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Tajani: sette italiani con i familiari sono usciti dal valico di Rafah

Tajani: sette italiani con i familiari sono usciti dal valico di RafahRoma, 3 nov. (askanews) – “Sono appena usciti attraverso il valico di Rafah sette cittadini italiani, anche con passaporto palestinese, con i loro familiari. In tutto sono 10 persone. Tra questo gruppo ci sono due donne incinte, una al nono mese che verrà accompagnata in ambulanza dalla mezzaluna Rossa al Cairo. Sono tutti in viaggio verso Il Cairo e sono tutti in buona salute”. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Antonio Tagliani in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri.

M.O., Tajani: 7 italiani con familiari usciti da valico Rafah

M.O., Tajani: 7 italiani con familiari usciti da valico RafahRoma, 3 nov. (askanews) – “Sono appena usciti attraverso il valico di Rafah sette cittadini italiani, anche con passaporto palestinese, con i loro familiari. In tutto sono 10 persone. Tra questo gruppo ci sono due donne incinte, una al nono mese che verrà accompagnata in ambulanza dalla mezzaluna Rossa al Cairo. Sono tutti in viaggio verso Il Cairo e sono tutti in buona salute”. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Antonio Tagliani in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri.

Tajani: mi auguro che da Hezbollah arrivino parole a favore della de-escalation in Medio Oriente

Tajani: mi auguro che da Hezbollah arrivino parole a favore della de-escalation in Medio OrienteRoma, 3 nov. (askanews) – “Visto che la cultura è strumento di pace, io vorrei lanciare un appello alle massime autorità di Hezbollah affinché dalle parole che oggi saranno usate nel corso della conferenza stampa escano messaggi di pace a favore di una de-escalation”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, alludendo al discorso atteso questo pomeriggio di Hassan Nasrallah, leader del ‘Partito di Dio’ che parlerà nel corso di una cerimonia di commemorazione “in onore dei martiri caduti in difesa di Gaza”.

Ecco, ha aggiunto Tajani, intervenuto durante la conferenza stampa di presentazione della conferenza Unesco a Napoli insieme al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, “l’Italia vuole una de-escalation nel Medio Oriente e mi auguro che le parole di oggi contribuiscano a questa de-escalation: è un appello formale che lancio alle autorità di Hezbollah perché non gettino benzina sul fuoco ma siano portatrici di un’azione a favore della de-escalation che impedisca l’allargarsi del conflitto al Libano e ad altri Paesi confinanti con Israele”. L’Italia, ha concluso il titolare della Farnesina, “lavora per la pace, il nostro obiettivo è quello di avere ‘due popoli due Stati’, il diritto di Israele a esistere che nessuno potrà mai calpestare…Ma il diritto è lo stesso del popolo palestinese ad avere uno stato riconosciuto da tutti”.

Droni Usa su Gaza alla ricerca di ostaggi

Droni Usa su Gaza alla ricerca di ostaggiRoma, 3 nov. (askanews) – L’esercito americano sta facendo volaredroni disarmati su Gaza per cercare informazioni utili al recupero degli ostaggi, hanno detto due funzionari statunitensi a Nbc.

I droni MQ-9 Reaper volano da dopo gli attacchi lanciati da Hamas il 7 ottobre, hanno detto i funzionari, aggiungendo di non essere a conoscenza di precedenti missioni di droni militari statunitensi su Gaza. Pere ragioni di “sicurezza operativa”, i funzionari non hanno voluto dire da dove stanno volando i droni.

Il New York Times ha segnalato per primo l’uso dei droni.

Mosca, droni su Zaporizhzhia, Kiev “rischia disastro nucleare”

Mosca, droni su Zaporizhzhia, Kiev “rischia disastro nucleare”Roma, 2 nov. (askanews) – La Russia ha affermato che l’Ucraina sta rischiando un disastro nucleare dopo che nove droni ucraini sono stati abbattuti dalle forze russe vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande centrale atomica d’Europa.

L’impianto di Zaporizhzhia, che è sotto il controllo russo dall’inizio di marzo 2022, dispone di sei reattori VVER-1000 V-320 raffreddati e moderati ad acqua di progettazione sovietica contenenti uranio 235. Quattro dei reattori sono spenti mentre due dei reattori – il n. 4 e il n. 5 – sono nella cosiddetta modalità “hot shutdown”, secondo l’operatore russo dell’impianto.

Il ministero della Difesa russo ha dichiarato in una nota: Il regime di Kiev continua a compiere provocazioni con l’obiettivo di creare la minaccia di un disastro nella centrale nucleare di Zaporizhzhia e di interrompere la rotazione dei dipendenti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA).

Il ministero ha affermato che le forze di difesa aerea russe hanno abbattuto nove droni ucraini vicino alla città di Enerhodar, controllata dai russi. L’AIEA ha ripetutamente affermato che il mondo è fortunato che non si sia ancora verificato alcun incidente nucleare nell’impianto di Zaporizhzhia, dove afferma che la sicurezza nucleare rimane estremamente fragile.

Poco dopo aver inviato truppe in Ucraina nel 2022, le forze russe hanno preso il controllo della stazione di Zaporizhzhia. Ucraina e Russia si sono accusate a vicenda di aver attaccato la stazione.

L’esercito di Israele sta circondando Gaza City

L’esercito di Israele sta circondando Gaza CityRoma, 2 nov. (askanews) – Il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, generale Herzi Halevi, ha informato che le truppe stanno circondando Gaza City da diverse direzioni. “Siamo passati ad un’altra fase significativa della guerra. Le forze sono nel cuore del nord di Gaza, operano nella città di Gaza, la circondano e ampliano l’offensiva e i risultati ottenuti”, ha affermato Halevi da una base dell’aeronautica militare.

“Le forze stanno combattendo in un’area urbana densa e complessa, che richiede professionalità e coraggio”, ha detto ancora aggiungendo che le truppe sono impegnate in combattimenti ravvicinati. “Le forze di terra sono accompagnate da un’accurata intelligence, con fuoco dall’aria e dal mare. Il che rende il combattimento molto più efficace”, ha continuato Halevi.Halevi ha inoltre affermato che questa guerra ha “un prezzo doloroso e difficile”, con 18 soldati uccisi finora nell’operazione di terra. “Abbiamo perso il meglio dei nostri figli in guerra, abbracciamo le loro famiglie, continueremo a vincere”. L’Idf ha l’”obbligo” di riportare a casa tutti gli ostaggi tenuti da Hamas e da altri gruppi affiliati nella Striscia di Gaza, ha infine concluso.

Federlegno: 96% aziende filiera legno-arredo usa materiali sostenibili

Federlegno: 96% aziende filiera legno-arredo usa materiali sostenibiliMilano, 2 nov. (askanews) – Il 96% delle aziende della filiera legno-arredo adotta materiali sostenibili nei processi, il 60% si approvvigiona in qualche misura da fonti energetiche rinnovabili nella produzione. Inoltre quasi tutte le imprese considerano almeno un criterio circolare nella progettazione di prodotto, e oltre la metà ha implementato modelli di business orientati alla circolarità. A diffondere i dati sulla sostenibilità del comparto è FederlegnoArredo che quest’anno partecipa, per la prima volta come espositrice, a Ecomondo, l’evento per le tecnologie, i servizi e le soluzioni industriali nei settori della green and circular economy.

La maggior parte delle imprese, spiega nella nota la federazione riportando un survey realizzata su un campione di aziende associate in collaborazione con Fondazione Symbola, si è concentrata sulla riciclabilità (58,2%), la disassemblabilità (37,5%) il riuso (29,3%) del prodotto, sulla riduzione degli imballaggi (44%) e dei consumi energetici (54,9%), mentre sempre più aziende offrono servizi utili a migliorare la gestione del ciclo di vita del prodotto. Ponendo l’attenzione sui processi produttivi si evidenzia come questi siano sempre più efficienti e competitivi: circa il 70% delle imprese ha realizzato investimenti in efficientamento negli ultimi tre anni, ottimizzando i processi produttivi (64% nel 2021) per ridurre l’impatto ambientale. In particolare si evidenzia che più della metà delle imprese recupera scarti di produzione per il riutilizzo interno. Non solo: il 55% delle imprese sono coinvolte in accordi, programmi e progetti per l’implementazione di misure e soluzioni di sostenibilità e circolarità di processi e prodotti, il 17,9% ha attivato programmi di rigenerazione degli habitat naturali direttamente o vi partecipa e il 50% ha intenzione di farlo in un prossimo futuro.

Le aziende del legno-arredo risultano inoltre impegnate nel garantire l’accrescimento di competenze in materia di sostenibilità per un modello di welfare sempre più efficace. Sul fronte delle risorse aziendali il 41,3% delle imprese ha programmi di formazione o informazione continua. Il 27,2% ha individuato un responsabile o manager sostenibilità e il 43,5% ha in programma di inserirlo in organico. Per quanto riguarda la scelta dei fornitori, il 76% delle imprese ha definito dei criteri di valutazione che tengono conto degli aspetti ambientali (56% nel 2021). Il 47,5% delle aziende dell’area arredo si approvvigiona di materie prime o semilavorati locali (entro 100 km) e nell’area legno tre imprese su quattro acquistano legno certificato (FSC, PEFC). A oggi più del 60% delle imprese ha almeno una certificazione di sistema, di cui il 31% del tipo ISO 14001.

“Ci troviamo davanti a una sfida epocale e la Federazione ha deciso di essere protagonista attiva nel ripensamento dei modelli produttivi, nel limitare il cambiamento climatico e, allo stesso tempo, nel creare le condizioni affinché le aziende associate rimangano competitive sui mercati. Dare il nostro contributo – spiega Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo – è doveroso affinché un modello di sviluppo sostenibile sia davvero possibile. I risultati della survey ci confortano e dimostrano come la nostra sia una filiera green per vocazione, ma il percorso è ancora lungo e complesso e nessuno può pensare di intraprenderlo da solo. Essere a Ecomondo significa anche questo: fare sistema con i più autorevoli protagonisti della transizione ecologica”. Per Federlegno la quattro giorni di Rimini sarà l’occasione per condividere con istituzioni, stakeholder, università, centri di ricerca e operatori del settore il percorso intrapreso fino ad oggi con l’ambizione di rendere la filiera del legno-arredo pioniera della green industry, quale voce autorevole e guida riconosciuta e riconoscibile sul tema.

Il Comandante dell’esercito ucraino ammette: la controffensiva non ha avuto l’effetto desiderato

Il Comandante dell’esercito ucraino ammette: la controffensiva non ha avuto l’effetto desideratoRoma, 2 nov. (askanews) – Alcuni osservatori si sono affrettati ad annunciarlo molto presto. Altri non volevano ammetterlo. In un’intervista al settimanale britannico The Economist, il comandante in capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny ha ammesso: la grande controffensiva iniziata a giugno non ha avuto l’effetto desiderato. Il generale ammette francamente di essere “in un vicolo cieco”. “Probabilmente non ci sarà alcuna svolta profonda e bella”, si rammarica.

Giovedì 2 novembre, il Cremlino ha respinto il termine “impasse”, ritenendo che “la Russia continua incessantemente la sua operazione militare speciale” e che “tutti gli obiettivi fissati dovrebbero essere raggiunti”. Valeri Zaluzhny, regista di questa controffensiva avanzata solo di 17 chilometri in quasi cinque mesi, teme ora apertamente uno stallo a vantaggio della Russia e paragona il conflitto alla “Prima Guerra Mondiale”. Parlando all’Economist, il generale Zaluzhny riconosce diversi errori nella pianificazione e nella conduzione della controffensiva. Inizialmente ammette di ritenere che infliggere perdite sufficienti alla Russia avrebbe dato un vantaggio all’Ucraina. “La Russia ha perso almeno 150.000 uomini”, stima. “In qualsiasi paese, tali perdite avrebbero posto fine alla guerra”. Ma, supponendo che questa cifra sia esatta, non è così in Russia, che storicamente ha l’abitudine di sacrificare un gran numero di soldati per raggiungere i propri scopi, come durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.L’ufficiale ammette anche che il suo esercito non è avanzato così rapidamente come si aspettava. “Secondo i manuali della NATO e i calcoli che abbiamo fatto, quattro mesi avrebbero dovuto bastarci per raggiungere la Crimea, combattere lì e tornare”, spiega. I suoi uomini, al contrario, sono stati ostacolati dalle efficacissime linee di difesa della Russia e non sono riusciti a stabilirsi permanentemente sulla riva sinistra del Dnepr.

“All’inizio pensavo che ci fosse un problema con i nostri comandanti, quindi ne ho cambiati alcuni”, spiega Zaluzhny. “Poi ho pensato che forse i nostri soldati non erano adatti alla loro missione, quindi ne ho trasferiti alcuni in alcune brigate”, aggiunge. Ma invano. Ogni volta che le truppe ucraine tentavano di avanzare, si incontravano con artiglieria, droni e campi minati sparsi sul campo di battaglia, con la tecnologia moderna che impediva qualsiasi operazione furtiva. “Noi vediamo tutto ciò che fa il nemico e lui vede tutto ciò che facciamo noi”, riassume il generale. Per Valeri Zaluzhny, un massiccio salto tecnologico è quindi essenziale per uscire dall’”impasse”. L’alto ufficiale invita quindi all’innovazione nei settori dei droni, della guerra elettronica, delle capacità anti-artiglieria e delle attrezzature per lo sminamento, comprese nuove soluzioni robotiche. Se il comandante in capo si dice “grato” per le consegne di armi occidentali, si rammarica che a volte siano arrivate troppo tardi per fare davvero la differenza. Missili e carri armati a lungo raggio “ci sarebbero stati particolarmente utili l’anno scorso”, per sfruttare il successo delle controffensive a Kharkiv e Kherson, scivola. “Ma sono arrivati solo quest’anno.” Ma neanche il generale ucraino si nasconde dietro questi ultimi arrivi. “È importante capire che questa guerra non può essere vinta con le armi della generazione passata e con metodi obsoleti”, insiste. “Porteranno inevitabilmente a ritardi e, quindi, alla sconfitta”. Secondo lui la tecnologia farà la differenza in questa guerra.

Nel frattempo Valeri Zaluzhny vuole fare di tutto per evitare la guerra di trincea. “Il rischio più grande (con questa opzione) è che la guerra duri per anni e logori lo Stato ucraino”, sottolinea. A differenza della Russia, l’Ucraina non ha una riserva umana quasi illimitata. Se il salto tecnologico non avviene rapidamente, “prima o poi ci renderemo conto che semplicemente non abbiamo abbastanza persone per combattere”, conclude l’ufficiale.

Comandante in capo ucraino ammette: controffensiva in vicolo cieco

Comandante in capo ucraino ammette: controffensiva in vicolo ciecoRoma, 2 nov. (askanews) – Alcuni osservatori si sono affrettati ad annunciarlo molto presto. Altri non volevano ammetterlo. In un’intervista al settimanale britannico The Economist, il comandante in capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny ha ammesso: la grande controffensiva iniziata a giugno non ha avuto l’effetto desiderato. Il generale ammette francamente di essere “in un vicolo cieco”. “Probabilmente non ci sarà alcuna svolta profonda e bella”, si rammarica.

Giovedì 2 novembre, il Cremlino ha respinto il termine “impasse”, ritenendo che “la Russia continua incessantemente la sua operazione militare speciale” e che “tutti gli obiettivi fissati dovrebbero essere raggiunti”. Valeri Zaluzhny, regista di questa controffensiva avanzata solo di 17 chilometri in quasi cinque mesi, teme ora apertamente uno stallo a vantaggio della Russia e paragona il conflitto alla “Prima Guerra Mondiale”. Parlando all’Economist, il generale Zaluzhny riconosce diversi errori nella pianificazione e nella conduzione della controffensiva. Inizialmente ammette di ritenere che infliggere perdite sufficienti alla Russia avrebbe dato un vantaggio all’Ucraina. “La Russia ha perso almeno 150.000 uomini”, stima. “In qualsiasi paese, tali perdite avrebbero posto fine alla guerra”. Ma, supponendo che questa cifra sia esatta, non è così in Russia, che storicamente ha l’abitudine di sacrificare un gran numero di soldati per raggiungere i propri scopi, come durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.

L’ufficiale ammette anche che il suo esercito non è avanzato così rapidamente come si aspettava. “Secondo i manuali della NATO e i calcoli che abbiamo fatto, quattro mesi avrebbero dovuto bastarci per raggiungere la Crimea, combattere lì e tornare”, spiega. I suoi uomini, al contrario, sono stati ostacolati dalle efficacissime linee di difesa della Russia e non sono riusciti a stabilirsi permanentemente sulla riva sinistra del Dnepr. “All’inizio pensavo che ci fosse un problema con i nostri comandanti, quindi ne ho cambiati alcuni”, spiega Zaluzhny. “Poi ho pensato che forse i nostri soldati non erano adatti alla loro missione, quindi ne ho trasferiti alcuni in alcune brigate”, aggiunge. Ma invano. Ogni volta che le truppe ucraine tentavano di avanzare, si incontravano con artiglieria, droni e campi minati sparsi sul campo di battaglia, con la tecnologia moderna che impediva qualsiasi operazione furtiva. “Noi vediamo tutto ciò che fa il nemico e lui vede tutto ciò che facciamo noi”, riassume il generale.

Per Valeri Zaluzhny, un massiccio salto tecnologico è quindi essenziale per uscire dall’”impasse”. L’alto ufficiale invita quindi all’innovazione nei settori dei droni, della guerra elettronica, delle capacità anti-artiglieria e delle attrezzature per lo sminamento, comprese nuove soluzioni robotiche. Se il comandante in capo si dice “grato” per le consegne di armi occidentali, si rammarica che a volte siano arrivate troppo tardi per fare davvero la differenza. Missili e carri armati a lungo raggio “ci sarebbero stati particolarmente utili l’anno scorso”, per sfruttare il successo delle controffensive a Kharkiv e Kherson, scivola. “Ma sono arrivati solo quest’anno.” Ma neanche il generale ucraino si nasconde dietro questi ultimi arrivi. “È importante capire che questa guerra non può essere vinta con le armi della generazione passata e con metodi obsoleti”, insiste. “Porteranno inevitabilmente a ritardi e, quindi, alla sconfitta”. Secondo lui la tecnologia farà la differenza in questa guerra.

Nel frattempo Valeri Zaluzhny vuole fare di tutto per evitare la guerra di trincea. “Il rischio più grande (con questa opzione) è che la guerra duri per anni e logori lo Stato ucraino”, sottolinea. A differenza della Russia, l’Ucraina non ha una riserva umana quasi illimitata. Se il salto tecnologico non avviene rapidamente, “prima o poi ci renderemo conto che semplicemente non abbiamo abbastanza persone per combattere”, conclude l’ufficiale.

A Gaza si combatte senza sosta, quasi 200 morti a Jabaliya

A Gaza si combatte senza sosta, quasi 200 morti a JabaliyaRoma, 2 nov. (askanews) – Prosegue senza sosta e ampliandosi di ora in ora l’operazione di terra lanciata dalle Forze di difesa israeliane (Idf) contro Hamas nella Striscia di Gaza. L’Idf ha dichiarato di avere eliminato in aspri combattimenti durante la notte “decine di terroristi” oltre a “un gran numero” di infrastrutture di Hamas nel nord della Striscia. I soldati della famosa Brigata Golani, impegnata in prima linea nei combattimenti, hanno eliminato “decine di terroristi a Gaza che hanno lanciato missili anticarro, esplosivi e bombe a mano contro le forze” israeliane”.

A Gaza la situazione umanitaria resta disastrosa secondo le agenzie dell’Onu e le principali Ong internazionali presenti nell’enclave palestinese. Nel nord della Striscia, Hamas ha riferito che sono almeno 195 i palestinesi morti e 120 i dispersi dopo i due attacchi israeliani al campo profughi di Jabaliya, mentre almeno 777 persone risultano ferite. Oggi fonti egiziane e palestinesi hanno annunciato che saranno evacuati altri circa 60-100 feriti palestinesi – secondo Msf ne restano un totale di almeno 20.000 nella Striscia – in Egitto tramite il valico di Gaza dopo i circa 80 trasferiti ieri negli ospedali egiziani. Sempre oggi il Cairo, per voce del suo vice capo della diplomazia, ha fatto sapere che l’Egitto si prepara ad accogliere nelle prossime ore e giorni “circa altri 7000” fra stranieri e palestinesi con doppio passaporto. Di questi 400 stranieri dovrebbero lasciare Gaza oggi stesso dopo gli oltre 350 di ieri. “Spero che oggi altri due italiani possano lasciare la Striscia”, ha detto in diretta telefonica Antonio Tajani, ministro degli Esteri al programma Ping Pong di Radio 1 Rai.

L’Idf ha intanto aggiornato al rialzo il bilancio degli ostaggi detenuti da Hamas a Gaza confermando che le famiglie di 242 ostaggi sono state informate. Inoltre, è trapelata la notizia che una delegazione di Bangkok ha incontrato i leader di Hamas in Iran per discutere dei 22 thailandesi presi in ostaggio dal movimento islamista il 7 ottobre. La questione degli ostaggi è stata menzionata nuovamente dal presidente americano Joe Biden che ha parlato nella notte della necessità di una “pausa umanitaria” a Gaza. “Una pausa significa dare tempo per far uscire gli ostaggi”, ha aggiunto.

Sul fronte diplomatico, l’attenzione è rivolta al ritorno del segretario di Stato Usa Antony J. Blinken in Medio Oriente, prima di fare tappa in Giappone, India e Corea del Sud. Il capo della diplomazia americana si recherà a Tel Aviv e Amman. In Israele, il segretario Blinken ribadirà il sostegno degli Stati Uniti al diritto di Israele di difendersi dal terrorismo in conformità con il diritto internazionale umanitario e discuterà gli sforzi per salvaguardare i cittadini statunitensi in Israele, Cisgiordania e Gaza; lavorerà per garantire l’immediato rilascio degli ostaggi, aumentare il ritmo e il volume degli aiuti umanitari che entrano a Gaza per essere distribuiti ai civili palestinesi, e per prevenire l’espansione del conflitto”, ha spiegato il dipartimento di Stato.