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Federvini: Commissione Ue scongiuri escalation dazi Cina su acquaviti

Federvini: Commissione Ue scongiuri escalation dazi Cina su acquavitiMilano, 30 ago. (askanews) – “Ove i dazi fossero applicati in via definitiva avrebbero un impatto molto significativo sull’export: il settore ha collaborato attivamente all’indagine fornendo tutte le informazioni richieste con tempistiche a dir poco fulminee, dimostrando la debolezza delle argomentazioni sollevate dalle autorità cinesi. Invitiamo alla massima prudenza, nell’auspicio che la Commissione europea scongiuri qualsivoglia escalation che andrebbe a colpire ingiustamente il settore”. Così la presidente di Federvini, Micaela Pallini, in merito all’annuncio del ministero del Commercio cinese, sulla “determinazione preliminare come esito dell’indagine antidumping, relativa alle acquaviti di vino e di vinaccia dell’Unione europea, che introduce dazi provvisori pari al 34,8% per le aziende che hanno collaborato e del 39% per quelle che non hanno cooperato, ovvero che non hanno partecipato alla redazione dei questionari”.


Secondo Federvini, il Mofcom “lascia aperto uno spiraglio di speranza, annunciando che, per il momento, i dazi non saranno attivati, mentre l’indagine resta in corso”. “Già altre volte – conclude Pallini – siamo stati al centro di guerre commerciali estranee al nostro comparto: in questo scenario generale di incertezza non è possibile incorrere nel rischio di bloccare improvvisamente un mercato”.

Lavazza: tra i big del caffè globali raccontando il piacere di una tazzina

Lavazza: tra i big del caffè globali raccontando il piacere di una tazzinaMilano, 27 ago. (askanews) – “Il caffè è un piacere se non è buono che piacere è?”, recitava Nino Manfredi in una storica pubblicità Lavazza degli anni 80. Quarant’anni dopo, Lavazza riparte da quel piacere per darsi un obiettivo ancora più ambizioso: diventare un brand globale e competere con big come Starbucks e Nestlé. Il nuovo posizionamento è suggellato dalla campagna “Pleasure make us human” con cui l’azienda torinese, prossima a spegnere 130 candeline, torna on air. In questo caso il piacere, anche piccolo come quello di un caffè, diventa l’antidoto per restare umani di fronte all’avvento dell’intelligenza artificiale, che nella campagna assume le forme del robot Luigi, in omaggio al fondatore. A lui il compito di preparare e servire il caffè ai colleghi umani di cui invidia il piacere che provano quando lo bevono. E in segreto sogna un giorno di berlo anche lui. A interagire con Luigi due attori hollywoodiani del calibro di Steve Carell e John Krasinski, che portano il loro umorismo in una campagna destinata a vari media e Paesi.


“Sicuramente il tema dell’intelligenza artificiale oggi imperversa in maniera importante in tutte le conversazioni, certe volte anche un po’ anche a sproposito – ci ha spiegato Carlo Colpo, marketing communication director e brand home director del gruppo – Come Lavazza abbiamo deciso di ironizzare in modo positivo su questo tema e abbiamo individuato nella dimensione del piacere la nostra unicità: di fatto solo l’essere umano ambisce in qualche maniera a questa dimensione del vivere, del trovare piacere nelle esperienze di vita che fa, anche in quelle più piccole come il caffè. Quindi attorno a questa idea dell’intelligenza artificiale che prenderà un po’ il sopravvento noi vogliamo riportare al centro l’uomo e ribadire le sue caratteristiche uniche”. Lavazza, con il lancio di questa campagna, comunica anche un’evoluzione nella propria strategia di crescita, che punta a posizionarla come marchio globale. Dopo aver raccontato, infatti, la propria l’italianità, aver allargato lo sguardo a modi nuovi di intendere il caffè, diversi dall’espresso, ora si propone di parlare al mondo. “Questo terzo step è ancora più importante come magnitudo e ha l’ambizione di mettere Lavazza sul radar veramente dei brand globali – spiega Colpo – di creare attorno a Lavazza un posizionamento che trascenda qualsiasi tipo di confine e se vogliamo anche di origine, nel senso che andiamo ad astrarre il concetto di italianità rispetto ai cliché. Per questo siamo andati ad analizzare quale poteva essere il minimo come un denominatore dell’italianità e l’abbiamo individuato proprio nel concetto del piacere”. Partendo da piacere stesso del caffè e supportata dalle dimensioni “che abbiamo raggiunto a livello commerciale in tantissime geografie, dalla Cina agli Stati Uniti, oggi siamo nelle condizioni di poter sostenere questo tipo di posizionamento – afferma ancora Colpo – Non è semplicemente marketing fine a se stesso, ma una strategia di visione della nostra marca che accompagna quello che è in concreto sviluppo del business commerciale. Sicuramente oggi i nostri competitor sono i due, tre grandi marchi del caffè, questa lega a cui apparteniamo”. “Non voglio definirlo il passaggio ultimo ma sicuramente un passaggio evolutivo importante – sottolinea – che costruisce una marca veramente globale nelle intenzioni”.


Se dunque, nel pantheon dei personaggi che hanno fatto la storia della comunicazione di Lavazza, Carmencita e Caballero su tutti, ora arriva anche il robot senziente Luigi, è ai due attori americani, Carell e Krasinski, che è affidato il compito di esaltare questo respiro globale. “Loro sono la quintessenza di una comicità intelligente, sofisticata, che è propria anche di Lavazza. Direi che questa storia è proprio un blend, una ricetta ricca di tanti ingredienti e loro sono uno degli elementi portanti perché riescono a regalare comicità, questo sorriso e questo effetto sorprendente. La scelta è coerente con il messaggio di un’ambizione globale della nostra marca che due personaggi non stereotipati sul concetto dell’italianità hanno interpretato nella loro carriera. Non da ultimo, poi, l’importanza del mercato americano per i nostri prossimi piani ha fatto sì che la scelta cadesse su personaggi che hanno una una forte rilevanza culturale anche su quel mercato”. Certo la campagna cade in un momento per il mercato del caffè “bollente” con le quotazioni della materia prima in costante rialzo, per via dell’andamento dei raccolti nei Paesi d’origine, e i rischi di una ricaduta sui prezzi finali, che già in parte si sono visti. “Purtroppo – ammette Colpo – è stato imprevedibile questo trend. Nonostante i presupposti del cambiamento climatico ci fossero tutti, sicuramente nell’intensità e nel tipo di oscillazione che sta avendo è decisamente complesso predirne l’andamento anche guardando avanti. Ahimè questo trend sembra piuttosto strutturale, non un episodio che si risolve nel giro di una stagione o di un raccolto”.


Questo mette nelle condizioni torrefattori come Lavazza e tutti gli altri che vogliono continuare ad acquistare materie prime di qualità e non sono disposti a rivedere i propri blend, “ad avere aumenti di costo importantissimi”. Per questo “quello lanciato da Lavazza è un segnale importante di una famiglia che vuole continuare a investire per crescere, che di fronte a questo tsunami rivede alcune cose, perché bisogna tutelare il business e le persone, però allo stesso tempo non si ferma”. Colpo non entra nel merito delle polemiche sul costo di due euro della tazzina al bar però “sicuramente già in questi anni abbiamo visto un aumento rilevante del prezzo del caffè. Il paradosso è che il consumatore pagandolo di più vorrebbe trovarlo ancora di maggiore qualità. E la promessa tradita al consumatore sarebbe ancora peggiore se a un aumento dei costi non corrispondesse un aumento o quantomeno uno standard qualitativo costante”. Nella negatività di questo trend, se l’auspicio è che “i costi col tempo rientrino”, Colpo vede anche un aspetto positivo ed è quello di “alzare un po’ il livello delle aspettative e togliere il caffè dall’angolo della commodity. Ovviamente mi augurerei che questo processo di maggiore cultura rispetto al caffè passasse per altre vie. Lavazza ci ha sempre tenuto che questo prodotto fosse di altissima qualità per tutti e non per pochi, quindi ci piacerebbe poter continuare a tenere questa mission”.

Urso: ok accordo sviluppo con Tino Prosciutti del presidente Orsini

Urso: ok accordo sviluppo con Tino Prosciutti del presidente OrsiniMilano, 27 ago. (askanews) – Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha approvato la stipula di un accordo di sviluppo relativo a un investimento di oltre 27 milioni di euro con Tino Prosciutti. Tino Prosciutti è un prosciuttificio del Parmense presieduto dall’attuale presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ne ha preso la guida dopo la morte del suocero, il fondatore, Lanfranco Fiandri.


L’accordo approvato da Urso prevede la realizzazione di un nuovo stabilimento industriale a Calestano (in provincia di Parma) dotato di impianti per la lavorazione della carne e di tutti i criteri necessari per ottenere l’ammissione al Consorzio dei produttori di prosciutto di Parma Dop. Il ministero, spiega una nota, “in considerazione dello sviluppo tecnologico del processo produttivo proposto dall’azienda, in linea con il modello “Industria 4.0″ e dell’efficientamento energetico del ciclo produttivo”, sosterrà l’investimento con la concessione di quasi 10 milioni di euro (9.984.650 euro) di agevolazioni nella forma del contributo a fondo perduto. L’accordo sarà gestito da Invitalia che, per conto del ministero delle Imprese e del made in Italy, svolgerà l’istruttoria per l’eventuale l’ammissione alle agevolazioni.


Il programma di sviluppo, presentato il 15 aprile 2022 e annunciato a dicembre 2023 dall’azienda – specializzata nel settore della lavorazione e della produzione del prosciutto crudo destinato principalmente ai grossisti e al canale fuori casa e in nuovi prodotti per l’industria dei salumi – prevede, spiega il Mimit, un incremento occupazionale di circa 70 lavoratori a tempo pieno o con contratto di somministrazione, e avrà un effetto positivo sulla filiera di riferimento, anche in considerazione degli oltre 360 fornitori dell’azienda localizzati prevalentemente in Italia. Grazie ai criteri strutturali tecnologicamente avanzati, il nuovo stabilimento, che andrà ad affiancarsi agli altri tre dell’azienda, potrà ottenere le certificazioni rispondenti alle normative per l’export negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone, con un potenziale di crescita del fatturato derivante dai mercati esteri del +23%.

Barilla: pomodori e basilico locali, tracciabilità si fa con la blockchain

Barilla: pomodori e basilico locali, tracciabilità si fa con la blockchainMilano, 26 ago. (askanews) – Oltre 100.000 tonnellate di pomodoro italiano trasformate ogni anno in salse e sughi e oltre 6.500 le tonnellate di basilico che diventano pesto. Un basilico 100% italiano coltivato principalmente nei campi vicino allo stabilimento di Rubbiano a Parma dove nascono sughi e pesti con vasetti 100% riciclabili. Sono questi i numeri della stagione del raccolto di Barilla per quanto riguarda le filiere del pomodoro e del basilico, quest’ultimo da quest’anno tracciabile grazie a moderne tecnologie.


Per garantire la trasparenza verso i consumatori italiani, infatti, Barilla nel 2024 ha portato avanti la digitalizzazione della filiera del basilico fresco utilizzato per il pesto alla genovese. Il basilico (fresco e semilavorato) è il primo al mondo a essere tracciato tramite tecnologia blockchain, che consente di mettere a disposizione del consumatore la carta d’identità del basilico. A partire da luglio 2024, il QR code viene applicato sui vasetti di pesto alla genovese e alla sua variante senz’aglio distribuiti non solo in Italia, ma anche in altri 14 mercati Europei. Attraverso la scannerizzazione del codice, è possibile conoscere il luogo di coltivazione e tutte le informazioni testuali e fotografiche relative all’azienda produttrice. Il sistema di tracciabilità in blockchain è stato sviluppato in collaborazione con Connecting Food, ha coinvolto 50 unità operative, 19 aziende agricole e 6 fornitori, oltre allo stabilimento di Rubbiano in provincia di Parma. “Il basilico viene seminato in primavera, per essere raccolto d’estate: con la raccolta si parte al mattino presto, poiché bagnate dalla rugiada le foglie mantengono tutte le qualità in vista della trasformazione – racconta Simone Bernardi, titolare dell’azienda Agricola Bernardi di Collecchio (PR) – Viene colto a 15cm perché interessa il rapporto foglia-gambo, ma anche la croccantezza e il profumo intenso. Il nostro clima e il nostro suolo conservano le caratteristiche migliori per questo tipo di coltivazione”. “Il pomodoro nella zona di Parma e Piacenza è il filo conduttore della nostra vita. Per un prodotto eccellente il terreno non deve mai scendere al di sotto dei 13 gradi nemmeno durante la notte. Le piantine, invece, devono essere poste nel terreno in primavera, tra aprile e maggio, quando la temperatura è di 20-25 gradi. Il nostro è un impegno costante durante tutto l’anno per garantire un raccolto di qualità” ha spiegato invece Giuseppe Bonati, titolare dell’azienda agricola La Felina di Felino (PR).


Barilla vanta un rapporto più che ventennale con diversi produttori, fornitori e trasformatori italiani. Il pomodoro e il basilico utilizzati dall’azienda di Parma, infatti, si caratterizzano per l’origine italiana, l’integrazione con gli agricoltori del territorio (sono 37 i fornitori che collaborano con Barilla nella filiera del basilico) e per l’alta specializzazione e la competenza nelle tecnologie di trasformazione. Caratteristiche alla base delle quali c’è la volontà, spiega il gruppo, di stabilire rapporti di lavoro duraturi con i propri fornitori, fondati sul dialogo, sulla trasparenza e sulla soddisfazione delle controparti. Inoltre, per quanto riguarda il pomodoro per il mercato italiano ed europeo, Barilla acquista li acquista da trasformatori italiani, che lavorano prodotto 100% made in Italy. Tutti sono certificati Global G.A.P o seguono i disciplinari di produzione integrata regionali, a garanzia dell’applicazione di pratiche agricole sostenibili e responsabili. “Utilizzare materie prime di qualità, per Barilla, non è solo una necessità produttiva in chiave competitiva. È una responsabilità sociale ed etica – – afferma Cesare Ronchi, direttore acquisti materie prime del gruppo Barilla – Da qui nasce la volontà del gruppo di dar vita alla carta del basilico, un disciplinare per la coltivazione sostenibile, per la valorizzazione della biodiversità e delle comunità degli agricoltori. Mentre per i pomodori, Barilla si impegna ad acquistare esclusivamente quelli con certificazione di buone praticole agricole”.

Cantucci e Vinsanto nella moneta dedicata alla toscana della collezione numismatica 2024 della repubblica italiana

Cantucci e Vinsanto nella moneta dedicata alla toscana della collezione numismatica 2024 della repubblica italianaRoma, 5 ago. (askanews) – La Regione Toscana protagonista della serie “Cultura enogastronomica italiana – Vinsanto e Cantucci – Toscana”. La moneta, emessa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e coniata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, celebra la ricca tradizione enogastronomica della Toscana, in particolare due dei suoi prodotti tipici: il Vinsanto e i Cantucci. Inoltre, le maestose architetture della Cupola del Brunelleschi, del campanile di Giotto e della Torre di Arnolfo di Palazzo Vecchio si fondono armoniosamente con il suggestivo paesaggio delle colline senesi. Creata dall’artista incisore Marta Bonifacio e prodotta presso le Officine della Zecca dello Stato, la moneta in cupronichel ha un valore nominale di 5 euro è in versione fior di conio con una tiratura di 7.000 pezzi.


Sul Dritto: In primo piano, i tipici cantucci e il Vinsanto toscani. Sullo sfondo, tarsie in marmo bicromatiche, tipiche del romanico toscano, che delimitano una finestra, con decori ispirati alla facciata dell’Abbazia di San Miniato al Monte di Firenze, da cui si scorge la Cupola del Brunelleschi del Duomo di Firenze, il Campanile di Giotto e la Torre di Arnolfo di Palazzo Vecchio. A sinistra, in verticale, le scritte “TOSCANA” e “REPUBBLICA”; in alto, “ITALIANA”; in esergo, la firma dell’autore M. BONIFACIO. Moneta con elementi colorati. Sul Rovescio: In primo piano il caratteristico paesaggio delle colline senesi; sullo sfondo, distese di vigneti, coronati da cipressi, e il litorale toscano sul mar Tirreno; in alto, al centro, il cavallo alato Pegaso, inserito in uno scudo sannitico, simbolo della Regione Toscana. Ad arco, in alto, la scritta “SAPORI D’ITALIA”; al centro, in basso, il valore “5 EURO”; a destra, “R”, identificativo della Zecca di Roma; a sinistra, “2024”, anno di emissione. Simone Rugiati, noto chef e presentatore, commenta con entusiasmo: “Cantucci e vin Santo rappresentano l’essere toscani: storia, tradizione passione, stare insieme e energia sono caratteristiche di questo binomio che rappresenta appieno l’essenza di questa bellissima regione”.


Rugiati prosegue condividendo un ricordo personale: “Per me rappresenta il ricordo di mio nonno: il primo assaggio di vino è stato con lui. Da bambino mi hanno fatto provare un vino dolce in cui immergere i Cantucci, appunto il vinsanto. Erano nuovi quei sapori e mi sembrava che fosse lievemente differente in ogni sorso… Infine, lo chef sottolinea l’importanza di questa tradizione nella vita quotidiana toscana: “I cantucci ed il vin Santo si trovano in tutti i tipi di ristoranti in Toscana, così come nelle famiglie e dagli amici: l’inzuppare il biscotto nel vino è un momento di convivialità che lega fortemente i commensali.” Simone Rugiati ci invita così a riscoprire e celebrare le tradizioni culinarie che rendono unica la Toscana, attraverso il semplice gesto di condividere un dolce e un bicchiere di vin Santo.


La nuova moneta da 5 euro sarà disponibile per il pubblico in edizione limitata, rappresentando un pezzo unico che unisce l’arte della numismatica con la tradizione enogastronomica italiana.

Il caciottone di Norcia diventa Igp, sono 328 le IG italiane del cibo

Il caciottone di Norcia diventa Igp, sono 328 le IG italiane del ciboMilano, 4 ago. (askanews) – Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 02 agosto 2024 è stata registrata in via definitiva la denominazione caciottone di Norcia Igp che, secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Qualivita, nel comparto cibo è la numero 150 delle Igp italiane e la numero 328 nel totale delle Indicazioni geografiche agroalimentari dell’Italia, nonché la denominazione numero 11 fra le Dop Igp alimentari umbre. Il Caciottone di Norcia Igp appartiene alla classe dei formaggi, che raggiunge così le 57 denominazioni Dop Igp.


Secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Qualivita, con il Caciottone di Norcia Igp l’Italia raggiunge un totale di 857 prodotti Dop, Igp Stg nei settori cibo, vino e bevande spiritose. Il Caciottone di Norcia Igp è il prodotto 32 nel paniere del cibo e del vino Dop Igp dell’Umbria. Delle 328 Ig alimentari 174 sono Dop, 150 Igp e 4 Stg, alle quali si aggiungono 529 prodotti vitivinicoli, per un totale di 857 denominazioni. Considerando poi le 35 indicazioni geografiche delle bevande spiritose si raggiunge un totale di 892.


L’Umbria ha 32 denominazioni Dop Igp di cui 11 del comparto cibo e 21 del comparto vino, a cui si aggiungono le 4 Stg riconosciute in tutto il territorio nazionale oltre a 2 Ig delle bevande spiritose. Il Caciottone di Norcia Igp è un formaggio di forma cilindrica con facce arrotondate, prodotto con latte bovino pastorizzato, tra il 90 e il 95%, e latte ovino pastorizzato, tra il 5 e il 10%, e stagionato per un minimo di 20 giorni fino ad un massimo di 12 mesi. La zona di produzione comprende i comuni di Norcia, Cascia, Monteleone di Spoleto, Preci e Poggiodomo della provincia di Perugia, in Umbria.


(foto tratta dal sito https://www.caciottonedinorcia.it)

Afidop: il turismo enogastronomico fa sempre più tappa nei caseifici

Afidop: il turismo enogastronomico fa sempre più tappa nei caseificiMilano, 04 ago. (askanews) – Nel crescente interesse verso il nostro Paese per un turismo di tipo enogastronomico l’esperienza nei luoghi di produzione, cantine, frantoi, cucine domestiche, è sempre più richiesta con il 74% dei turisti italiani che ha visitato questi posti tra il 2020 e il 2023. Di questi circa il 30% ha fatto tappa in un caseificio. Un trend confermato dall’Osservatorio turismo di Confcommercio e che Afidop, l’associazione formaggi italiani Dop e Igp, in vista del periodo clou dell’estate vuole cavalcare proponendo un viaggio ideale per l’Italia dei formaggi certificati, 55 formaggi Dop e Igp dalla pianura all’alpeggio.


Afidop si concentra sulle Regioni leader per accoglienza turistica 2023 (Emilia-Romagna, Puglia, Trentino-Alto Adige e Toscana, quest’ultima la preferita per i soggiorni brevi) proponendo quattro ricette che hanno per protagonisti lo stelvio Dop, la burrata di Andria Igp, il pecorino toscano Dop e il parmigiano reggiano Dop. Quattro formaggi certificati protagonisti di altrettanti piatti, che permettono di apprezzare meglio alcune chicche del nostro patrimonio caseario. Ma Afidop propone anche un tour in luoghi e ristoranti, da Nord a Sud, in cui grazie al carrello dei formaggi, sollecitato dalle Linee guida Afidop per la valorizzazione di Dop e Igp casearie nei menu della ristorazione, è possibile consumare e approfondire la conoscenza di questi prodotti. Il viaggio comincia nello storico Al Sorriso (a Soriso, NO) – che, ispirandosi all’esempio francese, è dal 1981 uno dei posti cult in Italia per il carrello dei formaggi – si passa poi Da Vittorio (a Brusaporto, BG), autentico must per gli appassionati dove sperimentare formaggi da tutta Europa (Francia, Svizzera, Spagna e Inghilterra, oltre chiaramente all’Italia). Al Pomiroeu (Seregno, MB), lo chef Giancarlo Morelli propone una scelta di 45 chicche casearie, mentre a Roma, dall’Hosteria del Grappolo d’oro dell’oste Antonello Magliani, i formaggi sono anche autentici protagonisti dei piatti. Infine, a Bari al ristorante La Bul dello chef Antonio Scalera, la tradizione pugliese va a braccetto con la creatività: ecco come nasce, per esempio, il risotto all’Asiago DOP con lampascioni, in cui un formaggio tipico del Nord Italia incontra una specialità della cucina regionale pugliese.


“Ogni angolo d’Italia nasconde un formaggio tipico – conferma Antonio Auricchio, presidente di Afidop – Se mozzarella di bufala campana, gorgonzola, caciocavallo silano, grana padano e parmigiano reggiano sono noti in tutto il mondo e protagonisti della nostra cucina, ogni Regione, ogni Provincia italiana può regalare una sorpresa tutta da scoprire. Solo per rimanere in Lombardia, il Bitto e il Valtellina Casera sono specialità della Valtellina che fanno parte di ricette tipiche mentre la produzione dello Strachitunt è circoscritta a pochi piccoli comuni del bergamasco. Parliamo di realtà legate ai loro territori da una storia anche millenaria, plasmandone società, economia e in alcuni casi anche la geografia. Con questa guida vogliamo dare visibilità a questi gioielli, per valorizzarli e far venire la curiosità di prendersi una vacanza o un weekend lungo per assaggiarli nel loro territorio d’origine e scoprire come vengono prodotti”.

Nel I semestre la marca del distributore raggiunge i 14,5 mld ricavi (+2,7%)

Nel I semestre la marca del distributore raggiunge i 14,5 mld ricavi (+2,7%)Milano, 2 ago. (askanews) – Nel primo semestre 2024, la marca del distributore ha registrato un incremento delle vendite a valore del 2,7% a totale omnichannel, con oltre 14,5 miliardi di euro di ricavi complessivi, raggiungendo 30,1 punti di quota (+0,2 rispetto al primo semestre 2023). Crescita che trova conferma nell’aumento dei volumi di vendita saliti del 3,6%. E’ quanto riportano i dati Circana, partner di BolognaFiere anche per il 2025 che a gennaio 2025 ospita la 21esima edizione di Marca, manifestazione, organizzata con l’associazione Distribuzione moderna dedicata all’ecosistema della marca del distributore.


Guardando alle merceologie, migliora il posizionamento competitivo della mdd in tutti i reparti, con particolare riferimento ai segmenti drogheria alimentare, carni e pet care (tutti al +0,5 pti quota) e al cura casa (+0,4 pti). L’incremento a valore tra i reparti è sostenuto da un contestuale aumento nei volumi, fatta eccezione per il reparto bevande. Con un trend positivo e un’ampia offerta, che coniuga qualità e convenienza, la mdd è preferita da milioni di consumatori, ricoprendo sempre più un ruolo chiave per lo sviluppo del settore e del comparto agroalimentare.

CeliachiaFacile: i consigli di per fronteggiare il caldo torrido

CeliachiaFacile: i consigli di per fronteggiare il caldo torridoRoma, 2 ago. (askanews) – Insalata di riso sì, sempre, per quella di pasta invece solo se si utilizza la pasta formulata appositamente per celiaci, per la birra c’è ormai una vasta scelta senza glutine, e per il gelato invece basta seguire qualche accorgimento per il rischio di contaminazione. A stilare il decalogo che i celiaci devono rispettare per l’estate è Michele Mendola, fondatore della community CeliachiaFacile e divulgatore delle buone abitudini sul gluten-free.


“In queste giornate di caldo intenso – spiega Mendola, – il primo consiglio è quello che vale per tutti: idratarsi molto. I celiaci potrebbero avere qualche dubbio sulle bibite gassate, ma quelle maggiormente diffuse non contengono glutine. La birra invece è vietata a causa del malto d’orzo con cui viene preparata, i soggetti intolleranti però non devono rinunciare al piacere di una birra ghiacciata. In commercio ci sono infatti moltissime versioni senza glutine che ormai hanno le stesse proprietà organolettiche della birra con il glutine, infatti il gusto viene conferito più dal luppolo e dal metodo di lavorazione che non dal malto d’orzo. Ed è possibile acquistarle anche nei normali supermercati o nei negozi specializzati per il senza glutine”. Le insalate di riso o di pasta senza glutine sono un piatto fresco e leggero. “Il riso è un cereale naturalmente senza glutine – ricorda il fondatore di CeliachiaFacile – e quindi non ha alcuna controindicazione. Lo stesso vale per il mais, che in molti aggiungono all’insalata. Nel caso della pasta, invece, occorre sceglierla in alternativa nella versione gluten free”. Mendola sottolinea però che è necessario seguire qualche accorgimento, soprattutto se si cucina per più persone e, magari, si porta il cibo in spiaggia: “Se nel gruppo ci sono sia intolleranti che non, è bene cucinare un piatto senza glutine per tutti, così chi è celiaco non corre il rischio di mangiare del cibo che per errore è stato contaminato”.


In estate, poi, non si può rinunciare alla frittura di pesce: “Il rischio in questo caso è la farina che si usa per la pastella – osserva l’esperto. – O si utilizzano quelle di riso, mais, grano saraceno, miglio e tutti quei cereali o pseudocereali che sono senza glutine. Oppure si possono facilmente trovare in commercio delle miscele di farine gluten free specifiche che ormai oltretutto si lavorano quasi con la stessa facilità di quelle normali”. Via libera per la frutta fresca, la verdura, carne, uova, pesce e latticini. Altro must dell’estate è il gelato, per il quale occorre seguire qualche accorgimento. “Nel caso di quelli confezionati – aggiunge Mendola, – basta evitare i gelati con cialde e biscotti e cercare la dicitura ‘senza glutine’. Gli altri solitamente non contengono glutine, ma se c’è qualche dubbio è buona norma leggere l’etichetta degli ingredienti. Per i gelati artigianali, invece, il consiglio migliore è di chiedere al personale, soprattutto per la contaminazione che avviene se la paletta è venuta precedentemente a contatto con coni o brioche contenti glutine, infatti anche una loro mollica causerebbe problemi ai celiaci. Ormai, però, il gelato artigianale è considerato un prodotto di eccellenza e i gelatai non solo hanno un’ottima preparazione, ma sono i primi a non usare la stessa paletta per servire gusti differenti (quelli con e senza glutine ad esempio), in modo da non alterare le proprietà organolettiche. In questo modo – conclude il fondatore di CeliachiaFacile – si scongiura, unitamente all’importante accorgimento di prendere il gelato con una paletta pulita e da una vaschetta non ancora iniziata, il rischio di contaminazioni accidentali”.

Giornata birra, Dubost (Carlsberg): segnali ripresa, corrono le analcoliche

Giornata birra, Dubost (Carlsberg): segnali ripresa, corrono le analcolicheMilano, 2 ago. (askanews) – L’Italia da 5 anni a questa parte è stabilmente nei primi quattro posti per reputazione della birra fra i 27 Paesi europei analizzati, a riprova del fatto che la birra è ormai entrata a tutti gli effetti tra le bevande da pasto preferite dagli italiani. A certificarlo una ricerca Beer image tracker, promossa dai Brewers of Europe, realtà che riunisce le associazioni nazionali dei produttori di birra e le aziende di 28 Paesi europei per rappresentare la voce unitaria degli oltre 10.000 birrifici europei, in occasione della Giornata internazionale della birra che si celebra il 2 agosto.


Proprio in occasione dei questa giornata Olivier Dubost, managing director di Carlsberg Italia commenta alcune tendenze del comparto a partire dall’andamento dei consumi. Lo scenario economico incerto, a causa dell’inflazione del 2023 e delle sue conseguenze sul settore, ha avuto un importante impatto sul comportamento dei consumatori e sulla loro capacità di acquisto. Nonostante ciò, “è importante rilevare come il mercato della birra abbia continuato a confermare la sua vivacità e come l’interesse dei consumatori verso esperienze di consumo nuove e ricercate sia rimasto alto. A testimonianza di questo dinamismo, secondo i dati Iri, il mercato negli ultimi mesi ha mostrato segni di ripresa, con un +2,3% dei volumi, con un +3,8% nel canale horeca e +2,8% nel canale della gdo” afferma. L’uscita da anni difficili – pandemia prima, instabilità del contesto geopolitico e aumento dell’inflazione poi – ha generato infatti maggior voglia di convivialità e condivisione, da coronare con prodotti premium e più ricercati, che garantiscono esperienze di gusto “superiori” e più “sofisticate”. Il segmento delle birre premium, sottolinea Dubost, ha visto una crescente popolarità negli ultimi anni, perché i consumatori sono diventati sempre più consapevoli non solo delle varietà e degli stili disponibili (es. dalle IPA, alle Lager, alle Blanche), ma ricercano sempre più di frequente anche birre caratterizzate da ingredienti o tecniche di produzione speciali, come la presenza di luppoli aromatici, l’uso di spezie o la luppolatura a freddo. In parallelo, nel mercato si sta affermando ancora di più la predilezione dei consumatori per brand “di fiducia”, che in un contesto complesso possono garantire qualità, autenticità e rassicurazione, forti anche della provenienza locale.


Strettamente connesso a questo scenario, un altro macro-trend da evidenziare è l’attenzione al benessere – sia mentale che fisico – che ha portato molti consumatori a cercare alternative più “light” o senza alcol. “È un trend in continua crescita, più della media del mercato e ritieniamo che questa spinta non si esaurirà nel breve periodo. In particolare, il segmento delle alcol free beers è quello che ha registrato la crescita più rapida negli ultimi 4 anni: oggi vale 53 milioni di euro ed è in crescita dell’11,4%, secondo il report Iri sull’intero 2023”. Specialmente le giovani generazioni (a partire dalla Gen Z e, in generale, gli under 40) sono più aperte a sperimentare – e anche esplorare – questo territorio, che risponde bene alla loro crescente attitudine più salutista. “Anche noi, con il nostro Birrificio Angelo Poretti stiamo puntando su una referenza analcolica che sta mostrando tassi di crescita a doppia cifra, grazie ad una qualità capace di far superare ai consumatori ogni pregiudizio sulla categoria”, sottolinea. Infine, osserva Dubost “anche nel nostro settore, lo sguardo attento alla sostenibilità a tutti i livelli è sempre più diffuso: questo si traduce in pratiche produttive virtuose, che si impegnano a ridurre notevolmente i consumi di acqua e gli sprechi di energia, la ricerca di un packaging sempre più ecologico e riciclabile, oltre alla promozione di buone pratiche per il consolidamento del consumo responsabile. Non a caso, vediamo infatti crescere la sensibilità dei consumatori verso queste tematiche: sempre più spesso scelgono brand che riescano a conciliare esperienze di gusto appaganti con un background attento alla sostenibilità e all’inclusione”.