Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Export 2023 a +9,5% per ortofrutta italiana nei primi cinque mesi

Export 2023 a +9,5% per ortofrutta italiana nei primi cinque mesiRoma, 27 set. (askanews) – Inizia positivamente il 2023 per l’export italiano di ortofrutta: nei primi cinque mesi dell’anno è stato pari a 2,3 miliardi di euro, con una crescita del 9,5% rispetto ai 2,1 miliardi nello stesso periodo del 2022. Sono i dati International Trade Centre, resi noti dal programma “I Love Fruit & Veg From Europe” sostenuto dalle organizzazioni di produttori Agritalia, A.O.A., La Deliziosa, Meridia, Terra Orti e cofinanziato dalla Commissione Europea.

Numeri in crescita quindi, sulla scia dell’ottimo trend registrato dall’Unione Europea che è passata da un export di frutta e verdura di 46,51 miliardi di euro nel 2021 a 48,97 miliardi nel 2022 (+5,3%), e che ha visto l’Italia pesare con 5,26 miliardi. La Germania è il primo paese per export della produzione italiana di frutta e verdura con un valore di 1,61 miliardi, seguita da Francia (477 milioni di euro), Austria (351 milioni di euro), Spagna (233 milioni di euro) e Polonia (218 milioni). Nel dettaglio, il dato dell’export mondiale di ortaggi nel 2022 è stato pari a 50,2 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 46,3 miliardi del 2021. L’Unione Europea pesa per ben il 44,6% dell’export totale in valore di ortaggi (con i Paesi Bassi e Spagna secondo e terzo esportatore al mondo). A livello di singoli paesi, il Messico è il primo esportatore al mondo seguito da Paesi Bassi, Spagna, Cina, Stati Uniti, Canada, Francia e Italia. Altri paesi UE con un export consistente di ortaggi sono il Belgio, la Polonia e la Germania. L’export UE passa dai 17,2 miliardi del 2020 ai 22,3 del 2022. L’Italia rappresenta il 3,3% dell’export mondiale di ortaggi, ottavo esportatore mondiale.

Riguardo la frutta l’export mondiale è cresciuto dell’1,7% anche se non omogeneamente a livello di singoli paesi esportatori. Nel mondo, il valore dell’export di frutta nel 2022 è stato pari a 116,5 miliardi di euro. L’Unione Europea pesa per ben il 25,2% dell’export mondiale di frutta e, nel suo complesso, è il maggiore esportatore di frutta mondiale. L’Italia è il dodicesimo paese per export (3,2%).

Conad rilancia Verso natura: la private label attenta alla sostenibilità

Conad rilancia Verso natura: la private label attenta alla sostenibilitàMilano, 26 set. (askanews) – Mentre cresce la fetta degli italiani che scelgono i prodotti della marca privata per far fronte al caro spesa, Conad rilancia la sua linea Verso natura, una private label pensata per i clienti più attenti alla sostenibilità.

Lanciata nel 2016, la linea comprende 270 prodotti suddivisi in 40 categorie dagli alimentari alla cura della casa, che nel corso dell’anno 2022 hanno generato un fatturato pari a 214 milioni di euro, in crescita del 6,5% sul 2021. “Verso Natura Conad non è solo un brand, ma un impegno verso un consumo consapevole, un invito a ritrovare la naturalità prendendosi cura di se stessi e delle generazioni future. Il bio era iniziato come il cuore di questa marca – ha detto Alessandra Corsi, direttore marketing dell’offerta e mdd di Conad – ora abbiamo prodotti anche più sostenibili del bio tout court”. La marca propone infatti un’offerta che oltre ai prodotti biologici, comprende referenze a ridotto impatto ambientale e che prediligono l’utilizzo di materie prime provenienti da fonti rinnovabili oltre a soluzioni di confezionamento riciclate, riciclabili e compostabili. Anche la selezione dei 100 fornitori segue criteri rigorosi, col 90% di loro che sono italiani. “L’obiettivo di questa linea è quello di continuare a crescere ai tassi di oggi – ha proseguito Corsi – l’obiettivo, però, non è economico ma quello di promuovere la sostenibilità. In termini numerici parliamo di un tasso del 5% di nuove referenze”. Anche come posizionamento di prezzo a eccezione del bio i prodotti costeranno un 10-15% in meno degli omologhi mainstream.

Il riposizionamento di questa linea, a cui dovrebbe seguire il rilancio il prossimo anno anche di PiacerSi, il brand commerciale dell’health wellness, si inserisce in un percorso di crescita della marca del distributore che, in un contesto generale favorito dall’inflazione, per Conad continuerà a crescere ulteriormente toccando i 5,7 miliardi (dai 5,4 del 2022) con una quota di mercato che dovrebbe crescere verso il 33%.

Trimestre anti-inflazione, Conad: 800 prodotti con prezzi “bassi e fissi”

Trimestre anti-inflazione, Conad: 800 prodotti con prezzi “bassi e fissi”Milano, 26 set. (askanews) – Conad sta preparando il suo “carrello tricolore”, in vista dell’avvio del trimestre anti-inflazione, il prossimo primo ottobre (la presentazione dell’iniziativa del ministero delle Imprese con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è prevista giovedì pomeriggio).

Per l’insegna della gdo si tratta di ampliare il paniere dei “Bassi e fissi Conad”, una iniziativa lanciata già 10 anni fa dalla catena, sotto la guida allora di Francesco Pugliese, che prevede un’offerta di prodotti a marca del distributore i cui prezzi si mantengono invariati per un periodo di tempo prolungato. “Oggi il paniere comprende 400 referenze – ha spiegato Giuseppe Zuliani, direttore customer marketing e comunicazione Conad, durante la presentazione del rilancio della linea Verso natura – questi prodotti hanno uno scostamento al ribasso dei prezzi del 25-26% rispetto ai prodotti omologhi”. Con l’iniziativa governativa del trimestre anti-inflazione, a cui la grande distribuzione ha aderito fin dall’inizio, questo paniere dovrebbe ampliarsi fino a comprendere circa 800 referenze, che verranno promosse attraverso una campagna per le televisioni in partenza proprio il primo ottobre. “Il primo ottobre andremo in tv col carrello anti-inflazione – ha spiegato – La campagna ‘Bassi e fissi’ avrà ospite il carrello tricolore anche se l’impegno a contrastare l’inflazione è ben più ampio, parliamo di un tema molto complesso”. Ora con l’iniziativa del Mimit questo paniere potrebbe ulteriormente ampliarsi se l’industria di marca aderisse con i suoi prodotti, cosa che inizialmente non era avvenuta suscitando irritazione nella grande distribuzione. “Noi abbiamo una responsabilità verso i nostri clienti – ha tagliato corto Zuliani – l’industria si prenderà la sua”.

Ristorazione collettiva, Cirfood ha acquisito la torinese Laneri

Ristorazione collettiva, Cirfood ha acquisito la torinese LaneriMilano, 26 set. (askanews) – Cirfood ha acquisito Laneri, azienda con sede a Grugliasco, nel Torinese, attiva nella ristorazione collettiva prevalentemente nell’area di Torino.

Laneri è una società storica che ogni giorno serve alcune delle più importanti aziende e realtà del territorio. Per Cirfood, impresa cooperativa di ristorazione collettiva attiva in 17 regioni oltre che in Olanda e in Belgio, questa acquisizione rappresenta “un’importante opportunità strategica di presidio e sviluppo in Piemonte”. “Laneri rappresenta un caso di eccellenza, con un importante radicamento territoriale e una forte fidelizzazione dei propri clienti, valori pienamente condivisi da Cirfood e, da sempre, elementi fondamentali della propria strategia – commenta Chiara Nasi, presidente Cirfood – Con questa acquisizione Cirfood si impegna a creare valore, a condividere le proprie competenze e, al contempo, a preservare l’autenticità di un’impresa storica come Laneri. Per questo abbiamo chiesto a Rosa Laneri di essere parte della nostra squadra, con l’obiettivo di continuare ad ampliare, insieme, la nostra presenza in Piemonte”.

“Siamo felici e orgogliosi che una realtà importante come Cirfood, tra le principali imprese della ristorazione collettiva in Italia e in Europa, abbia scelto la nostra società per il consolidamento nel territorio piemontese, e siamo certi che con la loro guida avremo un futuro brillante”, hanno commentato i fondatori Umberto Lanzalonga e Rosa Laneri.

Surgelati: sono il 2,6% del cibo che sprechiamo ogni settimana

Surgelati: sono il 2,6% del cibo che sprechiamo ogni settimanaMilano, 25 set. (askanews) – Se è vero che con l’inflazione cresce l’attenzione allo speco alimentare da parte degli italiani, esistono categorie di prodotti che più di altri, per via del metodo di conservazione, finiscono meno nella spazzatura. E’ il caso dei surgelati, di cui si buttano 13 grammi a testa a settimana, contro uno spreco complessivo di oltre 524 grammi di cibo pro capite, pari al 2,6%. A evidenziarlo è Luca Falasconi, docente di Politica agraria dell’Università di Bologna, che in collaborazione con l’Istituto italiano alimenti surgelati, in occasione della Giornata internazionale contro lo spreco alimentare ricorda perché il tema del food waste abbia assunto negli ultimi anni un’importanza crescente.

In Italia, come nel resto dei Paesi sviluppati, lo spreco alimentare avviene principalmente tra le mura domestiche. “La top 5 dei cibi più sprecati – spiega Falasconi – fa registrare al primo posto la frutta fresca (24 grammi pro capite a settimana), seguita da: insalate (17,6 gr), cipolle, aglio e tuberi (17,1 gr), pane fresco (16,3 gr), e verdure (oltre 16 gr), come emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio Waste Watcher”. Tra gli alimenti meno sprecati dagli italiani, invece, emergono i surgelati. “Di questi prodotti ne sprechiamo mediamente 715 grammi all’anno a persona, che a livello nazionale fa 42 mila tonnellate circa – spiega Falasconi – ma rappresentano solo il 2,6% di spreco individuale complessivo. Parliamo di un dato del tutto residuale ed ecco perché un maggior consumo di cibi surgelati può essere considerato come parte ideale di una strategia di riduzione dello spreco alimentare”. Il tema della riduzione degli sprechi è stato recentemente al centro dell’attenzione anche del legislatore europeo: per accelerare i progressi dell’UE, la Commissione europea ha infatti proposto che entro il 2030 gli Stati membri riducano gli sprechi alimentari del 10% a livello di trasformazione e produzione di alimenti, e del 30% (pro capite) complessivamente a livello di vendite al dettaglio e consumo (ristoranti, servizi di ristorazione e famiglie).

“Le ragioni alla base di questo fenomeno – spiega ancora Falasconi – sono principalmente comportamentali e includono: preferenze personali come gusto e questioni culturali; abitudini come la frequenza nel fare acquisti; atteggiamenti legati a pensieri e sentimenti; norme sociali, conoscenze e abilità”. Il cibo può essere sprecato, infatti, a causa della scarsa comprensione di alcune informazioni riportate sulle etichette, come la data di scadenza o le indicazioni di conservazione degli alimenti contenuti. Allo stesso modo, lo spreco alimentare può essere correlato a una mancanza di abilità nella preparazione e nel porzionamento del cibo stesso, oppure alla minore comprensione degli impatti ambientali, economici e sociali legati allo spreco. In ogni caso, un ricorso maggiore all’utilizzo di prodotti surgelati tra le mura domestiche sembra essere in grado di contribuire a contenere il fenomeno, stando alle stime di uno studio della Sheffield Hallam University, secondo cui ridurrebbero lo spreco in casa di analoghi prodotti freschi del 47%. Anche le aziende del comparto sottozero hanno adottato strategie per ridurre gli sprechi alimentari, come l’utilizzo di materie prime con imperfezioni estetiche. “Lo spreco alimentare – spiega Giorgio Donegani, presidente Iias – non comporta solo una perdita economica per il consumatore, ma rappresenta anche un tema sociale, visto che con quanto si spreca si potrebbe sfamare un terzo della popolazione mondiale. ‘Sprecare’ significa non solo non poter garantire cibo sufficiente per tutti, ma anche perdere risorse preziose usate nella produzione, come terreno fertile, acqua, energia, concimazioni. I prodotti surgelati aiutano la lotta allo spreco perché permettono un utilizzo ottimale delle materie prime che arrivano pronte per l’uso in cucina”.

Acquacoltura sostenibile, risposta a necessità ristorazione

Acquacoltura sostenibile, risposta a necessità ristorazioneRoma, 25 set. (askanews) – Come far fronte alla richiesta dei ristoratori di pesce fresco, sicuro e di alto livello qualitativo? Una possibile risposta alla necessità emergente della ristorazione italiana può arrivare dal mondo dell’acquacoltura, che è in grado di garantire l’approvvigionamento di un prodotto controllato, sostenibile e dall’elevato standard di qualità. In Italia sono attivi circa 800 impianti di acquacoltura che producono 140 mila tonnellate l’anno di prodotto contribuendo a circa il 40% della produzione ittica nazionale e al 30% della domanda di prodotti ittici freschi, occupando circa 7.500 lavoratori.

Se ne è discusso in un convegno organizzato da Isnart, l’Istituto nazionale ricerche turistiche, in collaborazione con Epam, Associazione pubblici esercizi Milano, organizzato nell’ambito di un’iniziativa promossa dal ministero dell’Agricoltura per dare risalto al carattere innovativo dell’acquacoltura sostenibile e all’evoluzione della produzione ittica da piscicoltura. “Testimoniare il valore aggiunto che l’acquacoltura può rappresentare per i nostri ristoratori e quindi per la nostra economia e per la tutela degli ecosistemi significa evidenziare i benefici che possono derivare dalla scelta di prodotti ittici provenienti dall’itticoltura. Un modello di produzione che assicura e certifica la sicurezza, la qualità e la sostenibilità dei pesci e dei mitili allevati a garanzia degli esercenti e dei consumatori” ha commentato Loretta Credaro, presidente di Isnart.

Il tema sarà al centro di un ulteriore appuntamento il 27 settembre presso il Porto di Piombino da Isnart e Agroittica Toscana e organizzato in collaborazione con l’API, Associazione Piscicoltori Italiani, la FIC, Federazione Italiana Cuochi e l’Unione Regionale Cuochi Toscani.

Afidop a Governo: Dop e Igp, rafforzare controlli e tutele

Afidop a Governo: Dop e Igp, rafforzare controlli e tuteleRoma, 25 set. (askanews) – “Al Governo chiediamo di continuare a tenere dritta la barra sulla valorizzazione dei prodotti DOP e IGP, rafforzando controlli e strumenti”. Lo ha detto il presidente di Afidop, Antonio Auricchio, nel corso di un incontro al Masaf insieme a Fipe. Afidop chiede al Governo italiano di sostenere il settore con strumenti normativi che supportino la riconoscibilità dei prodotti certificati e limitino presentazioni confusionarie dei prodotti DOP italiani.

“Troppo spesso ci troviamo – ha detto Auricchio – di fronte a pratiche destinate a confondere il consumatore nei supermercati, dove prodotti certificati e non sono messi assieme senza distinzione, generando confusione nelle scelte di acquisto dei nostri consumatori. Occorre rafforzare i controlli mirati alla tutela delle nostre produzioni e a salvaguardare i consumatori, anche grazie alla cabina di Regia, istituita dal MASAF, per sostenere e difendere la filiera agroalimentare di qualità italiana”. I Consorzi, da questo punto di vista, “dimostrano – ha aggiunto Auricchio – un costante impegno volto alla tutela dei nostri prodotti”. Ne è esempio la recente collaborazione tra Consorzio del Gorgonzola, Consorzio del Grana Padano e Consorzio del Parmigiano Reggiano che ha portato alla denuncia alle autorità preposte di una pratica ingannevole relativa alla presentazione di prodotti DOP, mischiati con prodotti non certificati, in uno store della distribuzione organizzata. “Questo è il motivo per cui sarebbe necessario definire meglio, anche da un punto di vista normativo, la possibile presentazione dei formaggi DOP presso la grande distribuzione”.

“Attendiamo inoltre con fiducia – ha concluso Auricchio – l’approvazione della presidenza spagnola del futuro testo di riferimento sulle Indicazioni Geografiche, nonostante gli importanti nodi che le istituzioni europee si sono trovate a dover gestire, tra i quali il ruolo dei consorzi ed il loro riconoscimento, l’uso delle IG nei prodotti trasformati o il tema EUIPO. Auspichiamo che, grazie ai lavori, le criticità del testo siano superate”. Tra le emergenze da affrontare anche il Nutri-Score, il sistema di etichettatura “a semaforo” dei cibi, promosso dalla Francia che per Afidop svaluta i formaggi italiani e fornisce ai consumatori informazioni limitate e fuorvianti, minacciandone credibilità e consumo, specie sui mercati esteri. “Occorre non abbassare la guardia sul Nutri-score – ha ribadito Auricchio – sebbene sempre più Paesi ne stiano mettendo in discussione la validità, a partire da Svizzera e Spagna, che stanno tornando sulle loro decisioni, ma anche Polonia e Romania. Auspichiamo che la Commissione prenda atto di queste evoluzioni e sia più orientata a modelli basati sui consumi giornalieri, e che aiutino i consumatori a seguire una dieta sana, varia e bilanciata, come la Mediterranea”.

Formaggi Dop, nome corretto solo in un ristorante su 10

Formaggi Dop, nome corretto solo in un ristorante su 10Roma, 25 set. (askanews) – I formaggi DOP sono di casa in un ristorante italiano su 4 (25,3%), ma solo uno su 10 (10,2%) li valorizza riportandone la corretta denominazione nel menu. A rivelarlo uno studio Griffeshield per Afidop realizzato su un campione rappresentativo di 21.800 ristoranti e presentato oggi a Roma al Ministero dell’Agricoltura alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida, assieme al nuovo logo dell’associazione.

Un’occasione non sfruttata appieno per un comparto che, con 4,68 miliardi di euro di valore alla produzione e 56 denominazioni, rappresenta il 59% del valore del cibo DOP IGP e SGT del Paese e detiene il primato mondiale per numero di produzioni casearie certificate. Pur essendo tra le prime voci dell’agroalimentare italiano, con 5 posizioni nella top 10 dei prodotti DOP per fatturato, il comparto per Afidop ha importanti margini di crescita, specie nel fuori casa, dove i formaggi sono al centro dell’offerta ma non vengono valorizzati come meriterebbero. La ricerca ha valutato l’entità e le modalità con cui i formaggi DOP sono riportati nei menù prendendo in considerazione nove formaggi DOP italiani: Parmigiano Reggiano, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella Di Bufala Campana, Fontina, Provolone Valpadana, Quartirolo Lombardo, Taleggio, Montasio.

Dall’indagine emerge che i formaggi DOP sono di casa in un ristorante italiano su 4 (25,3%). Tra quelli più serviti ci sono Parmigiano Reggiano DOP, Gorgonzola DOP, Grana Padano DOP, Mozzarella Di Bufala Campana DOP, con quasi il 90% delle presenze nei menu. Presenti ma non sempre valorizzati correttamente, a cominciare dal nome: il campione si spacca sulla corretta denominazione del formaggio. Da una parte, Taleggio, Fontina, Montasio e Gorgonzola sono citati sempre o quasi sempre correttamente; Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Quartirolo Lombardo, Mozzarella di Bufala Campana e Provolone Valpadana registrano invece le percentuali minori. L’acronimo DOP, infine, è riportato da 1 ristorante su 10, e solo in specifici casi: la più “promossa” è la Mozzarella di Bufala Campana DOP (46,5%), davanti a Gorgonzola (18%), Grana Padano (13,2%) e Parmigiano Reggiano (11,3%), con Fontina e Taleggio al 3,5% e le altre denominazioni al di sotto di questa quota. In pochissimi menu si fa invece riferimento alla valorizzazione di altri aspetti qualitativi dei formaggi, come la stagionatura dei prodotti. Nell’82,7% dei casi è invece riportata per il Parmigiano Reggiano per il quale l’informazione è percepita come distintiva.

“L’impegno confermato oggi per promuovere il corretto utilizzo delle denominazioni e una adeguata presentazione dei formaggi certificati ci dà una marcia in più per tutelare e valorizzare anche grazie al supporto del mondo della ristorazione questo patrimonio unico e distintivo”, ha detto il presidente di Afidop, Antonio Auricchio. Fipe stima che per il 2023 la spesa degli italiani nella ristorazione fuori casa sarà di 87 miliardi di euro: una occasione per valorizzare al meglio il comparto dei formaggi Dop. Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio, spiega che “l’incontro di oggi segna l’avvio di una collaborazione, quella tra Fipe e Afidop, che ha come scopo quello di agire concretamente attraverso la stesura di un pacchetto di Linee Guida per promuovere al meglio le produzioni certificate all’interno dei menù dei Pubblici Esercizi e incentivarne la conoscenza e il consumo”.

Lollobrigida: tavolo con Afidop per valorizzare formaggi Dop

Lollobrigida: tavolo con Afidop per valorizzare formaggi DopRoma, 25 set. (askanews) – “Apriremo un tavolo insieme ad Afidop per cercare di capire, senza particolari aggravi per la distribuzione, come riuscire a dare la possibilità alle persone di sapere verso quali prodotti indirizzarsi e avere la libertà di scegliere in maniera più oculata cosa acquistare”. Lo ha detto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, nel corso di un incontro al Masaf con Afidop, l’associazione dei formaggi italiani DOP e IGP e Fipe. Nel corso dell’incontro è stato presentato il nuovo logo dell’associazione e anche uno studio Griffeshield realizzato su un campione rappresentativo di 21.800 ristoranti.

“Dobbiamo spiegare che cosa c’è dietro i formaggi DOP in termini di produzione e trasformazione – ha detto Lollobrigida – Dobbiamo difendere i nostri prodotti dall’aggressione di chi invece, sui mercati internazionali, utilizza il metodo della contraffazione di denominazioni che richiamano i nostri prodotti di eccellenza senza che vengano realizzati con i nostri metodi e con la nostra capacità”. Durante l’incontro le due associazioni hanno evidenziato la necessità di valorizzare meglio i formaggi DOP Italiani nei menu di tutto il Paese. Fipe e Afidop, quindi, lavoreranno insieme per definire Linee Guida di corretta evidenziazione delle produzioni certificate nei menù. Uno strumento a sostegno degli operatori che lavorano nella ristorazione. La corretta valorizzazione delle denominazioni DOP e IGP costituisce, infatti, non solo un obbligo di legge, ma prima di tutto un mezzo di promozione dei territori, delle loro produzioni, oltreché delle scelte di qualità degli operatori che le adottano nei loro piatti e menù.

Al via lavori da 10 mln nel bacino del Volturno con risorse Pnrr

Al via lavori da 10 mln nel bacino del Volturno con risorse PnrrRoma, 25 set. (askanews) – Il Consorzio Generale di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno nei prossimi giorni avvierà lavori nel comparto irriguo per oltre 10,1 milioni di euro, riguardanti sia aspetti funzionali che qualitativi del servizio e che apporteranno benefici su 10.500 ettari irrigati. I lavori sono finanziati con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e finanziato dal ministero dell’Agricoltura.

Sono stati aggiudicati in via definitiva e contrattualizzati sia i lavori afferenti l’intervento di rifunzionalizzazione idraulica delle opere per 4,9 milioni di euro per la rifunzionalizzazione del sistema di adduzione e distribuzione del comprensorio irriguo “Mazzafarro” che si estende per 2.500 ettari, e sia i lavori di razionalizzazione della risorsa irrigua nel comprensorio irriguo di Parete in sinistra Regi Lagni, mediante lo sviluppo di metodi di controllo dei consumi. I lavori di questo intervento, aggiudicati per oltre 5,2 milioni di euro, consentiranno, un risparmio di risorsa idrica, un uso ancor più efficace dell’acqua sulle colture in un importantissimo comprensorio irriguo che si estende per 8.000 ettari. Francesco Todisco, commissario dell’ente, spiega che i lavori verranno consegnati nel mese di ottobre prossimo e si concluderanno entro il primo trimestre del 2025.