitano con i senza fissa dimora che incontrano nelle loro uscite, mentre nelle successive quella di alcuni senza dimora accolti nelle Capanne di Betlemme, case di prima accoglienza presenti in diverse zone e città d’Italia. E ancora: ci sono le parole di speranza di Maurizio, uomo di 44 anni in carrozzina che vive in una delle Case Famiglia della Comunità, e la ninna nanna che un papà di un’altra Casa Famiglia ha inventato anni addietro per la sua bambina, e che la accompagna da allora. “Ciò che il nostro fondatore don Oreste Benzi ci ha lasciato”, ha spiegato il Responsabile Generale della Comunità, Matteo Fadda, “è condividere direttamente la nostra vita con i più’ poveri, gli emarginati o le vittime di ingiustizia nel mondo, per rispondere al primo bisogno di ciascuno: quello di sentirsi amati, accettati, di avere una famiglia. Su questo si basa l’essenza della nostra Comunità, che di fronte alle ingiustizie sociali, alla povertà, all’emarginazione, opera da oltre 50 anni per costruire quel senso di appartenenza capace di trovare risposta e speranza. Nei Paesi in cui siamo presenti con i nostri missionari, le nostre famiglie e i nostri progetti, vediamo ogni giorno che accogliere l’altro, ascoltarlo, farlo entrare nella nostra vita, e noi calarci nella sua, trasforma la relazione e ci porta a fare nostra la sua voce. È quello che proponiamo di fare leggendo questo libretto, operando al contempo, tutti insieme, per un cambiamento vero e concreto. Negli ultimi anni, tra guerra, crisi climatica e pandemia, abbiamo assistito a un cambio radicale del mondo che avevamo imparato a conoscere e abbiamo visto ribaltare il nostro modo di vivere le relazioni, i luoghi, le priorità; e per coloro che prima facevano fatica, ora è arrivata la povertà assoluta, la miseria nera”, ha aggiunto.

E così, accanto all’opera di sensibilizzazione e di racconto di storie e speranze, in questa edizione di ‘Un Pasto al Giorno’ si aggiunge anche un prezioso obiettivo: raccogliere quel sostegno con cui assolvere l’impegno di garantire ogni anno 7 milioni e mezzo di pasti a chi viene accolto nelle Case, mense e realtà di aiuto della Comunità, le stesse in cui vivono gli ‘autori’ del libro, accomunati dalla medesima drammatica sorte di povertà e solitudine. Non a caso “il claim dell’iniziativa – spiegano i responsabili del progetto – è proprio ‘Costruiamo una tavola dove ci sia posto per tutti’”. A parlarci di quanto un approccio più solidale sia urgente nel nostro Paese, sono i numeri. Nel 2022 poco meno di un quarto della popolazione (24,4%) era a rischio di povertà o esclusione sociale, quasi come nel 2021 (25,2%), quando la pandemia, la crisi globale e la guerra hanno reso ancora più difficile, per le famiglie italiane, gestire le emergenze economiche (dati Istat). Di fronte a queste cifre, dunque, iniziative come ‘Un Pasto al Giorno’ diventano importanti non solo per le risorse che riescono a raccogliere, ma anche perché offrono un nuovo punto di vista sulla quotidianità, attraverso il quale ciascuno può fare la differenza e costruire qualcosa, insieme agli altri, che può diventare grande.

Studio: la secca del Po del 2022 è stata la peggiore mai registrata

Studio: la secca del Po del 2022 è stata la peggiore mai registrataMilano, 10 ago. (askanews) – Nel 2022, il Fiume Po ha vissuto il peggior periodo di magra idrologica mai registrato. A rivelarlo sono gli esiti di una ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances e guidata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, con la partecipazione di ricercatori della Columbia University (USA), Singapore University of Technology and Design e Alfred Wegener Institute (Germania).

Prendendo in considerazione la serie storica di dati sulla portata fluviale del Po a partire dal 1807, lo studio ha mostrato che quella del 2022 è stata la secca più gravosa di sempre, con una portata inferiore del 30% rispetto al secondo peggior periodo di magra registrato. “Il nostro studio dimostra che l’entità della magra idrologica del 2022 non ha precedenti negli ultimi due secoli e che questo evento fa parte di una tendenza a lungo termine, caratterizzata da un aumento della frequenza e dell’intensità dei periodi di siccità” spiega Alberto Montanari, professore al Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio, aggiungendo che “i fattori chiave per spiegare questo fenomeno sono i cambiamenti nella stagionalità dei flussi fluviali, probabilmente causati da minori quantità di precipitazioni nevose, da un più precoce scioglimento delle nevi, da un aumento dell’evaporazione e dall’incremento dei prelievi d’acqua durante l’estate”. Nei primi sette mesi del 2022 l’Italia settentrionale ha subito una straordinaria scarsità di precipitazioni che ha portato a un prolungato periodo di siccità. Di conseguenza, la portata del Fiume Po si è ridotta fino a raggiungere livelli critici: è stata ridotta la disponibilità di acqua per l’irrigazione e sono stati registrati livelli record di risalita dell’acqua del mare nel corso del fiume.

I modelli climatici mostrano che fenomeni di siccità prolungata causati dalla mancanza di precipitazioni diventeranno sempre più frequenti e severi. Guardando al grande periodo di secca del Po registrato lo scorso anno, gli studiosi hanno infatti scoperto che questo evento è parte di una tendenza di lungo termine legata al cambiamento climatico. Oltre all’aumento tendenziale delle temperature, c’è un altro elemento critico individuato dagli studiosi: l’irrigazione. Il forte aumento delle aree coltivate avvenuto nel ‘900 ha portato a un massiccio prelievo di acqua dal Po per usi agricoli. L’aumentare dell’intensità e della frequenza dei periodi di siccità porta a una maggiore necessità di acqua per l’irrigazione, che a sua volta contribuisce ad abbassare ulteriormente i livelli del fiume.

“Di fronte a questa complessità scrutare il futuro è difficile” precisa Davide Zanchettin, professore al Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari Venezia, tra gli autori dello studio, evidenziando che “le proiezioni climatiche indicano comunque un progressivo aumento della severità e della frequenza dei periodi di siccità meteorologica nell’area mediterranea. Anche se potrebbero passare anni o perfino decenni prima che una magra come quella del 2022 si ripresenti – ha concluso – è tuttavia urgente premunirsi e ridefinire la gestione della risorsa acqua già adesso”. Gli studiosi sottolineano quindi che è urgente cercare soluzioni di adattamento al cambiamento climatico per mitigare i rischi ambientali e sociali del fenomeno, in modo da poter garantire per il futuro la sostenibilità degli ecosistemi e delle risorse idriche.

Giornata del leone, WWF: in Africa sono diminuiti del 43% in 20 anni

Giornata del leone, WWF: in Africa sono diminuiti del 43% in 20 anniMilano, 10 ago. (askanews) – Come ogni anno, il 10 agosto torna la Giornata mondiale del leone. Questa specie, da sempre simbolo di forza e resistenza, è purtroppo ancora in pericolo. Il WWF ricorda, infatti, che le popolazioni di leone presenti in Africa hanno perduto il 90% del loro areale originario e il numero di individui è calato drasticamente nell’ultimo secolo, passando da 200mila individui agli inizi del ‘900 a meno di 30mila rimasti oggi nel continente.

La riduzione dei leoni in Africa, infatti, non sembra arrestarsi e dai dati più recenti emerge che, solo negli ultimi 20 anni, la popolazione ha subito un declino del 43%. I leoni sono presenti in 27 paesi africani, ma solo in 7 di questi si contano popolazioni con più di mille individui. La IUCN classifica la specie come “vulnerabile”, mentre risulta ormai estinta in 26 Stati del suo areale di origine. Il WWF sta contribuendo al censimento dei leoni nel Parco Nazionale di Tsavo, in Kenya, attraverso l’implementazione di un metodo innovativo, basato sull’acquisizione e l’analisi di migliaia di immagini di leoni, alcune delle quali si possono vedere in questo video. Fra gli scatti ci sono immagini di leoni che sbadigliano o dormono, alcuni sembrano più attivi e solitari mentre altri si muovono in branco. Queste immagini aiutano il team di ricerca a contare i leoni, tramite il riconoscimento dei singoli individui. Il metodo, denominato “Spatially explicit capture-recapture” (Secr) permette dunque di stimare il numero di individui presenti in un territorio tramite la cattura e ricattura di immagini dei leoni in un certo periodo di tempo. Aumentare la precisione delle stime della popolazione è fondamentale per migliorare gli sforzi di conservazione e salvare questa magnifica specie.

Le minacce principali per la sopravvivenza del leone sono il degrado dell’habitat, la diminuzione di alcune delle sue prede elettive, il conflitto diretto e indiretto con l’uomo e il bracconaggio, legato anche al commercio illegale di pellicce e altre parti del corpo. Altra minaccia che mette a rischio la conservazione sul lungo termine di questo felino è l’aumento degli accoppiamenti tra consanguinei e la conseguente perdita di diversità genetica, causato dalla frammentazione dell’habitat e dalla presenza di popolazioni sempre più piccole e isolate tra loro. Oggi si stima, infatti, che il leone occupi solo il 10% del suo areale originario, ed è dunque sempre più complicato per i giovani individui spostarsi per colonizzare nuove aree e diffondere i propri geni lontano dall’area dove sono nati. Proteggere i leoni non significa solamente salvaguardare una specie, ma molto di più. Gli ecosistemi africani dove vive il leone generano beni e servizi che garantiscono il benessere di più di 300 milioni di persone nell’Africa sub-sahariana, fornendo servizi essenziali come l’acqua per le città in rapida crescita. I leoni contribuiscono direttamente ai servizi ecosistemici innanzitutto perché sono animali iconici in grado di attrarre ogni anno milioni di turisti nelle aree dove vivono, contribuendo dunque a muovere le economie di molti Paesi africani.

Il mantenimento degli habitat dei leoni, come foreste e savane alberate, contribuisce poi allo stoccaggio del carbonio e quindi alla lotta al cambiamento climatico. Alcuni studi stimano che le aree di presenza del leone forniscano circa l’11% dei servizi ecosistemici legati al controllo dell’erosione, alla protezione delle coste e alla mitigazione degli effetti delle alluvioni.