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Rifiuti urbani, Ispra: nel 2023 raccolta differenziata al 66,6%

Rifiuti urbani, Ispra: nel 2023 raccolta differenziata al 66,6%Milano, 19 dic. (askanews) – Nello scenario economico dello scorso anno, con il Prodotto Interno Lordo in aumento dello 0,7%, la produzione nazionale di rifiuti urbani, dopo il calo del precedente biennio, si attesta a quasi 29,3 milioni di tonnellate con un incremento dello 0,7%. Nei 14 comuni con popolazione residente al di sopra dei 200 mila abitanti, tra 2022 e 2023 si registra una sostanziale stabilità della produzione. E’ quanto emerge dall’ultima edizione del Rapporto Rifiuti Urbani dell’Ispra, presentato oggi alla presenza del Vice Ministro per l’Ambiente e per la Sicurezza Energetica Vannia Gava.


Sul fronte della raccolta differenziata, si registra un valore complessivo nazionale del 66,6%, con percentuali del 73,4% al Nord, del 62,3% al Centro e del 58,9% al Sud. E’ la città di Bologna a far registrare una crescita della percentuale di raccolta differenziata di quasi 10 punti, passando dal 63,2% del 2022 al 72,9% del 2023, ed è la prima città con popolazione superiore ai 200.000 abitanti a superare l’obiettivo del 65% di raccolta attestandosi non solo oltre la percentuale media nazionale, ma ben al di sopra del 70%. Nel complesso, quasi il 71% dei comuni italiani ha conseguito una percentuale di raccolta differenziata superiore al 65%. Nell’ultimo anno, l’88,3% dei comuni intercetta oltre la metà dei propri rifiuti urbani in modo differenziato. Superano il 55% o si avvicinano a tale percentuale Torino, Firenze, Messina e Verona i cui tassi si attestano, rispettivamente, al 57,1%, 55,6%, 55,4% e 53,4%. Segue Roma, in leggera crescita rispetto al 2022, si colloca al 46,6%, Genova si attesta al 46,1% (+3% rispetto al 2022) mentre Bari e Napoli superano il 40%, rispettivamente con il 43,2% e il 41,9%. Per quanto riguarda le città della Sicilia, Catania passa dal 22% al 34,7%, facendo rilevare una crescita di quasi 13 punti percentuali(+26,5% in termini di aumento dei quantitativi intercettati) e Palermo si attesta al 16,9% con un leggero incremento rispetto al 15,2% del 2022. A dimostrazione che le regioni del Mezzogiorno sono quelle che hanno mostrato negli ultimi anni la crescita maggiore della raccolta differenziata, analizzando gli andamenti delle percentuali di raccolta nel periodo 2019-2023, lo scostamento tra Nord e Sud si è ridotto di 4,5 punti e tra Centro e Sud di 3,8.


Le percentuali più alte si registrano in Veneto (77,7%) e in Emilia-Romagna (77,1%). Seguono Sardegna (76,3%), Trentino-Alto Adige (75,3%), Lombardia (73,9%) e Friuli-Venezia Giulia (72,5%). Il Friuli-Venezia Giulia e l’Emilia-Romagna, che nell’ultimo anno supera la Sardegna e il Trentino Alto Adige avvicinandosi alla percentuale del Veneto, sono quelle che fanno registrare la maggiore progressione della percentuale di raccolta, con incrementi rispettivamente pari a 5 e 3,1 punti rispetto ai valori del 2022. Superano l’obiettivo del 65% anche Marche (72,1%), Valle d’Aosta (69,4%), Umbria (68,3%), Piemonte (67,9%), e Toscana (66,6%); prossime all’obiettivo la Basilicata (64,9%) e l’Abruzzo (64,6%). A livello provinciale tutte le province/città metropolitane raggiungono percentuali di raccolta differenziata superiore al 30%. I livelli più elevati di raccolta differenziata si confermano per Treviso che nel 2023 raggiunge l’89,1%, seguita da Mantova (87%), Belluno (85,8%) e Pordenone (85,4%). Superiori o prossimi all’80% sono anche i tassi delle province di Reggio Emilia (83,3%), Forlì-Cesena (81,7%), Oristano (81,3%), Trento (81,2%), Bergamo (80,5%), Novara (80,4%), Monza e della Brianza (79,9%) e Parma (79,7%).

Energia, prototipo Enea per accumulo solare tramite zolfo green

Energia, prototipo Enea per accumulo solare tramite zolfo greenMilano, 10 dic. (askanews) – L’Enea ha realizzato un prototipo sperimentale con l’obiettivo di accumulare energia solare utilizzando lo zolfo. L’attività fa parte del progetto Sulphurreal, finanziato con quasi 4 milioni di euro dall’Unione europea, svolta dall’agenzia nei laboratori del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili del Centro Ricerche Casaccia (Roma). L’idea di base del progetto è di utilizzare l’energia prodotta dal solare a concentrazione per attivare ciclicamente una serie di reazioni chimiche basate su acido solforico e zolfo e/o materie prime a base di zolfo, che possono provenire anche da processi industriali su larga scala.


“Il progetto nasce dall’esigenza di accumulare energia, termica o elettrica, attraverso i cosiddetti solar fuel, di cui un esempio è l’idrogeno. L’idrogeno offre molti vantaggi se utilizzato come vettore per la decarbonizzazione, ma presenta qualche criticità per il suo trasporto e stoccaggio”, ha commentato Salvatore Sau, ricercatore del Laboratorio energia e accumulo termico. “Lo zolfo, invece, è solido e non presenta difficoltà di trasporto e conservazione. Tuttavia, la sua combustione produce un gas tossico e inquinante, il biossido di zolfo”, ha aggiunto. Nel prototipo realizzato, l’acido solforico viene fatto evaporare per poi decomporlo in sequenza in anidride solforosa e ossigeno, grazie al calore di una fonte di irradiazione solare a concentrazione. L’anidride solforosa ricavata, che non è emessa nell’atmosfera, reagisce quindi con l’acqua per produrre acido solforico e zolfo elementare. Lo zolfo, a sua volta, immagazzina una parte significativa dell’energia solare utilizzata per decomporre l’acido solforico. Lo zolfo così ottenuto potrà essere bruciato successivamente per rilasciare l’energia solare immagazzinata.


“Il progetto Sulphurreal prevede la realizzazione di un bruciatore per contenere l’acido solforico e decomporlo in zolfo e ossigeno. Enea sta studiando proprio questo elemento. La soluzione che presenta i vantaggi maggiori – prosegue – sembra sia l’uso di un elettrolizzatore all’interno del quale, con un voltaggio inferiore a 1 volt per produrre zolfo al catodo e una soluzione di acido solforico all’anodo, lo zolfo può essere separato per filtrazione”, ha concluso Sau. A questo primo prototipo sperimentale seguirà la realizzazione di un impianto su scala di laboratorio, che permetterà di rendere l’intero processo sviluppato nell’ambito del progetto Sulphurreal un metodo per accumulo di energia termica da fonti rinnovabili discontinue.

Legambiente: con dissuasori acustici -50% Interazioni delfini-pesca

Legambiente: con dissuasori acustici -50% Interazioni delfini-pescaRoma, 9 dic. (askanews) – Ridurre le interazioni tra delfini e pescatori con l’obiettivo di giungere a una convivenza possibile. Da troppo tempo questi splendidi mammiferi marini e la pesca professionale sono entrati in competizione nelle stesse aree e per lo stesso motivo: il pescato. E con conseguenze gravi in termini di conservazione della biodiversità ed economiche per il settore della pesca professionale. Le indagini parlano chiaro: una media di circa 200 cetacei spiaggiati ogni anno. Di questi, molti mostrano segni di interazione con le attività di pesca (ingestione di pezzi di rete o bycatch), come testimoniano i risultati delle decine di necroscopie condotte dall’Università di Padova. Ma queste interazioni fra pesca e delfini determinano anche perdite economiche, stimate dal progetto dai mille ai diecimila euro ogni anno per ciascuna imbarcazione, in alcune aree. La pesca con le reti dette volanti (usate in Adriatico per la cattura di acciuga e sardina) è risultata essere la pratica più rischiosa per i delfini, in termini di possibile bycatch, insieme alle reti da posta (soprattutto nel periodo primavera-estate) usate in tante aree in Italia. È per questo che il team del progetto europeo Life Delfi – cofinanziato dal Programma LIFE dell’UE, coordinato da CNR-IRBIM insieme ai partner tra cui Legambiente- ha lavorato negli ultimi 5 anni mettendo in campo ricerca scientifica, monitoraggio, formazione e sensibilizzazione di diversi stakeholders, attività di citizen science, fornendo un grande contributo alla comunità scientifica internazionale e ai policy makers italiani ed europei.


Dissuasori acustici e Intelligenza artificiale. Il progetto ha avuto come protagonisti i pescatori delle coste del mar Tirreno, Adriatico, compresa la sponda croata, Sardegna e Sicilia: più di 500 i pescatori coinvolti nelle diverse attività, oltre mille giorni di uscite in mare a bordo di 200 imbarcazioni per testare 180 dissuasori acustici interattivi detti pinger. Il risultato è stato incoraggiante: il fenomeno delle interazioni si è dimezzato (- 50%) con l’uso dei dispositivi durante la pesca con reti da posta, il tutto senza impattare negativamente i tassi di cattura del pescato. Ma il progetto, con una ricerca innovativa, è riuscito a sviluppare, primo nel mondo, smart pinger basati sull’intelligenza artificiale, per ovviare al potenziale rischio di assuefazione dei delfini al suono emesso dai dispositivi tradizionali (con conseguente ridotta efficacia) e per ridurre l’inquinamento acustico in mare. Nel corso di Life Delfi il CNR-IRBIM di Ancona, in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, ha predisposto nuovi e più efficaci dispositivi in grado di percepire la presenza di delfini in ambiente marino attraverso l’analisi delle loro emissioni acustiche, analizzate per mezzo di intelligenza artificiale. I nuovi pinger sono quindi capaci di attivarsi solo in caso di reale presenza dei delfini, riducendo così minimo l’impatto acustico per l’ambiente marino. I primi prototipi sono già stati testati e a breve si procederà alla fase di diffusione ai pescatori. Deterrenti visivi (- 42% di interazioni con le reti da posta) e nasse alternative (interazioni azzerate durante il loro utilizzo). Le soluzioni proposte da Life Delfi non si sono fermate alla distribuzione di dissuasori acustici. Sono stati consegnati ai pescatori anche 400 deterrenti visivi, come le lampade a LED UV e altri tipi di luci, utilizzate per rendere le reti da pesca più visibili ai delfini, riducendo così la probabilità di interazione. Il progetto ha infatti dimostrato che le relazioni fra delfini e reti da traino non si limitano al tentativo di alimentazione su pesci già catturati (depredazione) ma hanno anche una componente ludica (i delfini sembrano letteralmente giocare con le reti). Inoltre, nel mar Adriatico e in Sicilia le lampade sono risultate efficaci anche per migliorare il pescato di gamberi bianchi e mazzancolle. Nel corso delle attività sono state testate e proposte ai pescatori attrezzature alternative, più selettive e a basso impatto ambientale, come nuovi tipi di nasse (900 attualmente in dotazione in varie parti d’Italia), grazie alle quali il tasso di interazione è stato azzerato oltre che impedire la depredazione del pescato.


Cetacei spiaggiati: rescue team e nuovo protocollo diagnostico. Life Delfi, grazie al supporto del partner Università di Padova, ha ottenuto due importanti risultati: dal punto di vista operativo, una rete di rescue team, 8 squadre di salvataggio da 90 operatori – tra cui anche personale della Guardia Costiera – in grado di intervenire in caso di cetacei spiaggiati o in difficoltà in mare; dal punto di vista scientifico, un nuovo protocollo diagnostico per definire le interazioni con la pesca, uno strumento creato in collaborazione con gli istituti zooprofilattici italiani e croati e il C.re.di.ma. adottato a livello nazionale e internazionale. Inoltre, l’attività di foto-identificazione, svolta da tutti i partner nelle aree pilota, ha permesso di catalogare e studiare le abitudini di comportamento di oltre 1300 cetacei. Dolphin watching. Nel percorso di engagement e sensibilizzazione i pescatori sono stati coinvolti – nell’ambito delle azioni coordinate dall’Università degli studi di Siena insieme alle Aree Marine Protette e associazioni ambientaliste partner del progetto – in 18 Corsi di formazione per diffondere la pratica eco-friendly del dolphin watching, ovvero l’osservazione dei delfini in mare, che nelle aree a maggior affluenza turistica può diventare una fonte di reddito reale. Il dolphin watching sostenibile è stata illustrato e adottato da 74 pescatori mentre, in totale, sono stati 500 i partecipanti ai corsi a cui hanno preso parte anche altri operatori marittimi. Il Codice di condotta firmato e adottato da 160 pescatori. Il documento, propedeutico all’avvio della realizzazione di un marchio “Dolphin Safe” per il pescato, delinea le migliori pratiche per la conservazione della biodiversità dei mari e il mantenimento della redditività a lungo termine delle imprese del settore pesca. Il Codice elenca le misure alternative che possono essere messe in campo, come le nasse o il dolphin watchig, e i modelli di gestione sostenibile sperimentati dal progetto, ad esempio le procedure in caso di catture accidentali per minimizzare il danno agli animali e rilasciarli in modo sicuro.


Linee guida sulle misure di compensazione nell’ambito del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, per la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA). Il documento, presentato al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) si propone di suggerire all’Autorità di Gestione una serie di interventi, basati sulle migliori conoscenze scientifiche acquisite durante il progetto, che favoriscano la riduzione delle interazioni, come le misure di mitigazione e diversificazione. Le Linee Guida potranno – anche dopo la fine del progetto -supportare l’attività delle autorità regionali e nazionali nel promuovere e sostenere la protezione di alcune specie sensibili, e fornire gli elementi per identificare nuove aree protette, in linea anche con quanto richiesto dalla Strategia Europea per la biodiversità. Sensibilizzazione: App Marine Ranger e il documentario. L’attività di citizen science ha coinvolto centinaia di studenti e studentesse e turisti nelle diverse aree pilota del progetto che sono stati impegnati in 14 bioblitz con l’uso dell’APP Marine Ranger (sviluppata dall’istituto croato Blue World Institute): più di mille avvistamenti sono stati segnalati all’applicazione contribuendo al monitoraggio e alla ricerca scientifica. Oltre 250 eventi sono stati dedicati alla sensibilizzazione del grande pubblico, mentre 70 sono stati i meeting tra nazionali e internazionali dedicati alla comunità scientifica. Più di 100 i laboratori di educazione ambientale organizzati da Legambiente nelle scuole italiane con il percorso “Dolphin as a friend” e a bordo della Goletta Verde (che nel 2022 è stata ribattezzata la “Goletta dei delfini”), mentre, il documentario “Life DELFI, un conflitto da risolvere”, realizzato dal regista Roberto Lo Monaco e raccontato dal divulgatore scientifico Barbascura X, è stato presentato e proiettato in molti contesti internazionali (FAO-Fish Forum) vincendo diversi concorsi cinematografici. Nel 2024 è stato proiettato anche durante “AntropoCine”, un festival sulla sostenibilità con il patrocinio della Festa del Cinema di Roma.


“Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti dalle azioni del progetto Life Delfi, nonostante le difficoltà incontrate durante questi 5 anni di lavoro, non ultimi il covid e il caro gasolio generato degli eventi bellici, che ovviamente hanno generato altre emergenze per i pescatori. Nonostante queste difficoltà siamo riusciti a portare soluzioni concrete al mondo della pesca professionale per ridurre il fenomeno delle interazioni con i delfini. Chiudiamo il progetto con una grande notizia: con Life Delfi e la collaborazione dell’Universita Politecnica delle Marche diffonderemo gli smart pinger, i dissuasori acustici basati sull’intelligenza artificiale, cercando di abbassare sempre più la frequenza di interazione tra delfini e reti da pesca. Si tratta di una soluzione nuovissima e pionieristica tanto che siamo già stati contattati da diverse realtà da tutto il mondo. Un grande ringraziamento va ai partner e a quanti hanno preso parte alle attività di Life Delfi dando il loro fondamentale contributo”, dichiara Alessandro Lucchetti di CNR-IRBIM coordinatore di Life Delfi. “Life Delfi è stato un progetto molto importante, non solo perchè è stato di mettere in campo attività innovative anche da punto di vista tecnologico, ma perchè ha contribuito a raggiungere obiettivi di conservazione concreti per le specie sensibili, collaborando con mondo della pesca nella promozione di pratiche sostenibili; ha aumentato la consapevolezza degli operatori economici, delle istituzioni e dei cittadini; ed ha proposto misure alle amministrazioni regionali e nazionali per una transizione blu e per il raggiungimento delle politiche europee, come quello di avere il 30% di territorio protetto a terra e a mare entro il 2030 e favorire il conseguimento e mantenimento del buono stato ambientale dell’ecosistema marino secondo quanto previsto dalla Direttiva Quadro sulla Strategia per l’Ambiente Marino 2008/56/CE”, dichiara Federica Barbera dell’ufficio biodiversità di Legambiente.

Acqua, Mascolo (MM): “Servono misure per consumatori e gestori”

Acqua, Mascolo (MM): “Servono misure per consumatori e gestori”Roma, 9 dic. (askanews) – “L’acqua è una risorsa fondamentale per la vita e deve essere gestita in modo socialmente responsabile per garantirne la conservazione a beneficio delle generazioni future”. Così l’amministratore delegato di MM spa e vicepresidente di APE (www.aquapublica.eu), l’associazione europea dei gestori pubblici dell’acqua, Francesco Mascolo, ha aperto il proprio intervento oggi a Bruxelles allo European Consumer Day 2024, promosso dal Comitato economico e sociale europeo (CESE), organismo dell’Ue che formula pareri per la Commissione europea, il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo.


La giornata di confronto è stata incentrata sulle misure necessarie a promuovere un consumo sostenibile e una gestione efficiente della risorsa idrica a livello europeo. Si è trattato di un nuovo appuntamento nell’ambito del percorso verso un Blue Deal sull’acqua a cui sta lavorando CESE in un continuo confronto con le istituzioni comunitarie.


Tanti i temi trattati durante la giornata: la trasparenza sulle tariffe idriche, l’aiuto economico alle fasce deboli di utenza per pagare le bollette, l’individuazione di formule efficaci per finanziare tali sostegni, le tecnologie per tracciare i consumi e ridurre gli sprechi, l’informazione e la formazione per incoraggiare un consumo attento e consapevole da parte dei cittadini. “In Italia abbiamo uno scenario complesso – ha aggiunto Mascolo -. L’accesso alla risorsa idrica è oggi garantito con difficoltà in alcune aree del Paese; parimenti abbiamo tariffe molto diversificate nelle varie regioni. Misure di fiscalità generale, redistributive o compensative, di tutela delle fasce deboli: le ipotesi in discussione sono tante. Se l’obiettivo, come credo, deve essere quello di garantire un pieno riconoscimento di diritti fondamentali come l’accesso a una risorsa vitale, i decisori a tutti i livelli debbono interrogarsi su misure globali capaci di garantire sia il diritto degli utenti ad avere acqua buona e sempre disponibile, sia come supportare i gestori per rendere pienamente efficace e sostenibile un servizio essenziale”.


Nel confronto odierno Mascolo ha raccontato anche l’esperienza di Milano, dove MM riesce ad assicurare ai cittadini un’acqua di qualità, sicura e accessibile, con una delle tariffe più basse d’Europa. Lo fa a partire dall’utilizzo di tecnologie per una gestione efficiente del servizio – per esempio grazie agli smart meters o alla fibra ottica nell’acquedotto – e garantendo concrete pratiche di sostenibilità come la restituzione della totalità delle acque reflue depurate per l’uso agricolo. MM è una società del Comune di Milano, a cui sono state affidate numerose aree di intervento, tra cui la mobilità, la viabilità, l’acqua, l’edilizia, le scuole e il verde.

Giornata Mondiale Suolo, analisi di 3Bee su uso del suolo

Giornata Mondiale Suolo, analisi di 3Bee su uso del suoloRoma, 2 dic. (askanews) – In occasione della Giornata Mondiale del Suolo 2024 (5 Dicembre), la naturetech company 3Bee ha realizzato un’analisi approfondita sull’uso del suolo in alcune città italiane, quelle con oltre 200.000 abitanti, tramite la sua Element-E Platform, la prima piattaforma che consente a municipalità, imprese e parchi naturali di monitorare impatti e dipendenze dalla natura per definire una strategia climatica su misura, con l’obiettivo di valutare l’impatto dell’urbanizzazione e delle attività agricole sul suolo urbano, con particolare attenzione alla permeabilità idrica.


Il suolo è infatti una delle risorse naturali più preziose e vulnerabili, essenziale per la regolazione dei cicli idrici, il sostegno alla biodiversità e la mitigazione del cambiamento climatico. Tuttavia, secondo il rapporto ISPRA 2023, in Italia il consumo di suolo continua ad aumentare, con 77 km² persi nel 2022, pari a un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. L’urbanizzazione, le attività agricole intensive e l’impermeabilizzazione stanno compromettendo irreversibilmente molte delle sue funzioni ecosistemiche, aumentando la vulnerabilità delle città a eventi meteorologici estremi, come alluvioni e siccità.


Il tema scelto dalle Nazioni Unite per la Giornata Mondiale del Suolo 2024, “Caring for Soils: Measure, Monitor, Manage”, sottolinea l’importanza di dati precisi e strumenti avanzati per comprendere le caratteristiche del suolo e supportare decisioni informate sulla sua gestione sostenibile. “Il suolo rappresenta il punto di incontro tra natura e artificio. Prendersene cura permette di ridurre fenomeni come le isole di calore, le alluvioni, le inondazioni e l’erosione del terreno. La piattaforma ambientale Element-E ha l’obiettivo di supportare municipalità, imprese e parchi naturali nella tutela del suolo per rafforzare la loro resilienza climatica.” – afferma Niccolò Calandri, CEO di 3Bee.


La gestione del suolo, elemento chiave per la resilienza ambientale, non può prescindere dalla collaborazione tra settore pubblico e privato. In questo senso, la Element-E Platform di 3Bee offre alle imprese uno strumento integrato per monitorare e gestire i propri impatti e dipendenze dalla natura, consentendo di definire strategie climatiche su misura, nel rispetto della compliance normativa. Grazie a soluzioni scalabili e basate sui dati, anche il mondo impresa può contribuire concretamente a trasformare le città in ecosistemi resilienti, promuovendo l’equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale. Un’analisi macroscopica dell’uso del suolo nelle città italiane


L’analisi di 3Bee sull’uso del suolo nelle città italiane con oltre 200.000 abitanti si è concentrata su quattro indicatori chiave: 1. Superficie artificiale, percentuale di territorio occupato da infrastrutture urbane (strade, edifici, industrie, marciapiedi…). 2. Superficie naturale: percentuale di territorio costituito da aree verdi non edificate, come parchi e boschi. 3. Superficie agricola: percentuale di territorio destinato all’agricoltura. 4. Rischio idrogeologico: valutazione del rischio associato a eventi meteorologici estremi, in particolare le alluvioni. I dati raccolti mostrano come l’urbanizzazione e le attività antropiche abbiano trasformato il suolo delle principali città italiane, con impatti significativi sulle funzioni ecosistemiche essenziali. Partendo dall’indicatore relativo alla superficie artificiale, Venezia presenta la percentuale più bassa, pari al 16,7%, grazie alla sua morfologia lagunare che limita l’espansione edilizia. Tuttavia, questa peculiarità non esime la città dai rischi legati agli eventi estremi. In particolare, il fenomeno dell’acqua alta, intensificatosi negli ultimi anni, è il risultato di una combinazione di fattori climatici e antropici: l’innalzamento del livello del mare e l’abbassamento del suolo lagunare, influenzato anche da attività umane storiche come il prelievo di acqua dalle falde, hanno ulteriormente aumentato la vulnerabilità della città. Milano invece, con oltre il 63% del territorio occupato da superfici artificiali, si distingue come la città con il più alto grado di urbanizzazione. Questo dato riflette una densità infrastrutturale estremamente elevata, che amplifica il rischio di impermeabilizzazione del suolo, compromettendo la capacità del territorio di assorbire le acque meteoriche e rendendo la città particolarmente vulnerabile a fenomeni estremi come le alluvioni. Le superfici naturali, come parchi, boschi e altre aree verdi, giocano un ruolo cruciale nella resilienza delle città. Con riferimento a questo indicatore, Genova si distingue positivamente, con oltre il 72% del territorio costituito da aree naturali. Questa percentuale, la più alta tra le città analizzate, è favorita dalla particolare conformazione geografica della città, incastonata tra montagne e mare, che preserva ampie porzioni di territorio non edificato. Anche Messina presenta una percentuale significativa di superficie naturale, pari al 68,90%. Tuttavia, altre città presentano percentuali significativamente inferiori. Bari registra il valore più basso, con solo il 16,72% di superficie naturale, seguita da Padova (17,13%), Catania (19,33%) e Milano (19,95%). La riduzione delle superfici naturali con materiali artificiali compromette la capacità del terreno di assorbire le acque piovane, aumentando il rischio di alluvioni e sovraccaricando le reti di drenaggio urbano. Inoltre, questa trasformazione riduce la ricarica delle falde acquifere, aggravando la vulnerabilità idrica delle aree urbane, impatta negativamente sulla biodiversità e amplifica il fenomeno delle isole di calore urbane. Con riferimento al rischio idrogeologico, tra le città con i livelli di rischio più elevati (livello 4 su 5) figurano Torino, Milano, Padova, Bologna, Verona, Genova e Venezia. Tra i fattori principali si evidenziano l’urbanizzazione intensiva, che riduce le superfici permeabili e la capacità dei territori di gestire le acque meteoriche, e il cambiamento climatico, che sta intensificando fenomeni estremi come precipitazioni violente e inondazioni. La stessa Genova, nonostante l’elevata percentuale di superficie naturale nelle aree collinari circostanti, resta fortemente esposta al rischio idrogeologico a causa di fattori come la canalizzazione dei torrenti, l’urbanizzazione nelle piane alluvionali e l’aumento della frequenza delle precipitazioni. La conformazione geografica, con valli strette e ripide, accelera il deflusso delle acque piovane, aumentando la probabilità di esondazioni improvvise, come dimostrato dalle alluvioni ricorrenti che hanno colpito la città negli ultimi anni. Infine, per quanto riguarda l’agricoltura, l’analisi di 3Bee mette in luce come questa attività possa spesso portare a fenomeni di erosione e compattamento del suolo, soprattutto se accompagnata da pratiche intensive. Un esempio emblematico è quello di Catania, dove il 46,02% del territorio è destinato all’agricoltura a scapito delle superfici naturali, che si riducono al 19,33%. Ciò evidenzia uno squilibrio che compromette la complessità ecologica del territorio e la sua capacità di supportare la biodiversità. Alla luce di questi dati, si prevede che il rating di rischio idrogeologico di Catania possa aumentare nei prossimi anni. Le città italiane si trovano ad affrontare sfide complesse legate alla gestione del suolo e gli interventi infrastrutturali realizzati per contrastare fenomeni estremi spesso non sono sufficientemente mirati o pianificati con un approccio di lungo termine. Tuttavia, l’innovazione tecnologica offre oggi strumenti che consentono di comprendere queste problematiche in modo più scalabile ed efficace. La Element-E Platform di 3Bee nasce proprio con l’obiettivo di supportare l’individuazione delle aree urbane maggiormente esposte a rischi e aiutare nella pianificazione degli interventi. Nella valutazione dei rischi naturali, la piattaforma si concentra in particolare sul rischio idrogeologico, considerando la severità e la frequenza di eventi alluvionali e fornendo una stima della probabilità che episodi simili si verifichino nei due anni successivi.

CIB: inaugurato primo impianto biometano agricolo finanziato con PNRR

CIB: inaugurato primo impianto biometano agricolo finanziato con PNRRMilano, 30 nov. (askanews) – È stato presentato oggi il primo impianto biometano agricolo in Italia che immette biometano per usi civili e industriali e realizzato grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presso la Società Agricola Bagnod di Piverone, in provincia di Torino, socia del CIB-Consorzio Italiano Biogas.


Al taglio del nastro ha partecipato anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin che ha dichiarato: “Da Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e da Piemontese, mi riempie di orgoglio sapere che il primo impianto di produzione del biometano, per di più finanziato con i fondi del PNRR, è qui in Piemonte e contribuisce a rendere la nostra regione un hub dell’innovazione anche per quanto riguarda la transizione ecologica. Il MASE ha stanziato quasi 2 miliardi di euro del PNRR per promuovere la produzione di biometano e favorire la diffusione di pratiche di economia circolare nelle fasi di produzione e impiego del biogas e del biometano. L’obiettivo a cui puntiamo è di raggiungere una capacità produttiva di 2,3 miliardi standard metri cubi di biometano: si tratta di un target che garantirà una riduzione dei gas a effetto serra dell’80% e oltre. Oltre ad abbattere le emissioni di gas serra il biometano favorisce un virtuoso modello di economia circolare, un contributo concreto al nostro territorio e all’intero Paese in termini di benefici ambientali, economici e occupazionali”. Con un investimento complessivo di 6 milioni di euro, l’impianto biometano di 400 Smc/h rappresenta un passo fondamentale verso l’adozione di pratiche agricole sempre più sostenibili e innovative. Alimentato da biomasse vegetali sostenibili e reflui zootecnici provenienti direttamente dall’azienda Bagnod e dalle aziende agricole circostanti, l’impianto sfrutta le risorse naturali locali, creando una rete di sinergie con il territorio che favorisce l’economia circolare.


L’impianto è stato realizzato da PRODEVAL che ha progettato e fornito una soluzione chiavi in mano per la purificazione e la valorizzazione del biogas in biometano. Unitamente alla soluzione tecnologica PRODEVAL assisterà l’azienda con i servizi necessari a garantire l’efficienza dell’impianto e di conseguenza la sua piena redditività. ENGIE, invece, è partner strategico del progetto di biometano dell’Azienda Agricola Bagnod con la quale ha stipulato un contratto di compravendita di biometano e delle Garanzie di Origine (GO) sul lungo termine, permettendo un approvvigionamento sicuro e certificato di energia rinnovabile. Con una stima produttiva di 3,5 milioni di mc di biometano, l’impianto contribuirà significativamente al percorso di transizione ecologica del nostro Paese, riducendo le emissioni di CO2 di circa il 90% e potenziando l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. La produzione annuale di biometano corrisponde al fabbisogno energetico di circa 3500 famiglie, con un impatto diretto e positivo sull’economia locale. Il biometano, fonte rinnovabile programmabile e stoccabile, offre un’alternativa energetica più efficiente e conveniente, favorendo al contempo la creazione di nuovi posti di lavoro e ricadute economiche sul territorio.


Cristian Bagnod, dell’Azienda Agricola Bagnod, ha affermato che “grazie ai fondi del PNRR, siamo riusciti a realizzare un progetto che non solo migliora l’efficienza della nostra azienda, ma contribuisce anche alla produzione di energia rinnovabile, portando beneficio all’intera comunità. Un progetto non privo di sfide che sono però state superate grazie alla collaborazione tra agricoltura, industria ed enti locali, a riprova che l’agricoltura, quella fatta bene, può essere un vero motore di sviluppo”. Punto di forza dell’Azienda Bagnod è l’aver investito nel modello del Biogasfattobene, promosso dal CIB, in cui convivono la produzione e l’utilizzo di biogas e biometano, cibo di qualità e l’adozione di pratiche agricole innovative. Per il presidente del CIB, Piero Gattoni, intervenuto nel corso della giornata a Piverone: “Oggi l’inaugurazione del primo impianto biometano agricolo realizzato con i fondi del PNRR mi rende particolarmente orgoglioso perché certifica come il percorso immaginato anni fa fosse la giusta strada da percorrere per dare nuovo respiro agli investimenti nel settore. Il progetto dell’Azienda Bagnod rappresenta una pietra angolare per tutti quanti si avviano alla costruzione o alla riconversione degli impianti. Gli impianti si possono fare. Con il quinto bando biometano aperto pochi giorni fa auspichiamo si prosegua il trend positivo di partecipazione per le nostre imprese . Siamo consapevoli del grande lavoro che ci aspetta nei prossimi mesi, vista la breve finestra temporale per concludere i lavori di tutti i cantieri che si apriranno – aggiunge Gattoni – ma sono convinto che il grande lavoro sarà la base per creare una prospettiva di sviluppo anche oltre il PNRR, in linea con gli obiettivi indicati dal Governo all’interno del PNIEC”.

MIBA 2025, la sfida della riqualificazione edilizia

MIBA 2025, la sfida della riqualificazione ediliziaMilano, 26 nov. (askanews) – Sono 12 milioni gli edifici a uso residenziale e il 60% ha più di 45 anni. Il dato emerge dal report Enea 2024 “La consistenza del parco nazionale immobiliare” e apre a importanti riflessioni. Il tema della riqualificazione del costruito risulta essere un punto centrale della Direttive Case Green. In Europa alta è l’attenzione per la riduzione dell’impatto degli immobili sull’ambiente, con specifici obiettivi di decarbonizzazione entro il 2030, al fine di raggiungere il target comunitario di diminuzione delle emissioni del 55%. Queste premesse spingono l’edilizia – intesa quale progettazione, materiali, impianti, tecnologie – a studiare interventi in grado di adeguare gli edifici alle nuove normative europee. Le imprese edili, non possono più porsi come mere esecutrici di cantiere nelle riqualificazioni energetiche degli immobili ma devono rivestire un nuovo ruolo, informativo e di orientamento, nei confronti dei condomini coinvolti nella scelta degli interventi da realizzare.


Questo è emerso dalla presentazione realizzata dall’architetto Cecilia Hugony, amministratrice delegata di Teicos, azienda edile milanese specializzata in interventi di riqualificazione energetica del costruito, nel suo speech in occasione della presentazione della prossima edizione di MIBA, Milan Internation Building Alliance, l’appuntamento di Fiera Milano che nel novembre 2025, attraverso la proposta di quattro fiere verticali, racconterà l’evoluzione dell’edificio e della città in chiave sostenibile e smart, coinvolgendo operatori del settore nazionali e internazionali. La case History milanese: riqualificazione dell’edificio opera di Albini Il condominio di Via Birago rientra in un intervento più ampio, realizzato dall’Architetto Albini alla fine degli anni ’30: il quartiere Filzi, che rappresenta il primo esperimento milanese di edilizia popolare con edifici a stecca. Tra gli interventi effettuati da Teicos, impresa edile specializzata in riqualificazione energetica degli edifici, vi sono: l’isolamento a cappotto con lana di roccia realizzato sull’involucro esterno, un’importante operazione di rimozione di lastre in cemento amianto dai parapetti di 114 balconi e l’installazione di un impianto fotovoltaico della potenza di 19.90 Kw. L’edificio ha ottenuto un salto di tre classi energetiche, passando dalla G alla D con una riduzione dei consumi pari al 45% (da 261,11 a 144,67 kWh/mq). Le emissioni inquinanti invece sono state abbattute del 56% passando da 65,11 tonnellate di CO2 pre intervento a 29,04 tonnellate post lavori.


L’edificio è sottoposto a vincolo paesaggistico e l’intervento di efficientamento energetico, realizzato insieme al progettista architetto Andrea Savio, ha avuto l’obiettivo di non alterare il progetto architettonico originale, riproponendolo fedelmente. Il quartiere popolare Filzi venne realizzato tra il 1935 e il 1938 su progetti degli architetti Franco ALbini, Renato Camus e Giancarlo Palanti in seguito alla vincita di un concorso dell’Istituto Fascista Autonomo Case Popolari. Si tratta di uno degli esempi più compiuti di quartiere razionalista nella città di Milano. Gli edifici sono distribuiti su otto stecche parallele di circa cinque piani realizzate con l’utilizzo di elementi modulari; in origine immobile ospitava al piano terra lavatoi e bagni comuni. CoRen: la metodologia di co-progettazione degli interventi Il condominio di via Birago ha beneficiato dell’approccio integrato del metodo CoREn® utilizzato da Teicos dal 2018, volto al coinvolgimento informato dei condomini nella definizione del progetto di riqualificazione. “Questo progetto dimostra come sia possibile unire l’esigenza di restauro del moderno con quella della riqualificazione energetica. Un problema per le nostre città ricche di architetture importanti che però sono anche edifici degradati e per cui ogni intervento di ripristino solo conservativo è una occasione persa di ridurre anche i consumi energetici e migliorare il comfort interno; e sono proprio gli abitanti la leva di questo approccio alla ristrutturazione. Con CoREn è quindi possibile coinvolgere attivamente chi gli edifici li usa e li abita, rendendoli più consapevoli dell’importanza della riqualificazione energetica e non solo estetica degli edifici, come è stato il caso di Via Birago”. spiega Hugony. CoREn, realizzato dal 2018 al 2021 su 85 edifici milanesi ha portato nell’80% dei casi allo sviluppo di interventi definitivi più vicini agli scenari ambiziosi illustrati che agli interventi di base e, nel 100% delle situazioni, le tempistiche decisionali in assemblea condominiale si sono ridotte del 30%, grazie alla condivisione delle scelte di intervento durante tutto il percorso. La co-progettazione della riqualificazione, quindi, non solo risulta determinante nel promuovere interventi di deep renovation ma anche nell’accelerare i processi decisionali che costituiscono una delle principali barriere all’efficienza energetica nell’ambito del residenziale privato. Il salto di classe medio registrato negli interventi deliberati con CoREn® è pari a oggi 3 e in totale, sono state risparmiate 2436 tonnellate di Co2 pari a 275 campi di calcio.


Nel 2025 si prevede la digitalizzazione della gran parte dei processi della metodologia, volta ad agevolare la partecipazione dei condomini e a facilitare le attività grazie alla realizzazione di una piattaforma ad hoc. Sarà possibile entrare virtualmente nel proprio condominio per visualizzare tutti i dettagli dell’intervento in sviluppo, si potrà interagire con tecnici e altri condomini attraverso un sistema di lavagne virtuali. Sarà presente un vademecum con le guide agli incentivi fiscali sempre aggiornato e sarà possibile scoprire dove si trovano gli altri condomini CoREn®.

Sostenibilità ambientale: Open Hub Med ottiene certificazione ISO 14001

Sostenibilità ambientale: Open Hub Med ottiene certificazione ISO 14001Roma, 21 nov. (askanews) – Open Hub Med (OHM) è una società consortile con sede operativa a Carini (Palermi), dove offre servizi di co-location e di interconnessione delle reti di operatori nazionali ed internazionali all’interno del suo Data Center neutrale e carrier-independent equipaggiato secondo i più alti standard di sicurezza e di continuità di servizio. Il management del consorzio, inoltre, ha da sempre un occhio di riguardo verso il tema della sostenibilità ambientale, diventato centrale per le politiche aziendali e per le strategie di sviluppo economico.


Open Hub Med ha recentemente ottenuto la certificazione ISO 14001, uno standard internazionale che stabilisce i requisiti per un sistema di gestione ambientale efficace. Questa certificazione consente alle organizzazioni di migliorare le proprie prestazioni ambientali, gestire le responsabilità e dimostrare l’impegno verso la sostenibilità. Attraverso l’implementazione della ISO 14001, le imprese sono in grado di ridurre l’impatto ambientale delle loro attività, promuovendo un utilizzo più efficiente delle risorse e una gestione più responsabile dei rifiuti. “Nel contesto della crescente crisi climatica, la transizione verso fonti di energia rinnovabile e sostenibili è più importante che mai. Open Hub Med si impegna a facilitare questa transizione, promuovendo progetti e iniziative finalizzate allo sfruttamento di energie pulite e all’adozione di tecnologie verdi.” – afferma Valeria Rossi, Presidente di Open Hub Med – “Il consorzio attraverso l’adozione della certificazione ISO 14001 vuole confermarsi come un attore importante nel panorama della sostenibilità. La combinazione di formazione, certificazioni e progetti innovativi nell’ambito dell’energia rappresenta una strategia efficace per fronteggiare le sfide ambientali del nostro tempo. Investire nella sostenibilità non è solo una responsabilità etica, ma rappresenta anche un’opportunità per le aziende di crescere nel rispetto dell’ambiente e delle future generazioni.


Open Hub Med è una società consortile con sede operativa a Carini (PA) dove offre servizi di co-location e di interconnessione delle reti di operatori nazionali ed internazionali all’interno del suo datacenter neutrale e carrier-independent equipaggiato secondo i più alti standard di sicurezza e di continuità di servizio, il più grande nel suo genere nel Sud Italia.Mission dei soci del consorzio è lo sviluppo in Sicilia, regione strategica nell’ambito delle tratte dei cavi sottomarini, di un grande polo delle comunicazioni per l’area mediterranea che valorizzi il Paese quale grande hub delle telecomunicazioni internazionali e nazionali, con una proiezione particolare all’ottimizzazione dei flussi di traffico tra le aree dell’Africa, del Middle East e dell’Asia verso l’Europa. Grazie alla grande esperienza dei suoi soci nell’ambito delle reti di telecomunicazione e dell’offerta di servizi a imprese, pubbliche amministrazioni e cittadini, OHM è oggi il più grande centro di concentrazione di servizi digitali nel Sud Italia. Ad oggi la sua compagine societaria, altamente rappresentativa delle diverse competenze e aree di mercato che partecipano ai processi di digitalizzazione e di sviluppo di infrastrutture per il Paese, è la seguente: Atomo Networks S.r.l., Eolo S.p.A., Fastweb S.p.A., In-Site S.r.l., EXA Infrastrucure Italy S.r.l., Italtel S.p.A., MIX S.r.l., Neomedia S.r.L. Retelit S.p.A., SKY Italia S.r.L., Stack EMEA Italy S.r.L., e Rete XMED rete di imprese costituita da operatori del territorio siciliano.

Combustibili fossili e phase out: in vista della COP29 Babbel svela i tabù del linguaggio climatico

Combustibili fossili e phase out: in vista della COP29 Babbel svela i tabù del linguaggio climaticoRoma, 12 nov. (askanews) – Con l’avvio della COP29, che proseguirà fino al 22 novembre a Baku, in Azerbaijan, si intensificano le discussioni su come affrontare la crisi climatica attraverso politiche concrete ed azioni collettive. In questo contesto, gli esperti di Babbel – l’ecosistema leader nell’apprendimento delle lingue – hanno analizzato come l’uso del linguaggio o l’omissione di alcune terminologie riveli le complesse dinamiche legate al cambiamento climatico e hanno sviluppato un glossario utile a comprendere i concetti chiave dei discorsi sul clima e sull’ambiente.


“Le parole che usiamo per descrivere la crisi climatica sono più di semplici termini tecnici: hanno un peso emotivo e sociale. Aiutare le persone a comprendere ed usare correttamente questi termini è cruciale per facilitare un dialogo più informato su questi temi” spiega Esteban Touma Portilla, Content Producer e insegnante di Babbel Live, la piattaforma che offre lezioni online dal vivo tenute da insegnanti altamente qualificati. “Il modo in cui parliamo del cambiamento climatico non è solo una questione di parole: è una questione di azione. Le parole che scegliamo hanno infatti la capacità di alimentare la consapevolezza e spingere al cambiamento o, al contrario, generare confusione”. Il linguaggio gioca un ruolo chiave non solo nella percezione pubblica, ma anche nei contesti politici e scientifici: è quindi importante considerare come in questi scenari esso possa riflettere priorità diverse. L’uso o l’omissione di alcuni termini potrebbe infatti avere un impatto sull’equilibrio tra esigenze ambientali ed economiche. Un esempio rilevante è l’uso del termine “combustibili fossili”, evitato per 28 anni negli accordi finali delle conferenze sul clima. Alla COP26 di Glasgow, nel 2021, si fece per la prima volta menzione esplicita del “carbone”, ma solo alla COP28 si è parlato della necessità di allontanarsi da tutti i combustibili fossili. Tuttavia, la formula scelta, “allontanarsi gradualmente”, è stata considerata dagli attivisti ambientali troppo debole rispetto alla transizione rapida e decisa che essi auspicano; il linguaggio adottato non rifletterebbe difatti l’urgenza della crisi climatica e rischierebbe di rallentare l’azione concreta necessaria.


Anche l’uso di termini come “unabated”, “phase out” e “geoengineering” riflette diverse visioni. L’ambiguità di questi termini solleva degli aspetti interessanti dal punto di vista linguistico, come rilevato dagli esperti di Babbel, che hanno analizzato le implicazioni di tali scelte lessicali: – Unabated: quando si parla di combustibili fossili “unabated” (letteralmente “non ridotto” o “non attenuato”), si fa riferimento a quelli che continuano a essere utilizzati senza alcuna misura per ridurre le emissioni di gas serra, come la cattura del carbonio. In altre parole, i gas serra prodotti da questi combustibili vengono rilasciati direttamente nell’atmosfera, contribuendo significativamente al riscaldamento globale. – Abated: al contrario di “unabated”, significa “ridotto” o “attenuato”. In questo contesto, indica i combustibili fossili il cui utilizzo è accompagnato da tecnologie per catturare una parte delle emissioni, riducendo così l’impatto ambientale. Tuttavia, non esiste una definizione universalmente concordata su quanta parte delle emissioni debba essere trattenuta per poter considerare un combustibile “abated”. – Phase out: traducibile con l’espressione “eliminare gradualmente”,si usa per descrivere l’intenzione di smettere di utilizzare i combustibili fossili in modo definitivo, ma in maniera progressiva nel tempo, fino a che non verranno completamente dismessi. L’espressione implica una chiara eliminazione graduale di un’attività, in questo caso l’uso dei combustibili fossili. È una scelta linguistica che denota un forte impegno a fermare completamente questa pratica, ed è spesso usata nei contesti in cui si vuole sottolineare la necessità di un’azione decisiva per il cambiamento climatico. – Phase down: significa “ridurre gradualmente”, ma non implica necessariamente una completa eliminazione. È un termine meno forte rispetto a “phase out” e suggerisce una diminuzione dell’uso dei combustibili fossili, senza promettere un’eliminazione totale. “Phase down” è una scelta linguistica più morbida, che riflette un impegno meno deciso, una formulazione che può essere percepita come una strategia più prudente che lascia margine a una riduzione progressiva, ma non definitiva, del loro utilizzo. – Geoengineering: si riferisce ad un insieme di tecnologie “speculative” progettate per modificare su larga scala il clima terrestre, con l’obiettivo di mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Questo termine comprende una gamma di interventi ancora poco testati, che spaziano da tecniche come l’iniezione di aerosol nella stratosfera per riflettere la radiazione solare, fino a interventi come la verniciatura dei tetti in colori chiari per ridurre l’assorbimento di calore. Durante la COP28, questo tema ha suscitato dibattiti accesi, con organizzazioni della società civile come la Women and Gender Constituency e la Climate Action Network che avvertono che tali tecnologie speculative potrebbero distogliere l’attenzione dalla necessità urgente di ridurre le emissioni di gas serra: il timore è che la normalizzazione di termini come “geoingegneria” nel discorso sul clima possa portare a una più ampia accettazione di queste tecnologie, rischiando di mettere in secondo piano le discussioni su soluzioni climatiche più efficaci, eque e sostenibili. Infine, stanno emergendo formulazioni alternative che cercano di trasmettere l’urgenza della transizione energetica. Anche qui il linguaggio è fondamentale: termini come “substitution” (sostituzione) legano l’espansione delle rinnovabili alla progressiva sostituzione dei combustibili fossili, aggiungendo verbi come “accelerating” (accelerare) e avverbi come “rapidly” (rapidamente). Questi termini sono spesso accompagnati da parametri temporali precisi, come “by this decade” (entro questo decennio), e cercano di trasmettere l’urgenza della transizione energetica. Anche in questo caso, le formulazioni possono apparire più o meno incisive, suggerendo diversi gradi di impegno da parte dei governi e degli attori politici.

A Ecomondo Rapporto “Gli italiani, le rinnovabili e la green e blue economy”

A Ecomondo Rapporto “Gli italiani, le rinnovabili e la green e blue economy”Roma, 25 ott. (askanews) – Quanto è urgente, per i cittadini italiani, la sfida per portare a compimento le transizioni energetica, ecologica e digitale, e qual è il loro grado di attenzione alla crisi climatica in atto? Sono solo alcune delle domande che troveranno risposta nel 22° Rapporto “Gli italiani, le rinnovabili e la green & blue economy”, promosso dalla Fondazione UniVerde e da Noto Sondaggi, con la main partnership di Renexia, che sarà presentato alla fiera Ecomondo di Rimini in occasione del convegno “Amministrazioni locali, transizione energetica ed EcoDigital: best practice e opportunità”, venerdì 8 novembre, alle ore 10.30, presso lo stand di Almaviva (via Emilia, 155 – Padiglione B7) e in diretta streaming su Radio Radicale.


Grazie alla presenza di importanti Istituzioni nazionali e alla partecipazione di Sindaci e Amministratori locali da tutta Italia, oltre a players e stakeholders, il convegno, con event partner New Energy, si concentrerà sul protagonismo delle rinnovabili, in particolare solare fotovoltaico – sulle coperture – ed eolico offshore – che non consuma territorio e tutela il mare – quali tecnologie capaci di dare sicurezza energetica al Paese rispettando l’ambiente e i territori. Saranno illustrati temi chiave ed opportunità per abilitare politiche di pianificazione a supporto delle transizioni energetica ed ecodigital. Partners dell’evento: Almaviva, Rete dei Comuni Sostenibili, Askanews, Italpress, TeleAmbiente, Opera2030.


Il convegno sarà aperto dai saluti introduttivi di: Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UniVerde); Alessandra Astolfi (Global Exhibition Director di Ecomondo); Valerio Lucciarini De Vincenzi (Segretario Generale ALI). A seguire, si terrà la presentazione del 22° Rapporto “Gli italiani, le rinnovabili e la green & blue economy” a cura di Antonio Noto (Direttore di Noto Sondaggi).


Sarà la volta del keynote speech di Vannia Gava (Viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica). Si proseguirà con la presentazione di best practice e opportunità a cura di: Riccardo Toto (Direttore Generale di Renexia); Daniele Braccia (Ceo di New Energy); Massimiliano Evangelista (Director Environment & Agriculture – Strategic Market di Almaviva).


I lavori proseguiranno con un saluto istituzionale della Presidente del Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna Emma Petitti, seguito da pitch in presenza e collegamenti da remoto di Sindaci e Amministratori locali da tutta Italia: Gaetano Manfredi (Sindaco di Napoli), Vito Leccese (Sindaco di Bari), Salvatore Quinci (Sindaco di Mazara del Vallo), Pietro Castrataro (Sindaco di Isernia), Andrea Biancani (Sindaco di Pesaro), Vincenzo Napoli (Sindaco di Salerno), Enrico Trantino (Sindaco di Catania), Giorgio Del Ghingaro (Sindaco di Viareggio), Salvatore Mazzone (Sindaco di Pietrelcina), Luigi Vicinanza (Sindaco di Castellammare di Stabia), Maria Aida Episcopo (Sindaca di Foggia), Francesco Italia (Sindaco di Siracusa), Rinaldo Melucci (Sindaco di Taranto), Fabrizia Pecunia (Sindaca di Riomaggiore), Vito Parisi (Sindaco di Ginosa), Stefano Pisani (Sindaco di Pollica), Raimondo Innamorato (Sindaco di Noicattaro), Francesco Miccichè (Sindaco di Agrigento), Luca Lopomo (Sindaco di Crispiano), Rosaria Succurro (Sindaca di San Giovanni in Fiore), Gregorio Pecoraro (Sindaco di Manduria), Luca Possanzini (Sindaco di Mergo), Marco Rizzo (Sindaco di Castellabate), Arcangelo Di Cola (Vicesindaco di Monte San Biagio). Modera: Gianni Todini (Direttore di Askanews). L’Italia ha davanti a sé obiettivi davvero sfidanti. Il nuovo Rapporto “Gli italiani, le rinnovabili e la green & blue economy” approfondisce la visione degli italiani in merito al quadro energetico auspicato per il futuro del nostro Paese. Saranno inoltre aggiornati i trend di gradimento, non solo su energia solare ed eolico offshore, ma anche su agrivoltaico e parchi agrisolari, realizzati nel rispetto dei terreni agricoli e con il coinvolgimento degli agricoltori. Il rapporto fornirà anche un importante aggiornamento sulle opinioni dei cittadini in materia di indipendenza e sicurezza energetica sostenibili, efficienza e autoconsumo, integrazione architettonica delle rinnovabili, economia circolare e green & blue economy con il focus 2024 dedicato al sentiment dei nostri connazionale sull’energia nucleare da fissione e da fusione.