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La radice di rafano croato entra nel registo delle Dop

La radice di rafano croato entra nel registo delle DopRoma, 3 apr. (askanews) – La radice di rafano croato “Ludbreški hren” è stata inserita nel registro delle denominazioni di origine protetta (Dop) dalla Commissione Europea.


Il nome “Ludbreški hren” si riferisce alla radice cruda, cioè non lavorata, dell’omonima varietà di rafano. La radice rappresenta la parte sotterranea della radice ed è spesso ramificata, cilindrica, ispessita e carnosa; ha una forma leggermente affusolata e una sezione trasversale rotonda. La superficie della radice è da liscia a leggermente ruvida, ed è bianco-giallastra all’esterno e da bianca a biancastra all’interno. La zona di produzione del “Ludbreški hren” comprende l’area geografica dell’intera contea di Varaždin, in Croazia. Le condizioni climatiche e pedologiche ottimali per la coltivazione del rafano nella zona geografica delimitata, insieme alla specifica tecnica di coltivazione e all’abilità dei produttori, hanno portato alla tradizione di questa produzione, che esiste a fini commerciali. esclusivamente in questa zona. Il terreno pianeggiante della piana della Drava garantisce un flusso d’acqua uniforme nella zona di produzione e, oltre ai corsi d’acqua esistenti, ci sono anche acque sotterranee che forniscono un ulteriore apporto idrico ai terreni su cui viene prodotto il “Ludbreški hren”.

Agriturist (Confagri): cicloturismo in forte crescita

Agriturist (Confagri): cicloturismo in forte crescitaRoma, 3 apr. (askanews) – “Quello in bici, in grande espansione, rappresenta una fetta importante del turismo dell’esperienza, proposto da numerosi nostri agriturismi. Anche per questo motivo abbiamo deciso di partecipare per la prima volta alla rassegna bolognese, con l’obiettivo di diffondere le iniziative che caratterizzano l’offerta delle nostre aziende, anche in questo settore”. Lo afferma in una nota Augusto Congionti, presidente di Agriturist (Confagricoltura) annunciando la presenza dell’associazione alla manifestazione “Fiera del Cicloturismo”, in programma dal 5 al 7 aprile a Bologna.


L’Italia è una destinazione ambita tra i biker, con circa 33 milioni di presenze nel 2022 e un impatto economico diretto pari a 4,1 miliardi di euro (stime Isnart). Due terzi dei cicloturisti erano stranieri e hanno speso, in media, 3.750 euro per una settimana. Tra le preferenze dei biker: escursioni, prodotti enogastronomici, degustazioni e sagre. Gli agriturismi sono il naturale punto di sosta per i percorsi in bicicletta. Agriturist in fiera presenta i pacchetti per una vacanza su due ruote, per un’esperienza da protagonisti di un soggiorno indimenticabile che unisce il buon cibo e al buon vino, il divertimento allo sport e alla natura. Moltissimi agriturismi offrono anche il noleggio di bici.


In Lazio tre strutture (Buonasera a Civita di Bagnoregio, Le Vigne di Bolsena e Il tesoro di Acquapendente) presentano pacchetti dedicati (1/5 maggio, 10/12 maggio, 10/12 giugno e 6/13 settembre) per esplorare su due ruote natura e cultura della regione, con Andrea Pesetti, guida FCI, specializzata in cicloturismo. Il Veneto, che ospita il 31% tra produttori di biciclette e componenti, va percorso su due ruote in una dimensione lenta e leggera. In fiera l’agriturismo Casa Pisani di Padova presenta le iniziative dedicate.


L’Emilia-Romagna è in prima linea per accogliere la più importante competizione cicloturistica del mondo, pronta a ospitare nelle proprie strutture bike-friendly chi voglia seguire i professionisti delle due ruote. L’iniziativa “Benvenuto Tour de France” è promossa da Agriturist regionale insieme al club d’eccellenza Agricycle. “Il turismo dell’esperienza, come il cicloturismo, è un segmento destinato a crescere ancora. L’agriturismo – conclude Congionti – è un’attività diffusa su tutto il territorio nazionale e, nelle nostre strutture, i biker possono usufruire di servizi organizzati che vanno sempre più incontro alle esigenze di chi viaggia in bici”.

Cnr: così i boschi di faggio italiani si adattano al clima

Cnr: così i boschi di faggio italiani si adattano al climaRoma, 3 apr. (askanews) – I faggi hanno la capacità di utilizzare in modo efficiente l’acqua a loro disposizione per adattarsi alle diverse condizioni meteorologiche, adottando strategie diversificate a seconda delle condizioni ambientali in cui si trovano. E’ quanto ha messo in luce uno studio condotto dal Consiglio nazionale delle ricerche attraverso l’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Cnr-Isafom) di Perugia e l’Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe) di Sesto Fiorentino (Firenze), condotto in collaborazione con l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e la libera Università di Bolzano, che ha fornito importanti informazioni sulla capacità dei boschi di faggio in Italia di adattarsi e resistere agli effetti del cambiamento climatico.


La ricerca, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, ha preso in esame siti sparsi su tutto il territorio nazionale nel corso di un arco temporale che va dal 1965 al 2014, utilizzando indicatori chiave come l’incremento dell’area basimetrica e l’efficienza intrinseca nell’uso dell’acqua per valutare la salute e la risposta di questi boschi ai cambiamenti ambientali. Dallo studio emerge come le faggete italiane stiano affrontando la crescente suscettibilità alla mortalità a causa di siccità estreme e dell’incremento della temperatura, trends che nel corso degli ultimi decenni sono diventati sempre più evidenti. In particolare, spiega Giovanna Battipaglia, docente di ecologia forestale presso l’Università della Campania “L. Vanvitelli”, “i risultati mettono in luce la diversità delle strategie di utilizzo dell’acqua impiegate dai boschi di faggio per adattarsi alle diverse condizioni meteorologiche, così come la variabilità nella risposta alla siccità tra le diverse popolazioni analizzate lungo un transetto latitudinale della penisola italiana”.


Uno degli esiti più significativi riguarda l’identificazione di foreste che in apparenza risultano essere in buono stato di salute, ma nelle quali i ricercatori hanno rilevato segnali precoci di stress a seguito di eventi climatici estremi, come la siccità del 2003, segnali che indicano una perdita di resilienza in alcuni gruppi: l’effetto più drastico è stato rilevato in Trentino Alto Adige, dove si è osservata anche una maggiore riduzione della crescita degli alberi rispetto ad altri siti più a sud come il Lazio, la Campania e l’area del Matese. “Nelle regioni meridionali prese in esame non abbiamo osservato una drastica riduzione nella crescita delle piante, come invece abbiamo rilevato in quelle settentrionali – aggiunge Daniela Dalmonech (Cnr-Isafom) – Non solo: sempre al Sud è stato evidenziato un aumento dell’efficienza nell’uso dell’acqua, suggerendo una migliore risposta di adattamento di questi boschi alle condizioni ambientali più estreme”.


Oltre a marcare un importante risultato dal punto di vista scientifico, la scoperta ha implicazioni significative per la gestione forestale e la conservazione della specie, non solo a livello nazionale.

Efsa: virus aviaria si diffonde in Ue, anche in allevamenti

Efsa: virus aviaria si diffonde in Ue, anche in allevamentiRoma, 3 apr. (askanews) – Il virus dell’influenza aviaria continua a diffondersi nell’Unione Europea e oltre, causando un’elevata mortalità tra gli uccelli selvatici, propagazione ai mammiferi selvatici e domestici ed epidemie negli allevamenti. Lo si legge in un rapporto scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che valuta i fattori di rischio per una potenziale pandemia influenzale e le relative misure di mitigazione.


Gli esperti hanno identificato alcune specie di animali da pelliccia d’allevamento, ad esempio visoni o volpi, che sono altamente sensibili ai virus influenzali, come possibili fattori di diffusione. Sebbene la trasmissione da mammifero a mammifero non sia stata ancora confermata, i mammiferi selvatici potrebbero fungere da ospiti ponte tra gli uccelli selvatici, gli animali domestici e gli esseri umani. Anche gli animali da compagnia, come i gatti, che vivono in casa e hanno accesso all’aria aperta possono essere un potenziale veicolo di trasmissione. L’allevamento in aree ricche di uccelli acquatici con produzione all’aperto e/o scarsa biosicurezza, spiega l’Efsa, può facilitare l’introduzione del virus nelle aziende agricole e la sua ulteriore diffusione. Gli eventi meteorologici estremi e i cambiamenti climatici svolgono un ruolo aggiuntivo nell’evoluzione della situazione perché possono influenzare l’ecologia e la demografia degli uccelli selvatici e quindi influenzare il modo in cui la malattia si sviluppa nel tempo, hanno scoperto gli esperti.


Secondo lo studio, le autorità di diversi settori dovrebbero collaborare nella prospettiva One Health per limitare l’esposizione dei mammiferi, compreso l’uomo, ai virus dell’intelligenza artificiale. La sorveglianza sugli animali e sull’uomo dovrebbe essere rafforzata, insieme all’analisi genomica e alla condivisione dei dati di sequenza. Negli allevamenti, la biosicurezza dovrebbe essere rafforzata per evitare che gli animali entrino in contatto con l’infezione e la diffondano. Entro la fine dell’anno, l’Efsa e l’Ecdc pubblicheranno un parere scientifico in cui valuteranno come potrebbe svilupparsi una potenziale pandemia influenzale, fornendo indicazioni ai gestori del rischio per ridurre il rischio per la salute umana.

La Doria: nel 2023 il fatturato supera 1,2 mld (+20,6%)

La Doria: nel 2023 il fatturato supera 1,2 mld (+20,6%)Milano, 3 apr. (askanews) – Il fatturato 2023 per La Doria, azienda che produce derivati del pomodoro, sughi, legumi e succhi di frutta a marchio della grande distribuzione, ha raggiunto gli 1,228 miliardi di euro, in aumento del 20,6%, rispetto agli 1,018 miliardi di euro dell’esercizio precedente. “Questo traguardo – spiega in una nota la società controllata da Amalfi Invest, società detenuta per il 65% da Investindustrial di Andrea Bonomi, e per il restante 35% dalla famiglia Ferraioli – è frutto non solo dell’aumento dei listini, ma anche di un incremento dei volumi venduti e degli investimenti realizzati negli ultimi cinque anni: circa 142 milioni di euro in totale tra 2019 e 2023, tra cui spiccano i circa 60 milioni per l’aumento della capacità produttiva e per la logistica, gli oltre 20 milioni in interventi relativi alla sostenibilità ambientale e l’efficientamento energetico e i circa 10 milioni per la digital transformation”. Per il 2024 La Doria ha previsto ulteriori investimenti per oltre 30 milioni nei medesimi ambiti.


“La crescita de La Doria è effetto sia della flessibilità del nostro gruppo nel fronteggiare le sfide e cogliere le opportunità, sia della nostra capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato – ha dichiarato il CEO del Gruppo La Doria Antonio Ferraioli – Abbiamo mantenuto il focus sullo sviluppo commerciale e sull’espansione dei nostri mercati principali e in parallelo abbiamo continuato a concentrarci sull’ottimizzazione degli approvvigionamenti e dei processi produttivi grazie a nuovi importanti investimenti. In questo modo siamo riusciti a migliorare l’efficienza complessiva e a mantenere una posizione solida e competitiva sul mercato”. Per quanto riguarda la composizione del fatturato per tipologia di prodotto, la Linea rossa ha raggiunto un incremento complessivo del 34%, in forte miglioramento anche la Linea legumi, vegetali e pasta in scatola (+27,5%), mentre la Linea sughi ha fatto registrare un +26,2%. Infine, la Linea frutta mostra un +0,9%, mentre le linee “trading” – che comprendono i prodotti che la controllata Ldh (La Doria) importa da terzi e commercializza sul mercato inglese (come la pasta secca, il tonno, il salmone, il mais in scatola e altri) – segnano un aumento del 10,6%.


In merito alla suddivisione del fatturato per marchi, nell’esercizio 2023 il peso delle private labels ha raggiunto il 95,6%, mentre il restante 4,4% è stato generato con i marchi aziendali e con il copacking industriale, un dato che conferma come i marchi del distributore rappresentino un elemento centrale dell’attività del gruppo. La ripartizione dei ricavi per area geografica mostra un’incidenza del mercato italiano pari al 15,5%, mentre l’export registra un’incidenza dell’84,5%. Il gruppo esporta in 60 Paesi del mondo: il principale mercato estero resta la Gran Bretagna, seguono la Germania, i Paesi Scandinavi, l’Australia e la Nuova Zelanda e i Paesi dell’Est Europa. Le vendite sul mercato estero sono aumentate del 22,6% anche grazie alla soddisfacente crescita dei volumi, mentre il mercato domestico, secondo per dimensione dopo il Regno Unito, ha registrato un fatturato in crescita dell’11%.


“Per quanto riguarda i prossimi passi, le leve della nostra strategia di crescita rimarranno l’aumento della domanda di prodotti alimentari made in Italy all’estero e il costante sviluppo delle private label – ha concluso il Ceo del gruppo La Doria Antonio Ferraioli – Guardiamo con fiducia al futuro, consapevoli delle sfide ma convinti di poterle affrontare con successo, anche grazie ai rapporti consolidati con i nostri clienti, e consapevoli di poter generare valore sostenibile per tutti gli stakeholder”.

Costadoro riusa materiali scarto caffè per energia rinnovabile

Costadoro riusa materiali scarto caffè per energia rinnovabileRoma, 2 apr. (askanews) – Costadoro, l’azienda torinese produttrice di caffè di alta gamma e che nel 2023 ha ottenuto la Certificazione B Corporation, assegnata alle società che si impegnano a osservare alti standard di performance sociale e ambientale, ha deciso di riutilizzare le pellicole argentee del frutto del caffè grazie ad un innovativo sistema di aspirazione interno alle tostatrici. Questa pellicola oggi, da materiale destinato allo smaltimento che era, diviene una risorsa per la produzione di biogas, ovvero una fonte di energia pulita e rinnovabile.


Il frutto del caffè è una drupa che in genere contiene due semi avvolti da un rivestimento chiamato pellicola argentea, da un ulteriore strato denominato pergamino ed infine dalla buccia chiamata Cascara. La Cascara essiccata, ricca di antiossidanti, è ottima per la preparazione di infusi, ma non è l’unico sottoprodotto al quale viene data una seconda vita in Costadoro. Infatti, vengono recuperati anche i principali materiali di scarto della tostatura che sono le pellicole argentee. Durante le fasi di lavorazione nei paesi di origine, una parte di esse si stacca, mentre la componente restante viene rimossa durante la tostatura in un secondo momento, nella Torrefazione di Torino. Il riuso di questi materiali di scarto è possibile grazie all’operato del partner Borgo Campagna, un’azienda di Castellazzo Bormida specializzata nell’acquisto di sottoprodotti industriali da impiegare nei propri impianti di digestione anaerobica.


Questi impianti convertono i sottoprodotti organici, compresa la pellicola argentea del caffè, in biogas e biometano, e sono utilizzabili in agricoltura, con scopi bioenergetici. Il biogas prodotto, infatti, viene impiegato anche per l’attività agro-energetica, contribuendo a creare un ciclo di produzione maggiormente sostenibile e più circolare.

La “abricot des Baronnies” francese entra nel registro delle Dop

La “abricot des Baronnies” francese entra nel registro delle DopRoma, 2 apr. (askanews) – La Commissione europea ha aggiunto oggi l’”Abricot des Baronnies” al registro delle denominazioni di origine protetta (DOP). L’”Apricot des Baronnies” è un frutto fresco coltivato ai piedi delle Alpi. È particolarmente dolce e può essere arancione, bicolore, rossa o bianca.


Situata nel sud-est della Francia, principalmente nel sud del dipartimento della Drôme, con i comuni limitrofi dei dipartimenti di Vaucluse e delle Hautes-Alpes, la zona geografica è stata delimitata tenendo conto di criteri storico-geografici e delle caratteristiche geomorfologiche del territorio delle Baronie. Questa zona si basa anche sulla zona di sviluppo storico della produzione di albicocche delle Baronnies. Tutte le fasi dalla semina alla raccolta si svolgono in quest’area che si estende sul territorio di 87 comuni. Le caratteristiche dell’”Abricot des Baronnies” sono il risultato dell’interazione tra le esigenze agronomiche e climatiche dell’albicocco (che condizionano la crescita, la fruttificazione e la qualità di questi frutti), le condizioni naturali della geografia della zona e le conoscenze implementate dai produttori. Il frutto è usato fresco ma anche sotto forma di nettari, confetture, composte e persino prodotti di bellezza.

Dal 5 al 7 aprile Agriumbria: 20 convegno e focus su zootecnia

Dal 5 al 7 aprile Agriumbria: 20 convegno e focus su zootecniaRoma, 2 apr. (askanews) – Torna dal 5 al 7 aprile, ad Umbriafiere di Bastia, Agriumbria, la Mostra nazionale dell’agricoltura, zootecnia e alimentazione: saranno presenti alla 55esima edizione della fiera tutte le sigle e le associazioni di categoria dei diversi comparti, dalla zootecnia all’agricoltura, dai costruttori di macchine all’alimentazione. Oltre 20 i convegni e gli appuntamenti e centinaia le dimostrazioni e le presentazioni promosse e organizzate dagli oltre 450 espositori della fiera.


Al centro di questa edizione benessere animale, alimentazione, digital farming, tutela della biodiversità e delle risorse idriche, produzioni di qualità, multifunzionalità delle imprese agricole e agricoltura sociale. I principali temi della filiera zootecnica saranno il focus di questa fiera sempre più “orientata al futuro”, come recita lo slogan scelto dagli organizzatori di Umbriafiere. Novità importante, l’ampliamento degli spazi espositivi. E c’è grande curiosità per quanto riuscirà a proporre la “nostra” zootecnia, non solo per i numerosi spunti tecnici che emergeranno come sempre dai concorsi dedicati ad alcune tra le più pregiate razze bovine da carne allevate nel nostro Paese – Chianina, Romagnola, Charolaise e Limousine – ma anche per tutti i restanti settori dell’allevamento.


Come spiegano dall’Associazione italiana allevatori: “la zootecnia del Centro Italia, che rappresenta un modello di allevamento ecocompatibile, sostenibile e ben integrato con il territorio e l’ambiente, ricca di tradizioni, ma anche capace di migliorarsi e propendere all’innovazione, continua a proporsi come un esempio unico che promuove una ricchezza assoluta di questa parte del Paese e che esprime distintività e costituisce un efficace antidoto alla desertificazione del territorio e dell’economia che attorno ad esso ruota, ad iniziare dal turismo e dall’enogastronomia”. Molto attesi dagli esercenti i due panel promossi da Federcarni Umbria dal titolo “Ci vuole Fegato per affrontare il futuro e il Cuore lo sa” durante il debutteranno due prodotti che rappresentano un’innovazione in ambito nazionale: il Paté di fegato grasso e un originale “Burro”. L’obiettivo è quello di affiancare i professionisti macellai per sostenerli nell’aumento dei ricavi e nell’abbattimento delle rimanenze di magazzino per ridurre complessivamente costi, sprechi e scarti”. Al comparto della forestazione sarà destinata un’area demo e dimostrativa, una vera novità che si rivolge alle aziende agricole delle zone montuose e appenniniche.

Dal 7 al 10 aprile a Roma il festival del Carciofo Romanesco

Dal 7 al 10 aprile a Roma il festival del Carciofo RomanescoRoma, 2 apr. (askanews) – Torna nel cuore di Roma, nell’antico quartiere ebraico al Portico di Ottavia, la terza edizione del Festival del Carciofo Romanesco, dal 7 al 10 aprile. Il cuore della manifestazione sarà il quartiere ebraico, ma saranno coinvolti anche i rioni Trevi e Ripa, con oltre 20 ristoranti che proporranno menù originali a base di carciofo, tra ricette tradizionali e rivisitazioni.


Si parte domenica 7, ma l’inaugurazione con il taglio del nastro si terrà lunedì 8 aprile alle 11 a via del Portico d’Ottavia, alla presenza del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida e delle autorità locali. “Questo evento è un tributo all’identità culinaria del territorio romano che, oltre a celebrare il carattere unico del carciofo come simbolo delle nostre tradizioni, ci ricorda la maestria dei ristoratori nell’interpretarlo in piatti che mantengono intatto il gusto autentico che la storia ci tramanda. Promuovendo e preservando i prodotti di eccellenza, non solo favoriamo la ristorazione di qualità, ma anche un patrimonio culturale che si riflette nei sapori delle nostre tavole”, ha detto il minitro Lollobrigida.


Per quattro giorni sulle tavole di oltre 20 ristoranti del quartiere ebraico e dei rioni storici di Trevi, Ripa e Campo de’ Fiori si serviranno piatti tradizionali e originali a base di carciofi. Nell’edizione 2023, in 4 giorni sono stati consumati oltre 40mila carciofi. Ogni ristorante proporrà menù ad hoc al prezzo standard di 35 euro e metterà a disposizione delle degustazioni all’ingresso del quartiere ebraico. Il Festival del Carciofo romanesco è l’unico grande evento fieristico che si svolge nel I Municipio e rende così il centro storico protagonista.


Il carciofo, infatti, è un prodotto del territorio laziale, e questa iniziativa è gemellata con la storica Sagra di Ladispoli che si tiene a metà mese, e viene così valorizzato e riscoperto, ma è anche un ingrediente fondamentale della tradizione culinaria romana e giudaico-romanesca, oltre ad essere un alimento cardine della dieta mediterranea.

Cipolla dell’acqua della Romagna nuovo presidio Slow Food

Cipolla dell’acqua della Romagna nuovo presidio Slow FoodRoma, 2 apr. (askanews) – La chiamano “zvòla da aqua”, perché in passato veniva coltivata nei terreni attraversati da canali e fossi d’acqua, e oggi diventa Presidio Slow Food: è la cipolla dell’acqua di Santarcangelo di Romagna. Una varietà di cipolla, la sedicesima in Italia a diventare Presidio, “dalla pezzatura importante, che può arrivare anche al chilo di peso, di colore bianco e buccia dorata, e soprattutto caratterizzata da una dolcezza che ne consente il consumo anche a crudo, in insalata”, spiega Fabio Polidori, il referente dei quattro produttori che aderiscono al progetto.


Nella prima metà del Novecento, nella zona di Santarcangelo di Romagna la produzione della cipolla era fiorente. Decennio dopo decennio, poi, la coltivazione ha subìto un progressivo abbandono: oggi resistono pochi contadini, che hanno ereditato la semenza e lavorano per conservarla e tramandarla. Se l’irrigazione avviene necessariamente in modo diverso e la coltivazione si pratica su superfici ridotte, ciò che non è cambiato è il calendario dei lavori nell’orto: la semina avviene a gennaio, il trapianto delle piantine in primavera, la raccolta tra metà luglio e fine agosto.


In cucina, la cipolla dell’acqua si presta a diversi utilizzi: oltre a venir consumata cruda, un tempo veniva cotta sulla stufa a legna oppure avvolta nella stagnola e messa nella brace. Oggi la si ritrova in molte preparazioni, a cominciare dalla piadina per arrivare fino ad alcune pietanze dolci. “È un vero e proprio tesoro per i santarcangiolesi, che la amano – conclude Serena Boschi, referente Slow Food del Presidio – Ma siccome si conserva poco, due o tre mesi, oggi il tentativo è quello di usarla anche per fare trasformati e renderla sempre più appetibile sul mercato”.