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Nordcorea ribadisce: cooperiamo con la Russia

Nordcorea ribadisce: cooperiamo con la RussiaRoma, 13 giu. (askanews) – La ministra degli Esteri nordcoreana Choe Son Hui ha inviato un messaggio di congratulazioni alla sua controparte russa in occasione della principale festa nazionale di Mosca e ha promesso una maggiore cooperazione tra le due nazioni. Lo riferiscono oggi i media di stato di Pyongyang, all’indomani di un messaggio del leader supremo Kim Jong Un che ha promesso “pieno sostegno e solidarietà” alla Russia.

Nel messaggio inviato lunedì al ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in occasione del “Giorno della Russia”, Choe ha affermato che Pyongyang e Mosca hanno inaugurato un nuovo “periodo di massimo splendore” nella loro relazione amichevole, secondo la Korean Central News Agency (KCNA). “La cooperazione e il sostegno reciproci in termini di affari bilaterali e internazionali sono diventati più forti che mai”, ha detto Choe, la quale ha anche espresso la fiducia che le due nazioni costruiranno una più forte “cooperazione strategica e tattica” nel campo della diplomazia per lo sviluppo dei legami bilaterali, secondo la KCNA.

In un segno della loro cooperazione, la Russia ha recentemente ripreso la fornitura di petrolio raffinato alla Corea del Nord per la prima volta in più di due anni, secondo i dati del Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (UNSC). La fornitura di petrolio raffinato di Mosca al Nord ha totalizzato 67.300 barili tra dicembre dello scorso anno e aprile, secondo i dati caricati sul sito web del comitato.

In base alla risoluzione 2397 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adottata nel 2017, le spedizioni di petrolio raffinato dei paesi membri verso la Corea del Nord sono state limitate a 500.000 barili all’anno. Gli Stati membri che forniscono tali articoli al Nord dovrebbero riferire la loro fornitura mensile alle Nazioni Unite.

Expo2030, la Corea del Sud lancia offensiva per conquistarla

Expo2030, la Corea del Sud lancia offensiva per conquistarlaRoma, 13 giu. (askanews) – La Corea del Sud lancia l’offensiva per conquistare per la città di Busan l’Expo 2030, alla quale è candidata anche Roma. Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha dichiarato oggi che parteciperà alla riunione del Bureau International des Expositions (BIE), l’organismo internazionale incaricato di supervisionare l’Expo mondiale, a Parigi la prossima settimana, per promuovere l’offerta della Corea del Sud di portare l’Expo 2030 in città di Busan.

La Corea del Sud è uno dei quattro paesi in competizione per ospitare l’Esposizione Universale del 2030, insieme a Italia, Ucraina e Arabia Saudita. L’assemblea generale del BIE è fissata per martedì e mercoledì prossimi a Parigi, con la partecipazione di tutti i 179 Stati membri, prima dell’annuncio del vincitore a novembre. “Il governo e il settore privato, nonché i governi centrale e regionale, hanno compiuto sforzi a tutto campo come una squadra per ospitare l’Expo mondiale del 2030 a Busan, e ogni volta che ho incontrato leader stranieri, anch’io ho chiesto il loro sostegno”, ha detto Yoon durante una riunione di gabinetto presso l’ufficio presidenziale.

“La presentazione all’assemblea generale a partecipano tutti i 179 Stati membri sarà un’opportunità per mostrare la visione distinta dell’Expo di Busan”, ha detto ancora il presidente sudcoreano.

Leader Honduras in Cina, riconosciuta Pechino e abbandonata Taiwan

Leader Honduras in Cina, riconosciuta Pechino e abbandonata TaiwanRoma, 12 giu. (askanews) – Il presidente cinese Xi Jinping ha promesso oggi alla sua omologa honduregna Xiomara Castro che sosterrà “fermamente” lo sviluppo del paese latinamericano, che ha da poco riconosciuto la Repubblica popolare cinese a scapito di Taiwan.

Pechino e Taipei gareggiano per il riconoscimento diplomatico degli altri paesi e l’Honduras ha a lungo riconosciuto Taiwan come unica Cina. Castro ha tuttavia deciso di spostare il riconoscimento alla Repubblica popolare cinese e, nella visita in corso oggi a Pechino, è stata ricevuta con grandissimi onori. Il voltafaccia diplomatico a Taipei è stato accolto da Xi, rivolgendosi alla presidente dell’Honduras, come “una decisione storica”, che “dimostra la tua forte volontà politica”.

“La Cina svilupperà risolutamente relazioni amichevoli con l’Honduras e sosterrà fermamente lo sviluppo economico e sociale dell’Honduras”, ha affermato ancora il presidente cinese, volendo essere “un buon amico e un buon partner dell’Honduras nel rispetto reciproco, nell’uguaglianza, nel mutuo vantaggio e nello sviluppo comune”. Xiomara Castro firmerà una serie di accordi ecomnomici durante il viaggio che si concluderà mercoledì. Solo 13 Stati ora riconoscono Taiwan, inclusi Paraguay, Haiti e il Vaticano. La scorsa settimana la Cina ha aperto un’ambasciata nella capitale dell’Honduras Tegucigalpa.

Cina: 50% capacità generazione elettrica è da fonti non fossili

Cina: 50% capacità generazione elettrica è da fonti non fossiliRoma, 12 giu. (askanews) – Le fonti energetiche di combustibili non fossili della Cina ora garantiscono il 50% della sua capacità totale di generazione elettrica installata. L’ha affermato oggi l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, citando un funzionario della Commissione nazionale per la riforma e lo sviluppo.

Le fonti di energia da combustibili non fossili, come l’energia eolica e solare, rappresentano il 50,9% della capacità totale installata del paese, segnando il rapido completamento di un obiettivo governativo proposto nel 2021, in base al quale la capacità rinnovabile doveva superare la capacità di combustibili fossili entro il 2025 . Entro la fine del 2022, la capacità di generazione di energia installata in Cina era di 2.564,05 GW, secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica.

La Cina punta a raggiungere il suo picco d’emissioni nel 2030, per scendere poi fino a zero entro il 2060.

Cina ha accresciuto arsenale nucleare di 60 testate in un anno

Cina ha accresciuto arsenale nucleare di 60 testate in un annoRoma, 12 giu. (askanews) – La Cina ha accresciuto il suo arsenale nucleare di 60 testate, portandole a un totale di 410, nei 12 mesi fino a gennaio 2023. Lo dichiara in un rapporto diffuso oggi il SIPRI, il think tank di Stoccolma per la pace e la sicurezza internazionale, dedicato ai dieci stati dotati di armi atomiche.

Il numero di testate accumulate tra le cinque potenze nucleari riconosciute di Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele è salito di 86 testate, arrivando a 9.576, durante un periodo in cui gli arsenali sono stati anche modernizzati. La significativa espansione dell’arsenale nucleare cinese è stata “sempre più difficile da far convivere” con “l’obiettivo dichiarato del paese di avere solo le forze nucleari minime necessarie per mantenere la sua sicurezza nazionale”, ha affermato nel rapporto Hans Kristensen del SIPRI.

Si prevede che l’arsenale cinese continuerà a crescere, afferma ancora il rapporto, aggiungendo che Pechino “potrebbe potenzialmente avere almeno tanti missili balistici intercontinentali quanti ne hanno gli Stati uniti o la Russia entro la fine del decennio”. Delle scorte di 9.576 testate, gli Stati Uniti ne detenevano a gennaio 3.708, invariate rispetto all’anno precedente, secondo quanto riferisce il rapporto. La Russia, dal canto suo, ha aumentato il suo arsenale a 4.489 da 4.477. Le scorte delle due maggiori potenze nucleari mondiali rappresentano circa l’86% del totale.

Si stima che l’arsenale della Corea del Nord sia cresciuto da 25 a 30 testate, afferma il rapporto, aggiungendo che il paese potrebbe avere abbastanza materiale fissile per produrre da 50 a 70 testate.

Ex manager Samsung arrestato: avrebbe rubato segreti chip per Cina

Ex manager Samsung arrestato: avrebbe rubato segreti chip per CinaRoma, 12 giu. (askanews) – Un ex manager di alto livello di Samsung Electronics è stato arrestato e incriminato per aver rubato segreti industriali del gigante dei chip sudcoreano per costruire un impianto di chip in Cina. L’hanno dichiarato oggi fonti giudiziarie sudcoreane, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Yonhap.

L’ex dirigente di 65 anni, il cui nome è rimasto celato, è stato accusato di aver violato le leggi sulla protezione della tecnologia industriale e sulla prevenzione della concorrenza sleale, secondo l’ufficio del procuratore distrettuale di Suwon. Il manager è accusato di aver tentato di costruire una fabbrica completa di semiconduttori, imitazione di Samsung, in Cina dopo aver acquisito illegalmente dati riservati dell’azienda, inclusi dati d’ingegneria di base (BED) dell’impianto di chip, il layout del processo e i disegni di progettazione, dall’agosto 2018 al 2019.

La procura ha anche incriminato altre sei persone – un dipendente di un subappaltatore di Samsung Electronics e cinque dipendenti di un produttore di chip cinese fondato dall’ex dirigente – senza carcere, con l’accusa di collusione nella presunta fuga di notizie tecnologiche. Secondo i pubblici ministeri, l’ex dirigente aveva tentato di utilizzare le tecnologie e i dati rubati per costruire una copia dell’impianto di chip Samsung Electronics a soli 1,5 chilometri dall’impianto di chip dell’azienda a Xian, nella Cina occidentale. Ma il suo piano non si sarebbe concretizzato poiché una società taiwanese ha infranto la sua promessa di investire 8mila miliardi di won (6,2 miliardi di dollari) nel progetto.

Invece, secondo quanto riferito, l’ex dirigente ha ricevuto un investimento da investitori cinesi e ha realizzato prodotti di prova da un impianto di produzione di chip costruito sulla base della tecnologia Samsung a Chengdu l’anno scorso. Il suo impianto di chip cinese ha assunto circa 200 persone da Samsung e SK hynix Inc. Presumibilmente ha incaricato i suoi dipendenti di ottenere e utilizzare i dati di progettazione dei semiconduttori di Samsung.

Giappone, parlamento dà via libera a controversa legge su rifugiati

Giappone, parlamento dà via libera a controversa legge su rifugiatiRoma, 9 giu. (askanews) – La Dieta, il parlamento giapponese, ha detto oggi sì alla nuova, controversa legge sul diritto di asilo, che faciliterà l’iter per l’espulsione di persone che hanno più volte chiesto lo status di rifugiato, creando una situazione che – secondo i critici – metterà i migranti a rischio di persecuzioni nei loro paesi d’origine.

Durante la discussione e il voto, fuori dall’edificio della Dieta, manifestanti si sono riuniti per protestare contro la normativa e a favore dei richiedenti asilo. La nuova normativa modifica in tre punti la precedente Legge sull’immigrazione nipponica.

I QUASI-RIFUGIATI In primo luogo, crea un quadro per accettare come “quasi rifugiati” i profughi in fuga da conflitti come la guerra in Ucraina. Il Giappone attualmente riconosce come rifugiati solo le persone che subiscono persecuzioni per “razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale o opinione politica”. Le persone che fuggono dal conflitto finiscono spesso per non ottenere asilo.

Con l’invasione russa dell’Ucraina, il Giappone ha preso atto di avere questo buco normativo, che fino a quel momento non era stato affrontato. Il Giappone ha accettato circa 2.400 persone, per lo più ucraini, come “sfollati”, concedendo loro temporaneamente lo status di residenti. L’emendamento consentirebbe ai questi “quasi-rifugiati” di ottenere lo status di residente, di lavorare e di ricevere pensioni nazionali. I quasi-rifugiati dovrebbero inoltre affrontare meno ostacoli per ottenere lo status di residente permanente. ESPULSIONI PIU’ FACILI

La nuova normativa, inolte, consentirà alle autorità di espellere le persone che abbiano ricevuto dinieghi allo status di rifugiato per tre volte. Al momento, i cittadini stranieri sottoposti a procedura per ottenere lo stato di rifugiato non possono essere espulsi indipendentemente dal numero di volte che hanno presentato domanda, dal motivo della domanda o dalla fedina penale. Il numero di persone che richiedono il riconoscimento come rifugiati è aumentato negli ultimi anni e le autorità affermano che alcune persone stanno abusando della legge per evitare l’espulsione e rimanere in Giappone illegalmente. I sostenitori dei diritti dei richiedenti asilo sono preoccupati che questa limitazione porti a espulsioni troppo alla leggera di persone che potrebbero rischiare la persecuzione nei loro paesi d’origine e hanno sottolineato come sia accaduto che richiedenti asilo si siano visti riconoscere lo status anche dopo tre richieste respinte. CENTRI DI DETENZIONE In Giappone gli stranieri che sono sotto procedura di espulsione devono restare in centri di detenzione. Ma con la nuova normativa potranno essere autoritzzati a vivere fuori da questi centri, sulla base di condizione. Inoltre i detenuti saranno sottoposti a revisioni periodiche per decidere se trattenerli o meno. LA SITUAZIONE Il Giappone nel centro del mirino per la sua rigidità nel concedere lo status di rifugiato. Nel 2022 ha riconosciuto soltanto 202 persone come rifugiati su 3,700 domande ricevute: si tratta di un record negativo nel G7. Sono 4.233 i richiedenti asilo che, alla fine del 2022, avevano attiva una procedura dopo aver rifiutato un’espulsione, secondo i servizi per l’immigrazione nipponici. Secondo l’Associazione giapponese per i rifugiati, i criteri per la concessione dello status sono troppo restrittivi. Per esempio, ai curdi di passaporto turco viene concesso lo status di rifugiato in molti paesi, ma finora solo uno dei circa 2.000 richiedenti asilo provenienti dalla Turchia ha ottenuto il riconoscimento in Giappone. LE PROTESTE Il governo giapponese ha tentato di emendare la sua legge sui rifugiati già due anni fa, ma la proposta è stata scartata sull’onda delle proteste in seguito all’oscura morte di una donna dello Sri Lanka, che aveva trascorso più di sei mesi in un centro di detenzione per immigrati. Nuovamente, negli ultimi mesi, il dissenso si è acuito. Il Partito Democratico Costituzionale, formazione all’opposizione, ha presentato martedì una mozione di censura contro il ministro della giustizia nel tentativo di ritardare l’approvazione del disegno di legge, e giovedì il parlamento ha assistito a una colluttazione quando si è cercato di impedire fisicamente che il disegno di legge passasse in commissione. Esperti del Consiglio per i diritti umani, un organismo intergovernativo all’interno del sistema delle Nazioni Unite, hanno inviato una lettera al governo giapponese ad aprile affermando che le disposizioni proposte “non soddisfano gli standard internazionali sui diritti umani” e sollecitando Tokyo a “rivedere a fondo” il disegno di legge di modifica . Sottoporre i richiedenti asilo all’espulsione, anche condizionale, “mina il diritto internazionale sui diritti umani e il principio di non respingimento”, che vieta a un paese che accoglie i richiedenti asilo di riportarli in un luogo in cui sarebbero a rischio di tortura o maltrattamenti. Gli esperti hanno anche affermato che il disegno di legge continua a presumere la detenzione per coloro che non hanno lo status di residente. Ciò è in contrasto con un trattato internazionale sui diritti umani ratificato dal Giappone, che afferma che la detenzione dovrebbe essere “una misura di ultima istanza”. Il disegno di legge non stabilisce un periodo massimo di detenzione e non consente un “riesame giudiziario periodico” della detenzione in corso. Manca inoltre un’esenzione dalla detenzione per i minori. Il ministro della Giustizia Ken Saito ha liquidato la lettera come “non giuridicamente vincolante” e ha protestato per quelle che ha definito opinioni “annunciate unilateralmente senza ascoltare le opinioni del governo giapponese”. Il governo “chiarirà i punti sulla base di idee sbagliate e fornirà spiegazioni dettagliate in modo che il contenuto del disegno di legge rivisto e la sua adeguatezza possano essere pienamente compresi”.

Cina: Usa non possono decidere se noi siamo Paese in via di sviluppo

Cina: Usa non possono decidere se noi siamo Paese in via di sviluppoRoma, 9 giu. (askanews) – Ma la Cina è o no un “Paese in via di sviluppo”? Questa etichetta è oggetto dell’ultima disputa tra Pechino e Washington, ma a ruoli invertiti rispetto a quanto si immaginerebbe: gli Usa stanno ragiondando di togliere a Pechino lo status di “paese in via di sviluppo”, ma dalla Cina arriva un sonoro “no”.

Ieri la Commissione per gli affari esteri del Senato Usa ha approvato un disegno di legge che, se approvato, cancellerà lo status di “paese in via di sviluppo” per la Cina, togliendo così a Pechino una serie di vantaggi in diversi consessi e accordi internazionali. Il disegno di legge dovrà ora essere approvato dalla plenaria del Senato, dopo che a marzo la Camera dei rappresentanti l’ha già votata conn un risultato senza dissensi: 415 favorevoli e nessun contrario.

Oggi il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, nella quotidiana conferenza stampa a Pechino, ha reagito duramente. “Gli Stati uniti vogliono imporre il titolo di ‘paese sviluppato’ alla Cina non per ammirazione e affermazione dei risultati dello sviluppo della Cina, ma perché vogliono privare la Cina del suo status di paese in via di sviluppo come un modo per frenare lo sviluppo della Cina”, ha affermato il portavoce. “Lo status della Cina di più grande paese in via di sviluppo del mondo ha sia una base fattuale sufficiente che una solida base nel diritto internazionale, e non può essere cancellato da un disegno di legge del Congresso degli Stati Uniti. I diritti legali di cui gode la Cina come paese in via di sviluppo non possono essere cancellati dai politici di Capitol Hill”, ha continuato.

Wang Wenbin ha sottolineato che se la Cina sia o meno un paese in via di sviluppo non spetta agli Stati Uniti deciderlo. “Gli Stati Uniti non possono cancellare le condizioni nazionali di base secondo cui la Cina è ancora un paese in via di sviluppo, né possono fermare i passi decisi della Cina verso il ringiovanimento nazionale” ha rivendicato. “Invece di preoccuparsi di come far indossare alla Cina il cappello di ‘paese sviluppato’, gli Stati Uniti dovrebbero togliersi al più presto il cappello di bulli”.

Cina: Dichiarazione atlantica Usa-Gb? Minaccia a stabilità globale

Cina: Dichiarazione atlantica Usa-Gb? Minaccia a stabilità globaleRoma, 9 giu. (askanews) – L’approccio alla politica estera che ha portato il presidente Usa Joe Biden e il premier britannico Rishi Sunak a firmare la “Dichiarazione atlantica”, con un attacco ai paesi “autoritari” come Russia e Cina, è una “minaccia alla stabilità globale”. L’ha sostenuto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin nella quotidiana conferenza stampa di oggi a Pechino.

“Gli scambi e la cooperazione tra i paesi dovrebbero aiutare a mantenere la pace e la stabilità mondiale e regionale, e non dovrebbero prendere di mira terze parti o danneggiare gli interessi di terze parti”, ha detto Wang facendo riferimento alla dichiarazione firmata ieri alla Casa bianca. “Provocare un confronto tra blocchi, in base a una mentalità da guerra fredda, è la vera minaccia alla stabilità globale” ha continuato il portavoce cinese. “Paesi come la Cina e la Russia sono disposti a manipolare e sfruttare la nostra apertura, rubare la nostra proprietà intellettuale, utilizzare la tecnologia per fini autoritari o ritirare risorse cruciali”, ha affermato il primo ministro britannico nel presentare la dichiarazione. “Non ci riusciranno”.

Hong Kong, inno “vietato” diventa una hit su iTunes

Hong Kong, inno “vietato” diventa una hit su iTunesRoma, 9 giu. (askanews) – “Gloria a Hong Kong”, l’inno non ufficiale delle proteste pro-democrazia nel territorio semi-autonomo cinese, ha avuto una spinta notevole nelle classifiche di iTunes dopo che è stata emessa dalle autorità un’ingiunzione per bietarlo: per almeno due giorni è stato il brano più scaricato nella versione locale dello store di Apple. Lo riferisce il Financial Times.

Il brano, scritto nel 2019, è oggetto da lunedì di un’ingiunzione in tribunale con la richiesta alle piattaforme web di bloccarlo nelle sue diverse declinazioni, compresi 32 video YouTube. Il testo di “Gloria a Hong Kong” invita a lottare per la libertà e a “liberare Hong Kong” in una “rivoluzione dei nostri tempi”.

La canzone è diventata così popolare che ha superato i risultati di ricerca su Google come “inno nazionale di Hong Kong” in alcuni paesi, portando talvolta autorità estere a scambiarlo per l’inno ufficiale hongkonghese in diversi eventi sportivi internazionali.