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Telefonata Xi-Zelensky, cosa si sono detti i leader (secondo Pechino)

Telefonata Xi-Zelensky, cosa si sono detti i leader (secondo Pechino)Roma, 26 apr. (askanews) – Dal giorno dell’incontro a Mosca di Xi Jinping con il presidente russo Vladimir Putin, a marzo, da Pechino si continuava a ripetere che il leader cinese avrebbe sentito “al momento opportuno” anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Quel momento è venuto oggi: Xi ha avuto “su richiesta” una conversazione telefonica col leader di Kiev, la prima tra i due dall’invasione russa il 24 febbraio 2022 e la prima da quando la Cina ha presentato un “Position Paper” sulla crisi ucraina, con il quale si è proposta di fatto come mediatrice per una soluzione pacifica.

“Ho avuto un lungo e significativo colloquio telefonico con il presidente Xi Jinping. Credo che questo colloquio, così come la nomina dell’ambasciatore dell’Ucraina in Cina, darà un forte impulso allo sviluppo delle nostre relazioni bilaterali”, ha scritto Zelensky su Twitter, tenendosi tutto sommato abbottonato sul coté più interessante, quello del conflitto con la Russia. La telefonata è stata seguita dalla nomina dell’ex ministro per le industrie strategiche Pavlo Riabikin ambasciatore “straordinario e plenipotenziario” a Pechino. Questo mentre la Cina comunicava l’invio del rappresentante speciale del governo cinese per gli affari eurasiatici Li Hui, che è stato anche ambasciatore cinese in Russia, come capo della delegazione in Ucraina e in altri paesi per consultazioni volte a una soluzione politica della crisi. Il canale, insomma, è stato aperto.

Nel comunicato rilanciato dai media di stato cinesi, sono stati forniti dettagli sulla posizione presentata da Xi al suo interlocutore ucraino. “Il rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità territoriale è la base politica delle relazioni Cina-Ucraina”, hanno riferito i media cinesi. Xi Jinping ha sottolineato “che la complessa evoluzione della crisi ucraina ha avuto un forte impatto sulla situazione internazionale” e “la Cina si è sempre schierata dalla parte della pace e la sua posizione è quella di promuovere la pace e i colloqui”. Xi ha assicurato che Pechino “in qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e di grande paese responsabile non volterà lo sguardo altrove, non aggiungerà benzina al fuoco, non punterà a trarre vantaggio” dal conflitto. E ha aggiunto: “Il dialogo e la negoziazione sono l’unica via d’uscita praticabile: non ci sono vincitori in una guerra nucleare”. Per questo motivo, tutte le parti coinvolte, alla luce anche dei rischi nucleari, “dovrebbero rimanere calme e sobrie, concentrarsi veramente sul futuro e sul destino di se stesse e di tutta l’umanità, e gestire e controllare congiuntamente la crisi”.

Xi ha osservato che “la razionalità” e le voci per il dialogo “stanno aumentando”, quindi è il momento di “cogliere l’opportunità per mettere assieme condizioni favorevoli verso una soluzione politica della crisi”, e ha auspicato che “tutte le parti riflettano profondamente sulla crisi ucraina e cerchino insieme una via per la pace e la stabilità a lungo termine in Europa attraverso il dialogo”. Con queste dichiarazioni, il presidente cinese sembra alludere ai segnali arrivati dalla recente visita a Pechino del presidente francese Emmanuel Macron, accompagnato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. L’inquilino dell’Eliseo ha detto di “contare” su Xi per lavorare a una soluzione pacifica. E, facendo riferimento alla crisi di Taiwan, in cui la Cina è parte in causa, ha affermato che l’Ue non si dovrebbe far coinvolgere e non dovrebbe essere “vassalla” degli Stati uniti. Le dichiarazioie del leader francese, che hanno suscitato polemiche in Occidente, non sono certamente passate inosservate in Cina.

Xi ha insistito oggi che “continuerà a lavorare per la pace, a promuovere i colloqui e farà sforzi per fermare la guerra, per ottenere un cessate-il-fuoco e ripristinare la pace il prima possibile”. Li Hui, ha chiarito il presidente, andrà “in Ucraina e in altri paesi per condurre una comunicazione approfondita con tutte le parti sulla soluzione politica della crisi ucraina”. Inoltre, il leader cinese ha ricordato come Pechino abbia “fornito diversi carichi di assistenza umanitaria all’Ucraina e sia disposta a continuare a fornire assistenza nell’ambito delle sue capacità”. Zelensky – secondo la versione raccontata dai media pubblici cinesi – si è congratulato con Xi Jinping per la sua rielezione allo storico terzo mandato come leader della Cina e ha ribadito come l’Ucraina si attenga al principio dell’”Unica Cina”, per quanto riguarda la questione di Taiwan, e speri di mettere in campo una cooperazione globale con la Cina, aprendo un nuovo capitolo nelle relazioni bilaterali, oltre a lavorare insieme per mantenere la pace e la stabilità nel mondo. Inoltre, Zelensky avrebbe “accolto con favore” l’importante ruolo della Cina nel ripristinare la pace e risolvere la crisi attraverso mezzi diplomatici.

Borrell: Pechino ha preso distanze da suo ambasciatore a Parigi

Borrell: Pechino ha preso distanze da suo ambasciatore a ParigiBruxelles, 24 apr. (askanews) – “E’ stato importante, e ci tengo a segnalarlo, che Pechino abbia preso le distanze dalle dichiarazioni inaccettabili del suo ambasciatore a Parigi. Ieri avevo detto su Twitter che speravo che queste ossservazioni o dichiarazioni dell’ambasciatore non fossero la posizione ufficiale della Cina; e ora abbiamo una risposta concreta che non lo sono. Quindi è una buona notizia”.

Lo ha affermato l’Alto Rappresentante per la Politica estera Ue, Josep Borrell, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio Affari Esteri di oggi a Lussemburgo, in riferimento alle dichiarazioni dell’ambasciatore cinese a Parigi, Lu Shaye, secondo cui la Crimea apparterrebbe alla Russia e i paesi dell’ex Unione sovietica non avrebbero uno “status effettivo” di Stati sovrani nel diritto internazionale. “Ora – ha osservato Borrell -, nel comportamento degli ambasciatori di tutto il mondo può succedere che vi sia un’espressione sbagliata, o una frase espressa in modo equivoco. Non entro in questa faccenda, è una questione che riguarda il Ministero degli Esteri cinese. Quello che volevo sapere è quale fosse la posizione ufficiale. Questo è stato chiarito, e, come previsto, non mette in discussione la sovranità delle ex repubbliche sovietiche, siano esse nel Baltico, o in Asia centrale, o nel Caucaso. Ci possono essere altri problemi, ma credo che questo incidente, debitamente chiarito, sia servito”.

“Credo che le spiegazioni che abbiamo ricevuto dal ministero degli Esteri cinese in Cina siano sufficienti”, ha tagliato corto l’Alto rappresentante. “Sulla Cina: come è noto, la mia visita” a Pechino “ha dovuto essere riprogrammata”, ma bisogna “parlarsi per capirsi meglio. Insistiamo sull’idea, e io personalmente insisto sull’idea, che ci sono aree in cui i nostri interessi convergono e dobbiamo lavorare insieme. Le sfide globali non si risolvono senza la Cina”, come per il clima, o la salute mondiale. “Ma noi ci aspettiamo anche – ha ricordato Borrell – che la Cina agisca in difesa delle regole e delle norme internazionali, in modo del tutto non selettivo”. E in particolare, “quando si tratta della Russia che giustifica la guerra contro l’Ucraina, la Cina in quanto membro permanente del Consiglio di sicurezza ha la responsabilità di difendere la carta delle Nazioni Unite”.

“Ma sulla Cina – ha annunciato Borrell – dovremo continuare a discutere sulla prossima riunione di Gymnich”, la riunione informale dei ministri degli Esteri che si svolgerà in Svezia; “stiamo preparando un ‘position paper’ che aggiorna e ricalibra la nostra strategia nei confronti della Cina, così come è stata definita nel 2019, che è molto tempo fa; stiamo studiando come attuare un nuovo approccio. Anche in questo caso la politica estera deve essere definita dal Consiglio dell’Unione europea, e lavoreremo per presentarla con un’analisi, il ‘position paper’, che sarà discusso dai leader” dei Ventisette. “Oggi c’erano troppi temi all’ordine del giorno per poter approfondire il tema della Cina, ma sarà un tema permanente di cui parleremo al Gymnich”. “Non si tratta di riscoprire la ruota, o di cambiare tutto: è chiaro che la definizione della Cina come concorrente, partner e rivale (che era stata affermata nel 2019, ndr) è ancora molto valida, perché rispecchia fedelmente la situazione; puoi combinare questi tre elementi in proporzioni diverse e trovare un mix diverso. Tutto dipende da come li combini; e oggi è chiaro che la dimensione della rivalità è aumentata, ma non sono diminuite le dimensioni del partneriato, né la dimensione della competizione; al contrario, è aumentata anche la dimensione della concorrenza”, ha spiegato l’Alto Rappresentante.

E ha aggiunto: “Mentre continuiamo a parlare della Cina, i nostri rapporti commerciali con essa continuano ad aumentare. La stessa cosa era accaduta la dipendenza energetica della Russia: tutti nel mondo parlavano della dipendenza energetica dalla Russia, mentre quella dipendenza continuava ad aumentare. Noi continuiamo ad avere un rapporto economico, finanziario e commerciale con la Cina di tale importanza che non può essere ignorato: ci sono quasi 12,5 miliardi di euro al giorno di relazioni commerciali, e questa cifra è in aumento”. “Quindi – ha sottolineato Borrell – dobbiamo continuare a lavorare su questo trittico. Ma dove sia il baricentro di questo trittico, il punto di equilibrio di quel triangolo, dipende dal peso di ogni vertice. Parlando in termini di meccanica, in un triangolo con tre vertici dipende la direzione in cui il tirangolo si inclina dipende dal peso di ciascun vertice. Ma questi tre lati del triangolo continueranno comunque ad esistere”.

“Quello che faremo, con i dati attuali, diversi da quelli di qualche anno fa, e con l’atteggiamento degli Stati Uniti, diverso da quello di quattro o cinque anni fa, sarà ricalibrare il nostro approccio verso la Cina, tenendo conto conto dei punti di vista espressi dalla presidente della Commissione europea, naturalmente, e di quelli dei capi di Stato e di governo dei diversi paesi dell’Unione. E ovviamente del nostro, quello dei ministri degli Esteri, che hanno il compito di proporre al Consiglio europeo una politica estera così importante come lo è il rapporto con la Cina”, ha concluso l’Alto Rappresentante.

Cina, chatbot IA dovranno attenersi alla linea del Partito

Cina, chatbot IA dovranno attenersi alla linea del PartitoRoma, 24 apr. (askanews) – L’intelligenza artificiale in Cina deve essere in linea con le direttive del Partito comunista cinese. E’ sostanzialmente questo il senso delle nuove regolamentazioni emesse dall’Amministrazione del cyberspazio della Cina, che vengono a regolare il nuovo settore dei chatbot a nove mesi dal lancio di ChatGPT. Lo racconta oggi il New York Times.

I regolamenti prevedono che le compagnie che forniscono questi servizi debbano attenersi alle regole di censura stabilite dal Pcc, evitare qualsiasi materiale che metta in cattiva luce i leader cinesi o il Partito. L’intelligenza artificiale, inoltre, deve rispecchiare i “valori base del socialismo” e evitare informazioni che minino “il potere statale” o l’unità nazionale cinese. Inoltre le compagnie dovranno rispettare le norme sulla proprietà intellettuale e registrare i loro algoritmi con i regolatori.

Dopo il lancio di ChatGPT, che ha avuto una grande risonanza globale, anche le Big-Tech cinesi hanno cominciato a svelare i loro sistemi a intelligenza artificiale. Alibaba ha lanciato SenseTime per il riconoscimento facciale e Baidu ha lanciato il suo sistema IA Ernie integrato nel motore di ricerca. Alcune startup cinesi, inoltre, stanno lavorando a un’alternativa al chatbot sviluppato da OpenAI. ChatGPT è al momento bloccato in Cina.

Centrale Fukushima-1, crepa alla base del reattore 1

Centrale Fukushima-1, crepa alla base del reattore 1Roma, 24 apr. (askanews) – La TEPCO, compagnia elettrica proprietaria della centrale nucleare di Fukushima-1 teatro nel 2011 del peggiore disastro nucleare dopo quello di Cernobyl, ha riferito oggi in una riunione dell’Autorità di regolamentazione nucleare giapponese che è molto probabile l’esistenza di un buco nella parte inferiore del reattore dell’unità 1 della centrale. Lo ha riportato la televisione pubblica nipponica NHK.

Gli esperti ritengono che il buco sia stato prodotto dal calore dei detriti di combustibile nucleare fuso. Alla fine del mese scorso, TEPCO ha inserito un robot all’interno delle pareti di contenimento dell’unità 1 e ha fotografato la situazione direttamente sotto il reattore per la prima volta dall’incidente. Da queste immagini emerge una zona scura che, secondo le analisi, è con tutta probabilità un foro.

Inoltre, le riprese hanno confermato che l’acqua di raffreddamento nel reattore cade violentemente appena sotto la parte centrale del fondo del reattore. Immediatamente dopo che lo tsunami ha colpito l’Unità 1, è diventato impossibile raffreddare il combustibile nucleare, e si presume che la maggior parte si sia fusa in un breve periodo di tempo e abbia sfondato il fondo del reattore. TEPCO si è riservata di condurre analisi più dettagliate.

Giappone, Kishida potrebbe giocare la carta del voto anticipato

Giappone, Kishida potrebbe giocare la carta del voto anticipatoRoma, 24 apr. (askanews) – La vittoria del Partito liberaldemocratico del premier Fumio Kishida nelle elezioni suppletive e locali di ieri in Giappone ha fatto crescere la possibilità di elezioni politiche: il primo ministro, spinto dal vento al momento favorevole dei consensi, potrebbe sciogliere le camere per capitalizzare.

Il recente viaggio di Kishida in Ucraina ha portato a una crescita sensibile di consenti per il primo ministro che, per molti mesi, aveva vissuto una lunga fase d’impopolarità. Secondo quanto scrive il Nikkei, all’interno del partito di maggioranza relativa l’opinione dominante è quella secondo la quale il capo del governo dovrebbe dissolvere la Camera bassa dopo il summit G7 a Hiroshima, Il vertice, che si terrà nel collegio elettorale di Kishida, consentirà al primo ministro di godere di una forte esposizione mediatica, collocandolo tra i leader globali che affluiranno in Giappone.

L’ultimo sondaggio del Nikkei, che risale al mese di marzo, dava il livello di approvazione del governo Kishida al 48 per cento rispetto al 35 per cento di dicembre. Il premier ha anche goduto di una buona accoglienza delle sue politiche per la natalità. Tuttavia, i risultati pur positivi del voto di ieri, hanno mostrato qualche fragilità in alcuni collegi, in cui il Partito liberaldemocratico – che ha ottenuto quattro seggi su cinque in palio – ha vinto con una differenza non ampia. Lo stesso Toshimitsu Motegi, segretario generale del partito, ha ammesso che la lotta è stata “dura” a Osaka e in altri collegi. “Abbiamo bisogno – ha detto alla televisione pubblica NHK il numero due del partito – di rafforzare e rivedere drasticamente il nostro livello di preparazione”.

La sfida potrebbe venire da partiti come il Nippon Ishin no kai, il Partito dell’innovazione, che ha vinto un seggio alla Camera bassa nella prefettura di Wakayama, l’unico seggio non conquistato dal Partito liberaldemocratico, che in eventuali elezioni non ha tanto il problema di vincere, ma di verificare con quanto scarto vincerà sugli altri. Per Kishida un possibile sfidante può essere Hirofumi Yoshimura, il popolare governatore di Osaka e co-leader dell’Ishin no Kai: quando è andato a fare campagna a Wakayama ha decisivamente spostato l’asse e il 62 per cento di quelli che si definivano “indecisi” alla fine avrebbe votato per il Partito dell’Innovazione, secondo un sondaggio dell’agenzia di stampa Kyodo.

La sfida, tuttavia, potrebbe riuscire a diventare meno scontata solo se i partiti dell’opposizione principali decidessero di coalizzarsi dietro a singoli candidati. Non sarà tuttavia sempllice mettere assieme Ishin no Kai, Partito democratico costituzionale, Partito comunista giapponese e Partito democratico per il popolo. Formazioni di un’opposizione che si frantuma sempre più che unirsi. Kishida finora ha negato di avere in mente di sciogliere la Camera bassa e di convocare elezioni anticipate. “Spingeremo avanti ognuna delle nostre politiche chiave per produrre risultati. Questo è quanto dobbiamo fare”, ha affermato oggi il primo ministro.

Va anche tenuta presente la vita interna del Partito liberaldemocratico. Le elezioni per la presidenza del partito sono previste per l’autunno 2024 e, nel sistema giapponese, chi guida il partito di maggioranza guida anche il governo. Quindi molti osservatori vedono comunque probabile un voto anticipato entro la fine del prossimo anno.

Taiwan tratta con gli Usa per un arsenale di riserva in Asia

Taiwan tratta con gli Usa per un arsenale di riserva in AsiaRoma, 24 apr. (askanews) – Taiwan è in trattative con gli Stati uniti per la potenziale costituzione di una scorta di armamenti nella regione in modo da dare all’isola potenziale accesso alle armi necessarie per combattere in caso di invasione cinese. L’ha confermato oggi il premier taiwanese Chen Chien-jen, secondo quanto riporta il South China Morning Post.

Chen ha confermato che Taiwan e gli Stati Uniti hanno discusso del potenziale piano da quando il National Defense Authorization Act (NDAA) 2023 degli Stati Uniti è stato approvato dal Congresso degli Stati Uniti alla fine dell’anno scorso. Il NDAA, firmato dal presidente degli Stati uniti Joe Biden il 23 dicembre, include disposizioni per aiuti militari e programmi di cooperazione per Taiwan. Oltre a una proposta per le due parti di svolgere esercitazioni militari congiunte, rafforzare i partenariati per la sicurezza e modernizzare le capacità di sicurezza di Taiwan, chiede anche un aumento delle scorte di emergenza regionali annuali per includere e sostenere Taiwan.

Yoon: non chiediamo al Giappone d’inginocchiarsi per la storia

Yoon: non chiediamo al Giappone d’inginocchiarsi per la storiaRoma, 24 apr. (askanews) – Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha ribadito il suo impegno a far progredire le relazioni con il Giappone, affermando in un’intervista pubblicata dal Washington Post che non si può pensare che il Giappone “debba inginocchiarsi a causa della storia di 100 anni fa”.

Yoon ha fatto riferimento al dominio coloniale giapponese della Corea del 1910-45, durante il quale furono commesse quelle che sono considerate atrocità, come la mobilitazione dei coreani per il lavoro forzato e lo sfruttamento delle cosiddette “donne di conforto”, sfruttate sessualmente nei bordelli militari dell’Armata imperiale nipponica fino alla conclusione della seconda guerra mondiale. “L’Europa ha vissuto diverse guerre negli ultimi 100 anni e nonostante ciò, i paesi in guerra hanno trovato il modo di cooperare per il futuro”, ha detto Yoon nell’intervista. “Non posso accettare l’idea che a causa di ciò che è accaduto 100 anni fa (…) che loro (i giapponesi) debbano inginocchiarsi a causa della storia di 100 anni fa. E questo è un problema che richiede una decisione”, ha detto il presidente sudcoreano.

Yoon ha anche affermato che le preoccupazioni per la sicurezza della Corea del Sud sono troppo urgenti per ritardare la cooperazione con Tokyo, anche se alcuni critici non ne sono convinti. Il presidente sudcoreano ha cercato in modo deciso di ricucire le relazioni con il Giappone, di fatto liberando le imprese giapponesi condannate a risarcire le vittime del lavoro forzato dall’incombenza.

“Le relazioni Corea del Sud-Giappone devono essere normalizzate e ciò non può essere ritardato”, si legge in una nota diffusa dopo la pubblicazione dell’intervista dalla presidenza di Seoul. “Poiché i paesi in Europa cooperano per il futuro anche dopo aver attraversato guerre devastanti – ha continuato -, il miglioramento delle relazioni Corea del Sud-Giappone è un percorso verso il futuro che dovrebbe essere intrapreso”. Con una mossa rara, la presidenza ha anche rilasciato commenti aggiuntivi di Yoon non inclusi nell’intervista. “Tra paesi che condividono valori, i problemi storici e del passato possono essere risolti attraverso il dialogo”, ha sostenuto Yoon.

L’intervista è arrivata in concomitanza con la partenza di Yoon una visita di stato di sei giorni negli Stati Uniti per colloqui con il presidente Joe Biden, dove dovrebbero essere discusse una serie di questioni bilaterali e globali. Per quanto riguarda la possibilità di cominciare a fornire aiuti militari all’Ucraina, Yoon ha detto al Washington Post: “Certo, l’Ucraina è sotto un’invasione illegale, quindi è opportuno fornire aiuti, ma quando si tratta di come e cosa forniremo, non possiamo non considerare molti rapporti diretti e indiretti tra il nostro Paese e i paesi in guerra “.

Ambasciatore cinese: rapporti Cina-Ue non dipendano da crisi ucraina

Ambasciatore cinese: rapporti Cina-Ue non dipendano da crisi ucrainaRoma, 24 apr. (askanews) – Cina e Unione europea non dovrebbero basare le loro relazioni sulla base degli eventi della guerra ucraina o farle sottostare a una fedeltà atlantica agli Stati uniti. L’ha affermato l’ambasciatore cinese presso l’Ue Fu Cong in un’intervista pubblicata nel giornale ThePaper.cn.

“La politica della Cina nei confronti dell’Europa è rimasta stabile per molto tempo e considera l’Europa un partner strategico”, ha dichiarato Fu al portale di notizie Thepaper.cn, aggiungendo che la politica di Pechino è quella di considerare Cina ed Europa “due grandi forze, due grandi mercati”, che devono investire sul loro dialogo e sulla loro cooperazione “per il bene del mondo”. Però, ha detto ancora Fu, “la parte europea non dovrebbe guardare alle relazioni Cina-Europa attraverso il prisma della crisi ucraina, figuriamoci sviluppare relazioni con gli Stati uniti a spese delle relazioni Cina-Europa e degli interessi cinesi”.

Secondo Fu, “proprio come le relazioni bilaterali della Cina con qualsiasi paese, le relazioni Cina-Ue sono multiformi e non monotematiche, e le relazioni Cina-Ue non sono dirette, dipendenti o soggette a terze parti e non dovrebbero essere legate alla questione dell’Ucraina”. Il diplomatico ritiene che anche la Cina sia “vittima di questa crisi” e certamente non è “responsabile della crisi ucraina”. Ciononostante, Fu ha difeso le relazioni di Pechino con la Russia, al di là delle “idee sbagliate” che ci sono in Europa su questo rapporto. Si tratta di due vicini diretti, che intrattengono una relazione “negli interessi di entrambi i popoli”.

Fu ha affermato che l’incontro annuale dei leader Cina-Ue – questo mese – è stato il punto più importante dell’agenda politica di Pechino e Bruxelles quest’anno. Ha anche sostenuto che il recente successo della Cina nel mediare il riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran potrebbe avere “implicazioni significative” per una risoluzione della crisi ucraina, e anche l’Europa potrebbe svolgere un ruolo.

Lu Shaye, ambasciatore della polemica: un “lupo guerriero” di Xi

Lu Shaye, ambasciatore della polemica: un “lupo guerriero” di XiRoma, 24 apr. (askanews) – Ha provocato un ginepraio di polemiche, l’ambasciatore cinese a Parigi Lu Shaye, mettendo in dubbio la sovranità dei paesi ex appartenenti all’Unione sovietica, a partire dall’Ucraina. Con un’animosità che non è insolita per una nidiata di diplomatici cinesi che non a caso sono stati definiti “Lupi guerrieri” e che caratterizza lo stile di comunicazione della diplomazia di Pechino degli ultimi anni.

Lu nel fine settimana si è fatto intervistare da una tv transalpina e ha sostenuto che la Crimea appartiene alla Russia e i paesi dell’ex Unione sovietica non hanno uno “status effettivo” di Stati sovrani nel diritto internazionale. Una dichiarazione, probabilmente, eccessiva anche per un “lupo guerriero, tanto che il ministero degli Esteri di Pechino ha dovuto precisare che “la Cina rispetta lo status di Stati sovrani di tutte le repubbliche dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica” per bocca della portavoce Mao Ning, dopo la furiosa reazione di diversi dei paesi tirati in ballo che hanno convocato gli ambasciatori cinesi e dell’alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell, che ha annunciato una “posizione forte”.C’è certamente una dissonanza tra la posizione di Pechino che punta ad avere un ruolo di facilitatrice della pace in Ucraina e lo stile comunicativo della diplomazia cinese dell’era Xi Jinping, che non a caso ha preso il suo soprannome da un film d’azione a tinte particolarmente patriottiche, campione d’incasso nei cinema cinesi tra il 2015 e il 2017: “Zhan Lang 2” (“Lupi guerrieri 2”). Un miscuglio di effetti speciali e arti marziali, in cui i buoni sono i cinesi e i cattivi gli occidentali, secondo una schema tratto direttamente da analoghi film americani.

Questa visione manichea del mondo è da tempo patrimonio della politica e della diplomazia cinese e affonda le sue radici in un senso di umiliazione nazionale, raccontato nel 2012 dal politologo Zheng Wang in un testo pubblicato dalla Columbia University Press – “Never Forget National Humiliation – Historical Memory in Chinese Politics and Foreign Relations” – che ha descritto in una maniera che fece un certo scalpore l’ideologia nazionalista della nuova politica estera cinese, cementata attraverso l’educazione patriottica impartita nelle scuole cinesi negli ultimi decenni.Agli occhi di questa generazione di funzionari, secondo quanto ha affermato recentemente lo stesso Lu Shaye in un’intervista a L’Opinion, la voce di Pechino è rimasta troppo a lungo “non ascoltata, come se davanti a noi fosse stato eretto un muro di disinformazione”.

I “lupi guerrieri” hanno iniziato a battere i boschi della diplomazia mondiale nel 2017, quando questa generazione di diplomatici aveva ormai fatto sufficiente carriera da poter far sentire la propria voce, mentre andava in pensione la generazione cresciuta sotto Deng Xiaoping, Jiang Zeming, Hu Jintao, fedeli a uno stile dichiarativo ovattato, che cercava di lavorare nell’ombra, evitando prese di posizioni eclatanti: “taoguang-yanghuì” (“celarsi nella luce, coltivare nel buio”), diceva Mao Zedong.L’emergere della diplomazia dei “Wolf Warrior” è legata alle ambizioni politiche e alle inclinazioni di politica estera di Xi Jinping, che è definita “Waguo waijiao”, cioè “Politica da grande Paese”, e che punta a ricollocare la Cina al centro dei grandi giochi della politica globale, nel ruolo che le compete nella storia: d’altronde la parola “Zhongguo”, “Cina”, è scritta con caratteri che vogliono dire “Paese del Centro”.

Xin Gang, l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti, è considerato il più rappresentativo esponente di questa corrente diplomatica. Nel bel mezzo della crisi Covid-19, di fronte alle accuse che arrivavano dall’estero di essere stata l’iniziatrice della pandemia, sostenne che il suo compito era quello di combattere le “calunnie infondate” dei “lupi feroci” all’estero.Il principale nemico dei “Wolf Warrior” è ovviamente Washington, con cui Pechino si sente concorrente nella grande gara per l’egemonia (anche se la Cina rigetta il principio stesso di egemonia, a parole). Ma anche tra i vicini, ci sono obiettivi preferiti come l’India o il Giappone. Nella narrativa dei diplomatici cinesi, invece, l’Unione europea è un partner che però è troppo assoggettato agli Stati uniti.

I “Lupi guerrieri” non disdegnano di rilanciare tesi azzardate, in risposta anche a quelle che considerano menzogne nei confronti di Pechino. L’ex portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, che è stato uno dei capofila di questa nidiata di diplomatici, arrivò a sostenere che fossero stati i militari Usa che avevano partecipato ai Mondiali militari organizzati nel 2019 a portare in Cina il coronavirus. (di Antonio Moscatello)

 

Incontro a Manila tra ministri Esteri Cina-Filippine

Incontro a Manila tra ministri Esteri Cina-FilippineRoma, 22 apr. (askanews) – I ministri degli Esteri di Cina e Filippine si sono incontrati oggi in un momento di deterioramento delle relazioni bilaterali, in seguito all’allargamento dell’accordo di sicurezza tra Manila a Washington che consente agli Usa di aprire altre quattro nuove basi militari nell’arcipelago del Sudest asiatico. Lo riferisce Nikkei Asia.

Il segretario filippino per gli affari esteri Enrique Manalo ha aperto un incontro con il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, la cui visita di tre giorni a Manila coincide con la più grande esercitazione militare filippino-statunitense di sempre. I ministri hanno parlato dell’incontro tra il presidente filippino Ferdinando Marcos Jr. e il presidente cinese Xi Jinping a Pechino a gennaio, quando i leader hanno deciso di rafforzare i legami. I diplomatici hanno anche discusso disputa marittima nel Mar Cinese Meridionale e di altre questioni regionali.

“In mezzo a una situazione regionale fluida e turbolenta, una relazione Cina-Filippine sana e stabile non solo soddisfa le aspirazioni dei nostri due popoli, ma è anche in linea con le aspirazioni comuni dei paesi della regione”, ha affermato Qin. “Dobbiamo lavorare insieme – ha aggiunto – per continuare la nostra tradizione di amicizia e risolvere adeguatamente le nostre divergenze nello spirito di credibilità, consultazione e dialogo, oltre a mantenere le nostre promesse reciproche in modo da portare maggiori benefici ai nostri due Paesi”.

Manalo ha notato gli “sviluppi significativi” che mostrano “non solo la vivacità, ma anche la profondità e l’ampiezza delle nostre relazioni”, aggiungendo, “c’è, ovviamente, molto lavoro da fare”. Ha detto che gli impegni di investimento di 22,8 miliardi di dollari che Marcos si è assicurato durante la sua visita in Cina si stanno lentamente realizzando.

I due ministri hanno anche discusso di “questioni di sicurezza regionale di reciproco interesse”, ha detto il ministero degli Esteri di Manila in una dichiarazione prima dei colloqui, senza approfondire. Pechino si è opposta alla decisione di Marcos di concedere agli Stati Uniti l’accesso a quattro nuove basi, oltre ai cinque siti originari. Tre delle nuove basi si trovano nelle Filippine settentrionali vicino a Taiwan, mentre un’altra è vicina al Mar cinese meridionale. Marcos ha affermato che le basi hanno lo scopo di rafforzare la difesa del suo paese e non sono destinate ad alcuna “azione offensiva” verso paesi terzi.

Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese, in seguito all’annuncio del rafforzamento dell’accordo Filippine-Usa, ha lanciato un avvertimento: “Vorremmo ricordare ancora una volta al paese interessato che assecondare forze al di fuori della regione non porterà maggiore sicurezza, ma causerà tensioni, mettendo a rischio la pace e la stabilità regionali e alla fine potrà ritorcersi contro”.

L’amministrazione Marcos ha anche accolto con favore i pattugliamenti congiunti con gli Stati Uniti nel Mar cinese meridionale, che la Cina rivendica per gran parte entrando in rotta di collisione con le Filippine, il Vietnam e altri paesi della regione.

Manalo ha detto a Qin che la disputa marittima “non dovrebbe essere la somma totale delle nostre relazioni” e “non dovrebbe impedirci di cercare modi per gestirle in modo efficace”.

Marcos – che ha dato una svolta filo-Usa dopo che il suo predecessore Rodrigo Duterte aveva dato allineato in maniera inedita Manila a Pechino – vedrà il presidente americano Joe Biden il primo maggio a Washington. Il viaggio ha lo scopo di “ribadire il rapporto speciale tra le Filippine e gli Stati uniti”, secondo l’ufficio di Marcos. Qin incontrerà Marcos oggi.