Ministro Esteri di Taiwan la prossima settimana in EuropaRoma, 9 giu. (askanews) – Il ministro degli Esteri di Taiwan Joseph Wu farà una visita in Europa la prossima settimana, partecipando anche a un evento con il presidente ceco. Lo scrive oggi l’agenzia di stampa Reuters, che ne ha avuto conferma da quattro fonti.
La mossa potrebbe provocare una reazione cinese. Taiwan non ha relazioni diplomatiche con alcun paese dell’Europa, tranne che con la Città del Vaticano. Non è ancora chiaro quali paesi toccherà il viaggio. Secondo le fonti dovrebbe andare a Praga, dove parteciperà il 14 giugno a una conferenza sulla sicurezza parlando immediatamente dopo il presidente ceco Petr Pavel, ma anche al quartier generale dell’Unione europea.
Roma, 6 giu. (askanews) – Quattro velivoli militari cinesi e quattro russi oggi sono entrati nella Zona di identificazione della difesa aerea della Corea del Sud (ADIZ) senza preavviso. L’ha affermato lo Stato maggiore congiunto di Seoul, aggiungendo che aerei sudcoreani sono decollati per recarsi sulla scena.
Secondo i militari sudcoreani, tra le 11:52 e le 13:49 (4.52 e 6.49 in Italia), gli aerei cinesi e russi sono entrati nell’ADIZ coreana e poi ne sono usciti. Non hanno però violato lo spazio aereo della Corea del Sud. L’ingresso non preannunciato nell’ADIZ è avvenuto dopo che i capi della difesa della Corea del Sud, degli Stati Uniti e del Giappone hanno sottolineato il loro impegno a rafforzare la cooperazione trilaterale in materia di sicurezza, inocntrandosi a margini del Dialogo Shangri-La, una conferenza annuale sulla sicurezza a Singapore, nel fine settimana.
L’ADIZ non è lo spazio aereo territoriale, ma è un’area in cui è richiesto che gli aerei stranieri si identifichino per evitare incidenti.
Roma, 6 giu. (askanews) – Parigi e Pechino si parlano, si annusano, lavorano sotto traccia per rendere più solida un’ipotesi tuttora vaga di fuoriuscita diplomatica dal conflitto russo-ucraino. Dopo che il presidente francese Emmanuel Macron ha visto a Pechino il leader cinese Xi Jinping e gli ha detto di contare su di lui per riportare Vladimir Putin alla ragione, i contatti non si sono fermati e i due uomini incaricati di tenere aperto il canale sembrano essere Wang Yi, numero uno della politica estera del Partito comunista cinese, e il consigliere diplomatico di Macron, Emmanuel Bonne.
Ieri Wang e Bonne si sono sentiti al telefono. Secondo quanto ha riferito il ministero degli Esteri cinese, i due hanno parlato per “coordinare le loro posizioni” sulla guerra in Ucraina. E, in esito a questo abboccamento, hanno concordato di “accumulare e creare condizioni per l’avvio di un processo di accordo politico”. Come a dire: al momento siamo in una fase embrionale – cosa che appare anche evidente nell’altro tentativo di mediazione attualmente in corso, quello vaticano condotto dal cardinal Zuppi su mandato di papa Francesco – ma bisogna creare argomenti e convergenze perché vengano a determinarsi le condizioni favorevoli alla via diplomatica. Solo pochi giorni fa, l’inviato speciale cinese per gli affari eurasiatici Li Hui ha concluso un lungo tour nelle principalicapitali europee, tra cui Parigi, per promuovere i colloqui di pace. Venerdì scorso, in un briefing con i media, ha affermato che Pechino sta prendendo in considerazione un’altra missione, pur riconoscendo le difficoltà dei negoziati di pace.
In realtà il momento non sembra favorevole. L’Ucraina ha avviato la sua controffensiva, mentre la Russia ha rafforzato i suoi bombardamenti. La guerra, insomma, sembra accendersi ulteriormente, invece di placarsi. Quando Li ha incontrato alti funzionari a Kiev, Mosca, Varsavia, Parigi, Berlino e Bruxelles, ha ammesso che ci sono ancora ancora molte incertezze, ma ha anche affermato che Pechino è “pronta a fare qualsiasi cosa che favorisca l’allentamento delle tensioni e la promozione dei negoziati”.
Macron, dal canto suo, ha incaricato Bonne di stabilire un quadro con Wang per futuri negoziati e i due hanno avuto diverse conversazioni prima che Macron visitasse la Cina ad aprile, con l’Ucraina come argomento chiave di discussione, segnala oggi il South China Morning Post. Per la Cina la posizione di Parigi è fondamentale. Il presidente francese, tra i principali leader europei, sembra quello più disposto a creare collegamenti con la Cina e ad aderire più entusiasticamente all’appello che Pechino lancia incessantemente: l’Europa stabilisca una sua indipendenza strategica (dagli Usa, s’intende). Non a caso, parlando della questione di Taiwan, il presidente francese ha creato un certo scandalo affermando che i paesi europei non dovrebbero essere “vassalli” di Washington.
Durante la telefonata di ieri, Wang “ha espresso apprezzamento” per la dimostrazione di indipendenza diplomatica di Macron in ambito internazionale e per il suo impegno a consolidare i legami tra Pechino e l’Europa. “In quanto forze trainanti di un mondo multipolare, la Cina e l’Europa hanno più interessi comuni che differenze e dovrebbero concentrarsi maggiormente sulla cooperazione che sulla rivalità”, ha affermato, aggiungendo che Cina e Francia possono lavorare per “un partenariato strategico globale”. E’ evidente che la Cina sta puntando molto su Parigi. Negli ultimi mesi, la capitale francese è stata visitata, oltre che da Li Hui, anche dallo stesso Wang Yi e dal ministro degli Esteri Qin Gang. Questa corteggiamento ha inoltre lo scopo di scardinare il concetto posto dal G7 alla testa delle relazioni con la Cina, cioè quello della “risk-reduction” (la riduzione del rischio) che, pur essendo stata presentata all’ultimo summit di Hiroshima, come un’alternativa all’impraticabile “disaccoppiamento” (“decoupling”) strategico ed economico da Pechino, è visto dalla parte cinese come una minaccia e come una conseguenza di una posizione gregaria dell’Europa e del Giappone rispetto a Washington. Ma per avere una maggiore leva in Europa, la Francia da sola non basta. E non a caso Wang Yi ha incontrato giovedì scorso a Pechino il consigliere tedesco per la politica estera e di sicurezza Jens Plotner.
Roma, 6 giu. (askanews) – La Cina vede l’accordo Usa-Gran Bretagna-Australia per la costruzione di sommergibili nucleari come una minaccia di proliferazione che mette a repentaglio la sicurezza nel Pacifico meridionale, affermando che gli Usa e la Gran Bretagna hanno trasferito in Australia materiali per costruire tra 64 e 80 bombe nucleari.
“Il partenariato di sicurezza trilaterale USA-Regno Unito-Australia e la sua cooperazione per i sottomarini nucleari creano rischi di proliferazione nucleare, impattano sul contesto internazionale di non proliferazione nucleare e danneggiano il trattato sulla zona denuclearizzata del Pacifico meridionale, minando gli sforzi dei paesi dell’ASEAN per stabilire una zona priva di armi nucleari nel sud-est asiatico”, ha detto Wang Wenbin, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, nell’odierna conferenza stampa a Pechino. “Secondo le stime degli esperti internazionali di controllo degli armamenti, i materiali nucleari di natura militare che Stati uniti e Gran Bretagna hanno trasferito in Australia possono essere utilizzati per fabbricare da 64 a 80 armi nucleari”, ha detto ancora Wang.
“Se i tre paesi insisteranno per andare per la loro strada, ciò avrà un impatto grave e irreversibile sull’integrità, l’autorità e l’efficacia del sistema internazionale di non proliferazione nucleare e stimolerà anche altri paesi non dotati di armi nucleari a seguire l’esempio, trasformando la regione in un’arena per la corsa agli armamenti”, ha continuato il portavoce. “E’ estremamente irresponsabile e pericoloso – ha detto ancora Wang – mettere la propria sicurezza al di sopra della sicurezza di altri paesi e creare ansia per la sicurezza in altri paesi”.
Roma, 6 giu. (askanews) – La Nato è “ossessionata” dalla voglia di avanzare in Asia orientale, creando instabilità e conflitto tra i blocchi. L’ha affermato oggi il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin nella quotidiana conferenza stampa a Pechino, dando ulteriormente voce al disappunto cinese per la decisione Nato di aprire un ufficio di rappresentanza a Tokyo.
“La Nato è ossessionata dall’avanzare verso est nell’Asia-Pacifico, interferendo negli affari regionali e provocare il confronto tra i blocchi”, ha affermato Wang. Il portavoce cinese ha affermato che i paesi asiatici “si oppongono” al confronto tra i i blocchi e “non accolgono con favore che la Nato estenda i suoi tentacoli all’Asia” col rischio che si riproduca una Guerra fredda nel continente. .
Anche il Giappone, ha detto ancora Wang, dovrebbe astenersi dal “fare cose che minano la fiducia reciproca tra i paesi della regione e danneggiano la pace e la stabilità regionali”.
Roma, 6 giu. (askanews) – Il gigante taiwanese dei chip TSMC ha l’ambizione di essere un elemento di stabilizzazione nelle relazioni tra Stati uniti e Cina, che sono particolarmente deteriorate anche a causa del rischio di interruzione delle filiere di approvvigionamento, con il tema dei semiconduttori al centro. Lo ha detto il presidente della Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. Mark Liu nell’odierna assemblea annuale, sostenendo che anzi l’azienda può svolgere un ruolo “vitale” nel migliorare le relazioni tra le due potenze.
Il presidente di TSMC ha affermato che, se l’industria dei chip di Taiwan nel suo complesso – la seconda più grande al mondo per fatturato dopo gli Stati Uniti – continuerà a prosperare, avrà un effetto positivo sulla geopolitica. “Se la Cina e gli Stati Uniti pensano entrambi di non poter vivere senza TSMC e i nostri chip, TSMC e l’industria dei chip di punta di Taiwan possono, a loro volta, svolgere un ruolo fondamentale nello stabilizzare la tensione tra Stati Uniti e Cina”, ha detto Liu agli azionisti durante la riunione generale annuale della società. Le sue osservazioni vengono dopo la recente vendita da parte dell’investitore veterano statunitense Warren Buffett della sua partecipazione in TSMC, citando le tensioni geopolitiche come causa nella mossa a sorpresa.
TSMC ha aggiunto che, secondo il proprio sondaggio tra i clienti, la fiducia dei clienti nell’azienda sta aumentando. “Il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha affermato che la produzione di chip con TSMC è perfettamente sicura, il che dimostra la fiducia dei nostri clienti in noi”, ha affermato Liu. “Non vale la pena ascoltare solo i politici su questo”. TSMC ha anche confermato che sta ancora lavorando con i clienti per espandere la produzione negli Stati uniti, in Giappone e in Cina. Il produttore di chip ha anche assicurato che si sta procedendo sulla costruzione del suo primo impianto di chip in Germania, nonostante i continui negoziati sui sussidi e le valutazioni delle condizioni di lavoro e della catena di fornitura locale.
Nonostante l’internazionalizzazione della produzione, tuttavia TSMC intende mantenere la sua capacità produttiva più avanzata a Taiwan. Il CEO C.C. Wei ha spiegato che la “maggior parte della nostra capacità produttiva peri 3 nanometri e, in futuro, per i 2 nm e 1,4 nm sarà ancora a Taiwan”. Attualmente i chip più avanzati sono costruiti con tecnologia a 3 nm. Solo TSMC, Samsung e Intel sono in grado di realizzare chip così all’avanguardia.
Liu ha aggiunto che anche TSMC sta godendo di una forte spinta dall’intelligenza artificiale. La società ha ricevuto ordini urgenti per la produzione di chip per le esigenze di intelligenza artificiale generativa, ad esempio per gestire i data center che abilitano il popolarissimo chatbot ChatGPT, ha affermato: “Ci stiamo affrettando ad aumentare la nostra capacità di confezionamento di chip avanzati, principalmente per soddisfare anche la domanda di chip per l’IA generativa”. Il presidente ha affermato di aspettarsi che in futuro l’intelligenza artificiale non sarà confinata ai data center, ma sarà anche in grado di funzionare su dispositivi “edge” come smartphone e personal computer.
Roma, 6 giu. (askanews) – Le autorità filo-cinesi di Hong Kong hanno portato a processo una canzone. Si tratta di “Glora a Hong Kong”, un brano considerato inno non ufficiale delle proteste filodemocratiche di qualche anno fa: il segretario alla Giustizia del territorio semi-autonomo cinese ha deferito il testo all’Alta Corte per chiedere un divieto di diffusione ed esecuzione. Lo riferisce il South China Morning Post.
L’atto di citazione, depositato ieri, chiede al tribunale di impedire di “trasmettere, eseguire, stampare, pubblicare, vendere, offrire in vendita, distribuire, diffondere, mostrare o riprodurre in qualsiasi modo” la melodia antigovernativa. L’ingiunzione inoltre prende di mira chiunque intenda incitare altri a separare Hong Kong dalla Cina continentale, commettere un atto sedizioso o insultare l’inno nazionale cinese, la “Marcia dei Volontari”.
Il divieto, se concesso, impedirebbe anche a chiunque di suonare la canzone in un modo che potrebbe farla “scambiare come inno nazionale per quanto riguarda la regione amministrativa speciale di Hong Kong”, o suggerire che Hong Kong Kong “è uno stato indipendente e ha un proprio inno nazionale”. L’ordine riguarderebbe anche “qualsiasi adattamento della canzone, la cui melodia e/o il cui testo sono sostanzialmente gli stessi della canzone”.
Il documento presentato al tribunale elenca anche i video di YouTube di 32 versioni della canzone di protesta che potrebbero essere ritenute in violazione dell’ingiunzione prevista, comprese cover strumentali e le versioni cantate in mandarino, inglese, tedesco, olandese, giapponese e coreano. La data dell’udienza deve ancora essere fissata.
Il testo di “Gloria a Hong Kong” invita a lottare per la libertà e a “liberare Hong Kong” in una “rivoluzione dei nostri tempi”. La canzone è diventata così popolare che ha superato i risultati di ricerca su Google come “inno nazionale di Hong Kong” in alcune paesi, portando talvolta autorità estere a scambiarlo per l’inno ufficiale hongkonghese in diversi eventi sportivi internazionali.
Roma, 6 giu. (askanews) – Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha dichiarato oggi che l’alleanza tra Seoul e Washington è stata trasformata in una “alleanza basata sul nucleare” dopo l’accordo firmato a Washington con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden per rafforzare la deterrenza estesa americana nella Penisola coreana.
La dichiarazione, che potrebbe innescare delle reazioni della Corea del Nord, è stata fatta in un’occasione solenne: un discorso nel Giorno della Memoria presso il cimitero nazionale di Seoul, l’Arlington sudcoreana. Ad aprile Yoon, in visita negli Usa, ha adottato con Biden la cosiddetta “Dichiarazione di Washington”, che prevede un rafforzato impegno americano nella difesa della Corea del Sud con tutte le sue capacità militari, compreso il nucleare.
“Il presidente Biden e io abbiamo formulato congiuntamente la Dichiarazione di Washington ad aprile, che rafforza notevolmente la deterrenza estesa delle risorse nucleari statunitensi”, ha affermato Yoon. “L’alleanza tra Corea del Sud e Stati Uniti – ha proseguito – è ora trasformata in un’alleanza basata sul nucleare”. Yoon ha segnalato come la Corea del Nord stia potenziando le sue capacità nucleari e missilistiche e abbia inserito nella sua normativa la possibilità di utilizzo delle armi nucleari. “Il nostro governo e le forze armate difenderanno la vita e la sicurezza del popolo costruendo una posizione di sicurezza basata sull’alleanza tra Corea del Sud e Stati Uniti più forte che mai”, ha affermato il leader sudcoreano.
Governo sudcoreano vuole eliminare prescrizione per pena di morteRoma, 5 giu. (askanews) – Il governo sudcoreano intende eliminare il periodo di prescrizione estintiva per la pena di morte, attualmente fissato a 30 anni. L’ha detto oggi il ministero della Giustizia.
Un emendamento al Codice penale è stato approvato nel consiglio dei ministri odierno. Consta nell’eliminazione delle clausole che esonerano i condannati a morte dall’esecuzione della pena dopo 30 anni. Gli articoli 77 e 78 dell’attuale codice penale stabiliscono che il termine di prescrizione è scaduto se la pena di morte non è stata eseguita da 30 anni. Se l’emendamento passerà all’Assemblea nazionale, le relative disposizioni scompariranno dalla legge penale, ha affermato il ministero.
La Corea del Sud non esegue alcuna esecuzione dal dicembre 1997. La decisione di emendare il codice viene in seguito a una controversia scoppiata su un detenuto nel braccio della morte, il più longevo del paese, condannato nel novembre 1993 a morte per incendio doloso e omicidio. Tra pochi mesi la sua condanna a morte cadrà in prescrizione.
Il ministero ha detto che l’emendamento sarà presentato al parlamento questa settimana.
La sorella di Kim Jong Un: rilanceremo satellite-spia e funzioneràRoma, 1 giu. (askanews) – Kim Yo Jong, la potente sorella di Kim Jong Un, ha avvertito oggi gli Stati uniti che la Corea del Nord insisterà nel suo tentativo di mandare in orbita un satellite-spia e “non rimarrà a guardare” se verrà fatto qualcosa per impedirlo.
Ieri il lancio di un satellite di ricognizione militare da parte di Pyongyang è fallito per un malfunzionamento del vettore. In una rara ammissione, è stato lo stesso governo nordcoreano ad ammettere il flop. In una nota stampa, Kim Yo Jong ha sostenuto essere “certo che il satellite da ricognizione militare della Corea del Nord sarà correttamente messo in orbita nel prossimo futuro e inizierà la sua missione”. E ha aggiunto: “Nessuno può negare il diritto sovrano della Repubblica democratica popolare di Corea a lanciare i suoi satelliti”.
Kim Yo Jong è indicata come vicedirettrice del dipartimento per il Comitato centrale del partito dei lavoratori di Corea. E’ considerata una personalità piuttosto influente nel cerchio magico del leader Kim Jong Un, con cui è cresciuta e ha anche fatto l’esperienza del collegio in Svizzera. Si è distinta negli ultimi anni per la retorica molto affilata nei confronti degli Stati uniti. Anche in questa dichiarazione ha accusato Washington di “inveterata ostilità nei confronti della Corea del Nord” e di “intensificare ulteriormente la tensione, destabilizzando la situazione della sicurezza nella regione” dell’Asia orientale.
La sorella di Kim Jong Un ha definito “logica da gangster” quella applicata dagli Usa anche nell’ambito del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che ha vietato alla Corea del Nord i lanci di missili balistici, anche quando collegati al programma spaziale. Ma gli Usa, ha detto ancora Kim Yo Jong, “non dovrebbero più illudersi né essere troppo sicuri di sé stessi: nessuno ha conferito loro l’autorità di contestare il diritto sovrano di un altro stato”. Su questa base, ha detto ancora Kim, “non abbiamo nulla su cui dialogare, né sentiamo la necessità di dialogare” con gli Stati uniti e i loro “tirapiedi”. E, invece, ha detto ancora: “Siamo pronti ad agire in qualsiasi modo per difendere i nostri diritti e interessi sovrani”.