Spazio, Agile: pubblicato il primo catalogo dei brillamenti solariRoma, 1 giu. (askanews) – I brillamenti solari sono intense eruzioni di materia e radiazione elettromagnetica che avvengono nelle regioni più esterne dell’atmosfera solare. La frequenza con la quale essi si verificano, così come l’energia che rilasciano, sono parametri fondamentali per controllare l’attività solare e monitorare il ciclo undecennale del Sole.
Questo fenomeno è stato osservato dalla missione AGILE (Astrorivelatore Gamma a Immagini LEggero) – piccola missione scientifica dell’Agenzia Spaziale Italiana con la partecipazione di INFN, IASF/INAF e CIFS – e con i dati raccolti in oltre 15 anni di lavoro è stato realizzato il primo catalogo dei brillamenti solari. Questa mappatura sarà pubblicata sulla rivista scientifica “The Astrophysical Journal Letter Supplement” (articolo: “The First AGILE Solar Flare Catalog”, A. Ursi et al). Il nuovo catalogo AGILE – informa l’ASI – include più di 5.000 brillamenti solari rivelati dal lancio del satellite, avvenuto il 23 aprile 2007, fino al 2022, e contiene informazioni riguardanti la loro durata complessiva, la loro fase di crescita e decrescita e l’energia da essi rilasciata. Sul sito dello Space Science Data Center dell’ASI (SSDC) è stata pubblicata anche una pagina interattiva che fornisce accesso a prodotti aggiuntivi, in particolare ai dati relativi alle curve di luce dei brillamenti (sia in formato immagine che in formato testo).
I brillamenti solari rilasciano una grande quantità di radiazione elettromagnetica a tutte le lunghezze d’onda, dalle energie cosiddette più “basse” (onde radio) fino alle energie più “alte” (raggi X e gamma). La stragrande maggioranza dei brillamenti sono stati e sono tuttora rivelati e raccolti dai satelliti GOES, che osservano il Sole da un’orbita geostazionaria (36000 km dal suolo terrestre) nella banda di energia dei cosiddetti raggi X “molli”. D’altro canto, sono poche le missioni in grado di osservare questi eventi ad energie più alte, ossia nella banda dei raggi X “duri” e dei raggi gamma. Una di queste è appunto AGILE, la cui Anti-Coincidenza di bordo, sensibile nella banda 80-200 keV (kiloelettronvolt), ha permesso di raccogliere una grande quantità di brillamenti nelle alte energie. In particolare, il catalogo contiene più di 1400 eventi “sfuggiti” ai satelliti GOES, fornendo un ulteriore campione di brillamenti che va a integrare i cataloghi solari già esistenti. Una prima analisi degli eventi osservati da AGILE sembra supportare un meccanismo di accelerazione degli elettroni nell’atmosfera solare articolato in due fasi, già suggerito sul finire degli anni ’70.
L’Italia a bordo missione Emirati Arabi Uniti per studio asteroidiRoma, 29 mag. (askanews) – Ampliare la nostra comprensione sulle origini e sull’evoluzione degli asteroidi primordiali ricchi di acqua e gettare le basi per una possibile futura estrazione di risorse. Questi gli obiettivi principali della missione EMA (Emirates Mission to the Asteroid Belt) dell’Agenzia Spaziale degli Emirati Arabi Uniti sulla quale volerà lo spettrometro italiano MIST-A (Mwir Imaging Spectrometer for Target-Asteroids), finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che guida il team scientifico italiano e con la nostra industria.
Il lancio della missione, selezionata nel 2022 dal governo federale degli Emirati Arabi Uniti, è attualmente previsto il 3 marzo 2028 con destinazione la cintura degli asteroidi. Saranno sei gli asteroidi osservati durante altrettanti flyby ravvicinati. Dopo un viaggio di 6 anni – informano ASI e INAF – EMA raggiungerà il settimo asteroide, (269)Justitia, un oggetto di circa 53 km di diametro, e per circa 7 mesi la missione orbiterà attorno ad esso per compiere un’esplorazione della sua superficie e per la selezione dei possibili siti di atterraggio del modulo di superficie. Giuseppe Sindoni, responsabile ASI per le attività industriali legate allo sviluppo di MIST-A, commenta: “Questa missione rappresenta una grande opportunità per il nostro Paese, essendo la prima collaborazione con gli Emirati Arabi Uniti nel campo dell’esplorazione del Sistema Solare. Ancora una volta, l’esperienza e le capacità dell’industria italiana sono in prima fila nell’esplorazione spaziale attraverso la partecipazione ad importanti missioni internazionali”. Alessandra Tiberia, responsabile ASI per le attività scientifiche di MIST-A, aggiunge: “La comunità scientifica italiana coinvolta nella missione sfrutterà la propria esperienza maturata nel corso degli anni da progetti passati, per massimizzare il ritorno scientifico sia in termini di avanzamento nella conoscenza di corpi primordiali del nostro Sistema Solare, attraverso la caratterizzazione fisica e chimica delle superfici osservate, che nell’ottica di un futuro sfruttamento di risorse minerarie”.
Lo strumento italiano MIST-A avrà il compito di caratterizzare la composizione della superficie e le proprietà fisiche degli asteroidi primordiali target della missione, eseguendo la mappatura spettrale nel medio infrarosso tra 2 e 5 micron delle loro superfici illuminate e raggiungendo una risoluzione spaziale al suolo inferiore ai 20 m/px su (269)Justitia. MIST-A condivide il design e alcuni componenti ben collaudati con lo strumento dell’ASI JIRAM, attualmente in funzione a bordo della missione JUNO della NASA su Giove. Gianrico Filacchione, ricercatore INAF a Roma, PI dello strumento MIST-A, commenta: “(269)Justitia è particolarmente intrigante poiché mostra delle proprietà spettrali inconsuete rispetto agli altri oggetti della Main Belt: la sua bassa riflettanza in luce visibile ed il colore fortemente arrossato lo rendono infatti più simile agli Oggetti Trans-Nettuniani (TNO) che orbitano oltre l’orbita di Nettuno piuttosto che agli altri asteroidi. Inoltre, orbitando tra 300 e 450 milioni di chilometri dal Sole evolve ciclicamente attraverso la ‘frost-line’, la distanza al di sotto della quale il ghiaccio d’acqua sublima a causa dell’innalzamento della radiazione solare instaurando un’attività simile a quanto avviene nelle comete. Queste evidenze portano a supporre che (269)Justitia possa essere un oggetto formatosi nelle regioni più esterne del sistema solare e successivamente trasferito nella fascia degli asteroidi. Con queste premesse, possiamo aspettarci molte sorprese”.
“Diversi asteroidi primitivi fin qui esplorati dalle missioni spaziali (Dawn, Hayabusa, OsirisRex) – aggiunge Mauro Ciarniello, ricercatore INAF a Roma, Deputy PI, – hanno mostrato le segnature spettrali di carbonati, fillosilicati, sali ammoniati e materiale organico. Tutti questi minerali sono identificabili dallo spettrometro MIST-A grazie alla sua elevata sensibilità nella banda infrarossa. Infine, le misure nell’intervallo spettrale a lunghezze d’onda comprese tra circa 3.5 e 5 micron saranno di interesse per poter ricavare la temperatura superficiale degli asteroidi a diverse ore locali e quindi di inferire le proprietà termofisiche delle superfici”. La missione EMA è finanziata e guidata dall’Agenzia Spaziale degli Emirati Arabi Uniti (UAESA), con il Laboratory for Atmospheric and Space Physics (LASP) dell’Università del Colorado, Boulder (USA), come partner principale.
James Webb Telescope rivela l’antenata delle galassie sferoidaliRoma, 23 mag. (askanews) – Una collaborazione tra studiosi dell’Università di Edimburgo (Regno Unito) e dell’Università di Bologna ha identificato la più antica galassia quiescente – cioè che non forma più stelle – finora conosciuta. La galassia – chiamata GS-9209 – è stata osservata 1,25 miliardi di anni dopo il Big Bang: un’epoca che corrisponde a circa il 9% dell’età attuale dell’Universo. E a quel punto la formazione di nuove stelle al suo interno si era già fermata da circa mezzo miliardo di anni.
La scoperta – pubblicata sulla rivista “Nature” – è stata possibile grazie al James Webb Space Telescope e ci offre nuovi indizi per comprendere i processi fisici che guidano la formazione e l’evoluzione delle galassie. In particolare, lo studio – informa Unibo – ha permesso di evidenziare la correlazione tra la presenza di buchi neri supermassicci e l’inibizione della capacità delle galassie di formare nuove stelle. La massa stellare della galassia GS-9209 è molto simile a quella della Via Lattea: 40 miliardi di volte più grande della massa del Sole. A differenza della nostra galassia, però, GS-9209 ha una forma sferoidale (e non a spirale), ed è estremamente compatta: è circa 10 volte più piccola della Via Lattea. I dati spettroscopici analizzati ci dicono che la sua formazione è avvenuta tra 600 e 800 milioni di anni dopo il Big Bang, quindi quando l’Universo aveva un’età pari a circa il 4% di quella attuale. Dopodiché il processo di formazione di nuove stelle al suo interno si è fermato.
“Lo stato di quiescenza in cui si trova GS-9209 è strettamente correlato alla presenza, nel centro della galassia, di un buco nero supermassiccio con una massa tra mezzo miliardo e un miliardo di volte la massa del Sole”, spiega Andrea Cimatti, direttore del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. “Si tratta di una massa cinque volte più grande di quanto ci si potrebbe aspettare in relazione al numero di stelle presente nella galassia: un dato che potrebbe spiegare perché il processo di formazione stellare si è interrotto”. La crescita dei buchi neri supermassicci rilascia infatti enormi quantità di energia sotto forma di radiazione, che riscalda e spinge via il gas presente nella galassia, facendo venire meno le condizioni che permettono la formazione stellare (la presenza di gas e le basse temperature).
“Quella che abbiamo scoperto è la galassia quiescente massiccia, già matura, osservata più vicino al Big Bang fino ad oggi: in altre parole, si tratta di una galassia vecchia in un Universo molto giovane”, dice Cimatti. “Le sue particolari caratteristiche ci dicono che è cresciuta in tempi rapidi e attraverso una formazione stellare estremamente intensa: un risultato che conferma le ipotesi finora formulate sulla nascita delle galassie sferoidali”. Le galassie sferoidali oggi note hanno infatti in genere masse molto elevate (anche più di 100 volte maggiori della Via Lattea), includono stelle molto vecchie (con età fino a 13 miliardi di anni) e contengono al loro centro un buco nero supermassiccio. Per spiegare queste caratteristiche, era necessario ipotizzare che la formazione stellare fosse avvenuta molto tempo fa e molto rapidamente, ma che qualche processo l’avesse poi improvvisamente arrestata. Confermare questa teoria significava però riuscire a osservare galassie molto giovani. Nel 2004, grazie ad osservazioni con il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory (Cile), furono identificati alcuni risultati promettenti in epoche cosmiche fino a circa 10 miliardi di anni fa. Da allora non era però stato possibile andare ulteriormente indietro nel tempo, a causa della mancanza di telescopi adeguati. La svolta è arrivata oggi, grazie al James Webb Space Telescope, che ha permesso agli studiosi di esplorare l’universo a distanze ancora maggiori e, quindi, in tempi ancora più remoti.
Thales Alenia Space amplia la sua presenza a RomaMilano, 19 mag. (askanews) – È stato inaugurato oggi, venerdì 19 maggio 20203, a Roma, lo stabilimento di Thales Alenia Space (joint venture Thales 67% e Leonardo 33%) che ospiterà nuove risorse, nuove aree operative e uffici per il management e il design di satelliti di Telecomunicazione e Navigazione.
Lo stabilimento di circa 4mila metri quadrati, suddivisi in 3 piani, è situato in via Tiburtina accanto al già esistente Centro Integrazione Satelliti e al quartier generale della stessa società, nella periferia est della città, vicino ad altre aziende specializzate in telecomunicazioni e information Technology, in un contesto industriale di alto livello, designato quale Polo Tecnologico industriale della capitale. Questo stabilimento nasce come risposta alle esigenze di business di Thales Alenia Space, soprattutto in seguito all’acquisizione di importanti e strategici contratti nell’ambito delle Telecomunicazioni satellitari come Sicral 3 e della Navigazione Satellitare come Galileo Seconda Generazione. I nuovi spazi permetteranno, inoltre, di collocare le nuove risorse attratte dall’azienda in seguito ad una proficua campagna di recruitment che ha portato ad un aumento dell’organico complessivo di circa 400 unità.
“L’inaugurazione di questo stabilimento che rende la Capitale sempre più strategica per lo Spazio italiano sottolinea la capacità della nostra azienda di cercare soluzioni per affrontare le continue nuove sfide e questo senza dubbio ci consente di attirare i migliori giovani talenti – ha dichiarato Massimo Claudio Comparini, amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia – Expertise specializzate sono alla base della nostra strategia di crescita per creare un’occupazione ricca e di qualità, capace di rispondere alle forti esigenze di sviluppo industriale e tecnologico. Thales Alenia Space ha, inoltre, un ruolo sempre più attivo nel promuovere iniziative a sostegno dell’innovazione, in sinergia con le imprese e le università del territorio locale e nazionale, favorendo la crescita occupazionale e la formazione specialistica dei giovani, in perfetta sinergia con i territori in cui operiamo”. In questo nuovo stabilimento verranno seguiti dalla fase strategico-decisionale a quella di progettazione vera e propria, tutti i processi di sviluppo dei vari progetti. Qui si svolgeranno, inoltre, le attività di Management e System Design per i satelliti e per gli elementi fondamentali del loro carico utile, come antenne e apparati di bordo.
Longo (Asi): i satelliti alleati di un’agricoltura sostenibileRoma, 17 mag. (askanews) – Un’agricoltura sostenibile, lontana dagli sprechi, che sappia sfruttare al meglio le caratteristiche del terreno, che irrighi campi e colture solo dove e quando serve, e che infine inquini di meno, troverà nei satelliti alleati preziosi e affidabili. Ne è convinto Francesco Longo, direttore Osservazione della Terra e Operazioni dell’Agenzia spaziale italiana che ha affrontato il tema a Venezia, nell’ambito di ‘Space Meeting Veneto’ – che si conclude oggi – nel suo intervento ‘Earth Observation from Space: opportunities for agricolture’.
‘L’Osservazione della Terra al momento è il settore spaziale più importante per il nostro Paese, non solo per i programmi nazionali ma per le collaborazioni con l’Agenzia spaziale europea e, a livello internazionale, soprattutto con la Nasa che conosce le nostre capacità e competenze nazionali nell’Osservazione della Terra e ci coinvolge sempre più frequentemente in collaborazioni sfidanti ed ambiziose. Il rapporto tra ASI e NASA è ormai consolidato e porterà, nel prossimo futuro, a risultati davvero importanti’, dichiara Longo ad askanews. ‘Ad esempio l’Agenzia spaziale italiana collabora con il Jet Propulsion Laboratory dell’agenzia spaziale statunitense nella missione di Osservazione della terra SBG (Surface Biology and Geology) per la parte dedicata all’acquisizione di immagini multispettrali nell’infrarosso termico (TIR) che fornirà dati di rilievo per lo studio dei cambiamenti climatici, degli ecosistemi terrestri e marini, per i rischi naturali, il ciclo dell’acqua, gli incendi boschivi e la produzione alimentare mondiale. Un satellite come questo – sottolinea – darà informazioni importanti soprattutto sull’evapotraspirazione (ET) delle piante, che corrisponde al consumo idrico delle colture. La conoscenza di ET permette infatti di stimare la quantità di acqua da restituire alle piante di interesse agrario con l’irrigazione’.
‘Per l’agricoltura, però, puntiamo anche sull’iperspettrale. Abbiamo già in orbita il satellite italiano PRISMA (PRecursore IperSpettrale della Missione Applicativa), un sistema di Osservazione della Terra all’avanguardia, dotato di strumenti elettro-ottici, che integra un sensore iperspettrale con una camera pancromatica a media risoluzione sensibile a tutti i colori visibili all’occhio umano ma anche nel vicino infrarosso e in quello ad onde corte’. Il satellite è in grado di distinguere non solo le caratteristiche geometriche degli oggetti osservati, ma anche la composizione chimico-fisica della superficie terrestre. Ogni materiale, infatti, ha una propria firma spettrale, una vera impronta digitale: una combinazione unica di colori, le bande spettrali. La strumentazione elettro-ottica di PRISMA è in grado di analizzare questa firma e di identificare le proprietà chimico-fisiche di un oggetto o risalire alle caratteristiche di un’area sotto osservazione. ‘Attualmente PRISMA ha una risoluzione spaziale di 30 metri, ma stiamo sviluppando la seconda generazione del satellite per arrivare a una risoluzione di 10 metri che darà un contributo straordinario all’agricoltura di precisione, che in particolare coinvolge l’Italia. Le attività sono partite l’anno scorso, abbiamo concluso la fase di fattibilità e ora – annuncia – passiamo allo sviluppo’.
‘L’alta risoluzione non è tutto, diciamo che da sola non basta, serve anche avere una buona rivisita temporale. Da qui lo sviluppo, partendo da PRISMA, di microsatelliti con payload iperspettrale che possono andare a formare una costellazione in grado di assicurare una rivisita frequente, passando più spesso sulle stesse zone. Ed è quello che stiamo facendo nell’ambito del programma IRIDE per il quale abbiamo già sviluppato il prototipo del microsatellite e poi ne svilupperemo altri quattro’. IRIDE sarà realizzata in Italia su iniziativa del Governo grazie alle risorse del Pnrr, con un budget complessivo di circa 1 mld di euro, e sarà completata entro il 2026 sotto la gestione dell’Agenzia spaziale europea e con il supporto di ASI. La ‘costellazione di costellazioni’ IRIDE tenderà a consentire il monitoraggio di eventi e fenomeni con variabilità a livello giornaliero con satelliti di classe eterogenea. ‘Nel loro insieme questi satelliti potranno dare informazioni sulla qualità del terreno, il grado di salute della vegetazione, la quantità di umidità, il contenuto di clorofilla, e ancora le zone particolarmente secche a rischio incendio, e si può pensare di arrivare a monitorare anche il grado di maturazione delle colture. Informazioni che contribuiscono non solo alla prevenzione degli incendi boschivi ma anche a un uso corretto delle risorse idriche che, come sappiamo, in alcune zone scarseggiano. Attraverso la firma spettrale – aggiunge Longo – è possibile tracciare il profilo chimico della zona osservata e quindi di ricavare tutta una serie di informazioni sul terreno utili per l’agricoltura’.
Nell’ambito dell’Osservazione della Terra l’Italia ha anche COSMO-SkyMed con radar ad apertura sintetica in banda X e SAOCOM, con radar in banda L, sviluppato in collaborazione con l’Argentina, nell’ambito del progetto SIASGE, il Sistema satellitare Italo-Argentino per la Gestione delle Emergenze Ambientali e lo Sviluppo Economico. ‘A differenziare i due sistemi è il grado di penetrazione della vegetazione: COSMO-SkyMed si ferma alla parte alta della vegetazione, mentre la banda L di SAOCOM è parzialmente penetrativa quindi riesce a dare più informazioni sul suolo in cui cresce la vegetazione’. ‘La prontezza, la capacità di rivedere la stessa area con una frequenza molto elevata rendono i dati di COSMO-SkyMed molto utili nel caso di catastrofi naturali come terremoti o inondazioni, offrendo informazioni importanti anche per l’organizzazione dei soccorsi da terra, come è stato dimostrato già in diverse occasioni. E questo vale per ogni parte del mondo, non ci sono limiti. Rispetto ai sistemi ottici – evidenzia Francesco Longo – il radar non subisce interferenze dalla presenza di nuvole o da altre condizioni meteorologiche proibitive e opera sia di giorno che di notte’. Per rendere l’idea, in un giorno COSMO-SkyMed Seconda Generazione può effettuare oltre 550 immagini con un solo satellite e, se richiesto, può acquisire simultaneamente immagini di due aree distanti tra loro anche centinaia di chilometri.
‘Un altro progetto che ASI sta sviluppando con la NASA è MAIA (Multi-Angle Imager for Aerosols) per lo studio dell’inquinamento atmosferico e il suo impatto sulla salute, quindi l’incidenza di alcune patologie in relazione ai diversi tipi di particolato presenti in atmosfera. Un progetto davvero innovativo’, continua Longo. L’osservatorio MAIA – il cui lancio è previsto per la fine del 2024 – sarà composto dal satellite PLATiNO-2 fornito dall’ASI e uno strumento scientifico costruito presso il JPL della NASA, una camera in grado di fornire immagini digitali basate su dati spettrolettromagnetici nell’ultravioletto, nel visibile, nel vicino infrarosso e nell’infrarosso a onde corte che permetteranno di determinare dimensioni, distribuzione geografica, composizione e quantità delle particelle sospese presenti nell’aria di una regione; informazioni che saranno poi confrontate con i modelli sanitari sulla incidenza delle malattie causate dalla cattiva qualità dell’aria.
‘Una missione satellitare particolare – sottolinea Longo – che ha visto, per la prima volta, durante la fase di sviluppo, il diretto coinvolgimento di epidemiologi e ricercatori di salute pubblica’. Nel corso della sua missione triennale, MAIA – che sarà immesso in orbita a 740 Km dalla Terra – si concentrerà su 11 aree target principali che coprono i principali centri urbani del mondo: Los Angeles, Atlanta e Boston negli Stati Uniti; Roma; Addis Abeba, Etiopia; Barcellona, Spagna; Pechino; Johannesburg; Nuova Delhi; Taipei, Taiwan; e Tel Aviv, Israele. Oltre a questi target principali sono previste ulteriori 30 aree secondarie di tutto il globo, di cui due in Italia, una a Nord e una a Sud. ‘Se è vero che l’obiettivo primario di MAIA sarà quello di acquisire i dati dell’inquinamento nei principali centri urbani, la missione potrà fornire dati utili anche su altre forme di inquinamento come quello derivante ad esempio dagli allevamenti’, spiega Longo.
‘Alla luce di questa capacità spaziale nazionale associata a quella europea assicurata dal programma Copernicus, possiamo immaginare servizi operativi basati su dati satellitari in grado di fornire informazioni sul grado di maturazione delle coltivazioni e indicazioni sulle tempistiche per procedere al raccolto. O ancora capire quali zone hanno bisogno di una maggiore o minore concentrazione di fertilizzanti, o ancora irrigare i campi solo quando e dove necessario in base alle informazioni sull’umidità del terreno ottenute grazie ai satelliti. In Italia c’è interesse verso l’utilizzo dei dati satellitari in agricoltura, certamente c’è ancora da lavorare per sviluppare applicazioni di facile utilizzo. Sono sicuro – conclude Francesco Longo – che presto le aziende agricole trarranno grandi vantaggi dalle opportunità offerte dai satelliti, attraverso servizi operativi di cui non si potrà più fare più a meno, così come lo è oggigiorno per i servizi basati su sistemi di navigazione satellitare o di telecomunicazione’.
ESO, telescopi BlackGEM a caccia di sorgenti di onde gravitazionaliRoma, 16 mag. (askanews) – BlackGEM, una schiera di tre nuovi telescopi situati presso l’Osservatorio di La Silla dell’ESO, è entrato in attività. I telescopi analizzeranno il cielo australe per dare la caccia agli eventi cosmici che producono onde gravitazionali, come la fusione di stelle di neutroni e buchi neri.
Alcuni eventi catastrofici nell’Universo, come la collisione di buchi neri o di stelle di neutroni, creano onde gravitazionali, increspature nella struttura del tempo e dello spazio (o dello spazio-tempo). Osservatori come LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) e l’interferometro Virgo sono progettati proprio per rilevare queste increspature, ma non possono individuarne l’origine in modo molto accurato né vedere la luce fugace che risulta dalla collisione tra stelle di neutroni e buchi neri. BlackGEM – informa l’ESO – è dedicato alla scansione rapida di vaste aree del cielo per identificare con precisione le sorgenti di onde gravitazionali utilizzando la luce visibile. “Con BlackGEM miriamo a potenziare lo studio degli eventi cosmici sia con le onde gravitazionali che con la luce visibile”, afferma Paul Groot della Radboud University nei Paesi Bassi, responsabile del progetto. “La combinazione dei due fenomeni ci dice su questi eventi molto di più che uno solo dei due preso singolarmente”. Rilevando sia le onde gravitazionali che le loro controparti visibili, gli astronomi possono confermare la natura delle sorgenti di onde gravitazionali e determinarne con precisione la posizione. L’uso della luce visibile consente anche osservazioni dettagliate dei processi che si verificano in queste fusioni, per esempio la formazione di elementi pesanti come l’oro e il platino.
Fino a oggi, tuttavia, è stata rilevata una sola controparte visibile di sorgente di onde gravitazionali. Inoltre, anche i rivelatori di onde gravitazionali più avanzati come LIGO o Virgo non sono in grado di identificare con precisione le sorgenti; nella migliore delle ipotesi, possono restringere la zona che contiene la posizione di una sorgente a un’area di cielo pari a circa 400 lune piene. BlackGEM scansionerà in modo efficiente queste grandi regioni con una risoluzione abbastanza elevata da individuare in modo consistente le sorgenti di onde gravitazionali utilizzando la luce visibile. I tre telescopi che compongono BlackGEM sono stati costruiti da un consorzio di università: la Radboud University e la Netherlands Research School for Astronomy nei Paesi Bassi e la KU Leuven in Belgio. I telescopi hanno ciascuno un diametro di 65 centimetri e possono indagare contemporaneamente diverse aree del cielo; la collaborazione mira nel futuro a espandere la schiera fina a 15 telescopi, migliorandone ulteriormente la copertura. BlackGEM è ospitato presso l’Osservatorio di La Silla dell’ESO in Cile, rendendolo il primo strumento nel suo genere nell’emisfero australe. “Nonostante la modesta dimensione dello specchio primario da 65 centimetri, riusciamo a raggiungere la stessa profondità di altri progetti con specchi molto più grandi, perché sfruttiamo appieno le eccellenti condizioni di osservazione a La Silla”, aggiunge Groot.
Quando BlackGEM identificherà con precisione una sorgente di onde gravitazionali, telescopi più grandi, come il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO o l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO ora in costruzione, potranno effettuare dettagliate osservazioni di follow-up, che aiuteranno a far luce su alcuni degli eventi più estremi nel cosmo. Oltre alla ricerca delle controparti ottiche delle onde gravitazionali, BlackGEM eseguirà anche survey del cielo australe. Le operazioni dello strumento sono completamente automatizzate, facendo sì che si possano trovare rapidamente e osservare eventi astronomici “transienti”, che appaiono improvvisamente e svaniscono rapidamente alla vista. Ciò fornirà agli astronomi una visione più approfondita dei fenomeni astronomici di breve durata come le supernove, le enormi esplosioni che segnano la fine della vita di una stella massiccia. “Grazie a BlackGEM, La Silla ha ora il potenziale per fornire un importante contributo alla ricerca dei fenomeni transitori”, commenta Ivo Saviane, responsabile del sito presso l’Osservatorio di La Silla dell’ESO. “Ci aspettiamo di vedere molti risultati eccezionali forniti da questo progetto, che amplierà la portata del sito sia per la comunità scientifica che per il pubblico in generale”.
Juice: l’antenna si è aperta, strumento italiano Rime potrà operareRoma, 15 mag. (askanews) – Dopo il lancio dallo spazioporto di Kourou, ritardato solo di 24 ore, il 14 aprile scorso, la missione Juice ha iniziato la sua impresa storica alla conquista delle lune di Giove. Tutto nominale nel lungo viaggio verso Giove, tranne un imprevisto al dispiegamento dell’antenna dello strumento RIME (Radar for Icy Moon Exploration).
Sono state necessarie tre settimane – si legge sul sito dell’Agenzia spaziale italiana – per sbloccare un perno che impediva il completo dispiegamento di uno dei due bracci della lunga antenna di 16 metri. I tecnici dell’ESA hanno movimentato il satellite Juice, con l’uso dei propulsori, per spostarlo in posizione tale da sfruttare il riscaldamento prodotto dal Sole e favorire lo sblocco del meccanismo del perno. Seguito costantemente con estrema attenzione dal centro di controllo della missione dell’ESA, a Darmstadt, che ha operato con diversi step per monitorare la movimentazione dell’antenna, solo ieri sono giunte le immagini del completo dispiegamento dell’antenna, che hanno sollevato dalle preoccupazioni tutta la comunità internazionale, in particolare quella italiana.
Realizzato da ASI in collaborazione con il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA e con un grande coinvolgimento della filiera scientifica e industriale italiana, RIME è un radar ottimizzato per penetrare la superficie ghiacciata dei satelliti Galileiani fino alla profondità di 9 chilometri con una risoluzione verticale fino a 30 m. “Sono stati giorni carichi di preoccupazione in attesa del completo dispiegamento dell’antenna, senza la quale sarebbe stato impossibile utilizzare il radar RIME, uno degli strumenti principali della missione JUICE – dice Barbara Negri, responsabile del Volo Umano e della Sperimentazione Scientifica di ASI – I dati scientifici che saranno prodotti da RIME consentiranno agli scienziati di vedere al di sotto della crosta ghiacciata della Lune per comprendere le caratteristiche del loro sottosuolo e identificare l’eventuale presenza di acqua allo stato liquido”.
Virgo: rinviato inizio quarto ciclo di osservazioni del rivelatoreRoma, 12 mag. (askanews) – La Collaborazione Virgo ha deciso di rimandare l’ingresso di Virgo – il rivelatore installato all’European Gravitational Observatory a Cascina (Pisa) – nel prossimo periodo di osservazione (O4), previsto per il 24 maggio, per continuare le attività di commissioning del rivelatore e aumentare ulteriormente la sua sensibilità. Dalla fine del periodo di osservazione O3 nel 2020, l’interferometro Virgo è stato sottoposto a un importante aggiornamento per migliorare la sua sensibilità in vista del nuovo periodo di osservazione congiunto con gli interferometri LIGO e KAGRA. Questo aggiornamento ha richiesto diversi mesi al gruppo per rendere nuovamente stabile il rivelatore.
Ad oggi – informa l’Infn – Virgo sarebbe in grado di osservare eventi analoghi ad alcuni di quelli rivelati nei precedenti periodi osservativi. Per andare oltre, è ora necessaria una accurata ricerca delle fonti di rumore che potrebbero limitare la sensibilità dell’interferometro. Molto probabilmente queste riguardano alcuni elementi ottici chiave e la complessa strumentazione che circonda e controlla gli specchi dell’interferometro. Si rende quindi necessario un intervento di manutenzione straordinario, che prevede l’apertura delle grandi campane a ultra alto vuoto e la sostituzione di uno degli specchi, sospesi ai cosiddetti superattenuatori. Si tratta di torri di pendoli invertiti alte oltre 10 metri, che smorzano i disturbi esterni, mantenendo gli specchi perfettamente immobili. Un’operazione complessa e delicata che richiede diverse settimane di lavoro. “Al momento la sensibilità dell’interferometro è in continua crescita, ma procede lentamente. Finché non rimuoviamo il vuoto e apriamo le torri per controllare direttamente le componenti dell’interferometro, non possiamo avere certezza di quale sia il problema”, spiega il coordinatore della Collaborazione Virgo recentemente eletto, Gianluca Gemme. “Siamo convinti che il raggiungimento della migliore sensibilità dell’esperimento per sfruttare al meglio le sue potenzialità scientifiche sia prioritario rispetto a entrare subito in presa dati. Abbiamo dunque deciso di intervenire ora per risolvere il guasto tecnico che sta rallentando la crescita di sensibilità di Virgo. Sono operazioni che, al di là degli interventi che dovremo fare, implicano dei tempi tecnici per rimuovere e quindi ripristinare le condizioni di ultra-alto vuoto. Solo una volta svolto questo intervento potremo definire in quali tempi Virgo potrà unirsi alle attività scientifiche di O4, che durerà 18 mesi”.
Una volta portata a termine la manutenzione, dovrà infatti seguire la fase di collaudo dell’intero apparato sperimentale, che spingerà tutte le tecnologie di Virgo, dal laser ai sistemi ottici, agli apparati di attenuazione sismica, oltre i limiti raggiunti finora. “Per rendere l’idea della complessità della sfida tecnologica che strumenti potenti e sofisticati come Virgo pongono, – spiega Fiodor Sorrentino, Coordinatore del Commissioning di Virgo – basti pensare che uno dei ‘rumori’ che sentiamo e dobbiamo risolvere è probabilmente dovuto a un magnete di qualche decimo di grammo usato per controllare la posizione degli specchi, che manifesta oscillazioni infinitesimali dell’ordine di un milionesimo di milionesimo di metro. Il rinculo prodotto sugli specchi di 40 kg è centomila volte più piccolo, ma tuttavia sufficiente per limitare la sensibilità di Virgo, che è in grado di misurare variazioni di lunghezza dei suoi bracci paragonabili alle dimensioni di un protone”. Nei prossimi mesi gli scienziati e le scienziate della Collaborazione Virgo saranno impegnati sia nelle attività tecniche sull’esperimento, sia nelle attività scientifiche di analisi dei nuovi dati che arriveranno dai due rivelatori statunitensi LIGO coi quali opera congiuntamente da anni. Il rivelatore KAGRA, in Giappone, ha raggiunto la sensibilità minima pianificata di 1 Megaparsec (Mpc) per l’inizio di O4. Dopo un mese di osservazioni KAGRA tornerà al commissioning per migliorare la propria sensibilità verso la fine di O4.
Il parametro standard utilizzato per descrivere la sensibilità raggiunta dagli interferometri gravitazionali (chiamato BNS range) è la distanza a cui gli strumenti possono rivelare la collisione di due stelle di neutroni (naturalmente, eventi più violenti o più massicci, come le collisioni di buchi neri, sono rivelabili anche da zone molto più profonde dell’universo). Allo stato attuale Virgo potrebbe rivelare una fusione di stelle di neutroni ‘standard’ fino a una distanza di 30 Mpc, ovvero a circa 100 milioni di anni luce, dalla Terra. L’obiettivo della collaborazione scientifica però è arrivare a una sensibilità superiore ai 60 Mpc nei prossimi mesi. Virgo è un interferometro laser con due bracci di 3 chilometri, costruito per rivelare le onde gravitazionali, impercettibili oscillazioni dello spazio-tempo generate da violenti eventi cosmici, come la fusione di buchi neri e di stelle di neutroni. Per rivelare le onde gravitazionali, Virgo misura la distanza relativa tra due specchi sospesi all’estremità dei suoi bracci, con una precisione superiore a un millesimo del diametro di un protone (un milionesimo di miliardesimo di metro). L’interferometro funziona rivelando l’interferenza di due fasci laser, che si propagano lungo i due bracci perpendicolari di 3 chilometri in tubi a ultra-alto vuoto.
In Sardegna la nuova scuola per top gun dell’Aeronautica MilitareDecimomannu, 11 mag. (askanews) – Circa 80 top gun per un totale di almeno 8mila ore di volo, all’anno, a regime. Sono i numeri della International Flight Training School (Ifts) la scuola di volo militare avanzato che l’Aeronautica Militare ha creato assieme all’azienda Leonardo sulla base aerea di Decimomannu (Ca), in Sardegna.
In questa scuola all’avanguardia, già da oltre un anno, si addestrano i piloti militari, italiani e stranieri, destinati a operarare sui caccia di nuova generazione come gli Eurofighter e gli F-35. Giovedì 11 ottobre è stato inaugurato il nuovo campus della Ifts, alla presenza del sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago e del Capo di Stato di Maggiore dell’Aeronautica, Generale di Squadrs Aerea Luca Goretti.
“Oggi abbiamo fatto il salto di qualità – ha spiegato il Generale Goretti – attraverso questa struttura internazionale abbiamo dimostrato che siamo ancora leader in questo settore e l’abbiamo fatto insieme a un’industria eccellenza che è la Leonardo e a una Regione d’eccellenza come la Sardegna. La sinergia tra una Forza Armata all’avanguardia, una industria visionaria e innovativa e una Regione che vuole metterci la faccia per un indotto economico non da poco rappresenta veramente un salto di qualità perché è un lavoro di squadrae un lavoro di squadra se è vincente porta a un risultato vincente”. E di innovazione in questa scuola di volo ce n’è tanta, a partire dagli istruttori, sia militari sia civili e dalle tecnologie digitali come il Ground Based Training System che permette di organizzare missioni addestrative miste condotte, cioé, simultaneamente, in parte sui jet reali, i T-346 del 61esimo Stormo e in parte su simulatori perfettamente integrati e connessi, con risparmio di costi, minore inquinamento e maggiore efficacia per i frequentatori.
“È la dimostrazione – ha detto Roberto Cingolani, ex ministro della Transizione ecologica e fresco di nomina a Ceo di Leonardo – che la capacità di sviluppare gemelli digitali di macchine complesse, come gli aerei, di applicare artificial intelligence a sistemi dove questi gemelli digitali si muovono, capacità, quindi di descrive in maniera realistica queste situazioni avanzate – il cosiddetto combat scenario – sono una cosa che dimostra come il digitale sia diventato fondamentale nella Difesa e nella sicurezza nazionale. Non mi voglio spingere troppo avanti però ho la sensazione che non è solo ‘bullet’ ma ‘bullet and byte’, quindi dati. Qui lo tocchiamo con mano”. “Una struttura d’eccellenza e all’avanguardia”, ha sottolineato il sottosegretario Perego di Cremnago, in cui l’Italia detiene la leadership attraverso l’Aeronautica Militare per addestrare i piloti militari italiani e dei Paesi partner.
Le Forza aeree di Qatar, Giappone, Germania, Singapore, Austria, Canada e Arabia Saudita hanno già aderito al progetto e tante altre hanno mostrato interesse. “Vuol dire che la strada è giusta – ha concluso Cingolani – l’impegno che avrà Leonardo sarà sicuramente di mettercela tutta per fare in modo che queste tecnologie continuino ad avanzare velocissime e che questo standard venga mantenuto e migliorato”.
ESO, un milione di immagini svelano cinque incubatrici stellariRoma, 11 mag. (askanews) – Usando il telescopio VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy) dell’ESO, alcuni astronomi – tra cui Germano Sacco dell’Inaf di Arcetri – hanno creato un vasto atlante infrarosso di cinque incubatrici stellari nel nostro vicinato unendo più di un milione di immagini. Questi grandi mosaici rivelano giovani stelle in formazione, incastonate in spesse nubi di polvere. Grazie a queste osservazioni, gli astronomi dispongono di uno strumento unico con cui decifrare il complesso puzzle della nascita stellare.
“In queste immagini possiamo rilevare anche le sorgenti di luce più deboli, come stelle molto meno massicce del Sole, rivelando oggetti che nessuno ha mai visto prima”, afferma Stefan Meingast, astronomo dell’Università di Vienna in Austria e autore principale del nuovo studio pubblicato oggi su Astronomy & Astrophysics. “Questo ci permetterà di comprendere i processi che trasformano il gas e la polvere in stelle”. Le stelle si formano quando le nubi di gas e polvere collassano sotto la propria gravità, ma i dettagli di come ciò avvenga non sono del tutto chiari. Quante stelle nascono da una nube? Quanto sono massicce? Quante stelle avranno anche dei pianeti? Per rispondere a queste domande, – informa l’ESO – l’equipe di Meingast ha esaminato cinque regioni vicine di formazione stellare con il telescopio VISTA all’Osservatorio del Paranal dell’ESO in Cile. Utilizzando la telecamera per infrarossi VIRCAM installata su VISTA, l’equipe ha catturato la luce proveniente dal cuore delle nubi di polvere. “La polvere nasconde queste giovani stelle alla nostra vista, rendendole praticamente invisibili. Solo alle lunghezze d’onda dell’infrarosso possiamo guardare nelle profondità di queste nuvole, studiando le stelle in formazione”, spiega Alena Rottensteiner, dottoranda all’Università di Vienna e coautrice dello studio.
La survey, chiamata VISIONS, ha osservato le regioni di formazione stellare nelle costellazioni di Orione, Ofiuco, Camaleonte, Corona Australe e Lupo. Queste regioni distano meno di 1.500 anni luce dalla Terra e sono così grandi da coprire un’area enorme in cielo. Il diametro del campo visivo di VIRCAM è pari a tre volte la Luna piena, il che lo rende particolarmente adatto a mappare queste regioni immensamente grandi. L’equipe ha ottenuto più di un milione di immagini in un periodo di cinque anni. Le singole immagini sono state poi accostate nei grandi mosaici ora mostrati, rivelando vasti paesaggi cosmici. Questi panorami dettagliati presentano chiazze scure di polvere, nubi luminose, stelle appena nate e le lontane stelle della Via Lattea sullo sfondo.
Poiché le stesse aree sono state osservate ripetutamente, i dati di VISIONS consentiranno anche agli astronomi di studiare come si muovono le giovani stelle. “Con VISIONS monitoriamo queste stelle neonate per diversi anni, permettendoci di misurare il loro moto e imparare come lasciano le nubi che le hanno create”, spiega João Alves, astronomo dell’Università di Vienna e Principal Investigator di VISIONS. Questa non è un’impresa facile, poiché l’apparente spostamento di queste stelle visto dalla Terra è piccolo quanto la larghezza di un capello umano visto da 10 chilometri di distanza. Queste misure dei moti stellari completano quelle ottenute dalla missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea a lunghezze d’onda visibili, per quei luoghi in cui le giovani stelle sono nascoste da spessi veli di polvere. L’atlante di VISIONS terrà occupati gli astronomi per molti anni a venire. “C’è qui un grande valore duraturo per la comunità astronomica, ed è per questo che l’ESO guida survey pubbliche come VISIONS”, dice Monika Petr-Gotzens, astronoma dell’ESO a Garching, in Germania, e coautrice di questo lavoro. Inoltre, VISIONS getterà le basi per future osservazioni con altri telescopi come l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, attualmente in costruzione in Cile e che entrerà in funzione entro la fine di questo decennio. “L’ELT ci consentirà di ottenere immaigni molto ingrandite di regioni specifiche con dettagli senza precedenti, offrendoci una veduta ravvicinata, mai vista prima, delle singole stelle che si stanno attualmente formando”, conclude Meingast.