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Green Deal, Timmermans: è la nostra politica industriale Ue

Green Deal, Timmermans: è la nostra politica industriale UeBruxelles, 5 feb. (askanews) – Parla, a tutto campo, Frans Timmermans, l’ex vicepresidente esecutivo della prima Commissione von der Leyen, in cui era primo responsabile del Green Deal, che dopo le sue dimissioni nell’agosto 2023 è stato considerato dal Ppe e dalle destre nel Parlamento europeo come capro espiatorio, unico autore delle ‘folli politiche green’ e ‘ideologiche’ dell’Ue negli anni scorsi.


Invitato dal gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento europeo, Timmermans ha sottolineato che il Green Deal non va politicizzato, come hanno fatto il Ppe e le destre per osteggiarlo, perché non è né di sinistra né di destra, ma costituisce necessaria visione di politica industriale per l’Unione europea, se non si vuole restare indietro nell’economia globale, se si vogliono salvare davvero l’industria e i posti di lavoro in Europa, se si vogliono diminuire i prezzi dell’energia, se si vuole essere protagonisti e non vittime della transizione verde. Ha ricordato che la storia insegna che, quando il centro insegue la destra, alla fine è la destra che vince. Ha ammonito i Verdi e le forze di sinistra a perseguire insieme e in parallelo politiche ambientali e politiche sociali, affinché la transizione sia giusta e non pesi sui redditi più bassi. ‘Questo, oggi – ha detto l’ex vicepresidente della Commissione in un punto stampa a margine della riunione del gruppo S&D, oggi a Bruxelles -, è il secondo punto di svolta per l’Europa che ho vissuto nella mia vita professionale. Il primo è stato nell’89, pieno di ottimismo, di cambiamenti radicali a cui l’Europa doveva adattarsi. E l’Europa lo ha fatto. Chi avrebbe pensato nel 1989 che nel 2004 avremmo allargato l’Ue a quei Paesi che fino ad allora erano nostri nemici? Quindi siamo capaci di miracoli. E credo che dobbiamo tenerlo a mente’.


‘Ora – ha continuato Timmermans – siamo in questa fase di tensione, le sfide sono più grandi. L’ottimismo non è il sentimento prevalente in tutto il mondo. Dobbiamo riaccendere l’ottimismo, perché possiamo farcela. Ma dobbiamo assicurarci di essere più uniti. Trovo stimolante che la premier della Danimarca (Mette Frederiksen, ndr), un paese che per molto tempo è stato piuttosto riluttante in termini di accelerazione dell’integrazione europea, e soprattutto di aumento del bilancio europeo, stia ora dicendo che in questi tempi difficili dobbiamo stare fianco a fianco come europei’. Come europei, ‘dobbiamo aumentare il nostro bilancio e io, che vengo da un paese ‘frugale’, sono disposto a farlo. Il primo ministro finlandese (Petteri Orpo, ndr) ha detto esattamente la stessa cosa. Questo è il nostro momento, se lo comprendiamo correttamente’.


‘La nostra industria e i nostri cittadini – ha notato Timmermans – hanno bisogno di prezzi dell’energia più bassi; e l’unico modo per abbassare i prezzi dell’energia è accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, l’unica energia a basso costo che l’Europa ha a disposizione. L’unico modo per riaccendere la fiducia nel futuro è fornire alloggi ai giovani di tutta l’Unione europea che oggi non riescono a trovare un alloggio a prezzi accessibili, o spendono una quota eccessiva del loro reddito per alloggi al di sotto degli standard normali. L’Unione europea deve quindi investire nella transizione energetica e nell’edilizia abitativa. E deve farlo collettivamente, ricreare una piattaforma per l’industria europea del futuro’. Noi europei ‘siamo intelligenti almeno quanto gli americani. Siamo bravi a inventare, migliori dei cinesi. Ma siamo pessimi nel commercializzarle con un’economia di scala. Ed è questo che dobbiamo fare nei prossimi anni’. La Commissione presenterà entro la fine del mese una sorta di seconda versione del Green Deal, riveduta e corretta, chiamata ‘Clean Industrial Deal’. ‘Il Green Deal – ha osservato l’ex vicepresidente esecutivo della Commissione -, è la nostra politica industriale. E se la nuova Commissione ritenesse utile rinominarlo, appunto, ‘politica industriale’, o ‘Inflation Reduction Act’ (come il provvedimento negli Usa che finanzia l’industria installata in territorio americano, ndr), o qualsiasi altro nome voglia dargli, ma attenendosi alle linee politiche che abbiamo concordato, penso che farebbe un buon servizio all’industria e ai nostri cittadini’.


‘Ma devo anche essere onesto: di molti dei sussidi e delle misure che dovevano aiutare le persone a passare a una mobilità a zero emissioni o a basse emissioni, a installare pannelli solari, ecc., hanno beneficiato – ha ammesso Timmermans – le parti più ricche dell’Europa, la parte più ricca della nostra società. Ora – ha sottolineato – dobbiamo assicurarci di ristrutturare questa politica, in un modo che siano avvantaggiate davvero le persone, quelle che da sole non possono permettersi di acquistare pannelli solari, che dipendono dai trasporti pubblici, che hanno bisogno di investimenti, e che hanno bisogno di avere accesso a veicoli a zero emissioni’. Insomma, ‘c’è molto da fare, e possiamo riuscirci solo se siamo uniti. Questa unità ha portato, anche nel Parlamento europeo e nella Commissione, a grandi decisioni in passato. A volte mi chiedo come mai la memoria delle persone sia così corta. Il Green Deal – ha ricordato – è stato possibile solo perché il Ppe ha partecipato a tutti i processi decisionali e ha votato positivamente. Il Green Deal è stato spesso rivendicato dal Partito popolare europeo come un loro progetto. Dov’è finito ora? Cosa è cambiato? È cambiato il progetto o è cambiato il Ppe?’ ‘Noi sappiamo – ha rilevato Timmermans -, e porto questa esperienza dal mio paese’, l’Olanda, ‘che se il centro-destra inizia a imitare la destra radicale, è la destra radicale che vince e il centro-destra che perde. E il centro-destra che perde viene trascinato nell’ambito della destra radicale, abbandona il centro. Il che rende poi molto più difficile, per altri partiti di centro-sinistra o di centro-destra, formare coalizioni che possano portare i nostri paesi e la nostra Europa nel futuro. Quindi spero che cambieranno approccio’ nel centro-destra. ‘Ho visto, ad esempio, il leader dei nazionalisti fiamminghi, che ora è primo ministro del Belgio (Bart De Wever, ndr), che ha capito questo quando ha assistito all’esperienza delle elezioni olandesi. E ora vedo Friedrich Merz (il leader della Cdu tedesca, candidato cancelliere alle imminenti elezioni ndr) commettere di nuovo questo tragico errore in Germania. Pensavo che il centro-destra in Germania avesse imparato dal passato a non farlo. Ma tragicamente, ora Merz lo ha fatto. Non posso controllare le conseguenze che questo avrà, ma mi preoccupano’. ‘Quindi se vogliamo essere forti a sinistra, dobbiamo essere più uniti; ma dobbiamo anche fare una proposta al centro, che attiri altri partiti dal centro per formare coalizioni con noi. Non vorrei che i movimenti di sinistra in Europa si trovassero ad avere sempre ragione, ma ad essere raramente rilevanti. E la nostra rilevanza dipende dalle nostre dimensioni, dalle nostre proposte, e dalla nostra volontà di cooperare con altri partiti democratici per portare cambiamenti’, h& spiegato Timmermans. Sempre riguardo al Green Deal, ha notato una giornalista, sembra che la Commissione, oltre a cambiandogli il nome, voglia anche andare in una direzione diversa da quella che era stata stabilita con il precedente Esecutivo Ue. Questo, ha replicato Timmermans, ‘resta da vedere. Penso che la Commissione sappia benissimo che per far passare la legislazione negli Stati membri ha bisogno del Parlamento europeo. Quindi dipenderà anche dalle possibilità del Parlamento europeo di creare abbastanza coalizioni con persone che si sono precedentemente impegnate nella transizione incorporata dal Green Deal, per continuare su quella strada’. ‘Con le elezioni che ci sono state e che ci saranno, l’Europa – ha constatato – si è spostata a destra, in particolare in certi Stati membri, e questo si rifletterà nel programma della Commissione; penso che sia ovvio. Ma quel programma dovrà anche ottenere supporto qui’ nel Parlamento europeo. ‘E al centro del programma – ha indicato – deve esserci un’idea di come portiamo posti di lavoro in Europa, di come rafforziamo la nostra base industriale, come ci assicuriamo di abbassare i prezzi dell’energia. Che si sia di sinistra o di destra, queste saranno le nostre priorità. E il Green Deal, a mia conoscenza, è il modo migliore per arrivarci’. ‘Insomma, – ha sintetizzato Timmermans – vedremo se si tratterà solo di un ‘rebranding’ o di qualche vero cambiamento di rotta. Ma penso che i piani del ‘Fit for 55′ (la legislazione già approvata affinché l’Ue possa conseguire la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030, ndr) dovrebbero restare in vigore’. Questo obiettivo, ha avvertito, ‘è nell’interesse di tutti. E non va politicizzato. Ricordo i primi anni di lavoro in prima linea alla Commissione europea: allora il Green Deal non era una cosa di sinistra o di destra. Era la cosa giusta da fare, né di sinistra, né di destra’. Oggi, ha rilevato ancora, ‘in qualche modo il centro-destra è stato tentato dalla destra radicale di politicizzare l’idea stessa del Green Deal. Ma forse possiamo fare un passo indietro e guardare alle politiche di cui l’Europa ha bisogno per ricreare una solida base industriale perché è molto, molto urgente’. Comunque, ha ammonito Timmermans, che è favorevole a un’alleanza tra le forze politiche di sinistra e quelle verdi in Europa, come è già avvenuto nel suo paese, l’Olanda, ‘non si può fare una politica verde se non si è anche attenti al sociale. E non si può fare politica sociale se non si accelera la transizione verde. Perché più tempo ci vorrà’ per compiere questa transizione, ‘più sarà costosa. E il conto arriverà alle persone che non possono permetterselo’. A una domanda sul mancato decollo della domanda nel comparto dell’auto elettrica in Europa, che ha smentito le previsioni iniziali ottimistiche dei servizi della Commissione di cui lui era responsabile, l’ex vicepresidente esecutivo ha replicato: ‘Che cosa è andato storto? Prima di tutto, l’Europa è arrivata tardi nel gioco. L’industria automobilistica europea, e in particolare i grandi produttori di automobili in Germania, pensavano che il motore a combustione avesse un futuro senza fine. E allo stesso tempo abbiamo visto che, soprattutto in Asia, le auto elettriche non stavano solo diventando prodotti di massa, ma stavano anche diventando sempre più economiche’. ‘Quindi siamo arrivati ​​tardi alla festa. E ora dobbiamo supportare l’industria automobilistica per una transizione più rapida. Una transizione verso emissioni molto basse, verso una mobilità a zero emissioni’. In passato, ‘quando i motori a combustione stavano arrivando sul mercato, non si sarebbe aiutata l’industria europea sostenendo i motori a vapore. Si aiutò l’industria accelerando la transizione ai motori a combustione. Ora si deve aiutare l’industria automobilistica accelerando la transizione verso le emissioni zero’, ha concluso Timmermas.

Antitrust, multa da 8 mln a Gls per piano sostenibilità ambientale

Antitrust, multa da 8 mln a Gls per piano sostenibilità ambientaleRoma, 4 feb. (askanews) – L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato in solido alle società General Logistics Systems, a capo del Gruppo Gls in Europa, General Logistics Systems Italy S.p.A. e General Logistics Systems Enterprise S.r.l. una sanzione di 8 milioni di euro. Con un comunicato, l’Autorità spiega di aver accertato che l’iniziativa di sostenibilità ambientale “Climate Protect”, con cui Gls – gruppo importante e noto – ha costruito la propria immagine green è stata organizzata, finanziata e comunicata senza la trasparenza, il rigore e la diligenza richiesti ad operatori di un settore molto inquinante, quale quello della spedizione, trasporto e consegna di merci.


Tenuto conto che la crescente consapevolezza sulle problematiche ambientali influenza in maniera sempre più decisiva i comportamenti di acquisto e la reputazione delle imprese rispetto ai propri concorrenti, è stato appurato che, nell’ambito del programma di sostenibilità ambientale realizzato da Gls, le tre imprese hanno utilizzato Wdichiarazioni ambientali ambigue e/o presentate in modo non sufficientemente chiaro, specifico, accurato, inequivocabile e verificabile sul sito webW. Inoltre, “è emerso che ai clienti abbonati ai servizi veniva imposto di aderire a questo programma e di pagare un contributo economico così da ottenere un certificato, non richiesto, attestante l’avvenuta compensazione delle emissioni di CO2 relative alle rispettive spedizioni. Questo contributo – prosegue l’antitrust – è stato definito prescindendo da una previa verifica dei costi riconducibili al programma ‘Climate Protect’, esonerando dal pagamento i clienti di grandi dimensioni e lasciando intendere che le stesse società del gruppo avrebbero contribuito in modo significativo al suo finanziamento”.


Secondo l’Agcm è invece risultato che le società del gruppo Gls, oltre ad aver riversato tutti gli oneri economici legati al programma sui propri clienti abbonati e sulle imprese di spedizioni affiliate alla rete di General Logistics Systems Italy, “hanno incassato contributi maggiori dei costi sostenuti per attuare il programma”. Inoltre, le comunicazioni trasmesse ai clienti abbonati e alle imprese affiliate e le certificazioni sulle compensazioni delle emissioni di CO2 rilasciate a clienti e imprese per le proprie spedizioni sono risultate ingannevoli, ambigue e/o non veritiere. L’Autorità, conclude la nota, ha così accertato che queste condotte integrano una pratica commerciale scorretta in violazione degli articoli 20, 21, 22 e 26, lett. f) del Codice del consumo.

Orsted, gigante pale eoliche nomina Rasmus Errboe nuovo Ad

Orsted, gigante pale eoliche nomina Rasmus Errboe nuovo AdRoma, 31 gen. (askanews) – La danese Ørsted, gigante globale delle pale eoliche ha annunciato la sostituzione con effetto immediato dell’amministratore delegato, Mads Nipper, con l’attuale numero due e direttore commerciale, Rasmus Errboe. Quest’ultimo subentrerà alla guida del gruppo già da domani, secondo quanto riporta un comunicato.


Nipper era in carica dal 2021 ma la sua posizione si è incrinata dopo le pesanti svalutazioni effettuate sulle attività del gruppo negli Stati Uniti, il cui quadro è stato esacerbato dagli ordini esecutivi del neo presidente Donald Trump di stop a tutti i sussidi sulle energie “verdi”. (fonte immagine: Ørsted).

Bei, nel 2024 in Italia investiti 11 mld per crescita sostenibile

Bei, nel 2024 in Italia investiti 11 mld per crescita sostenibileRoma, 30 gen. (askanews) – Nel 2024, il gruppo Banca europea per gli investimenti (Bei) ha confermato il proprio impegno a sostegno della crescita sostenibile e dell’innovazione in Italia, con 99 operazioni e investimenti per 10,98 miliardi di euro, pari allo 0,5% del Pil. Con un comunicato, l’istituzione afferma che queste operazioni hanno contribuito ad attivare investimenti nell’economia reale per circa 37 miliardi di euro, equivalenti all’1,7% del Pil.


Le attività svolte sono state illustrate oggi dalla vicepresidente della Bei, Gelsomina Vigliotti, nel corso di una conferenza stampa a Roma, presso lo Spazio Europa. Sostenere il settore pubblico e quello privato, ha spiegato, aiuta ad affrontare le sfide della transizione ecologica, della sicurezza energetica e della digitalizzazione.


“Il Gruppo Bei ha da sempre ricoperto un ruolo strategico nel sostenere l’economia italiana, finanziando progetti infrastrutturali cruciali, catalizzando risorse e supportando le amministrazioni locali nei loro investimenti. Nel corso dell’ultimo anno – ha detto Gigliotti – abbiamo riaffermato il nostro impegno, contribuendo in modo significativo ad accelerare il cambiamento verso un futuro più resiliente, prospero e innovativo”. “Il nostro intervento non si limita al sostegno finanziario, ma si traduce in un contributo concreto alla sostenibilità ambientale, all’autonomia energetica, alla competitivita e alla trastormazione digitale – ha aggiunto Gigliotti – in linea con le priorità dell’Italia e dell’Unione Europea”.

Ue, Urso: rendere sostenibile la transizione per l’industria

Ue, Urso: rendere sostenibile la transizione per l’industriaBruxelles, 29 gen. (askanews) – Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha avuto diversi incontri alla Commissione europea, oggi a Bruxelles, in particolare con il commissario per la Mobilità sostenibile, Apostolos Tzitzikostas, con la vicepresidente esecutiva per la Transizione giusta e pulita e per la Concorrenza, Teresa Ribera, e con il commissario per l’Azione per il clima, Wopke Hoekstra.


‘Ho riscontrato – ha detto Urso in un punto stampa stasera all’uscita del Palazzo Berlaymont, sede dell’Esecutivo comunitario – piena collaborazione nei tre commissari che ho incontrato oggi, così come negli altri cinque che ho incontrato nei giorni e nelle settimane precedenti. Noi vogliamo lavorare con la Commissione e con le altre istituzioni europee (per raggiungere l’obiettivo di rendere sostenibile il sistema industriale e sociale europeo, nella duplice sfida della transizione ambientale e digitale. E siamo convinti che oggi si possa fare’. Il ministro ha ribadito innanzitutto di aver accolto con favore la comunicazione ‘Competitiveness Compass’ (la ‘Bussola della competitività’), il piano strategico che è stato presentato oggi dalla Commissione, con la tabella di marcia delle misure per la semplificazione degli oneri burocratici delle imprese e per un’industria europea che sia più competitiva e più basata sull’innovazione. ‘Noi lo riteniamo – ha detto – un buon inizio nella giusta direzione, perché ha una visione finalmente strategica e nel contempo pragmatica di quello che l’Europa deve fare subito e insieme, già in questa prima fase del 2025’.


Quanto ai colloqui con i commissari, ha riferito il ministro, ‘ho illustrato i documenti strategici, i ‘non paper’, che l’Italia insieme ad altri paesi ha presentato alla Commissione e al Consiglio Ue. Mi riferisco ai ‘non paper’ sull’auto, sul Cbam (il nuovo sistema di ‘dazi climatici’, chiamato ‘Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere’), e sulla siderurgia, sulla microelettronica e sulla semplificazione, che riteniamo strategici in questa nuova, assolutamente necessaria, revisione complessiva della politica industriale europea’. Urso ha poi parlato del ‘dialogo sul futuro del settore automotive’, un’iniziativa annunciata dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che comincerà domani. ‘Ne ho parlato con i commissari competenti, che da domani ascolteranno la voce delle imprese e dei lavoratori europei’. Una voce ‘che io ritengo sia quella del buonsenso e della realtà, che il governo italiano ha portato sin dall’inizio, già due anni fa, e tanto più in questa nuova fase, alla Commissione europea, alle istituzioni europee, perché noi vogliamo sostenere il lavoro e l’impresa europea’.


A un giornalista che chiedeva se il governo sia contrario all’obiettivo Ue delle auto a zero emissioni entro il 2035, il ministro ha risposto: ‘No, assolutamente: in tutti i nostri documenti riaffermiamo i target del 2035, che vogliamo raggiungere con un’impresa europea e quindi con un lavoro europeo pienamente in vigore. Noi chiediamo – ha puntualizzato -di rivedere in maniera complessiva, strutturale e strategica le modalità con cui raggiungere questo obiettivo. Per questo ho detto con estrema chiarezza, come è affermato nel nostro documento, che vogliamo rivedere i meccanismi infernali delle multe alle case automobilistiche’ che non rispetteranno i limiti alle emissioni già alla fine di quest’anno. Ma questo, ha avvertito, ‘non è sufficiente: non basta rimuovere questo ostacolo infernale per rendere competitiva l’industria europea’; farlo ‘è necessario ma non sufficiente’. ‘Per questo – ha continuato Urso – ho detto che noi siamo favorevoli, e lo abbiamo scritto nel nostro documento, a un piano incentivi europeo omogeneo e duraturo nel tempo, per facilitare l’acquisto di auto ecologicamente sostenibili. Noi non vogliamo aggirare la questione: l’elefante è nella stanza e già da molto tempo non possiamo nasconderlo sotto il tappeto. Abbiamo bisogno di un piano complessivo, strutturale e strategico su tutti i fronti, per rendere sostenibile l’industria e il lavoro europeo rispetto alla grande sfida titanica della Cina e degli Stati Uniti’.


Quanto alla soluzione per risolvere il problema delle multe alle case automobilistiche inadempienti rispetto agli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni, a cominciare da quest’anno, il ministro ha affermato: ‘Non so quale sarà la soluzione. È certo che dobbiamo trovare una soluzione, perché credo che sia chiaro a tutti che il meccanismo infernale secondo il quale si possono aggirare le multe, acquistando i crediti (di carbonio, ndr) dalle fabbriche di auto che producono fuori dall’Europa, porta al collasso dell’industria europea, e addirittura finanzia l’industria extra-europea’. Urso non ha risposto a un giornalista che chiedeva se non abbia comunque senso questo meccanismo di compensazione (‘pooling), per cui la case costruttrici che non hanno rispettato i nuovi limiti per le emissioni del proprio parco auto, possono acquistare i ‘crediti di carbonio’ da altri costruttori che invece sono rimasti molto al disotto del loro target, perché producono solo auto elettriche, come Tesla, perché le multe costerebbero molto di più. ‘Dobbiamo assolutamente rivedere – ha replicato invece il ministro – i meccanismi del ‘Green Deal’ che sono congegnati male, al punto tale che hanno creato questo ostacolo insormontabile. Ne vogliamo prendere atto? E prenderne atto significa che dobbiamo rimuovere questo ostacolo, insieme gli altri ostacoli, non aggirarlo. E le soluzioni che servono per poi raggiungere l’obiettivo possono essere diverse’. ‘Noi abbiamo fatto – ha ricordato Urso – una proposta complessiva che parte da una visione di piena neutralità tecnologica, e che vale per l’energia come per il settore delle auto. Perché la neutralità tecnologica, la libertà di scelta di quale tecnologia preferire, è l’enucleazione dello spirito della libertà su cui si fonde l’Europa. Noi chiediamo che si affronti la questione nella sua complessità, sotto ogni aspetto’. Nella comunicazione di oggi della Commissione sulla ‘Bussola della competitività, ha continuato il ministro, ‘si parla di neutralità tecnologica, per la prima volta e in modo molto significativo; noi riteniamo, e d’altra parte così ci è stato comunicato dai commissari che abbiamo incontrato oggi, che domani, con il ‘dialogo strategico’ con le imprese e con i rappresentanti dei lavoratori’ del settore automotive ‘si prenderà atto di quello che è la realtà, e sulla base della realtà si affronterà la questione’. ‘Io ho riscontrato queste aperture su una visione piena di neutralità tecnologica; poi molto dipenderà – ha rilevato Urso – da quello che diranno le imprese e i sindacati nei prossimi giorni nel ‘dialogo strategico’. Io trovo nel ‘Compass’ molti degli elementi che noi abbiamo indicato, sia per quanto riguarda la neutralità tecnologica e la visione strategica e complessiva, sia per quanto riguarda le imprese energivore, e certamente anche per la revisione del Cbam, per rendere sostenibile la siderurgia e la chimica italiana ed europea’. ‘Credo che sia un buon inizio, con una visione finalmente laica e strategica della sfida che abbiamo davanti a noi. E se, come penso accadrà nel dialogo strategico, le imprese e i sindacati ribadiranno le loro buone ragioni, penso che alla fine di questo percorso, sia nel piano per l’automotive, sia nel ‘Clean Industrial Deal’ che la Commissione presenterà prossimamente, ‘ritroveremo gli elementi necessari per affrontare la realtà e vincere la sfida. Sono fiducioso’, ha affermato il ministro. Riguardo al Cbam, gli è stato chiesto infine se l’Italia insista nella sua posizione contraria ad abbandonare le quote di emissioni gratuite, che sono concesse oggi alle industrie a forte intensità energetica, per proteggerle dal rischio del cosiddetto ‘carbon leakage’ (l’importazione nell’Ue di prodotti provenienti da paesi terzi in cui non ci sono norme sulle emissioni equivalenti a quelle europee). I ‘dazi climatici’ del Cbam mirano, appunto, a eliminare la possibilità di ‘carbon leakage’. ‘La nostra logica – ha replicato Urso – è sempre la stessa, la nostra visione è sempre la stessa: con estrema coerenza, noi chiediamo che ci sia una revisione del Cbam, per evitarne l’aggiramento, e per rendere sostenibile la tecnologia green’, e in particolare ‘la siderurgia green, in cui l’Italia è leader in Europa, e a cui non vogliamo assolutamente rinunciare, anche nella sfida competitiva con coloro che producono fuori dall’Europa senza rispettare gli stessi vincoli ambientali che noi giustamente vogliamo imporre nel nostro sistema produttivo. Quindi, ha affermato il ministro, quello che occorre è ‘una revisione del Cbam che ne impedisca l’aggiramento o l’elusione, e che nel contempo supporti le imprese europee che producono in Europa secondo le regole ambientali, anche nella competizione globale, nei mercati e nei paesi dove agiscono produttori che non rispettano le regole ambientali’. In altre parole, la continuazione del sostegno alle imprese energivore attraverso le quote gratuite dovrebbe servire a permettere loro di competere anche nei mercati fuori dall’Ue. Perché, ha concluso Urso, ‘se vuole davvero vincere la sfida, l’Europa deve sostenere la transizione ambientale rendendo competitive le nostre imprese sui mercati globali’.

Ue, con “Omnibus” comincia la deregolamentazione del Green Deal

Ue, con “Omnibus” comincia la deregolamentazione del Green DealBruxelles, 21 gen. (askanews) – E’ l’aria del tempo: negli Usa, la deregolamentazione sarà una delle parole chiave della nuova Amministrazione Trump, che ha già cominciato a ritirarsi dagli accordi e dalle organizzazioni internazionali che impongono regole e limiti al mercato. E anche nell’Ue è arrivato il momento di rivedere e “semplificare” le normative, soprattutto quelle ambientali del Green Deal, che secondo l’industria, e le imprese in generale, impongono oneri burocratici e costi aggiuntivi che finiscono con aver un impatto negativo sulla competitività europea.


Se ne è parlato al Consiglio Ecofin, oggi a Bruxelles, e se ne riparlerà praticamente ogni mese, ad ogni nuova riunione dei ministri economici e finanziari in questo semestre, perché così ha deciso la presidenza di turno polacca del Consiglio Ue. E la Commissione europea presenterà già a fine febbraio una prima proposta, detta “Omnibus”, di semplificazione, in particolare per quanto riguarda tre regolamenti già in vigore sulla sostenibilità ambientale, l’ultimo dei quali (sulla “diligenza dovuta” delle grandi aziende nel controllo delle loro catene del valore) è stato approvato, dopo essere stato negoziato a lungo fortemente modificato, meno di un anno fa. Durante l’Ecofin, i ministri hanno espresso le loro aspettative ai due membri della Commissione che hanno il compito di presentare la proposta “Omnibus”, il commissario per l’Economia e la Produttività, l’Attuazione e la Semplificazione, Valdis Dombrovskis, e il vicepresidente esecutivo responsabile per la Prosperità e la Strategia industriale, Stéphane Séjourné.


La “semplificazione”, aveva detto Séjourné stamattina arrivando alla riunione “è un grande tema, molto atteso dalle aziende e anche dal Consiglio Ue, con grandi aspettative. A fine febbraio – ha annunciato – presenteremo come Commissione europea un testo ‘Omnibus’ di semplificazione, con un certo numero di elementi che dovrebbero semplificare la vita delle imprese e fare del territorio europeo un’area di investimenti attraente anche per gli investimenti internazionali”. Durante la conferenza stampa al termine del Consiglio, rispondendo a un giornalista che chiedeva delle anticipazioni sulla proposta “Omnibus’, e un chiarimento sulla sua portata, se includerà anche la legislazione già in vigore, Dombrovskis ha risposto: “Saluto con favore la discussione odierna dell’Ecofin: c’è stato un ampio sostegno da parte dei ministri per questo programma di semplificazione, e molti ministri hanno sottolineato la necessità di un approccio ambizioso verso la semplificazione”, ma “senza perdere di vista i nostri obiettivi di policy: questo è l’approccio che la Commissione europea deve seguire”.


Quanto al significato del nome “Omnibus”, ha precisato il commissario, si tratta “fondamentalmente di una tecnica legislativa in cui con una proposta possiamo aprire diversi atti della legislazione; quindi in un certo senso, se non aprissimo nessuna legislazione” già in vigore “non avremmo bisogno di omnibus”. Insomma, ha continuato Dombrovskis, “certamente stiamo cercando la possibilità di aprire effettivamente tutti i tipi di legislazione, anche per eliminare certe incongruenze e sovrapposizioni tra diversi atti legislativi”. Inoltre, il commissario ha sottolineato che “se non riaprissimo alcuna legislazione, non saremmo in grado di raggiungere i nostri obiettivi di riduzione degli oneri burocratici, che come sapete sono del 25%, e del 35% nel caso delle Pmi”. Queste percentuali compaiono nella “lettera di missione” a Dombrovskis inviata dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per il suo nuovo mandato.


“Abbiamo bisogno – ha osservato il commissario – di avere un approccio serio e completo”, e “naturalmente questa proposta omnibus è solo l’inizio del lavoro: in realtà ogni membro della Commissione è responsabile di rilevare possibilità di semplificazione nella legislazione Ue esistente e di presentare proposte in questo senso che saranno poi integrate nel programma di lavoro della Commissione”. E’ un lavoro, quindi, “che continuerà nei prossimi mesi e anni”. Il presidente di turno del Consiglio Ecofin, il ministro delle Finanze polacco Andrzej Domanski ha aggiunto poi che i ministri dei Ventisette “vogliono migliorare radicalmente l’ambiente aziendale. Naturalmente spetta alla Commissione aiutarci a raggiungere questo obiettivo, ma so che il commissario Dombrovskis è assolutamente dedito a questo compito, ne abbiamo parlato diverse volte, che è assolutamente prioritario per l’economia europea”. “Ci sono paesi – ha riferito Domanski – che chiedono apertamente se non siamo andati troppo oltre con la regolamentazione che è già stata attuata”; in altre parole, per questi Stati membri non basta evitare che ci siano nuovi atti legislativi, ma bisogna rivedere quelli già in attuazione. “Quindi mi aspetto che entro il mese prossimo otterremo un progresso sostanziale, siamo impazienti di vedere le proposte della Commissione, il pacchetto di semplificazione ‘Omnibus’, e poi la ‘Bussola della Competitività’, che vedremo molto, molto presto. Credo che oggi tutti i ministri abbiano preso parte a questa discussione, e tutti erano davvero ben preparati; e per loro è davvero la massima priorità”. “Questo è il motivo – ha spiegato il presidente di turno del Consiglio Ue – per cui abbiamo deciso di avere questo punto all’ordine del giorno di ogni riunione dell’Ecofin durante la presidenza polacca. Crediamo che sia giunto il momento di agire; anche a causa dei cambiamenti geopolitici: possiamo aspettarci – ha rilevato a questo punto Domanski – una certa deregolamentazione negli Stati Uniti, il che potrebbe mettere le aziende europee, le industrie europee in una posizione di svantaggio”. Insomma, la “semplificazione” dell’Ue dovrà anche controbilanciare la “deregolamentazione” negli Stati Uniti. Rispondendo a un altro giornalista Dombrovskis, pur senza entrare nei dettagli della futura proposta Omnibus, ha confermato quanto è già stato annunciato sui tre regolamenti Ue che verranno “semplificati” riguardo agli oneri burocratici che richiedono alle imprese: si tratta della normativa del 2020 sulla “tassonomia” (i criteri di classificazione, ndr) degli investimenti etichettati come “verdi”; del regolamento del 2022 sugli “obblighi di rendicontazione” da parte delle aziende sulle loro politiche di sostenibilità; e del regolamento già citato sulla “diligenza dovuta” delle grandi aziende nel controllo delle loro catene del valore, del 2024. La semplificazione di queste norme “è in effetti il nostro obiettivo principale” per la proposta annunciata, ha detto il commissario; ma, ha aggiunto il commissario, “stiamo anche valutando la possibilità di includere altri elementi in questo ‘Omnibus’, ma è tutto ancora in fase di elaborazione, quindi non posso annunciare alcun dettaglio”. “C’è una fortissima richiesta da parte degli Stati membri per questa azione; dobbiamo vedere il primo ‘Omnibus’ per poter valutare; ma se non è abbastanza – ha osservato ancora Domanski -, allora probabilmente possiamo aspettarci che venga presentata un’altra proposta legislativa”. Tra i ministri economici dell’Ue, “qualcuno l’ha chiamata una ‘flotta di Omnibus’; vedremo. Per quanto ne so, sarà pronta molto presto, quindi avremo a breve la possibilità di un’ulteriore discussione”, ha concluso il presidente di turno del Consiglio Ecofin. (fonte immagine: European Union).

Sparkle con Oceanic Environmental Cables per riciclo cavi sottomarini

Sparkle con Oceanic Environmental Cables per riciclo cavi sottomariniMilano, 14 gen. (askanews) – Sparkle ha firmato un accordo con Oceanic Environmental Cables (OEC) per il recupero e il riciclo di cavi di telecomunicazione sottomarini in disuso.


OEC è la prima e unica società europea di recupero e riciclaggio di cavi che offre una soluzione sostenibile e basata sull’economia circolare per i cavi sottomarini non più in servizio. In base all’accordo, OEC acquisirà da Sparkle oltre 22.000 km di cavi telegrafici, coassiali e in fibra ottica posati nel Mediterraneo e oggi fuori servizio, generando un risparmio stimato di 35.000 tonnellate di CO2 grazie al riutilizzo di materiali secondari. I cavi sottomarini in disuso di Sparkle saranno prelevati dal fondale marino e trasportati nelle strutture di OEC e dei suoi partner, che provvederanno a smontare, separare, pulire e analizzare i vari componenti (fibra ottica, rame, acciaio, alluminio, HDPE e LDPE) fino a trasformarli in granuli di alta qualità. I materiali, così rigenerati, saranno poi reimmessi nel sistema industriale come materie prime secondarie.


“Siamo orgogliosi di essere tra i primi operatori globali a intraprendere un’iniziativa così innovativa, che promuove pratiche di economia circolare e riduce l’impatto ambientale”, ha dichiarato Enrico Bagnasco, amministratore delegato di Sparkle. “La collaborazione con OEC rappresenta un passo concreto verso un futuro più sostenibile, dove le risorse del passato possono essere recuperate e trasformate in opportunità per il presente e il futuro.” “Siamo entusiasti di collaborare con Sparkle a questa importante iniziativa”, ha dichiarato Horst Brockmueller, amministratore delegato di OEC. “Recuperando e riciclando questi cavi in esubero, non solo riduciamo la congestione e i rifiuti sui fondali del Mediterraneo, ma riduciamo anche la necessità di materie prime vergini nella produzione. Questo processo riduce significativamente le emissioni di carbonio e incarna i principi dell’economia circolare”.

Anche BlackRock si defila dall’attivisto sul clima

Anche BlackRock si defila dall’attivisto sul climaRoma, 10 gen. (askanews) – Anche BlackRock si defila dall’attivismo sulle politiche climatiche. Il gigante Usa ha infatti inviato una comunicazione agli investitori istituzionali sull’abbandono della Net Zero Asset Managers, un gruppo di società, riporta il Financial Times, che afferma di perseguire l’obiettivo di emissioni serra nette a zero per il 2050 o prima.


E si tratta solo dell’ultima defezione da parte dei pesi massimi della finanza statunitensi: nelle ultime settimane è stata una vera e propria corsa ad abbandonare questi impegni, quella che si è verificata in vista dell’insediamento della nuova amministrazione Trump alla Casa Bianca, prevista il 20 gennaio. Il quotidiano rileva come tutte le sei maggiori banche statunitensi – JP Morgan, Citygroup, Bank of of America, Morgan Stanley, Wells Fargo e Goldman Sachs -abbiano deciso di uscire da un gruppo analogo, la Net-Zero Banking Alliance.


Da Donald Trump è attesa una drastica svolta su queste politiche, laddove l’amministrazione Biden era fortemente orientata a sostegno delle tesi sulle cause antropiche dei cambiamenti climatici, e relative politiche. E come emerge anche alla comunicazione di BlackRock, l’attivismo sul clima dei giganti finanziari è ora oggetto di crescenti contestazioni – potenzialmente costose, anche a livello giudiziario – su iniziativa di esponenti repubblicani e terze parti.

Bei, accordo con Findomestic: 250 mln per energia green in Italia

Bei, accordo con Findomestic: 250 mln per energia green in ItaliaRoma, 10 gen. (askanews) – Sostenere le famiglie e i privati nei progetti di efficientamento energetico e produzione di energia alternativa per le loro abitazioni. Questi sono gli obiettivi principali della recente operazione di cartolarizzazione sintetica annunciata da Gelsomina Vigliotti, vicepresidente della Bei, e Marco Tarantola, amministratore delegato e direttore generale di Findomestic Banca.


Pur mantenendo la struttura e la natura operativa della collaborazione commerciale tra il Gruppo bei e il Gruppo Bnp Paribas in Italia, secondo quanto riporta un comunicato l’intesa con Findomestic introduce caratteristiche di politica pubblica del tutto nuove e senza precedenti nella storia della Bei per il mercato finanziario italiano. È infatti un intervento di garanzia del Gruppo Bei dedicato totalmente a progetti green, i cui promotori sono le famiglie e i privati, che beneficeranno di una riduzione sugli interessi nei finanziamenti che Findomestic concederà, per l’acquisto e l’installazione di apparecchiature per l’efficientamento energetico e la produzione di energia solare a uso domestico su tutto il territorio italiano. Nel dettaglio, la struttura dell’accordo consiste in un un’operazione di cartolarizzazione sintetica, che non prevede la cessione di asset, relativa ad un portafoglio di prestiti retail performing di Findomestic di 855 milioni di euro, in cui il Fondo europeo per gli investimenti (Fei, parte del Gruppo Bei) interviene rilasciando una garanzia sulla tranche mezzanina da circa 94 milioni di euro, con una controgaranzia della Bei. Questo meccanismo consente a Findomestic di liberare capitale regolamentare e poter erogare nuovi finanziamenti seguendo i criteri di Sostenibilità ambientale definiti con la Bei, per un plafond complessivo di 250 milioni di euro.


Questa operazione, si legge, consolida ulteriormente il rapporto tra il Gruppo Bei e il Gruppo Bnp Paribas in Italia. È infatti la quarta iniziativa conclusa nel 2024 tra i due istituti, seguendo l’accordo siglato a luglio tra la Bei e Bnl, che ha stanziato 400 milioni di euro per fornire nuova liquidità alle imprese, includendo una componente green pari al 25%. Secondo Gelsomina Vigliotti, “per la prima volta in Italia, il Gruppo Bei investe direttamente sul credito delle famiglie italiane, con un intervento volto a ridurre i costi dei finanziamenti per progetti di efficientamento energetico e produzione di energia solare a uso domestico. Questa nuova iniziativa rappresenta un modello che ci auguriamo di poter replicare ulteriormente in altri Italia, contribuendo a promuovere la transizione energetica delle famiglie e dei privati e rafforzando il legame tra la BEI, l’Europa e i cittadini”.


“Abbiamo realizzato insieme al Gruppo Bei – afferma Marco Tarantola Ad e Dg di Findomestic – un’operazione unica in Italia che ci permette di condividere concretamente con i nostri clienti e partner gli obiettivi di sostenibilità che, come Banca, perseguiamo da anni. Anche grazie a questo accordo, Findomestic offrirà ancora più strumenti per supportare famiglie e privati nella realizzazione dei loro progetti d’acquisto orientati all’efficientamento energetico e alla riduzione dell’impatto sull’ambiente, contribuendo così alla transizione ecologica e alla costruzione di un futuro più sostenibile”. “Attraverso la nostra partnership con Findomestic, il Fei è entusiasta di aprire nuove opportunità alle famiglie italiane per investire in soluzioni sostenibili. Questa iniziativa non solo rende i finanziamenti più accessibili, ma promuove anche l’innovazione nel campo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili a livello domestico”, ha dichiarato Marjut Falkstedt, Capo esecutivo del Fei. (fonte immagine: European Investment Bank).

Romeo: Il Sud punta sul fotovoltaico, oltre 160 le comunità energetiche

Romeo: Il Sud punta sul fotovoltaico, oltre 160 le comunità energeticheRoma, 10 gen. (askanews) – La carica del Sud. Secondo recenti dati, in Italia le iniziative relative alla realizzazione di comunità energetiche (CER) sono oltre 160, ma di queste solo 46 sono attualmente attive e molte sono nate o stanno nascendo nelle Regioni meridionali, grazie a un modello operativo che fornisce gli strumenti adeguati a interventi spesso complessi: “Stiamo per dare vita – spiega in una nota l’ingegnere Cataldo Romeo, Presidente di Fotovoltaica Srl, l’azienda che, da oltre 40 anni opera nel settore delle energie rinnovabili- a uno Statuto unico dal quale partire per agevolare la costituzione di diverse comunità energetiche; questo strumento trasformerà tante comunità locali, spesso piccole o piccolissime, in una grande comunità diffusa a vocazione sostenibile. Un progetto innovativo che rende il Meridione luogo di innovazione e di sperimentazione per l’intero Paese: vogliamo, così come accadde con Amendolara, una delle prime comunità energetiche nate sul territorio nazionale, essere fonte di ispirazione per tutti quei Comuni che volessero dare una svolta nella produzione di energia pulita”.


Piccoli Comuni come Auletta, Mandatoriccio, Campana, Bocchigliero, Pietrapaola, Celico, Paterno Calabro, Calopezzati, ma anche grandi Centri urbani come Vibo Valentia e Rende: sono ormai tante le amministrazioni che hanno deciso di sposare una causa che, di fatto, offre importanti benefici: “Dobbiamo ragionare in altri termini -afferma Romeo – dobbiamo immaginare un mondo che utilizzi le risorse naturali per illuminare strade, case, negozi e uffici. Dobbiamo essere cioè autosufficienti ed esserlo senza più inquinare. Le esperienze avute finora ci confermano che questo è possibile. Le comunità energetiche realizzate ci dimostrano insomma che quella è la strada giusta, con la soddisfazione dei cittadini che, inizialmente perplessi, si accorgono poi del risparmio in bolletta e di un netto miglioramento della qualità della vita e, questo perché, una comunità energetica diventa inevitabilmente una comunità sociale”. Le risorse del PNRR e poi la possibilità di avere contributi a fondo perduto fino al 40% ne stanno favorendo la nascita: “Ma si tratta – sottolinea Romeo – di un percorso lungo e tortuoso sia da un punto di vista amministrativo che tecnico. Ed è per questo che abbiamo intenzione, nei prossimi giorni, di dare vita a uno Statuto unico che possa rendere il tutto decisamente più agevole. Il resto lo fa l’esperienza maturata in oltre 40 anni di lavoro, consapevoli che il successo di queste iniziative passa innanzitutto dalla capacità di far comprendere quanto sia importante agire in questo modo, quanto sia importante cioè spiegare prima ai Sindaci e poi, con il loro aiuto, alla popolazione che una svolta green, oggi agevolata economicamente, porti notevoli risparmi. Ma poi serve la testimonianza di chi, proponendo, crede in progetti di questo tipo e, in tal senso, siamo convinti che gli investimenti da noi sostenuti abbiano questa finalità”.


Impianti da un Giga per produrre energia in sedici Comuni meridionali: “Ogni impianto – ricorda Romeo – ha un costo di circa un milione di euro e, facendo una semplice moltiplicazione, l’investimento fatto supera i 16 milioni. Una cifra importante che tuttavia ha ricadute significative sul territorio e garantisce un effetto domino assolutamente positivo. Il nostro obiettivo è di essere la miccia per una vera e propria rivoluzione culturale che porti il Sud a essere leader in un settore, quello delle energie rinnovabili, espressione di progresso e sostenibilità ambientale. Crediamo nel progetto e vogliamo contribuire a interpretarne il cambiamento. Convinti che il territorio, quello meridionale in particolare, sia in grado di offrire una risposta adeguata”.