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Giappnese KDDI partecipa a costruzione prima metro di Manila

Giappnese KDDI partecipa a costruzione prima metro di ManilaRoma, 15 gen. (askanews) – La società di telecomunicazioni giapponese KDDI ha annunciato oggi che parteciperà allo sviluppo della prima metropolitana di Manila, costruendo sistemi di telecomunicazioni e di riscossione delle tariffe come parte di un progetto nazionale per alleviare la congestione del traffico e l’inquinamento atmosferico nell’area metropolitana della capitale filippina.

KDDI Filippine, una filiale di KDDI, parteciperòà al progetto di sviluppo della prima metropolitana nelle Filippine, che collega la città settentrionale di Valenzuela e la città meridionale di Parañaque, nell’area metropolitana di Manila. Il 6 dicembre 2023, KDDI Filippine ha firmato un contratto con Thales, società francese che fornisce sistemi di trasporto per questo progetto.

L’area di partecipazione di KDDI Filippine è di circa 30 km in totale, coprendo quindici stazioni dalla stazione di East Valenzuela alla stazione Terminal 3 di NAIA (Aeroporto Internazionale Ninoy Aquino), nonché il deposito e il centro di controllo operativo. Si prevede che l’apertura di questa metropolitana ridurrà il tempo di percorrenza di oltre un’ora rispetto a quello attuale in auto. Il completamento è previsto per il 2029.

Il progetto mira a migliorare le questioni sociali come la congestione del traffico e l’inquinamento atmosferico nella capitale delle Filippine e viene portato avanti come parte dell’ODA (aiuto ufficiale allo sviluppo) del Giappone sotto forma di aiuti in prestito. Manila è una megalopoli con un’estensione di 620 km2 e una popolazione che è salita dai quasi 8 milioni del 1990 a quasi 13,5 milioni di oggi.

Giappone, think tank stima Pil a novembre -1,4%

Giappone, think tank stima Pil a novembre -1,4%Roma, 15 gen. (askanews) – Una stima pubblicata lunedì dal Centro giapponese per la ricerca economica (JCER), un think tank governativo, a novembre il prodotto interno lordo (Pil) del Giappone sarebbe diminuito dell’1,4% annualizzato rispetto al mese precedente, segnando il primo calo in due mesi.

Il think tank ha affermato che il calo è dovuto principalmente alla flessione delle esportazioni di servizi, che erano temporaneamente aumentate in ottobre, aggiungendo che c’è stata anche una tendenza al ribasso nelle esportazioni di beni, comprese le spedizioni di automobili. Secondo il JCER, le esportazioni di beni e servizi sono diminuite del 9,1%, invertendo l’espansione dell’8,6% del mese precedente. “Le esportazioni di prodotti automobilistici e di beni strumentali sono state deboli”, ha osservato il centro di ricerca.

I consumi privati, che rappresentano oltre la metà del Pil totale, sono cresciuti dello 0,2%, mentre gli investimenti aziendali sono diminuiti dello 0,7%. Sulla base del ritmo di crescita medio di ottobre e novembre, il think tank stima ora un’espansione annualizzata del 3,1% per il quarto trimestre del 2023 rispetto ai tre mesi precedenti.

Tokyo, Kishida in difficoltà e c’è chi parla di futuro premier donna

Tokyo, Kishida in difficoltà e c’è chi parla di futuro premier donnaRoma, 11 gen. (askanews) – Il Giappone non ha ancora mai avuto un primo ministro donna, ma questo momento potrebbe essere vicino: lo scandalo dei fondi illegali del Partito liberaldemocratico al potere sta mettendo a rischio la poltrona di un sempre meno popolare Fumio Kishida mentre, tra le personalità di vaglia della formazione che nel dopoguerra ha quasi ininterrottamente detenuto il potere, una delle poche in auge è l’attuale ministra degli Esteri Yoko Kamikawa.

Nel sistema giapponese è il partito di maggioranza che colloca il proprio leader a capo del governo. Ma ci sono momenti in cui le cose si muovono e le correnti (“habatsu”) cominciano un lavorìo sotterraneo per modificare gli assetti. Tendenzialmente, quando un primo ministro scende nei sondaggi a livelli di consenso inferiori al 30%, suona una campanella d’allarme. E Kishida a metà dicembre era sceso a poco più del 20%. A vulnerare ulteriormente l’immagine del primo ministro, l’ennesimo scandalo che ha riguardato l’esecutivo nipponico. Decine di membri del partito si sono trovati in una tempesta per non aver dichiarato fondi raccolti durante eventi politici. Sostanzialmente avrebbero semplicemente intascato il denaro. E oggi ci troviamo probabilmente al picco di questo scandalo, con l’arresto domenica di Yoshitaka Ikeda, un esponente del partito che è sospettato di aver messo in tasca 48,2 milioni di yen (oltre 300mila euro) tra il 2017 e il 2022 senza averli denunciati.

In particolare, al centro dello scandalo c’è la fazione che era guidata dall’ex primo ministro Shinzo Abe, ucciso nel luglio 2022 da un uomo infuriato per le supposte relazioni dell’esponente politico con la Chiesa dell’Unificazione, un gruppo religioso che a suo dire avrebbe rovinato finanziariamente la sua famiglia. E anche l’uccisione di Abe ha aperto un’altra crepa nel consenso a Kishida, visto che molti esponenti del partito si sono rivelati collegati alla chiesa fondata dal sudcoreano Reverendo Moon. “C’è una possibilità che Kishida venga sostituito, anche se non è molto alta, soprattutto per carenza di sfidanti”, ha spiegato ad askanews Ken Endo, professore di politica e legge presso l’Università di Tokyo.

Tra i pochi possibili sfidanti alla guida del Partito liberaldemocratico, ultimamente un nome che sta girando è quello di Yoko Kamikawa, l’attuale ministra degli Esteri, che gode di una certa popolarità, anche dopo che questa settimana è stata in Ucraina per una difficile missione. Lì ha incontrato il presidente Volodymyr Zelensky. Kamikawa è la prima responsabile donna della politica estera nipponica dopo un ventennio. Si tratta di un ruolo che la mette a contatto con alcuni dei dossier più sfidanti che un politico giapponese si trova ad affrontare: la crescente assertività della Cina con i rischi connessi alla questione di Taiwan, la questione della Corea del Nord, i rapporti con gli Stati uniti.

Il background non le manca. Kamikawa ha 70 anni, è originaria di Shizuoka ed è laureata in legge alla prestigiosa Università di Tokyo, come deve essere ai cavalli di razza della politica nipponica. In più ha anche un dottorato in pubblica amministrazione conseguito presso la John F. Kennedy School of Government dell’Università di Harvard. E’ in politica da circa un quarto di secolo e ha ricoperto diversi incarichi di governo, anche sotto Abe e Yasuo Fukuda. In particolare, tra il 2020 e il 2022 è stata ministra della Giustizia e, in questa funzione, ha dato il suo via libera a 16 esecuzioni capitali, 13 delle quali nei confronti di ex esponenti della setta millenarista Aum Shinri-kyo, responsabile dei mortali attentati al gas nervino nella metropolitana di Tokyo del 1995. Ma, se questo suo record sull’applicazione della pena di morte può far storcere il naso in Europa, in parte dell’opinione pubblica giapponese potrebbe essere considerato semplicemente un segnale della sua tempra forte. Kamikawa ha soprattutto il pregio di non essere stata neanche sfiorata dagli scandali e, in particolare, dall’ultimo. Il suo nome è spendibile, quindi, come possibile primo ministro al posto di Kishida. La possibilità che si proceda a un cambio, con Kamikawa in sella c’è, secondo Endo, “anche se la probabilità è più alta per un proseguimento dell’esperienza Kishida”. Inoltre, dal momento che un cambio di sella non nascerebbe da un conflitto interno al Partito liberaldemocratico che cambi gli equilibri di forza, per Endo “un governo Kamikawa non sarebbe molto stabile”.

Giappone, salari reali novembre calati del 3% su base annua

Giappone, salari reali novembre calati del 3% su base annuaRoma, 11 gen. (askanews) – I salari reali del Giappone a novembre sono scesi del 3% rispetto all’anno precedente, per il 20mo mese consecutivo di calo, poiché il ritmo di crescita dei salari non è riuscito a eguagliare l’aumento dei prezzi. Lo ha segnalato il ministero del Lavoro di Tokyo.

Aumenti salariali sono attesi dopo le imminenti trattative salariali annuali, che si terranno dopo che il primo ministro Fumio Kishida ha esortato le aziende ad aumentare i salari a un livello che superi l’inflazione. Secondo il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare giapponese, i salari nominali – il guadagno medio mensile totale in contanti per lavoratore, compresa la retribuzione base e gli straordinari – sono aumentati dello 0,2% a 288.741 yen (1.816 euro) mensili. Sono al 23mo mese consecutivo di segno più nella più lunga serie di aumenti registrata da oltre 30 anni a questa parte.

La retribuzione base media e gli altri salari programmati sono saliti dell’1,2% a 272.379 yen (1.713 euro), mentre la retribuzione per gli straordinari e gli altri salari non programmati è aumentata dello 0,9% a 19.788 yen (124,4 euro). Per settore, i lavoratori dell’elettricità e del gas hanno visto il maggiore aumento dei guadagni mensili con un aumento del 5,8%, seguiti da quelli del settore finanziario e assicurativo con un aumento del 4,9%. I lavoratori edili hanno registrato il calo maggiore, pari al 2,7%.

I salari nominali mensili medi per i lavoratori a tempo pieno sono aumentati dello 0,3% a 377.001 yen (2.371 euro), e quelli dei lavoratori part-time sono aumentati del 2,5% a 104.253 yen (655 euro). Secondo i dati, l’orario di lavoro totale mensile per lavoratore è rimasto invariato rispetto all’anno precedente a 138,8 ore.

Cina, vendite di auto aumentate del 12% nel 2023

Cina, vendite di auto aumentate del 12% nel 2023Roma, 11 gen. (askanews) – Le vendite di veicoli in Cina sono aumentate del 12% nel 2023, raggiungendo la cifra record di 30,09 milioni di unità nel 2023. L’ha reso noto oggi l’Associazione cinese dei produttori di automobili (CAAM) in una conferenza stampa, ripresa da Nikkei Asia.

“Con il mercato dei veicoli elettrici in rapida crescita, è diventato una forza importante nel guidare la trasformazione dell’industria automobilistica globale”, ha affermato Chen Shihua, portavoce dell’Associazione cinese dei produttori di automobili. Con 30,09 milioni di unità vendute nel 2023, la Cina ha mantenuto la sua posizione di maggiore venditore di automobili al mondo. Quel numero includeva le esportazioni, che sono cresciute del 58% a 4,9 milioni di unità. In attesa del rilascio effettivo dei dati, la Cina potrebbe spodestare il principale esportatore globale, il Giappone, che si prevede abbia venduto all’estero 4,3 milioni di vetture.

I dati di giovedì mostrano anche una massiccia transizione dei consumatori cinesi dal motore a combustione interna ai veicoli elettrici. Le vendite di veicoli elettrici sono aumentate del 38% a 9,49 milioni di unità, pari a una quota di mercato del 31%. La domanda di ibridi plug-in è aumentata dell’85% a 2,8 milioni di unità, stimolando la crescita complessiva dei veicoli elettrici. In confronto, i veicoli puramente alimentati a batteria sono cresciuti del 25% raggiungendo 6,68 milioni di unità.

Commercio, la Cina non è più il primo fornitore degli Usa

Commercio, la Cina non è più il primo fornitore degli UsaRoma, 11 gen. (askanews) – La Cina non è più il principale esportatore degli Stati uniti. O, almeno, non lo sarebbe stata nel 2023 per la prima volta dal 2006, superata dal Messico. Lo si evince dai dati diffusi dal Dipartimento al Commercio Usa, analizzati dal Nikkei Asia.

Secondo i dati del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, le importazioni di beni americani dalla Cina sono diminuite di oltre il 20% su base annua nel periodo gennaio-novembre. La Cina rappresentava il 13,9% del totale delle importazioni statunitensi, la quota più piccola dal 2004, dopo aver raggiunto un picco di oltre il 21% intorno al 2017. Le esportazioni statunitensi verso la Cina sono rimaste sostanzialmente invariate nel corso dell’anno. Il Messico è destinato a prendere la testa per l’intero anno per la prima volta dal 2000. Le importazioni statunitensi dal paese centro-americano sono sulla buona strada per stabilire un livello record nel 2023, e la sua quota sul totale ha superato il 15% per i primi 11 mesi del 2023.

Anche le importazioni dall’Unione europea hanno raggiunto il massimo storico per quel periodo. Anche se le spedizioni dall’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico sono diminuite nel corso dell’anno, il conteggio è stato ancora il secondo più alto mai registrato, e la quota del blocco sul totale è raddoppiata rispetto a dieci anni fa. La fetta del Giappone nella torta delle importazioni statunitensi rimane al di sotto del 5%, anche se l’apprezzamento del dollaro ha aumentato il valore delle sue esportazioni in termini di yen lo scorso anno. La quota del Giappone è diminuita di oltre la metà dal 2000 a causa di un lungo calo dovuto all’incremento della produzione negli Usa da parte dei produttori giapponesi.

Le importazioni di smartphone dalla Cina, ad esempio, sono diminuite del 10% circa, mentre le importazioni dall’India sono quintuplicate. I computer portatili hanno registrato un calo di circa il 30% in Cina, ma sono quadruplicati rispetto al Vietnam. Questa tendenza è stata rafforzata dalla spinta dell’amministrazione del presidente Joe Biden verso il “friendshoring”, cioè la tendenza a mantenere le catene di approvvigionamento all’interno della cerchia dei paesi alleati e partner. La Casa bianca di Biden ha inoltre mantenuto le tariffe sui prodotti cinesi per un valore di 370 miliardi di dollari imposte dal predecessore Donald Trump.

L’amministrazione Biden sta valutando ulteriori aumenti delle tariffe sui veicoli elettrici, sulle apparecchiature per l’energia solare e sui semiconduttori meno avanzati, con una decisione prevista nella prima metà di quest’anno. Tuttavia la Federal Reserve ha espresso preoccupazione per l’impatto del calo del commercio Usa-Cina sull’inflazione. Alcuni analisti ritengono che il passaggio alla produzione interna di beni precedentemente acquistati a buon mercato dalla Cina spingerà al rialzo i prezzi inasprendo il mercato del lavoro. Alcune aziende cinesi, inoltre, stanno rispondendo alle restrizioni americane anche optando d’investire di più in Messico.

Alla Borsa di Tokyo, indice Nikkei al punto più alto dal 1990

Alla Borsa di Tokyo, indice Nikkei al punto più alto dal 1990Roma, 11 gen. (askanews) – Quella chiusa oggi è stata una seduta a suo modo storica per la Borsa di Tokyo: l’indice Nikkei, in salita per il quarto giorno consecutivo, ha superato la soglia di 35mila yen, arrivando al livello più alto da febbraio del 1990, un anno che ha un connotato simbolico per l’economia nipponica.

La crescita medcia 608 yen nel corso della giornata, chiudendo a 35.049 yen. Ad un certo punto il guadagno si è ampliato nel pomeriggio fino a superare i 700 punti. Secondo gli analisti, i fattori che hanno spinto a scommettere sui titoli del listino presente piazza giapponese sono stati lo yen particolarmente debole e i guadagni dei titoli hi-tech negli Usa. A spingere in particolare sono i titoli dei semiconduttori e, in generale, i titoli legati a compagnie che si basano sull’export che si avvantaggiano dell’indebolimento dello yen rispetto al dollaro. A favorire l’afflusso di nuovi fondi sul mercato, inoltre, è anche intervenuto il nuovo programma lanciato dal governo e chiamato Nippon Individual Savings Account, che punta a spingere gli investitori al dettaglio nipponici a mettere i loro risparmi in borsa attraverso un veicolo d’investimento esentasse.

La data del 1990, al di là del fatto in sé, ha per l’economia giapponese una particolare simbologia: rappresenta l’anno in cui scoppiò la “Baburu”, cioè la bolla economica che aveva portato negli anni ’80 del secolo scorso grande euforia nel Sol Levante, allora seconda potenza economica globale con velleità di intaccare la posizione preminente degli Stati uniti.

Cina nel 2024 avvierà viaggi di test treno più veloce del mondo

Cina nel 2024 avvierà viaggi di test treno più veloce del mondoRoma, 10 gen. (askanews) – Le ferrovie dello stato cinese ha dichiarato che entro l’anno completeranno la costruzione dei prototipi e testeranno il treno più veloce del mondom che avrà una velocità operativa commerciale di 400 km all’ora. Lo scrive oggi il South China Morning Post.

China State Railway Group, di proprietà statale, gestisce la più grande rete ferroviaria ad alta velocità del mondo. Il nuovo treno rappresenta lo sbocco del progetto CR450 lanciato dalla Cina tre anni fa. La versione più aggiornata del treno, Fuxing, sarà testato a una velocità fino a 450 km all’ora, ma avrà una velocit commerciale di 400 km all’ora. Al momento i treni in attività commerciale raggiungono al massimo i 350 km all’ora. Il progetto CR450 punta a ridurre il tempo di viaggio tra Pechino e Shanghai da oltre quattro ore a due ore e mezza.

Si prevede che il CR450 entrerà in servizio entro il 2025. A giugno 2023 sono stati completati i test di prestazione dei nuovi componenti hi-tech essenziali per CR450, stabilendo un record di 453 km/h durante una corsa di prova – ritenuta la più veloce al mondo – segnando una “pietra miliare significativa” in il suo sviluppo. Il test è stato effettuato sul ponte sul mare della baia di Meizhou, che è uno dei componenti principali della rete ferroviaria ad alta velocità tra Fuzhou e Xiamen nella provincia sud-orientale del Fujian.

La Cina prevede di potenziare la propria rete ferroviaria fino a 165mila km entro il 2025, compresi 50mila km di treni ad alta velocità. Alla fine dello scorso anno, la rete ferroviaria cinese copriva 159mila km, 45mila km AV.

Samsung, membri famiglia venderanno azioni per quasi 2 mld euro

Samsung, membri famiglia venderanno azioni per quasi 2 mld euroRoma, 10 gen. (askanews) – Alcuni dei principali membri della famiglia Lee, che controlla la Samsung, intendono vendere quasi 2.800 miliardi di won (1,9 miliardi di euro) delle loro azioni in Samsung Electronics e altre affiliate in blocco, apparentemente per reperire le risorse che consentano di pagare le tasse di successione. Lo riferisce oggi l’agenzia di stampa Yonhap.

Hong Ra-hee, la madre del presidente della Samsung Electronics Lee Jae-yong, e le sue due figlie, il CEO dell’Hotel Shilla Lee Boo-jin e Lee Seo-hyun, capo della Samsung Welfare Foundation, stanno spingendo per liberarsi un totale di 29,8 milioni di azioni del valore di 2.200 miliardi di won (1,5 miliardi di euro) in Samsung Electronics. La vendita avverrà con uno sconto dell’1,2-2% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni Samsung Electronics di 73.600 won mercoledì.

Hong prevede di vendere l’importo maggiore con 19,2 milioni di azioni o una partecipazione dello 0,32% in Samsung Electronics, seguito da Seo-hyun con 8,1 milioni di azioni o lo 0,14% e Boo-jin con 2,4 milioni di azioni o lo 0,04%. Secondo le fonti, l’amministratore delegato dell’Hotel Shilla prevede inoltre di cedere alcune delle sue partecipazioni in Samsung C&T Corp., Samsung SDS Co. e Samsung Life Insurance Co..

La vendita è considerata finalizzata al pagamento di tasse di successione per un totale di 12mila miliardi di won (8,3 miliardi di euro) in seguito alla morte del defunto presidente del gruppo Samsung Lee Kun-hee nell’ottobre 2020. Dalla sua morte, i membri della famiglia del gruppo proprietario hanno pagato le tasse di successione a rate nell’arco di cinque anni, a partire dall’aprile 2021.

Taiwan al voto sabato: elezioni strategiche per Usa e Cina

Taiwan al voto sabato: elezioni strategiche per Usa e CinaRoma, 10 gen. (askanews) – Sono elezioni cruciali non solo per l’assetto delle relazioni tra i paesi dell’Asia orientale, ma per la configurazione delle forze in campo nella competizione globale che vede sempre più protagonisti Stati uniti e Cina, quelle che si terranno sabato nell’isola di Taiwan, che è al contempo une delle più vibranti democrazie al mondo e quella che Pechino considera semplicemente una sua provincia ribelle.

Poco meno di 20 milioni di elettori su 23 milioni di abitanti saranno chiamati a votare per presidente e parlamentari tra le 8 del mattino e le 16 (ore 1-9 del mattino in Italia). I risultati sono attesi nel giro di poche ore. Non ci saranno né voti per corrispondenza, né voti anticipati: chi deve votare lo deve fare nella propria contea d’origine. Il presidente di Taiwan è il capo di stato e comandante in capo delle forze armate. Il presidente e il vicepresidente sono eletti direttamente insieme.

Il parlamento è unicamerale ed è conosciuto come Yuan legislativo. Conta 113 seggi, 73 dei quali sono eletti con un sistema maggioritario nei distretti uninominali e 34 con il voto di rappresentanza proporzionale delle liste di partito. Sei ulteriori parlamentari vengono selezionati voti unici non trasferibili nei distretti multimembri esclusivamente per le popolazioni indigene. I presidenti sono responsabili della difesa e degli affari esteri, comprese le relazioni con la Cina e gli Stati Uniti, e nominano il premier, che forma il suo gabinetto per dirigere il governo. In pratica, Taiwan è una repubblica presidenziale. I parlamentari dello Yuan legislativo approvano leggi e decidono sui bilanci, compresi gli stanziamenti per la difesa.

La successione all’attuale presidente Tsai Ing-wen il 20 maggio. Il nuovo presidente resterà in carica fino a maggio 2028. La presidente in carica, Tsai Ing-wen, non è in gara: ha completato due mandati e quindi è ineleggibile. Contestata particolarmente da Pechino per le sue posizioni che rasentano l’indipendentismo, è la leader del Partito democratico progressista che ha realizzato nell’isola negli ultimi anni notevoli riforme, compresa quella che ha reso Taiwan l’unico paese del mondo cinese ad avere il matrimonio gay.

A raccogliere il suo testimone proverà l’attuale vicepresidente Lai Ching-te (William Lai), un veterano della politica di 64 anni, che è un solido sostenitore dell’autogoverno dell’isola, particolarmente inviso a Pechino che lo vede come un indipendentista. E’ considerato il favorito, anche se le ultime elezioni locali del 2022 non sono andate bene per i progressisti e le valutazioni degli analisti vedono i diversi candidati piuttosto vicini tra loro. Lai, nella campagna elettorale, ha addolcito i toni nei confronti di Pechino, Taiwan, ha detto, spera di essere “amica della Cina”. E questa è una dichiarazione con un doppio significato: da un lato auspica maggiore serenità nei rapporti, dall’altro respinge l’idea della riunificazione sulla quale tanto spinge invece il presidente cinese Xi Jinping. E, in effetti, dal punto di vista cinese, è l’opzione peggiore: Pechino considera l’attuale vicepresidente un indipendentista che porterà in rotta di collisione le relazioni. A concorrere con lui, come vicepresidente, c’è Hsiao Bi-khim. Nata in Giappone e cresciuta negli Usa, dove è stata anche ambasciatrice, è stata definita dai cinesi come un’”irriducibile separatista”. L’ex capo della polizia e sindaco di Nuova Taipei Hou Yu-ih, 66 anni, è invece il candidato conservatore del Kuomintang (Partito repubblicano). Il partito che fu Chiang Kai-shek – il fondatore di Taiwan, nata dalla fuga nell’isola dopo la sconfitta nella guerra civile cinese contro le forze comuniste di Mao Zedong nel 1949 – ha gradualmente assunto posizioni più conciliatorie con Pechino rispetto ai democratici progressisti. Nel Dna di questa forza politica c’è il “no” al separatismo, che però si fonda su un’adesione ambivalente alla politica dell’”Unica Cina”. Cioè, non specifica chi rappresenti l’”Unica Cina”. E infatti sul tema dell’indipendenza dalla Cina, durante la campagna elettorale, è stato piuttosto vago, e questo gli attratto critiche. Hou è stato un efficace poliziotto – che peraltro vuole l’applicazione della pena di morte, ora di fatto sospesa – e un sindaco apprezzato nella città più popolosa di Taiwan. Si è fatto affiancare nel ticket conservatore da Jaw Shaw-kang, commentatore politico 73enne che fu leader di un partito di destra – il New Party – in passato e che è apertamente a favore della riunificazione con Pechino. Oggi è a favore della ripresa quanto meno dei negoziati per un patto commerciale con Pechino. Un punto interrogativo è rappresentato dal terzo incomodo nella corsa, cioè il leader della formazione populista Partito popolare di Taiwan, Ko Wen-je, che nel 2023 è stato corteggiato da Hou come possibile vicepresidente, ma ha deciso di respingere la proposta di ticket. Per il suo anticonformismo, questo medico 64enne è popolare tra i giovani. Ha sostenuto il Movimento dei Girasoli nel 2014 – guidato dagli studenti che volevano contrastare l’influenza della Cina rappresentati dai negoziati commerciali voluti dall’allora presidente Ma Yong-jeou – ed è stato sindaco di Taipei. Da sindaco si è un po’ rimangiato le posizioni anti-cinesi, approfondendo le relazioni con Shanghai, e si è collocato in una posizione intermedia tra quella che ha definito “provocazione” anticinese dei progressisti e l’eccessiva “deferenza” del Kuomintang nei confronti di Pechino. Per la vicepresidenza si è fatta affiancare da Cynthia Wu, giovane erede di uno dei principali conglomerati industriali di Taiwan ed ex analista di Merrill Lynch. C’è infine il candidato occulto, che è ovviamente la Cina, che negli ultimi anni ha moltiplicato le dichiarazioni e i comportasmenti bellicosi. L’ultimo caso è stato quello di un satellite cinese che martedì ha sorvolato l’isola, facendo scattare l’allarme sugli smartphone dei taiwanesi. “La Cina non farà alcuna concessione o compromesso sulla questione di Taiwan e chiederà agli Stati uniti di rispettare il principio dell”Unica Cina’”, ha detto ancora oggi la delegazione cinese ai Colloqui di politica di difesa Usa-Cina che si sono tenuti a Washington, secondo una dichiarazione del ministero della difesa cinese. Affermazioni che fanno eco a quanto affermato dal presidente Xi nel suo messaggio di inizio anno: “Taiwan sarà sicuramente riunificata alla Cina” perché “le persone sulle due coste dello Stretto di Taiwan appartengono alla stessa famiglia”. A lui ha indirettamente risposto la presidente taiwanese Tsai, chiarendo nel suo discorso di capodanno che “e relazioni con la Cina devono essere decise dalla “volontà del popolo taiwanese”. Sebbene Xi abbia sempre chiarito che l’opzione militare non è esclusa per ottenere la riunificazione, tuttavia il presidente cinese continua a limitarsi ad affermazioni di principio, senza dare termini specifici a una possibile azione. D’altronde, gli Stati uniti forniscono armi all’isola, che considerano strategica, e lo stesso presidente Joe Biden a settembre 2022 ha affermato – poi “corretto” dal Dipartimento di Stato – che Washington difenderà anche con proprie forze l’isola. Cioè, un’invasione dell’isola potrebbe innescare una spirale incontrollabile tra le potenze. Taiwan è considerata strategica non soltanto per motivi geopolitici e militari. In realtà l’isola si è costruita un ruolo di superpotenza dei semiconduttori. A partire dal gigante TSMC, l’apparato industriale tecnologico taiwanese fornisce i chip per molte delle tecnologie strategiche, dalla difesa alla mobilità. Senza i chip taiwanesi, di fatto, molte industrie avanzate negli Usa e nell’Occidente si fermano.