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ESO, un milione di immagini svelano cinque incubatrici stellari

ESO, un milione di immagini svelano cinque incubatrici stellariRoma, 11 mag. (askanews) – Usando il telescopio VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy) dell’ESO, alcuni astronomi – tra cui Germano Sacco dell’Inaf di Arcetri – hanno creato un vasto atlante infrarosso di cinque incubatrici stellari nel nostro vicinato unendo più di un milione di immagini. Questi grandi mosaici rivelano giovani stelle in formazione, incastonate in spesse nubi di polvere. Grazie a queste osservazioni, gli astronomi dispongono di uno strumento unico con cui decifrare il complesso puzzle della nascita stellare.

“In queste immagini possiamo rilevare anche le sorgenti di luce più deboli, come stelle molto meno massicce del Sole, rivelando oggetti che nessuno ha mai visto prima”, afferma Stefan Meingast, astronomo dell’Università di Vienna in Austria e autore principale del nuovo studio pubblicato oggi su Astronomy & Astrophysics. “Questo ci permetterà di comprendere i processi che trasformano il gas e la polvere in stelle”. Le stelle si formano quando le nubi di gas e polvere collassano sotto la propria gravità, ma i dettagli di come ciò avvenga non sono del tutto chiari. Quante stelle nascono da una nube? Quanto sono massicce? Quante stelle avranno anche dei pianeti? Per rispondere a queste domande, – informa l’ESO – l’equipe di Meingast ha esaminato cinque regioni vicine di formazione stellare con il telescopio VISTA all’Osservatorio del Paranal dell’ESO in Cile. Utilizzando la telecamera per infrarossi VIRCAM installata su VISTA, l’equipe ha catturato la luce proveniente dal cuore delle nubi di polvere. “La polvere nasconde queste giovani stelle alla nostra vista, rendendole praticamente invisibili. Solo alle lunghezze d’onda dell’infrarosso possiamo guardare nelle profondità di queste nuvole, studiando le stelle in formazione”, spiega Alena Rottensteiner, dottoranda all’Università di Vienna e coautrice dello studio.

La survey, chiamata VISIONS, ha osservato le regioni di formazione stellare nelle costellazioni di Orione, Ofiuco, Camaleonte, Corona Australe e Lupo. Queste regioni distano meno di 1.500 anni luce dalla Terra e sono così grandi da coprire un’area enorme in cielo. Il diametro del campo visivo di VIRCAM è pari a tre volte la Luna piena, il che lo rende particolarmente adatto a mappare queste regioni immensamente grandi. L’equipe ha ottenuto più di un milione di immagini in un periodo di cinque anni. Le singole immagini sono state poi accostate nei grandi mosaici ora mostrati, rivelando vasti paesaggi cosmici. Questi panorami dettagliati presentano chiazze scure di polvere, nubi luminose, stelle appena nate e le lontane stelle della Via Lattea sullo sfondo.

Poiché le stesse aree sono state osservate ripetutamente, i dati di VISIONS consentiranno anche agli astronomi di studiare come si muovono le giovani stelle. “Con VISIONS monitoriamo queste stelle neonate per diversi anni, permettendoci di misurare il loro moto e imparare come lasciano le nubi che le hanno create”, spiega João Alves, astronomo dell’Università di Vienna e Principal Investigator di VISIONS. Questa non è un’impresa facile, poiché l’apparente spostamento di queste stelle visto dalla Terra è piccolo quanto la larghezza di un capello umano visto da 10 chilometri di distanza. Queste misure dei moti stellari completano quelle ottenute dalla missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea a lunghezze d’onda visibili, per quei luoghi in cui le giovani stelle sono nascoste da spessi veli di polvere. L’atlante di VISIONS terrà occupati gli astronomi per molti anni a venire. “C’è qui un grande valore duraturo per la comunità astronomica, ed è per questo che l’ESO guida survey pubbliche come VISIONS”, dice Monika Petr-Gotzens, astronoma dell’ESO a Garching, in Germania, e coautrice di questo lavoro. Inoltre, VISIONS getterà le basi per future osservazioni con altri telescopi come l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, attualmente in costruzione in Cile e che entrerà in funzione entro la fine di questo decennio. “L’ELT ci consentirà di ottenere immaigni molto ingrandite di regioni specifiche con dettagli senza precedenti, offrendoci una veduta ravvicinata, mai vista prima, delle singole stelle che si stanno attualmente formando”, conclude Meingast.