M.O., Tajani a Parigi per Conferenza sulla crisi umanitaria a GazaParigi, 9 nov. (askanews) – Il ministro degli Esteri Antonio Tajani è arrivato questa mattina a Parigi per partecipare a una Conferenza internazionale che riunisce i principali attori coinvolti nella risposta umanitaria a Gaza. L’evento è stato organizzato su iniziativa del presidente francese Emmanuel Macron nell’ambito della sesta edizione del Forum della Pace, che si terrà venerdì 10 e sabato 11 novembre.
La Conferenza umanitaria, che avrà luogo all’Eliseo, mira a fornire una risposta da parte della comunità internazionale ai bisogni e alla protezione della popolazione civile palestinese nella Striscia di Gaza e a riunire il sostegno internazionale sulla base delle necessità identificate dalle Nazioni Unite e in particolare dall’Unrwa. Secondo un programma fornito dalla presidenza francese, sono previsti, tra gli altri, gli interventi della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, del presidente del Consiglio europeo Charles Michel e del primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese Mohammad Shtayyeh.
Nella giornata di domani, Tajani parteciperà invece alla sessione iniziale del Forum della Pace, dedicata al Patto di Parigi per i Popoli e il Pianeta, alla presenza del presidente Macron, prima di fare ritorno in Italia.
Le truppe israeliane entrano a Jenin in Cisgiordania con bulldozerRoma, 9 nov. (askanews) – Le forze armate israeliane hanno attaccato la città di Jenin nella Cisgiordania occupata usando i bulldozer per distruggere le strade. Secondo Al Jazeera che cita l’agenzia di stampa ufficiale dell’Autorità nazionale palestinese Wafa.
Soldati israeliani in un convoglio di circa 70 veicoli militari con quattro bulldozer hanno preso d’assalto Jenin nelle prime ore del mattino da diverse direzioni, supportati da elicotteri e aerei da ricognizione. Secondo Wafa, i cecchini israeliani si sono schierati sui tetti dei grattacieli. Intanto, 12 persone affiliate a gruppi sostenuti dall’Iran in Siria sono state uccise giovedì in due raid separati, un attacco americano e uno israeliano. Il primo è avvenuto sulla città orientale di Deir Ezzor: “Nove persone che lavoravano per gruppi sostenuti da Teheran sono state uccise negli attacchi statunitensi su siti utilizzati da gruppi filo-iraniani”, ha detto all’AFP Rami Abdel Rahman, che dirige l’Osservatorio siriano per i diritti umani.
In un raid aereo separato su siti legati a Hezbollah, sono stati uccisi tre combattenti filo-iraniani vicino alla capitale siriana Damasco ad Akraba e Sayyida Zeinab, secondo la stessa fonte. Israele ha anche colpito i siti di difesa aerea siriani nella provincia meridionale di Sweida.
M.O., Tajani: sosteniamo Israele ma si impegni a difendere i civiliRoma, 9 nov. (askanews) – L’Italia arriva a Parigi, che ospita la conferenza internazionale per affrontare la situazione umanitaria a Gaza, con “grandissimo senso di responsabilità, con equilibrio, con impegno totale. Non siamo sonnambuli, non vo- gliamo precipitare ancora più in fondo nella guerra”, dice il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani al Corriere della Sera di ritorno dal G7 in Giappone.
“Ci siamo confrontati con i nostri alleati internazionali, Usa, Canada e Giappone. Abbiamo discusso con un incredibile senso di responsabilità e realismo. Noi europei, uniti. Il nostro messaggio è chiaro: condanniamo l’attacco terrorista del 7 ottobre, sosteniamo che Israele ha il pieno diritto a difendersi, ma chiediamo a tutti e quindi allo stesso Israele di difendere i civili, di permettere pause umanitarie nei combattimenti per aiutare la popolazione di Gaza. Chiediamo anche al governo di Israele di mettere un freno alle violenze di coloni estremisti nei territori palestinesi di Cisgiordania”. “Vogliamo che questa guerra finisca al più presto. Ma vogliamo anche che Israele elimini i gruppi terroristi di Hamas. Se Israele dovrà continuare le operazioni militari dovrà farlo rispettando la legge internazionale, proteggendo le popolazioni civili e organizzando tregue che possano servire al rilascio degli ostaggi e alla protezione di cittadini di Gaza – dice ancora Tajani – Speriamo di interpretare le aspirazioni, le posizioni, persino le ansie di questi due popoli. Per questo, per quanto oggi appaia impossibile, vogliamo lavorare alla formula ‘due popoli due Stati’. Non abbiamo alternativa”.
M.O., ministra spagnola Belarra: Israele fermi genocidioRoma, 9 nov. (askanews) – “Lo Stato israeliano deve porre fine a questo genocidio pianificato contro il popolo palestinese”: lo ha dichiarato la ministra spagnola per i diritti sociali e l’Agenda 2030 Ione Belarra, leader di Podemos, in un a intervista ad al Jazeera.
“Perché – ha affermato, secondo la trascrizione del colloquio riportata sul sito dell’emittente satellitare qatarina – possiamo dare lezioni sui diritti umani in altri conflitti e non qui, mentre il mondo guarda con orrore? La morte di migliaia di bambini, le madri che gridano disperatamente perché assistono all’uccisione dei loro figli. C’è un silenzio assordante di tanti paesi e di tanti leader politici che potrebbero fare qualcosa. Parlo di ciò che conosco bene, ovvero l’Unione Europea. Sembra che l’ipocrisia dimostrata dalla Commissione europea sia inaccettabile”. “Chiedo al mio Paese e ad altri Paesi – ha detto ancora la leder di Podemos parlando del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – di interrompere le relazioni diplomatiche con Israele. Penso che questo manderebbe il giusto messaggio politico, ovvero che non vogliamo avere nulla a che fare con questo criminale di guerra come questo leader”.
“Dobbiamo agire ed essere più fermi nonostante il fatto che Israele sia molto potente e abbia amici potenti”, ha aggiunto Belarra.
M.O., Pentagono: abbiamo colpito strutture iraniane in SiriaRoma, 9 nov. (askanews) – Gli Stati Uniti hanno condotto un attacco aereo contro una struttura in uso alle forze iraniane e a “gruppi affiliati”. A rivendicare l’azione, in una dichiarazione ufficiale pubblicata sul sito del Pentagono, è stato il segretario alla Difesa Lloyd J. Austin. “Oggi, su ordine del presidente Biden, le forze militari statunitensi – ha annunciato – hanno condotto un attacco di autodifesa contro una struttura nella Siria orientale utilizzata dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane (IRGC) e da gruppi affiliati. Questo attacco è stato condotto da due F-15 statunitensi contro un deposito di armi”.
“Questo attacco di autodifesa di precisione – ha proseguito Austin – è una risposta a una serie di attacchi contro il personale statunitense in Iraq e Siria da parte degli affiliati della Forza IRGC-Quds. Il presidente non ha priorità più alta della sicurezza del personale statunitense e ha diretto l’azione di oggi per chiarire che gli Stati Uniti difenderanno se stessi, il proprio personale e i propri interessi. Gli Stati Uniti sono pienamente pronti ad adottare ulteriori misure necessarie per proteggere la nostra popolazione e le nostre strutture”. “Esortiamo a evitare qualsiasi escalation. Il personale americano continuerà a condurre missioni anti-Isis in Iraq e Siria”, ha concluso.
Ucraina, Commissione Ue raccomanda avvio negoziati d’adesioneBruxelles, 8 nov. (askanews) – La Commissione europea ha raccomandato oggi al Consiglio europeo l’apertura dei negoziati di adesione con l’Ucraina, la Moldova e la Bosnia-Erzegovina, e ha concesso finalmente alla Georgia lo status di paese candidato. Le decisioni sono state prese questa mattina a Bruxelles dal collegio dei commissari, e annunciate poi in conferenza stampa nel pomeriggio dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.
Nonostante la guerra in corso, ha detto von der Leyen, “l’Ucraina ha completato oltre il 90% delle riforme che erano state raccomandate dalla Commissione”, completando quattro dei sette “step” che l’Esecutivo comunitario aveva indicato quando aveva concesso a Kiev lo status di candidato, per avere il via libera ai negoziati d’adesione. Sono stati apprezzati, in particolare, i progressi fatti nella riforma della giustizia e nella lotta alla corruzione e al riciclaggio del denaro. In una situazione simile è anche la la Moldova, che ha fatto molti progressi, in particolare per la riforma della giustizia, e la lotta al crimine organizzato e all’influenza eccessiva delle lobby, ha aggiunto von der Leyen.
Le raccomandazioni di aprire i negoziati per l’Ucraina e la Moldova, hanno puntualizzato fonti comunitarie, sono “incondizionate”, ovvero non sono accompagnate da nessuna nuova condizione. Tuttavia, la presidente della Commissione ha indicato che per entrambi i paesi sarà necessario completare tutte le riforme che erano state richieste con i sette “step”, prima che possa essere concordato il “quadro negoziale” tra i paesi candidati e il Consiglio Ue. L’inizio vero e proprio dei negoziati d’adesione, insomma, “dipenderà dalla velocità del completamento delle riforme restanti” che sono in corso nei due paesi candidati. Per l’Ucraina, ha detto von der Leyen, il restante 10% delle riforme ancora in sospeso potrà essere completato entro il mese di marzo. Ciò che resta da fare riguarda in particolare l’intensificazione della lotta alla corruzione, una regolamentazione delle lobby in linea con le norme Ue e la riduzione dell’influenza degli oligarchi sul potere politico, un rafforzamento della tutela soprattutto culturale (istruzione, media, uso delle lingue) delle minoranze nazionali ungherese, bulgara e rumena (ma non di quella russa, hanno precisato fonti della Commissione, almeno fino a che continua la guerra).
Nel frattempo, se il Consiglio europeo del 15 dicembre seguirà le raccomandazioni di oggi dando il suo via libera, il “lavoro tecnico” per preparare i negoziati d’adesione “potrà proseguire immediatamente”, hanno indicato fonti qualificate della Commissione, con la partenza per Kiev della squadra di funzionari dell’Esecutivo comunitario “lo stesso 15 dicembre”. Questo lavoro tecnico consiste principalmente nel processo di “screening”, in cui bisogna valutare tutta la legislazione del paese candidato e confrontarla con il cosiddetto “acquis” comunitario (40 mila pagine di misure legislative e regolamentari, più la giurisprudenza della Corte europea di giustizia). Tutte le normative divergenti del paese candidato vanno allineate a quelle dell’Ue. Questo processo dura normalmente da uno a due anni, ma fonti qualificate dell’Ue hanno affermato la volontà, in questi due casi, di andare avanti il più rapidamente possibile, stimando di “poterlo fare in sei mesi”.
Anche per quanto riguarda la Bosnia-Erzegovina, la Commissione raccomanda l’apertura dei negoziati di adesione, ma in questo caso condizionata al “raggiungimento del necessario grado di conformità con i criteri di adesione”, ha precisato von der Leyen. “Stiamo spalancando la porta e invitando la Bosnia-Erzegovina a varcare la soglia”, ha detto la presidente della Commissione, ma nonostante i progressi nella lotta al crimine organizzato, al riciclaggio del denaro e al terrorismo, ci sono preoccupazioni per le diverse leggi incostituzionali approvate dai rappresentanti della “Repubblica serba”, un’entità all’interno della Bosnia. Per la Georgia, infine, la Commissione raccomanda al Consiglio di concedere lo status di candidato all’adesione, come aveva fatto in precedenza per Ucraina e Moldova nel giugno 2022, chiedendo al Paese di continuare a fare progressi nell’attuazione delle 12 riforme prioritarie individuate l’anno scorso. Durante la sua conferenza stampa, Von der Leyen ha sottolineato in particolare il “momentum”, la forte spinta all’allargamento che viene dall’attuale situazione geopolitica in particolare per Ucraina, Moldova e Georgia, e la necessità di completarlo al più presto come interesse sia dei paesi candidati che dell’Ue. “L’Ucraina – ha ricordato la presidente della Commissione – continua ad affrontare enormi difficoltà e tragedie provocate dalla guerra di aggressione della Russia, eppure gli ucraini stanno riformando profondamente il loro paese, anche se stanno combattendo una guerra che per loro è una minaccia esistenziale”. “L’allargamento – ha continuato – è una politica vitale per l’Unione europea. Completare la nostra Unione è l’appello della storia, l’orizzonte naturale della nostra Unione, è l’orizzonte naturale dell’Ue. Sappiamo tutti che ci legano la geografia, la storia e i valori comuni”; inoltre, “completare la nostra Unione ha anche una logica economica geopolitica” e sappiamo dalle esperienze precedenti che “ci sono enormi benefici per i paesi che hanno aderito all’Ue e per la stessa Ue. In sostanza, è una vittoria per tutti”. “L’obiettivo della Russia – ha ricordato ancora von der Leyen – era di cancellare l’Ucraina dalla carta geografica. Se ci fosse riuscita, possiamo immaginare che cosa questo avrebbe significato per la sicurezza dell’Ue. E’ bene che la Russia abbia mancato questo obiettivo strategico. Al contrario, ora l’Ucraina come nazione è più forte che mai. Ed è importante stabilizzare la sua democrazia, restare al suo fianco, e assicurare che possa superare questa massiccia aggressione, la guerra scatenata dalla Russia”. “Più in generale, se si guarda a tutti i paesi candidati all’adesione all’Ue, questo – ha rilevato la presidente della Commissione – è un momento decisivo. Sono paesi che devono fare una scelta, decidere chiaramente da che parte stare. E’ evidente, quando si viaggia nella regione, che i paesi candidati sono molto chiari sul fatto che vogliono aderire all’Ue, perché vedono la differenza”. “Ci sono diversi paesi che vogliono interferire in questo processo, ma noi abbiamo il compito di continuare il nostro lavoro e dare” ai paesi candidati “la forza di cui hanno bisogno nel loro percorso verso l’adesione”, ha concluso von der Leyen.
Guterres (Onu) ancora contro le operazioni israeliane a GazaRoma, 8 nov. (askanews) – Il numero di civili rimasti uccisi nella Striscia di Gaza dimostra che c’è qualcosa “chiaramente di sbagliato” nelle operazioni militari israeliane. Lo ha detto alla Reuters il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Sono oltre 10.000 le persone rimaste uccise a Gaza dal 7 ottobre scorso, di cui oltre la metà sono donne e bambini, secondo il bilancio fornito dal ministero della Sanità dell’enclave palestinese controllata dal gruppo estremista Hamas.
Spagna, destra in rivolta contro amnistia per indipendentisti catalani (che non c’è)Roma, 8 nov. (askanews) – La legge sull’amnistia agli indipendentisti catalani – da cui dipende l’investitura del premier uscente Pedro Sanchez – non è stata ancora presentata, anzi è ancora in fase negoziale e non se ne conosce alcun dettaglio: ma già la destra spagnola (mediatica, politica e soprattutto giudiziaria) è in rivolta.
Le manifestazioni di ieri a Madrid – convocate dall’ultradestra di Vox – ne sono la rappresentazione più folclorica, con le bandiere franchiste al vento. Ma non la più pericolosa – anche se gli inviti rivolti alla polizia a “disobbedire agli ordini che ritiene illegali” non vadano certo sottovalutati. Dal punto di vista politico, la strategia del Partito Popolare (Pp) e dell’estrema destra di Vox è chiara: mettere sotto assedio il nuovo esecutivo – posto che nasca – fin dall’inizio della legislatura, in modo da eroderne il consenso in vista della prossima tornata elettorale. Un’operazione avviata già durante l’inutile dibattito di investitura del leader conservatore Alberto Nuñez Feijoó, in cui la protagonista non fu la politica di governo del candidato premier, ma un’amnistia allora ancora inesistente.
La ribellione di una parte dei giudici – con un csm il cui rinnovo è bloccato da cinque anni per le manovre del Pp che non vuole perdere la maggioranza – tuttavia illustra un altro aspetto del problema. Ovvero quello che viene denominato l’”estado profundo” che è uscito dalla Transizione non dopo aver attraversato l’arduo sentiero del pentimento dalla dittatura, quanto piuttosto la comoda autostrada di un’oblio dettato dalle circostanze. Detto in altri termini, il nazionalismo spagnolo – contrapposto a quelli “periferici” – non è una semplice ideologia da libri di testo, ma una realtà con solide radici nello Stato e in una buona parte della società (compresa una buona parte dell’elettorato socialista) e ha i mezzi e gli strumenti per provare ad imporre la sua linea.
Il che significa che Sanchez potrà anche arrivare ad un accordo politico su una legge di amnistia – dai prevedibili futuri costi elettorali – ma è perfettamente possibile che il Tribunale Supremo o quello Costituzionale glielo cassi senza troppe cerimonie. Se ciò accadesse dopo l’investitura Sanchez potrebbe comunque contare sulla sfiducia costruttiva per mantenersi al governo fino alla fine della legislatura. Questo solo nell’ipotesi che i partiti catalani o baschi non gli votino contro, il che è improbabile. Però una loro astensione potrebbe rendere la maggioranza incerta – una condizione difficile da sopportare per i prossimi quattro anni.
Tuttavia, un accordo politico sull’amnistia – indipendentemente dalle decisioni contrarie successive della magistratura – potrebbe andar bene a tutte le parti in causa. Intanto, l’accordo sull’amnistia è solo l’ultimo anello della catena negoziale: tutti i partiti coinvolti hanno già incassato almeno una parte delle richieste avanzate per far parte della coalizione, e in particolare i catalani hanno ottenuto una ridiscussione del finanziamento regionale e il trasferimento delle competenze delle ferrovie regionali, che si trascinava da anni – oltre alla conferma del sempre improbabile tavolo di dialogo con Madrid. Paradossalmente, il siluro giudiziario all’amnistia darebbe a Junts e all’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont mano libera per continuare la sua politica più massimalista (prevedibilmente da moderare in caso di accordo), senza contare che un giorno più o meno lontano potrebbe essere la giustizia europea ad annullare comunque tutte le condanne. Sanchez da parte sua avrebbe dimostrato la propria buona volontà di arrivare a un accordo, approdando più o meno felicemente alla Moncloa senza poi dover effettivamente pagare il prezzo politico dell’applicazione dell’amnistia; se poi la legge dovesse finalmente andare in porto, potrebbe invece approfittarne per forzare un rinnovo della cupola della magistratura in senso più progressista. Al momento tuttavia i negoziati fra Psoe e Junts proseguono rigorosamente sottotraccia e fino a che non verrà fissata una data per l’investitura non potranno dirsi conclusi o quanto meno destinati definitivamente a buon fine; nulla è emerso sui contenuti se non che la discussione in corso verte sui limiti di applicazione della legge, ovvero quante persone debba effettivamente riguardare e per quali reati. Tutti aspetti sui quali è difficile immaginare che la destra non faccia ricorso, come già accadde con lo Statuto di Autonomia catalano approvato per referendum e bocciato dalla Corte Costituzionale: sentenza che, va ricordato, fu il catalizzatore della crescita esponenziale dell’indipendentismo. (di Maurizio Ginocchi)
Crosetto: la nave “Vulcano” con l’ospedale verso la zona della guerraRoma, 8 nov. (askanews) – “Oggi partirà la nave Vulcano che è stata attrezzata con un ospedale che vogliamo mandare vicino alle zone interessate dalla guerra, perché è meglio dare segnali evidenti di quello che l’Italia pensa e di come intende muoversi. Le parole che abbiamo detto in questi mesi, vicinanza al popolo palestinese e condanna di Hamas, vogliamo trasformarle in atti concreti”, quindi “partirà la Vulcano con 170 persone, più 30 della Marina formate per emergenze sanitarie a cui si aggiungeranno un’altra trentina di tutte le Forze armate che saranno portate con un aereo. Oltre all’ospedale imbarcato, con sale operatorie, attrezzature diagnostiche, saranno portati anche medicinali, ma l’operazione umanitaria che l’Italia vuole portare avanti non si fermerà qua. Lo Stato maggiore della Difesa sta coordinando l’invio di un ospedale da campo su terra, che in accordo con i palestinesi possa andare direttamente sul terreno di Gaza”. Lo ha annunciato il ministro della Difesa Guido Crosetto in conferenza stampa.
“Queste iniziative le abbiamo condivise con altri Paesi sia europei, che Nato che arabi, dicendo che sia le porte della nave, sia del futuro ospedale da campo sono aperte al contributo di tutti, ma è un primo passo di un’iniziativa in cui vogliamo essere i primi non ci disturberà se altri ci supereranno nella volontà di donare aiuti umanitari”, ha aggiunto il ministro. “Vorrei che scoppiasse la gara dei Paesi senza divisioni per portare aiuto ai civili”, ha concluso.
Commissione Ue raccomanda avvio negoziati con Ucraina, Moldova e BosniaBruxelles, 8 nov. (askanews) – La Commissione raccomanda al Consiglio Ue l’apertura dei negoziati di adesione con l’Ucraina, la Moldova e la Bosnia-Erzegovina. Lo ha annunciato oggi a Bruxelles la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante una conferenza stampa di presentazione del rapporto sull’allargamento dell’Unione, che il collegio dei commissari ha approvato.
Nonostante la guerra in corso, “l’Ucraina ha completato oltre il 90% delle azioni e riforme che erano state raccomandate dalla Commissione” per poter dare il via libera ai negoziati d’adesione, ha detto von der Leyen. E anche la Moldavia ha fatto molti progressi, in particolare per la riforma della giustizia, ha aggiunto. Comunque, sia per l’Ucraina che per la Moldavia, ha indicato la presidente della Commissione, sarà necessario completare tutte le riforme richieste prima che possa essere concordato il quadro negoziale tra i paesi candidati e il Consiglio Ue.
Per la Georgia, la Commissione raccomanda al Consiglio di concedere lo staus di candidato all’adesione. Riguardo ai tempi, von der Leyen ha spiegato che “La raccomandazione di aprire i negoziati di adesione sarà ora esaminata dal Consiglio a metà dicembre”. Se il Consiglio dà il via libera, “il lavoro può proseguire immediatamente”, e l’inizio dei negoziati “dipenderà dalla velocità del completamento delle riforme restanti” che sono in corso nei paesi candidati, per poter definire il “quadro negoziale” con ciascuno di loro. I paesi candidati dovrebbero “finire questo lavoro entro marzo”, ha detto von der Leyen.