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Xi in Malaysia auspica rafforzamento legami

Xi in Malaysia auspica rafforzamento legamiRoma, 16 apr. (askanews) – Xi Jinping, nella sua seconda tappe del tour in Sudest asiatico, ha incontrato oggi il re della Malaysia, sultano Ibrahim, auspicando un rafforzamento dei legami commerciali, economici, politici e culturali tra i due paesi, in un momento di forte tensione con gli Stati uniti dopo il rientro alla Casa bianca di Donald Trump e l’avvio di una muscolare politica d’imposizione di dazi che ha proprio Pechino come primo obiettivo nel mirino.


Il presidente americano, dal canto suo, ha bollato il tour nei paesi Asean del leader cinese come un tentativo di “fregare” gli Stati uniti. All’arrivo in auto al palazzo reale, Ibrahim e il primo ministro malese Anwar hanno accolto Xi. “La Cina e la Malaysia sono buoni vicini, buoni amici e buoni partner, comportandosi l’un l’altro come se fossero di una stessa famiglia. Le relazioni tra i nostri due paesi hanno attraversato mezzo secolo di storia, costellato di grandi eventi, e ora si preannuncia un futuro ancora più luminoso. Io sono disposto, insieme al Sultano Ibrahim, a impegnarmi per guidare lo sviluppo stabile e duraturo dei rapporti tra Cina e Malaysia, per costruire una comunità strategica di destino condiviso a un alto livello tra i due Paesi, per scrivere un nuovo capitolo di buon vicinato, amicizia e cooperazione, e per inaugurare un cinquantennio d’oro nelle relazioni sino-malesi”, ha affermato il presidente cinese nel suo discorso ufficiale.


Xi ha detto che la Cina e la Malaysia devono continuare ad approfondire la fiducia reciproca e a sostenersi a vicenda su questioni riguardanti interessi vitali e preoccupazioni fondamentali. Ha auspicato di potenziare l’allineamento delle strategie di sviluppo, sfruttando le reciproche complementarietà per creare vantaggi condivisi, e di collaborare nel percorso verso la modernizzazione. Inoltre ha fatto riferimento alla necessità di realizzare grandi progetti, come la Ferrovia della costa orientale, nonché di promuovere la collaborazione nelle industrie del futuro quali l’intelligenza artificiale, l’economia digitale e l’economia verde. La Cina – ha detto ancora il presidente cinese – con favore l’ingresso di prodotti agricoli di alta qualità della Malesia nel mercato cinese e incoraggia le imprese cinesi ad investire in Malesia. Inoltre, Xi Jinping ha espresso il desiderio di rafforzare il dialogo tra le civiltà “confuciane e islamiche”, di espandere la cooperazione in ambito culturale, turistico ed educativo, e di favorire una più profonda connessione tra i popoli dei due paesi. Ha infine ribadito il sostegno cinese alla presidenza a rotazione dell’ASEAN da parte della Malaysia, auspicando di attuare insieme l’iniziativa per lo sviluppo globale, quella per la sicurezza globale e quella per la civiltà globale, per promuovere l’unità e lo sviluppo congiunto del Sud globale e per offrire maggiori certezze e energie positive alla regione e al mondo.


Ibrahim ha risposto affermando che la visita del presidente cinese rappresenta un evento di grande importanza nelle relazioni tra i due paesi. “La mia visita di Stato in Cina lo scorso settembre mi ha lasciato ricordi indelebili. Sono convinto che questa visita del presidente Xi in Malaysia eleverà ulteriormente le nostre relazioni bilaterali e promuoverà uno sviluppo fiorente della cooperazione in vari settori. I notevoli risultati di sviluppo della Cina sono il frutto della lungimiranza del presidente Xi e del duro lavoro del popolo cinese” ha detto il sultano. “La Malaysia – ha continuato – dà grande importanza ai rapporti con la Cina e, indipendentemente dalle evoluzioni del contesto internazionale, lavorerà fianco a fianco con la Cina per realizzare benefici reciproci e per promuovere una comunità strategica di destino condiviso a un alto livello. Noi, dalla nostra parte, siamo favorevoli all’integrazione economica regionale, sosteniamo fermamente l’iniziativa Belt and Road e desideriamo rafforzare la cooperazione nel commercio e negli investimenti, contribuendo alla stabilità delle catene industriali e di approvvigionamento, al miglioramento della connettività e allo scambio culturale e educativo”.

Dazi, il complicato puzzle Usa-Giappone tra commercio e sicurezza

Dazi, il complicato puzzle Usa-Giappone tra commercio e sicurezzaRoma, 16 apr. (askanews) – Sono due le principali linee di negoziato che si affiancheranno nelle trattative che partiranno domani a Washington tra Stati uniti e Giappone in merito al contenimento dei dazi imposti e minacciati dal presidente americano Donald Trump: i dazi commerciali veri e propri e la questione del Trattato di sicurezza Usa-Giappone con la spesa militare di Tokyo. Differenti però gli approcci: Washington punterà a farle intersecare, Tokyo a mantenerle parallele.


Il ministro dell’Economia giapponese Ryosei Akazawa è diretto verso gli Stati uniti per avviare le trattative prioritarie con l’Amministrazione Trump, rappresentata dal segretario al Tesoro Scott Bessent. Si tratta di trattative su cui sono puntati gli occhi di tanti altri alleati degli Stati uniti, compresi quelli europei, perché potrebbero rappresentare una cartina di tornasole di quale sarà la tattica negoziale di Trump. Il capo di gabinetto Yoshimasa Hayashi, principale portavoce del governo nipponico, ha dichiarato ieri ai giornalisti che il Giappone “solleciterà il lato americano a rivedere le proprie misure tariffarie, adottando un approccio globale dal governo per ottenere risultati nel più breve tempo possibile”.


Il primo ministro nipponico Shigeru Ishiba, che non ha nascosto nelle settimane scorse il suo disappunto per non aver ottenuto un’esenzione per lo storico alleato nipponico, piattaforma cruciale del potere americano sul Pacifico, ha dichiarato oggi che sta seguendo “meticolosamente” i preparativi dei negoziati commerciali. Durante una seduta della commissione del bilancio della Camera bassa della Dieta, Ishiba ha aggiunto che i due paesi affronteranno anche il tema della cooperazione in materia di sicurezza. Si tratta di due temi strettamente legati nella visione di Tokyo. “E’ importante costruire una nuova relazione di alleati e riflettere su cosa possano fare i due Paesi per il mondo,” ha dichiarato Ishiba. “Non credo che si debba semplicemente cercare di raggiungere compromessi e concludere rapidamente i negoziati.”


Trump ha annunciato dazi “reciproci” del 24% sulle importazioni giapponesi, sebbene poi siano stati parzialmente sospesi per 90 giorni, mantenendo l’aliquota al 10%. Inoltre, il Giappone è stato colpito da una tariffa del 25% su automobili e componenti. In prospettiva, un ulteriore danno potrebbe venire dai dazi sui semiconduttori, che Trump ha annunciato di voler presentare la prossima settimana, e rispetto ai quali il capo di gabinetto nipponico Hayashi ha già espresso il disappunto, definendoli “estremamente deplorevoli” e minacciando una “risposta appropriata”. Ishiba vuole che Trump tenga in considerazione il ruolo del Giappone come alleato rispetto alla minaccia della Cina, principale obiettivo di Washington, ma anche l’impegno che Tokyo ha messo nel promuovere massicci investimenti negli Stati uniti, con la creazione di un numero importante di posti di lavoro.


Trump, dal canto suo, continua a etichettare il trattato di sicurezza Usa-Giappone come squilibrato nel tentativo di ottenere concessioni commerciali maggiori, mentre raddoppia gli sforzi per far pagare a Tokyo un contributo più alto per la difesa. Lo scorso giovedì, nel bel mezzo di un ciclo di notizie altalenanti riguardante tariffe scatenate da Washington, Trump ha rinnovato le sue critiche verso il trattato di sicurezza, in vigore da decenni, proprio mentre entrambi i Paesi si preparavano a negoziare le tariffe. “Paghiamo centinaia di miliardi di dollari per difenderli, ma loro non pagano nulla”, ha dichiarato il presidente statunitense ai giornalisti riuniti per una riunione del gabinetto. “Se mai fossimo attaccati, loro non dovrebbero fare nulla per proteggerci”, ha aggiunto, definendo il trattato come un “accordo meraviglioso”. Firmato la prima volta nel 1960 e poi rivisto e rinnovato, il trattato bilaterale conferisce agli Stati uniti il diritto di stabilire basi militari in Giappone e impegna Washington a venire in aiuto del Giappone in caso di attacco al suo alleato asiatico. In virtù dell’accordo, più di 50.000 militari statunitensi sono schierati in Giappone. In realtà, diversamente da quanto dice Trump, sotto i precedenti governi Abe, il Giappone ha allargato le maglie della sua Costituzione pacifista (tra l’altro imposta alla fine della guerra dagli Stati uniti), inserendo il concetto di difesa collettiva con gli alleati, il che vuol dire che, in caso di attacco a interessi Usa, il Giappone deve intervenire. Per quanto riguarda il bilancio militare, Tokyo si sta muovendo in una linea di convergenza con le richieste di Trump, ma a una velocità che probabilmente non soddisfa la Casa bianca. La spesa per la difesa del Giappone e i relativi costi per l’anno fiscale 2025 dovrebbero ammontare a 9.900 miliardi di yen (60,8 miliardi di euro), equivalenti all’1,8 percento del prodotto interno lordo registrato tre anni fa, secondo quanto ha dichiarato ieri il ministro della Difesa Gen Nakatani. L’impegno giapponese è quello di raggiungere il 2% del Pil entro l’anno fiscale 2027. Gli Stati uniti spendono circa 1,9-2,5 miliardi di dollari all’anno per le operazioni delle basi in Giappone. Durante la sua prima amministrazione, Trump aveva richiesto che il Giappone pagasse 8 miliardi di dollari all’anno, pena il rischio di un ritiro delle truppe. Verso la fine del mese scorso, il segretario alla Difesa statunitense, Pete Hegseth, ha visitato il Giappone, ma non ha toccato il tema della spesa per la difesa. Al contrario, ha ribadito che Tokyo è un “partner indispensabile” per “contrastare l’aggressione militare del comunista cinese”. In vista dei colloqui commerciali Usa-Giappone tra Akazawa e Bessent, un elemento di discussione potrebbe essere anche la preoccupazione per l’ammontare dei titoli del Tesoro detenuti dal Giappone. Il Giappone ha affermato che non dovrebbero essere una leva di negoziato, ma la preoccupazione da parte americana c’è. In vista dei colloqui commerciali USA-Giappone, Itsunori Onodera, influente responsabile politico del Partito liberaldemocratico di maggioranza, ha dichiarato che il Giappone non dovrebbe vendere intenzionalmente le proprie partecipazioni in titoli del Tesoro Usa – le più consistenti al di fuori degli Stati uniti – in risposta alle tariffe imposte da Trump. “Provocare disordini nel mercato certamente non è una buona idea”, ha affermato Onodera. Altra leva negoziale, questa volta a favore di Trump, è il riso. In Giappone c’è stato un incremento forte del prezzo dell’alimento base per la dieta nipponica e il riso della California, che pure è poco apprezzato da giapponesi (a causa delle regole meno rigide vigenti negli Usa sull’uso di fertilizzanti e anticrittogamici), potrebbe essere messo sul piatto. Bisognerà, inoltre, capire come potrebbe incastrarsi la questione-Cina nei colloqui. Secondo il Wall Street Journal una delle condizioni che il presidente Usa Donald Trump presenterà nei negoziati con oltre 70 paesi per dazi più lievi sarà quella di isolare la Cina. La Casa Bianca punta a convincere i paesi a proibire alla Cina di trasportare merci attraverso i loro territori, ha riportato il giornale economico, aggiungendo che Washington vuole anche vietare alle aziende cinesi di stabilirsi in questi paesi per eludere le tariffe statunitensi e impedire l’ingresso nei loro mercati di beni industriali cinesi a basso costo. Bessent è uno dei principali artefici di questa strategia, segnala il WSJ. Nel prossimo futuro, tali accordi – nell’idea americana – potrebbero essere raggiunti principalmente con Regno unito, Australia, Corea del Sud, India e, ovviamente, Giappone. Tuttavia l’interscambio commerciale Giappone-Cina e gli investimenti reciproci sono consistenti e il sacrificio che verrebbe richiesto è importante. Bisognerà quindi aspettare per comprendere quanto Tokyo è disposta a seguire questa linea.

Creatori digitali furiosi contro immagini Ia stile Studio Ghibli

Creatori digitali furiosi contro immagini Ia stile Studio GhibliRoma, 15 apr. (askanews) – Quanti utenti dei social network hanno “ghiblizzato” le loro immagini, trasformando loro fotografie in illustrazioni nello stile del giapponese Studio Ghibli usando l’intelligenza artificiale generativa? Nelle ultime settimane questo trend è diventato virale e c’è qualcuno che se n’è veramente arrabbiato: i creatori di quello stile, gli artisti dell’”anime” nipponico.


Tutto è partito da ChatGPT, il modello di linguaggio di grandi dimensioni di OpenAI, che ha integrato un generatore di immagini di alta qualità con il quale è possibile produrre immagini di alta qualità in stile Ghibli partendo da una foto e con un semplice prompt. La diffusione, poi, di queste immagini sui social network ha fatto il resto. In pochi giorni, il servizio ha visto un boom, suscitando la soddisfazione del numero uno di OpenAI, Sam Altman. Il gioco, tuttavia, è presto scappato di mano. Su X, per esempio, la Casa bianca – nello stile aggressivo che caratterizza l’attuale Amministrazione Usa – ha pubblicato un’illustrazione in stile Ghibli raffigurante un immigrato dominicano ammanettato e in lacrime. Inoltre, le Forze di difesa israeliane hanno condiviso immagini di soldati armati e di piloti a bordo di caccia. Propaganda bellica lontana mille miglia dai messaggi contenuti nei film di Hayao Miyazaki e degli altri creatori che fanno riferimento allo studio giapponese.


Il problema – secondo quanto afferma un ampio articolo pubblicato oggi su Nikkei Asia – è che, pur esistendo regola di copyright che coprono specifici personaggi e specifiche creazioni artistiche, nulla protegge uno stile, per quanto assai riconoscibile come quello Ghibli. “Continuiamo a impedire generazioni nello stile di artisti viventi individuali, ma consentiamo stili più ampi, come quelli degli studi – che le persone hanno utilizzato per generare e condividere alcune creazioni originali da fan davvero deliziose e ispirate”, ha affermato OpenAI in una nota stampa. Lo Studio Ghibli si è astenuto dal commentare a Nikkei il 27 marzo scorso.


Creatori negli Stati Uniti hanno denunciato il trend Ghibli. L’illustratore digitale Marc Brunet ha pubblicato un post su X criticando il fatto che “Ghibli non stia guadagnando nulla da tutto ciò, mentre open.ai sta incassando miliardi dopo aver letteralmente rubato il loro iconico stile artistico”. L’artista e illustratrice Karla Ortiz ha definito la cosa una “violazione del diritto d’autore e una profonda violazione dei diritti e dei mezzi di sussistenza degli artisti”. Resta il fatto che la normativa relativa all’Ia è ancora in via di definizione e le cause legali – a partire da qualla intentata dal New York Times contro OpenAI – sono all’ordine del giorno.


OpenAI sostiene che l’addestramento dei modelli Ia su dati disponibili pubblicamente rientra nell’esenzione del “fair use” prevista dalla legge sul diritto d’autore. Il dibattito su cosa costituisca il “fair use” nelle applicazioni dell’Ia è tuttora in corso. Ci sarebbero – scrive Nikkei Asia – in corso circa 40 cause giudiziari negli Stati uniti relative all’addestramento dell’Ia e al fair use.

Giappone accresce spese per la difesa per il 2025 all’1,8% del Pil

Giappone accresce spese per la difesa per il 2025 all’1,8% del PilRoma, 15 apr. (askanews) – La spesa per la difesa del Giappone e i relativi costi per l’anno fiscale 2025 dovrebbero ammontare a 9.900 miliardi di yen (60,8 miliardi di euro), equivalenti all’1,8 percento del prodotto interno lordo registrato tre anni fa. L’ha dichiarato oggi il ministro della Difesa Gen Nakatani, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Kyodo.


Il Giappone, anche di fronte alle sollecitazioni del presidente Usa Donald Trump, s’è impegnato a raggiungere il 2% entro l’anno fiscale 2027. Nakatani ha spiegato in una conferenza stampa che il governo assegnerà circa 8.500 miliardi di yen (52,2 miliardi di euro) per il budget della difesa e circa 1.500 miliardi di yen (9,2 miliardi di euro) per le spese correlate.


Aggiornando nel 2022 le linee guida della Strategia di sicurezza nazionale a lungo termine, il governo aveva fissato l’obiettivo di innalzare il budget della difesa e le spese collegate al 2 percento del Pil dell’anno fiscale corrispondente al 2027, impegnandosi inoltre a dotarsi di “capacità di controffensiva” per attaccare direttamente il territorio nemico in caso di emergenza. La Costituzione giapponese che ripudia la guerra e teoricamente vieta al Giappone il mantenimento di forze armate. Pertanto Tokyo ha a lungo limitato la spesa per la difesa a circa l’1 percento del Pl, ma il paese sta incrementando la spesa in risposta a sfide di sicurezza quali il rapido potenziamento militare della Cina e lo sviluppo missilistico e nucleare della Corea del Nord.


I numeri, ha osservato Nakatani, “dimostrano che i nostri sforzi per rafforzare le capacità difensive stanno procedendo con costanza” verso l’obiettivo prefissato. La spesa per la difesa e i relativi costi per gli anni fiscali 2023 e 2024 corrispondevano all’1,4 percento e all’1,6 percento del Pil, rispettivamente, secondo il Ministero della Difesa.


Per quanto riguarda le percentuali previste per il 2028 e oltre, il primo ministro Shigeru Ishiba ha dichiarato che “potrebbero superare il 2 percento, se necessario”, alla luce dell’ambiente di sicurezza al momento. I costi correlati alla difesa comprendono le spese per la guardia costiera giapponese, le operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite e lo sviluppo della sicurezza informatica, tra le altre responsabilità.

Xi in Malaysia: insieme contro unilaterlismo e protezionismo

Xi in Malaysia: insieme contro unilaterlismo e protezionismoRoma, 15 apr. (askanews) – La Cina intende lavorare assieme ai suoi vicini del Sudest asiatico per “contrastare le correnti sotterranee di conflitto e di parzialità, di unilateralismo e protezionismo” per favorire “pace e sviluppo”. Lo ha affermato il presidente cinese in un articolo a sua firma pubblicato oggi dai media malesi, in occasione del sui arrivo a Kuala Lumpur per la seconda tappa del suo tour regionale, fortemente spinto da Pechino, dopo aver concluso la visita in Vietnam.


Xi Jinping è sbarcato in Malaysia. All’aeroporto è stato accolto dal primo ministro malese Anwar Ibrahim. Il viaggio arriva mentre Pechino sta rafforzando i suoi rapporti politici e commerciali con una serie di paesi vicini, in mezzo all’intensificarsi della guerra commerciale innescata dal ritorno alla Casa bianca di Donald Trump. Xi ha affermato, al suo arrivo a Kuala Lumpur, di aspettarsi che la sua visita porti a risultati “fruttuosi” e apra un nuovo periodo di “50 anni d’oro” nelle relazioni bilaterali.


“Mi auguro di utilizzare questa visita come opportunità per approfondire ulteriormente l’amicizia tradizionale tra i nostri due paesi, rafforzare la fiducia politica reciproca, promuovere la cooperazione nella modernizzazione e favorire insieme gli scambi e il reciproco apprendimento tra le civiltà”, ha dichiarato, secondo l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua. Per Xi, che dopo la tappa in Malesia sarà in Cambogia, è la prima visita nel paese del Sudest asiatico in oltre un decennio. E’ previsto che tenga colloqui con Anwar e che incontri il re del paese, il sultano Ibrahim Iskandar. I due paesi firmeranno una serie di accordi mercoledì.


Il viaggio di Xi in Malesia dovrebbe aprire la strada a una ulteriore cooperazione tra Pechino e Kuala Lumpur, che andrà oltre il commercio e interesserà altre aree chiave come infrastrutture, poli industriali, tecnologia e materie prime. In un articolo di domenica, Xinhua ha elogiato i progressi del collegamento ferroviario East Coast Rail Link, sponsorizzato dalla Cina, in Malaysia. La linea ferroviaria – che sarà completata nel 2027 – è stata definita un “progetto prestigioso” nell’ambito dell’iniziativa Belt and Road, la strategia di Pechino per espandere il commercio globale e i collegamenti infrastrutturali.


L’articolo ha inoltre evidenziato iniziative bilaterali come il programma “due paesi, due parchi”, che accoppia zone industriali nella città cinese meridionale di Qinzhou e quella malese di Kuantan. Il viaggio di Xi in Malaysia ha inoltre importanza, poiché Kuala Lumpur ha la presidenza a rotazione dell’Asean quest’anno. Ospiterà i summit dei leader del blocco a 10 membri e la loro riunione con la leadership cinese, alla quale è previsto che partecipi il premier cinese Li Qiang. La Cina è stata il principale partner commerciale della Malesia per 16 anni consecutivi, mentre la Malaysia è il secondo partner commerciale della Cina all’interno dell’ASEAN e la principale fonte di importazioni per il blocco. All’inizio di quest’anno, la Malaysia è divenuta un paese partner dei BRICS, il blocco di economie emergenti sostenuto dalla Cina. In termini di dollari USA, le esportazioni cinesi verso la Malesia sono cresciute del 2,1 per cento durante il primo trimestre di quest’anno, mentre le importazioni cinesi dalla Malesia sono aumentate del 7,5 per cento, secondo i dati della dogana cinese diffusi ieri. Trump, commentando il tour di Xi in Sudest asiatico, ha affermato che fa probabilmente parte di un piano per “fregare” gli Stati uniti.

Dazi, giovedì occhi puntati su primo incontro Usa-Giappone

Dazi, giovedì occhi puntati su primo incontro Usa-GiapponeRoma, 14 apr. (askanews) – Saranno un po’ una cartina di tornasole, un modello che poi si potrebbe riproporre anche per i negoziati che vedranno protagonisti gli altri alleati degli Stati uniti, a partire dall’Europa. I negoziati per cercare di evitare l’imposizione di dazi punitivi da parte dell’amministrazione Trump, che avranno un prologo il 17 aprile a Washington con protagonisti il ministro dell’Economia giapponese Ryosei Akazawa e il segretario al Tesoro Usa Scott Bessent, rappresentano un passaggio cruciale che interessa non solo il Sol levante.


Il primo ministro nipponico Shigeru Ishiba, che non ha nascosto nei giorni scorsi il suo disappunto per non aver ottenuto un’esenzione per lo storico alleato nipponico, piattaforma cruciale del potere americano sul Pacifico, ha dichiarato oggi che sta seguendo “meticolosamente” i preparativi dei negoziati commerciali. Durante una seduta della commissione del bilancio della Camera bassa della Dieta, Ishiba ha aggiunto che i due paesi affronteranno anche il tema della cooperazione in materia di sicurezza. Si tratta di due temi strettamente legati nella visione di Tokyo. “E’ importante costruire una nuova relazione di alleati e riflettere su cosa possano fare i due Paesi per il mondo,” ha dichiarato Ishiba. “Non credo che si debba semplicemente cercare di raggiungere compromessi e concludere rapidamente i negoziati.”


Trump ha annunciato dazi “reciproci” del 24% sulle importazioni giapponesi, sebbene poi siano stati parzialmente sospesi per 90 giorni, mantenendo l’aliquota al 10%. Inoltre, il Giappone è stato colpito da una tariffa del 25% su automobili e componenti. In prospettiva, un ulteriore danno potrebbe venire dai dazi sui semiconduttori, che Trump ha annunciato di voler presentare la prossima settimana, e rispetto ai quali il capo di gabinetto nipponico Yoshimasa Hayashi, massimo portavoce del governo, ha già espresso il disappunto, definendoli “estremamente deplorevoli” e minacciando una “risposta appropriata”. Ishiba vuole che Trump tenga in considerazione il ruolo del Giappone come alleato rispetto alla minaccia della Cina, principale obiettivo di Washington, ma anche l’impegno che Tokyo ha messo nel promuovere massicci investimenti negli Stati uniti, con la creazione di un numero importante di posti di lavoro.


Durante la seduta della commissione, il parlamentare di maggioranza Ken Saito, ex ministro dell’Industria e del Commercio, ha voluto ricordare – secondo quanto riporta Nikkei – che “i negoziati dovrebbero sottolineare la logica con cui promuoviamo la cooperazione giapponese-americana per rilanciare l’industria manifatturiera negli Stati Uniti”. Nello stesso tempo, Tokyo sta anche attivando linee di contatto con i paesi dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (Asean), che sono parimenti inquieti per la linea muscolare lanciata da Trump. Ishiba ha annunciato che si sentirà oggi stesso col primo ministro di Singapore Lawrence Wong.


La fragilità del governo Ishiba, in realtà, potrebbe non aiutare in questa situazione. Per questo motivo, il primo ministro nei giorni scorsi ha identificato come la politica dei dazi di Trump rappresenti una vera e propria “crisi nazionale”, lanciando di fatto un appello all’unità nazionale nei confronti dell’opposizione, sempre più incalzante in un paese che potrebbe affrontare scadenze elettorali in un clima di incertezza politica come non si vedeva da anni. La richiesta è stata accolta. Il leader del Partito democratico costituzionale del Giappone Yoshihiko Noda, principale rivale di Ishiba, ha promesso di collaborare con il governo rispetto a questo tema. “Concordo con il punto di vista del primo ministro sul fatto che questa sia una crisi nazionale”, ha detto Noda. Questo clima di unità, però, potrebbe rivelarsi più fragile nel momento in cui Tokyo e Washington si troveranno a discutere sull’aumento delle spese militari richiesto con veemenza dal presidente americano. Un collegamento tra i due dossier, in realtà, rischia di rendere meno solido il consenso interno alle leve negoziali che Ishiba intende tirare.

Xi in Sudest Asia: Cina gioca a tutto campo contro dazi Trump

Xi in Sudest Asia: Cina gioca a tutto campo contro dazi TrumpRoma, 14 apr. (askanews) – La sfida a Donald Trump, alla sua guerra dei dazi, è lanciata. Il presidente cinese Xi Jinping è arrivato oggi ad Hanoi per un viaggio in tre paesi del Sudest asiatico (Vietnam, Malaysia e Cambogia) che punta a tirare le fila di una strategia di risposta che sembra orientarsi su due direttrici principali: verso sud e verso ovest, per una maggiore penetrazione nell’Asia sudorientale e un rinnovato rapporto con l’Europa.


La strategia di risposta a Washington da parte di Pechino è quella di solidificare i rapporti politico-commerciali con tutto il resto del mondo che pesa di più economicamente. Lo ha detto oggi in maniera piuttosto chiara il vicedirettore dell’Amministrazione generale delle dogane cinesi, Wang Lingjun, durante una conferenza stampa. “Il ricorso da parte del governo statunitense all’abuso dei dazi ha avuto un impatto negativo sul commercio globale, incluso quello tra Cina e Stati uniti” ha affermato Wang. “La Cina – ha proseguito – promuoverà costantemente una maggiore apertura verso l’esterno e svilupperà una cooperazione commerciale ed economica vantaggiosa e di reciproco beneficio con tutti i paesi”. Questo fatto appare evidente dalla mossa fatta da Xi avviando questo tour nei paesi Asean, che sono sempre più legati commercialmente a Pechino. Il presidente cinese si presenta ad Hanoi come campione del libero commercio e paladino di una globalizzazione, che ha fatto la fortuna dei paesi della regione, a un Sudest asiatico preoccupato dai dazi di Trump, i quali potrebbero colpire la sua fiorente industria manifatturiera frutto di anni di delocalizzazioni da parte dei grandi conglomerati occidentali. Nello stesso tempo, l’alternativa cinese rappresenta una leva di trattativa per nazioni, come il Vietnam, in procinto di iniziare negoziati sui dazi con Washington.


Xi ha ribadito oggi la sua netta condanna della politica commerciale di Trump. “La guerra commerciale e la guerra dei dazi non hanno vincitori, e il protezionismo non ha futuro. E’ essenziale difendere il sistema multilaterale del commercio, salvaguardare la stabilità delle catene industriali e produttive globali e mantenere un ambiente internazionale aperto e cooperativo”, ha affermato il numero uno di Pechino nel discorso di presentazione della sua visita in Vietnam. La ricaduta politica che Pechino vorrebbe cogliere, dopo il ritorno alla Casa bianca di Donald Trump, è quella di un ulteriore avvicinamento della regione dell’Asia sudorientale alla Cina, a partire del riottoso paese-fratello comunista del Vietnam, che da sempre gioca una partita autonoma e negli ultimi anni ha tenuto un po’ il piede in due scarpe: quella cinese e quella americana. Xi ha detto oggi che la “comunità di destino sino-vietnamita” entra con questa visita “in una nuova fase di sviliuppo”. Non a caso questa è la prima uscita ufficiale del presidente cinese all’estero del 2025, a segnare l’importanza del viaggio.


D’altronde l’area dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico ospita 660 milioni di abitanti e ha un’economia che cuba qualcosa come 3.800 miliardi di dollari. Un piatto ricchissimo, che Pechino non intende lasciare non presidiato, anche perché per la Cina l’area Asean è il primo partner commerciale. Secondo i dati diffusi oggi dall’Agenzia delle dogane cinese, nel primo trimestre del 2025 il commercio tra Cina e i paesi della regione è salito a oltre 234 miliardi di dollari, con un aumento di oltre il 7% su base annua. Parliamo di quasi il 17% del commercio estero globale per la Cina. Per oltre il 90% si tratta di scambi che si situano nel settore manifatturiero. La penetrazione di Pechino nella regione Asean è sempre più incisiva, anche se permangono punti di difficoltà, a partire dalle rivendicazioni di sovranità sulla gran parte del Mar cinese meridionale, che mettono la Repubblica popolare in rotta di collisione con diversi paesi, a partire dalle Filippine, ma anche lo stesso Vietnam. Tuttavia, in questo momento, ad apparire in alto nell’agenda dei leader è proprio il tema del commercio.


Il viaggio di Xi va letto, inoltre, anche in una prospettiva più ampia. La muscolare politica dei dazi di Trump, infatti, ha messo in ambasce non solo Pechino, ma anche alleati storici degli americani, come il Giappone, la Corea del Sud e l’Europa. Pechino non ha disdegnato di far passi verso queste grandi realtà economiche. Gli occhi di tutti saranno puntati nei prossimi giorni sulle trattative prioritarie che gli Usa avvieranno a Washington in prima istanza con Giappone (e forse anche Corea del Sud), ma il terreno è fertile per l’azione cinese. L’onda di questi cambiamenti si sta percependo anche nella modulazione dei toni della leadership europea: l’ex falco Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha fortemente ammorbidito i toni verso Pechino. E dopo la metà di luglio dovrebbe volare in Cina, assieme al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, per discutere di questi cambiamenti politico-economici in corso nella configurazione mondiale del potere. Trump sta consentendo, insomma, a Xi di giocare una partita a tutto campo. Che però è appena cominciata. (di Antonio Moscatello)

Dazi, negoziati Usa-Giappone inizieranno il 17 aprile a Washington

Dazi, negoziati Usa-Giappone inizieranno il 17 aprile a WashingtonRoma, 14 apr. (askanews) – La prima tornata di colloqui tra Giappone e Stati uniti sui dazi imposti dal presidente americano Donald Trump si terrà il 17 aprile a Washington. Lo ha riferito oggi la televisione pubblica giapponese NHK.


Il Giappone sarà rappresentato dal ministro della Rivitalizzazione Economica, Ryosei Akazawa, mentre dagli Stati Uniti parteciperà il Segretario del Tesoro americano, Scott Bessent, secondo quanto riferito dal canale. Akazawa cercherà di far capire agli Stati uniti che è ingiusto mettere il Giappone, che negli ultimi cinque anni è stato un importante investitore negli Stati Uniti contribuendo alla creazione di posti di lavoro, sullo stesso piano degli altri paesi in materia di tariffe.


Il 2 aprile, Trump ha annunciato dazi reciproci sulle importazioni provenienti da altri paesi. La tariffa base è stata fissata al 10%. Vari paesi sono stati colpiti da dazi maggiorati, in seguito ridotti al 10% per 90 giorni per consentire negoziati commerciali.

Dazi, Xi Jinping: il protezionismo di Trump non ha futuro

Dazi, Xi Jinping: il protezionismo di Trump non ha futuroRoma, 14 apr. (askanews) – I protezionismo e i dazi imposti dal presidente Usa Donald Trump “non hanno futuro”. Lo ha affermato oggi il presidente cinese Xi Jinping nel suo discorso in occasione dell’inizio del suo tour in Asia sudorientale, a partire dal Vietnam.


“Dobbiamo difendere fermamente il sistema internazionale basato sulle Nazioni Unite e l’ordine internazionale fondato sul diritto internazionale, attuare attivamente l’Iniziativa globale per lo sviluppo, quella per la Sicurezza globale e quella per la Civiltà globale, e promuovere, insieme ai paesi del Sud del mondo, un sistema mondiale multipolare, economicamente inclusivo e ordinato”, ha affermato il presidente cinese. “La guerra commerciale e la guerra dei dazi non hanno vincitori, e il protezionismo non ha futuro. E’ essenziale difendere il sistema multilaterale del commercio, salvaguardare la stabilità delle catene industriali e produttive globali e mantenere un ambiente internazionale aperto e cooperativo”, ha continuato il numero uno di Pechino.

Dazi, Giappone mette a punto squadra per trattare con gli Usa

Dazi, Giappone mette a punto squadra per trattare con gli UsaRoma, 11 apr. (askanews) – Il Giappone ha messo a punto la sua squadra per trattare con gli Stati uniti sulla questione dei dazi. A capo della delegazione nipponica ci saranno il capo di gabinetto Yoshimasa Hayashi e il ministro dell’Economia Ryosei Akazawa. Lo riferisce oggi il Nikkei.


Akazawa, che sarà il principale negoziatore commerciale , si recherà a Washington la prossima settimana ed è previsto che tenga colloqui con il Segretario del Tesoro Scott Bessent. Il mandato fornito dal primo ministro Shigeru Ishiba ad Akazawa è quello di “cercare opportunità di collaborazione con gli Usa in una vasta gamma di settori che possano giovare ad entrambe le nazioni”, definendo la situazione attuale, con la minaccia di inasprimento di dazi “una crisi nazionale”.


La scorsa settimana, Trump ha annunciato una tariffa “di reciprocità” del 24% sulle importazioni giapponesi. anche se tale tariffa è stata abbassata al 10% per 90 giorni. Il Giappone è stato colpito anche da una tariffa del 25% sulle automobili e i relativi componenti, un duro colpo per un settore fondamentale per l’economia nazionale. Fino a 75 paesi hanno richiesto negoziati agli Usa per contenere le nuove tariffe universali e di reciprocità. “Sarà un periodo molto intenso ad aprile, maggio e forse fino a giugno”, ha dichiarato Bessent in un’intervista televisiva lunedì. “Mi aspetto che il Giappone avrà la priorità, semplicemente perché si è fatto avanti molto rapidamente”, ma anche perché “è un alleato militare molto importante, un partner economico cruciale e gli USA hanno una lunga storia insieme a loro”.


In realtà, nonostante Ishiba s’attendesse un trattamento preferenziale da Washington, e persino un’esenzione, grazie al ruolo fondamentale che ricopre come partner di sicurezza, Trump ha infranto queste speranze. Ieri Trump ha anche ribadito le sue lamentele nel campo della difesa sulla dipendenza del Giappone dalla protezione della sicurezza statunitense, definendola “così sbilanciata”.


Il Giappone sostiene che il trattato di sicurezza tra i due paesi non è squilibrato, poiché Tokyo mette a disposizione degli Usa basi avanzate distribuite sul territorio giapponese che consentono agli americani di proiettare il loro potere nella regione indo-pacifica. Il Giappone punta anche a far riferimento a una legge del 2015, che permette al paese di intervenire in difesa degli Usa, anche se il Giappone non subisce un attacco diretto, se tale attacco pone seri rischi per la sicurezza giapponese. Le questioni relative ai tassi di cambio potrebbero anche essere discusse. Il 3 marzo, Trump si è lamentato della persistente debolezza dello yen, affermando: “Non si può continuare a deprezzare e demolire la vostra valuta. Non potete farlo perché è ingiusto per noi”.