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Gallerie degli Uffizi, record storico di visitatori e incassi

Gallerie degli Uffizi, record storico di visitatori e incassiMilano, 15 dic. (askanews) – Le Gallerie degli Uffizi di Firenze viaggiano verso gli oltre cinque milioni di visitatori nel 2023, nuovo record storico di presenze (rispetto ai circa 4,3 milioni del precedente, datato 2019), con un aumento di quasi il 50% rispetto al 2015. Il museo ha poi annunciato un secondo record: gli oltre 60 milioni di introiti realizzati nell’ultimo anno, oltre il 70% in più a confronto dei 35 del 2022.

Sono alcune delle cifre più significative del bilancio complessivo degli otto anni della direzione di Eike Schmidt alle Gallerie degli Uffizi. Nello specifico, i visitatori complessivi delle Gallerie (Uffizi, Palazzo Pitti, Giardino di Boboli) fino al 10 dicembre sono stati 4.957.678, con un +27,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e ben il 49% in più rispetto ai numeri del 2015, ma dato il raddoppio delle sale aperte l’affollamento è diminuito. In proiezione, al 31 dicembre verrà superata la soglia delle 5.150.000 presenze. In totale, le persone che dal 2016 ad oggi ha varcato la soglia delle Gallerie sono state 27.677.338 persone. Per quanto riguarda gli incassi nel 2023, fino al 10 dicembre, è stata raccolta dalle Gallerie la somma di 58.973.810, un nuovo picco storico. La stima, per fine anno è di arrivare oltre i 60,3 milioni, con un +72,1% rispetto ai risultati 2022. Anche il dato specifico della bigliettazione costituisce un record. 39.829.357 euro dal 1 gennaio al 10 dicembre, +44,3% rispetto allo stesso periodo 2022, con la proiezione di arrivare oltre quota 40 milioni entro il 31 dicembre; l’aumento di ingressi venduti nel 2023, rispetto al 2015 è di 24.343.125 unità, pari al 157,2% in più.

“Tra pochi giorni – ha commentato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt – il numero dei visitatori delle Gallerie degli Uffizi per la prima volta varcherà la soglia dei 5 milioni dall’inizio dell’anno, e già tra oggi e domani gli introiti generati dal museo da gennaio scorso supereranno i 60 milioni di euro, quadruplicati rispetto a otto anni fa, mentre al contempo sono stati introdotti numerosi sconti per i visitatori e aumentate le occasioni di gratuità. Gli spazi espositivi e dell’accoglienza dei musei sono stati notevolmente ingranditi, oltre 80 sale sono state riaperte, o rinnovate e allestite secondo moderni criteri museologici, centinaia di opere che prima stavano nei depositi sono state restaurate e ora sono regolarmente esposte. Sono stati rafforzati i servizi educativi, con un gruppo di assistenti e collaboratori che si occupa esclusivamente e stabilmente dell’accessibilità, con molte offerte innovative per i visitatori con esigenze e abilità diverse. Non siamo secondi a nessuno nel campo digitale e sui social media, con circa 1,2 milioni followers su quattro piattaforme, 42 mostre virtuali e oltre 600 mila fotografie gratuitamente fruibili sul nostro sito web, fino agli oltre 400 video che includono spiegazioni delle nostre opere anche in latino, uzbeko, e nella Lingua dei segni italiana (LIS). Con un accrescimento di oltre 1.800 opere negli ultimi otto anni, abbiamo vissuto la stagione di maggiore espansione delle nostre collezioni dal periodo del granduca Pietro Leopoldo, che nel 1766 aprì al pubblico il Giardino di Boboli e nel 1769 anche gli Uffizi. Abbiamo allestito 159 mostre temporanee agli Uffizi e altrove, in particolar modo in tutto il territorio toscano e quello limitrofo nell’ambito dell’iniziativa Uffizi Diffusi. Ma il dato più straordinario da ricordare sono indubbiamente i 145 libri scientifici con complessivamente oltre 30 mila pagine che abbiamo pubblicato durante gli ultimi otto anni (e altri 12 volumi sono attualmente in corso di stampa): a testimonianza, insieme alla nostra rivista scientifica Imagines, alle 238 conferenze e ai 23 convegni svolti che il museo è diventato un vero e proprio centro di ricerca come non era mai stato prima. Tutto questo – e molto di più – non sarebbe stato possibile senza la passione e l’abnegazione della squadra straordinaria di colleghi interni e collaboratori esterni che ringrazio di cuore per l’impegno, la serietà, la motivazione che ci ha portato insieme a questi risultati”.

Podcast “Una mattina a Fiumicino”, a 50 anni dalla strage dimenticata

Podcast “Una mattina a Fiumicino”, a 50 anni dalla strage dimenticataRoma, 14 dic. (askanews) – Le immagini che hanno fatto la storia della nostra Repubblica sono tante: Piazza Fontana, la strage di Bologna, Aldo Moro che regge La Repubblica e guarda i suoi sequestratori. Altrettanto numerose sono le commemorazioni che, ogni anno, tristemente si susseguono incessanti nel calendario. L’attacco terroristico arabo-palestinese del 17 dicembre 1973 a Fiumicino, invece, non compare mai in questi elenchi, nonostante abbia il doloroso primato di essere l’attentato con più vittime (32, fra cui 6 italiani) fino alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

In occasione del 50esimo anniversario di questa strage dimenticata, arriva in esclusiva su Storytel “Una mattina a Fiumicino”, a cura della giornalista Michela Chimenti, un podcast che prova a spiegare perché questo attentato è stato dimenticato sotto al tappeto della storia del nostro Paese. Una “Mattina a Fiumicino” è una storia drammaticamente più attuale che mai. Sette episodi in uscita martedì 14 novembre: attraverso ricostruzioni storiche, analisi di studiosi, giornalisti ma soprattutto testimonianze inedite e toccanti di sopravvissuti e parenti delle vittime, “Una mattina a Fiumicino” è un complesso e appassionante mosaico che coniuga politica, storia e vicende umane, è un’inchiesta esclusiva che cerca risposte a questioni irrisolte e che prova a illuminare un angolo rimasto inspiegabilmente buio relativo alla storia dell’Italia e del terrorismo internazionale, è un viaggio nei ricordi e nel dolore di chi è rimasto senza avere mai nessuna spiegazione e nessun risarcimento, è un delicato omaggio alla memoria di chi ingiustamente non c’è più.

(In copertina la foto storica Elio Vergati)

Dal 17 dicembre al via la terza edizione di Eur Culture per Roma

Dal 17 dicembre al via la terza edizione di Eur Culture per RomaRoma, 13 dic. (askanews) – Dal 17 dicembre al 21 aprile 2024 torna la terza edizione di Eur Culture per Roma, il programma di eventi, cultura e spettacoli ideato e promosso da Eur SpA, con la direzione artistica di Oscar Pizzo. Si rinnova l’impegno a fare dell’Eur un nuovo polo culturale cittadino con un’offerta di concerti e spettacoli che va dalla musica classica alla danza, passando per il cantautorato ed il jazz, senza trascurare una parte educational rivolta agli studenti, ma aperta al pubblico, in un’ottica di orientamento formativo e di contributo all’autodeterminazione.

Un’offerta culturale in collaborazione con alcune delle maggiori Istituzioni culturali della città, come il Teatro dell’Opera di Roma, il MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo e il Museo delle Civiltà. Sarà uno spettacolo internazionale, in prima mondiale, l’apice del programma. Il 28 marzo 2024 e il 29 marzo in replica gli spazi dell’Auditorium della Nuvola faranno da palcoscenico a Dancing with Glass, uno spettacolo per celebrare Philip Glass il più grande compositore americano vivente la cui musica attraversa due secoli e quattro continenti, con il coordinamento artistico e le coreografie di un’altra icona della danza mondiale, Lucinda Childs. Ad aprire il nuovo anno torneranno I Dialoghi Sinfonici, progetto di Europa InCanto Orchestra in collaborazione con Eur SpA e sostenuto da Poste Italiane, che terrà quattro incontri-concerti nell’auditorium della Nuvola. Cosa si cela dietro l’emozione cosa si prova quando si ascolta una melodia o un determinato impasto sonoro? Cosa lega il gesto del direttore d’orchestra alla scrittura dei compositori? A questi e a molti altri interrogativi risponderà una delle più importanti orchestre giovanili italiane dirette dal Maestro Germano Neri, che condurrà il pubblico a vivere direttamente l’emozione del palcoscenico, in una appassionante avventura alla scoperta delle creazioni dei più grandi compositori della scena sinfonica. Si inizierà domenica 14 gennaio con George Gershwin: ritmi e suoni della Città. L’orchestra eseguirà Rapsodia in blu e Un americano a Parigi. Si continuerà domenica 18 febbraio con Stravinskij e Ravel: due mondi a confronto. Il 3 marzo sarà la volta di Wolfgang Amadeus Mozart. Nel programma di 1791 di W.A.Mozart l’Europa InCanto Orchestra eseguirà diversi brani esplorando la produzione dell’ultimo anno di vita di Mozart. A chiudere la rassegna I Dialoghi sinfonici il 7 aprile L’ora del balletto: su e giù dalle punte. L’orchestra eseguirà Prélude à l’après-midi d’un faune di Claude Debussy e Lo Schiaccianoci di Tchaikovsky.

Il 12 aprile sul palco dell’auditorium della Nuvola con “L’Infinito” tour Roberto Vecchioni presenterà i brani de L’infinito” e ripercorrerà le tappe fondamentali della sua carriera e – tra i riferimenti colti e i personaggi popolari della sua poetica – la storia recente del nostro Paese. Toccherà poi a Tony Hadley, nella tappa romana del suo nuovo tour, il 24 febbraio,m mentre il 3 marzo nella cornice del Palazzo dei Congressi a prendere il palco sarà ancora la musica cantautorale con il concerto di Ron in trio.

L’orchestra Europa InCanto accompagnerà dal vivo anche la proiezione di un classico del cinema di animazione “The Snowman” di Raymond Briggs, candidato all’Oscar come miglior cortometraggio d’animazione e vincitore del Bafta tv, che il 17 dicembre 2023 al Palazzo dei Congressi pervaderà la sala dello spirito natalizio, conducendo il pubblico in una magica avventura al Polo Nord. L’Orchestra eseguirà anche le musiche della celebre composizione di Sergej Prokof’ev: Pierino e il Lupo. Sempre con Opera Roma il 21 aprile alla Nuvola prenderà il via il progetto Corpo libero #collective, condotto da Silvia Gribaudi e Andrea Rampazzo. Sul Palco della Nuvola saliranno anche l’Orchestra jazz di Massimo Nunzi e i ballerini coreografati da Diana Florindi e dalla storica della danza jazz Bunny Donowitz per il progetto “Live Jazz Dance – with an Orchestra”. Il 28 gennaio e il 18 febbraio 2024 la Nuvola risuonerà l’epoca d’oro dello swing tra gli anni 20 e gli anni 40 del secolo scorso con un’orchestra jazz di 16 elementi.

Else edizioni: le cartoline di natale di Armin Greder

Else edizioni: le cartoline di natale di Armin GrederRoma, 13 dic. (askanews) – Ogni anno Armin Greder invia a una piccola schiera di amici sparsi per il mondo la sua cartolina di Natale. Il suo dono natalizio è un invito a rimanere vicini e a non smettere di pensare al reale con spirito critico, ironico e autoironico. Nel suo stile caustico Armin ritrae uno dei rituali più contraddittori della nostra epoca e delle nostre civiltà uniformemente consumistiche e ipocrite senza rinunciare a uno sguardo sull’umano partecipe e in fondo portatore di speranza per il cambiamento.

Sabato 16 dicembre 2023 dalle 19 alle 22 – scrive Else – avremo la possibilità di incontrarlo, di sfogliare i suoi libri, pubblicati in Italia da Orecchio Acerbo e Else Edizioni, e di ritrovare alcune delle sue cartoline in una mostra che sarà accompagnata da un disegno murale realizzato da Armin Greder per l’occasione. Vi aspettiamo insieme a Mook e Orecchio Acerbo da TOOL laboratori del dire fare e costruire in via Taranto 96/d – Roma Metro A – Re di Roma | Metro C – Lodi

“Sono nato nel 1942 in Svizzera, in una piccola città in cui i nomi delle strade sono scritti in tedesco e in francese, e dove non sai quale delle due lingue usare per rivolgerti a chi sta dietro al bancone del negozio. A scuola la mia materia preferita era educazione artistica, fino a quando non hanno cominciato a dirmi come dovevo disegnare. Al secondo posto c’era ginnastica, perché eri autorizzato a gridare giocando a pallone. A scuola nessuno mi ha insegnato a scrivere, ma solo come detestare la grammatica. E la poesia era qualcosa quasi senza senso, di solito era lunga e da imparare a memoria. Solo più tardi, quando ho disimparato abbastanza, ho capito che la lingua non è il suono che fai quando parli, ma qualcosa che rende tangibili i tuoi pensieri.” Armin Greder è fumettista, graphic designer e illustratore. È emigrato in Australia nel 1971, dove ha insegnato design e illustrazione al Queensland College of Art. Al suo lavoro sono state dedicate numerose mostre personali e collettive dalla Germania fino al Giappone. Nel 1996, ha ricevuto il Bologna Ragazzi Award e l’IBBY Honour List con “The Great Bear” di Libby Gleeson (Scholastic Press). Con Libby Gleeson ha pubblicato anche “Big dog” (1991), “Sleep time” (1993), “The princess and the perfect dish” (1995) e “An ordinary day” (2001). “Thie Insel” (“L’isola” orecchio acerbo, 2008) pubblicato da Sauerlander nel 2002, è il libro di cui per la prima volta è anche autore dei testi. È tradotto in moltissime lingue e ha ricevuto premi in tutto il mondo. Nel catalogo di Orecchio Acerbo anche “La città” (2009), “Gli stranieri” (2012), “Italia A/Z” con Goffredo Fofi (2015), “Il serpente tanto solo” (2016) “Mediterraneo” (2017), “C’erano tutti nella grande aia” su testo di Nino De Vita (2018), “Diamanti” (2020), “L’eredità” (2021) e “Notizario” (2023). Nel catalogo di Else Edizioni, “Work – il lavoro dalla A alla Z” (2014), “Lemming” (2016), “Gli uccelli” (2017), “Tango” e “Noi e loro” (2018).

Splendori Farnesiani. Il Ninfeo della Pioggia ritrovato al Colosseo

Splendori Farnesiani. Il Ninfeo della Pioggia ritrovato al ColosseoRoma, 12 dic. (askanews) – La mostra Splendori Farnesiani. Il Ninfeo della Pioggia ritrovato conclude il programma di attività ed eventi di valorizzazione pensato dal Parco archeologico del Colosseo iniziato alla fine dello scorso ottobre con la riapertura al pubblico del Ninfeo della Pioggia negli Horti Palatini Farnesiorum sul Palatino. La mostra, a cura di Alfonsina Russo, Roberta Alteri e Alessio De Cristofaro, è stata ideata per offrire ai visitatori una ricostruzione di quelli che furono i valori, i significati e gli usi del Ninfeo e di tutti gli Orti Farnesiani nel momento di loro massimo splendore, tra la seconda metà del XVI e il XVII secolo. Un viaggio ideale nell’effimero e nella cultura immateriale barocca che caratterizzarono i celebri giardini farnesiani, teatro di delizie, ricerca, cerimonie e di autorappresentazione politica di una delle più importanti famiglie italiane dell’epoca.

Attraverso quadri, disegni dall’antico, stampe, sculture in bronzo, oggetti d’arte e innovativi apparati digitali, la mostra permette ai visitatori di immergersi nella vita e nelle atmosfere del tempo, accostandosi non solo alla storia degli Orti e dei Farnese, ma alla stessa mentalità e visione del mondo che caratterizzava l’aristocrazia romana e italiana tra il tardo rinascimento e il Seicento. “Ricostruire in modo filologico e raccontare l’effimero e il patrimonio immateriale di un’epoca conclusa non è mai semplice. E’ sempre necessario un attento lavoro di ricerca che metta insieme i documenti, i testi, i monumenti e gli oggetti che di una data epoca costituiscono testimonianza storica – commenta Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo. Poi bisogna affrontare la sfida del racconto, in forme che devono essere accessibili e comprensibili a tutti, senza però semplificare o banalizzare. In questo, il PArCo investe molto in innovazione, grazie alla sperimentazione e all’uso del multimediale e delle tecniche dello storytelling”.

Nel progettare la mostra, un particolare impegno è stato dedicato al recupero di documenti e opere che avessero un diretto rapporto con il Ninfeo, gli Orti e la famiglia Farnese. Allestendo direttamente le diverse sezioni della mostra dentro gli stessi edifici dei giardini palatini le opere scelte dialogano e si integrano con gli spazi. Lo racconta così Roberta Alteri: “La scelta di allestire le opere nel Ninfeo della Pioggia e nelle Uccelliere restituisce il senso e le funzioni originarie di questi spazi, oggi non facili da percepire per il visitatore. Il Ninfeo era un luogo per feste e diletti progettato dal Rainaldi come spazio multisensoriale, dove gli ospiti potevano appagarsi grazie a banchetti, musica, immagini e alla piacevole presenza dell’acqua in forma di pioggia simulata. Le Uccelliere una sorta di microcosmo dei mondi lontani ed allora da poco esplorati e conosciuti”.

Splendori farnesiani raccoglie anche la sfida di avvicinare i visitatori alla mentalità di un’epoca, così diversa da quella attuale. Lo fa con un’installazione multimediale che mira a ricreare virtualmente l’effetto di una Wunderkammer. Come spiega Alessio De Cristofaro “La Wunderkammer, o Camera delle meraviglie, è la quintessenza della mentalità e della visione aristocratica del mondo nel XVI e XVII secolo. In essa oggetti del mondo naturale, archeologici, strumenti scientifici, fossili e curiosità sono accostati per analogia e connessione metaforica a ricostruire una mappa mentale del cosmo. L’allestimento multimediale però non ne è una ricostruzione precisa, quanto uno strumento che vuole suscitare nel visitatore quei sentimenti di curiosità, stupore, meraviglia e attrazione per l’esotico e l’insolito che furono tipici dell’epoca”.

La mostra, che si avvale del prestito e della collaborazione di importanti istituzioni museali nazionali pubbliche e private, sarà aperta e visitabile fino al 7 aprile del 2024 tutti i giorni, ad esclusione delle domeniche gratuite, con orario 9.00-16.00 (ultimo ingresso 15.45). Accompagna la mostra un catalogo edito da Palombi Editori che racconta nel dettaglio le nuove ricerche sul Ninfeo della Pioggia e i più generali significati storici e culturali degli Orti Farnesiani.

Collezione Peggy Guggenheim, nel 2024 Cocteau e Marina Apollonio

Collezione Peggy Guggenheim, nel 2024 Cocteau e Marina ApollonioMilano, 12 dic. (askanews) – L’eclettico Jean Cocteau e l’arte sperimentale di Marina Apollonio saranno i protagonisti del programma espositivo della Collezione Peggy Guggenheim, che, nel corso 2024, rende omaggio a due figure della scena artistica internazionale del XX secolo, con due grandi mostre monografiche. Dalla prima e più esaustiva retrospettiva mai realizzata in Italia dedicata a Cocteau, poliedrico artista francese dalle mille sfaccettature, in apertura il 13 aprile 2024, si passerà, in autunno, al prezioso omaggio ad Apollonio, tra le maggiori esponenti dell’Arte cinetica e Op art.

Con la chiusura, il 18 marzo 2024, dell’acclamata mostra Marcel Duchamp e la seduzione della copia, dal 13 aprile al 16 settembre la Collezione Peggy Guggenheim presenta Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere, la più grande personale mai realizzata nel nostro paese dedicata a Jean Cocteau (1889-1963). Tra le figure più influenti del panorama artistico del XX secolo, Cocteau fu scrittore, poeta, drammaturgo, saggista, disegnatore, regista, attore. Curata da Kenneth E. Silver, autorevole esperto dell’artista francese e storico dell’arte presso la New York University, la mostra getta luce sulla versatilità – o destrezza da giocoliere da cui il titolo dell’esposizione – che caratterizza il linguaggio artistico di Cocteau e per la quale venne spesso criticato dai suoi contemporanei. Attraverso una sorprendente varietà di lavori, oltre centocinquanta, che spazieranno dai disegni alle opere grafiche, dai gioielli agli arazzi, dai documenti storici, a libri, riviste, fotografie, documentari e film diretti dall’enfant terrible della scena artistica francese, Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere traccia lo sviluppo dell’estetica, unica e personalissima di Cocteau, ripercorrendo i momenti salienti della sua tumultuosa carriera artistica, nonché l’amicizia che lo legò a Peggy Guggenheim. Fu proprio con una mostra di disegni di Cocteau, suggerita da Marcel Duchamp, che Guggenheim iniziò la sua carriera artistica nella galleria londinese Guggenheim Jeune, nel 1938. Nell’autunno del 2024 sarà poi la volta della personale dedicata a Marina Apollonio (n. 1940), tra le protagoniste più importanti del movimento ottico-cinetico, sostenuta e collezionata dalla mecenate americana nel corso degli anni ’60. La mostra Marina Apollonio. Oltre il cerchio, a cura della storica dell’arte Marianna Gelussi, in apertura il 12 ottobre 2024, ripercorre la carriera dell’artista fino ai giorni nostri, mettendo in evidenza il rigore della sua ricerca visiva, perseguita nella molteplicità della variazione e nell’eleganza dell’esecuzione, tra pittura, scultura e disegno, opere statiche, in movimento e ambientali, bianco e nero, ricerca cromatica, sperimentazioni tecniche e di materiali. Figura dall’opera marcatamente internazionale, questo meritato omaggio nelle sale del museo, a Venezia, città dove si trasferisce da bambina e compie i primi passi d’artista, diventa ulteriormente prezioso e mette ancora una volta in luce il ruolo di collezionista lungimirante di Peggy Guggenheim, sostenitrice delle giovani avanguardie. La mostra si inserisce ancora una volta nella tradizione espositiva della Collezione Peggy Guggenheim, che, accanto ad esposizioni di respiro internazionale, ospita rassegne volte a celebrare i protagonisti della scena artistica nazionale del secondo dopoguerra, sostenuti dalla mecenate, quali Edmondo Bacci, a cui è stata dedicata la recente monografica, Edmondo Bacci. L’energia della luce, Tancredi Parmeggiani, e ora Apollonio. La mostra rimarrà aperta fino al 3 marzo, 2025.

La vulnerabilità come bellezza: Michael Stipe artista a Milano

La vulnerabilità come bellezza: Michael Stipe artista a MilanoMilano, 12 dic. (askanews) – La vulnerabilità come forza propulsiva, come filosofia che ci permette di vivere nel caos accelerato dell’iper presente. Di questo trattano le opere d’arte di Michael Stipe, leggendario frontman dei R.E.M., che la Fondazione ICA Milano ha riunito in una mostra intitolata “I have lost and I have been lost but for now I’m flying high”. “Sono più un artista visivo che un musicista – ha detto Stipe ad askanews – mi diverto lavorando con molti materiali diversi, la musica è solo una piccola parte di quello che faccio”.

Le opere sono fotografie, sculture, lavori sonori o libri che portano stampati i nomi di chi è stato importante per Stipe: sono lavori intimi, come le fotografie che ricordano per esempio i mondi di Wolfgang Tillmans, ma sono anche opere forti, come l’installazione di cappellini con ricamati i versi di un poema. Le parole sono importanti, ci dice con la sua voce magnetica, la stessa delle canzoni, così come è importante, e ce lo sottolinea il curatore della mostra Alberto Salvadori, il modo in cui i lavori rappresentano questa idea di fragilità. “Ce lo racconta – ha spiegato Salvadori – attraverso la possibilità di vedere la forza e la debolezza in contemporanea di tutto quello che abbiamo di fronte a noi, intorno a noi. La fragilità degli oggetti, ma la forza della loro presenza, l’eleganza e anche l’inafferrabilità di alcune persone che però forse nascondono davvero una vulnerabilità dietro di loro, la precarietà di certe situazioni, il mettersi in gioco in maniera ironica e vincere le nostre paure”. Le opere citano, rielaborano, ragionano sull’idea di collaborazione e comunità, due parole che nel lavoro e nella vita di Michael Stipe hanno molto peso. Ma alla fine quello che portano, perfino con la grande installazione scultorea di teste alla Brancusi e alla Marisa Merz, è un’altra forma di un autoritratto pubblico di chi è anche una rockstar, ma in modo unico. “Essendo un uomo queer che ha lavorato esclusivamente nella musica – ha aggiunto Michael Stipe – credo di avere offerto un modo diverso di guardare a ciò che significa essere un uomo. E come artista che usa la fotografia e la scultura, lavorando in collaborazione con altre persone che realizzano vasi o i cappellini con le parole della poesia Desiderata, credo che la vulnerabilità che queste opera raccontano possa essere facilmente letta da quasi chiunque”.

Arrivare a tutti, che si interessino o meno di arte, questo è l’obiettivo. Perché quello che conta oggi per Stipe è raccontare la brillantezza e la giocosità della vita, comunque, anche se si è perso e ci si è persi, si può di nuovo volare alto. E conta farlo attraverso la relazione con gli altri, l’accoglienza, la valorizzazione di ciò che spesso ci viene presentato come debolezza. Le opere in mostra da ICA sono interessanti, colte, funzionano, ma anche la filosofia che le sorregge non è per niente male. (Leonardo Merlini)

Libri, esce “Materia Atomica” di Marco Martinelli

Libri, esce “Materia Atomica” di Marco MartinelliRoma, 11 dic. (askanews) – Esce in libreria “Materia Atomica”, il nuovo libro del giovane scienziato, performer e conduttore Rai Marco Martinelli. Edito da Mondadori (192 pagg. Euro 17,50), il volume è un manuale che spiega in modo intuitivo e giocoso la chimica che abbiamo tutti i giorni sotto il naso.

Siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni? Certo, ma “anche gli animali, le piante, le rocce, i pianeti e i buchi neri – spiega Martinelli – perché è la bellezza della diversità e dei cambiamenti a rendere la chimica così simile agli esseri umani e così queer”. Assodato che tutto è chimica e messa da parte la diffidenza che spesso accompagna questa branca del sapere, l’autore illustra in modo divertente come padroneggiare le sue leggi, offrendo uno strumento in più per risolvere le incombenze quotidiane o comprendere il funzionamento di apparecchi complessi. Che i fruitori siano studenti alle prese con verifiche e interrogazioni o semplicemente curiosi della materia, questo libro fornirà basi teoriche e consigli utili a scuola o nella vita di tutti i giorni: dal magico potere delle estrazioni per smacchiare una maglietta al legame tra Alessandro Volta e i pannelli solari, all’impedire che la maionese impazzisca al pranzo di famiglia. Il tutto con l’aiuto di speciali QR code presenti nel volume che apriranno le porte di numerosi e divertenti video esperimenti effettuati dallo stesso autore.

Con “Materia Atomica” sarà possibile scoprire il rapporto così fuori dagli schemi fra elementi, miscele, sostanze e composti di una società in cui l’inclusione e la diversità stentano a trovare spazio. Farà apprezzare la dedizione di ricercatrici e ricercatori che, sordi ai comuni pregiudizi, hanno dato il via a mirabolanti progressi negli ambiti più disparati. Dimostrando come in chimica non esista un buono e un cattivo in assoluto, ma soltanto un modo buono o cattivo di utilizzare le conoscenze a nostra disposizione. Marco Martinelli si è laureato in Biotecnologie Molecolari e Industriali presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove, dopo il dottorato di ricerca in Biotecnologie Vegetali, è ricercatore affiliato. Divulgatore scientifico, unisce la passione per la scienza a quella per lo spettacolo. Martinelli, infatti, è anche un apprezzato performer musicale (i suoi brani sono prodotti da Mariella Nava) e televisivo (grazie a Raffaella Carrà, che nel 2015 lo ha scelto per il talent “Forte Forte Forte” su Rai1, dove si è classificato al terzo posto).

Per la Rai ha condotto programmi quali Italian Green su Rai2, Memex: La Scienza in Gioco su Rai Scuola e Rai2, e Memex: Galileo su Rai Scuola e Rai3. Nel 2022 ha scritto e condotto Il Piccolo Chimico in onda su Rai Gulp.

Fotonica entra nel vivo a Roma fino al 10 dicembre

Fotonica entra nel vivo a Roma fino al 10 dicembreRoma, 10 dic. (askanews) – Fotonica entra nel vivo: il Festival della Capitale che esplora le innovazioni nel capo delle arti digitali audio e video e indaga tutte le forme d’arte in cui è centrale l’elemento della luce, dopo l’anteprima all’Accademia d’Ungheria in Roma si concentra per 3 giorni, dall’8 al 10 dicembre nel suo head quarter, l’Acquario Romano.

Spettacolari videomapping, installazioni interattive dal forte impatto visivo e sensoriale, performance audio video e live a/v, talk e conferenze saranno il cuore di una programmazione che punta a radunare alcuni degli artisti più influenti del panorama internazionale e nazionale: dai nomi di punta dell’elettronica mondiale come il visionario artista messicano Murcof, o l’ungherese Gábor Lázár, ai pionieri del vjing in Italia Otolab, dalla canadese Sabrina Rattè, una delle più promettenti e geniali artiste digitali a livello internazionale, fino ad arrivare a talentuose musiciste nostrane affermate nel panorama internazionale come la fuoriclasse del contrabbasso Caterina Palazzi, o la compositrice, sound designer e polistrumentista italo-olandese Grand River. La facciata dell’Acquario Romano tutte le sere del festival sarà ridisegnata dai videomapping di Kanaka e Dániel Besnyo co-curati da Inota Festival, mentre al suo interno ogni sera sarà possibile assistere a tre diverse A/V performance altamente immersive, a cura di Live Cinema Festival che arriva quest’anno alla sua decima edizione, anticipate da incontri con gli stessi artisti protagonisti delle serate alle ore 20.

Gli spazi dell’Acquario Romano saranno inoltre animati dalle installazioni interattive di V3rbo, artista che ha introdotto nuove regole visive celebrando il writing e indagando le sue derive mediali, (le sue “videoincursioni” sono state persino scelte da Firefox per la sua campagna di promozione internazionale), di Sabrina Rattè che con Inflorescences esplora l’emergere di forme di vita in un futuro distopico privo di esseri umani dove piante, funghi e creature sconosciute hanno subito mutazioni per esistere in simbiosi con i rifiuti elettronici; nei giardini invece, l’artista Edohard racconta l’esperienza di chi vive nei quartieri popolari di Milano con AbitAZIONE, installazione immersiva di arte generativa che ha portato di recente al Fuorisalone 2023 nello Spazio di Mutuo Soccorso di San Siro. Un’esperienza audio-visiva coinvolgente creata dall’elaborazione di dati, immagini, voci e suoni raccolti tra le mura dello spazio occupato che rende lo spettatore partecipe della vita che quotidianamente lo anima. Sarà inoltre possibile visitare Fantomas – VR Arab Science Fiction, una mostra d’arte in realtà virtuale dove il pubblico può utilizzare visori VR per sperimentare i progetti immersivi creati dai 6 artisti partecipanti al laboratorio di 5 settimane che si è tenuto al Cairo, frutto della collaborazione tra Flyer, il centro egiziano d’arte contemporenea Medrar e il VAF Visual Art Forum di Ramallah, un’istituzione palestinese leader nel campo della cultura e delle arti visive. Imperdibili le performance audio video dell’8 dicembre: The Alias Sessions di Murcof e Sergi Palau, è incentrata sull’ultimo disco del produttore messicano, una raccolta di opere composte per i lavori coreografici della compagnia di danza Alias. Sergi Palau ne ha creato il contenuto visivo utilizzando principalmente filmati delle esibizioni dal vivo di Alias come materiale grezzo per un’ulteriore elaborazione e decostruzione, creando così una narrazione e una drammaturgia completamente nuove che si traducono in un’esperienza visiva surreale e onirica. Ad anticipare la serata una delle migliori venti bassiste italiane, la romana Caterina Palazzi, più di 700 concerti all’attivo in tutto il mondo, migliore compositrice italiana per la rivista Jazzit e tra i migliori nuovi talenti nel “Top Jazz” di Musica Jazz. Caterina arriva a Fotonica dopo essere stata scelta a luglio 2023 da Kim Gordon, storica bassista dei Sonic Youth per aprire le date del suo tour italiano. Insieme al visual designer Kanaka presenta Aneurysm, performance pensata come un viaggio surreale del sangue nei condotti del cervello, dove musica e le immagini, trasportano lo spettatore in un flusso sanguigno emotivo fatto di accelerazioni e frenate, ritmi scorrevoli e irregolari, vita e morte. E ancora la performance Alcune Opere Raccolte di Abul Mogard, alter-ego creato da Guido Zen, musicista, compositore e produttore italiano di base a Roma considerato tra i maggiori artefici di musica ambient nel panorama internazionale. Pensata inizialmente come rivisitazione live dell’album “In Immobile Air” si è evoluta al punto da spaziare sul repertorio del musicista degli ultimi dieci anni. Abul amalgama elementi dei suoi album ricreati utilizzando un sintetizzatore modulare e un computer mentre l’artista visiva italo brasiliana Marja de Sanctis interpreta questi suoni manipolando dal vivo immagini di dipinti open access, fotografie e video personali che riportano al suo immaginario e al suo vissuto tra terre tropicali e l’Europa.

Il 9 dicembre una nuova serata all’insegna di grandi nomi internazionali: Boundary Object di Gábor Lázár è una raccolta di otto tracce inedite registrate in tempo reale utilizzando un’interfaccia compositiva auto progettata. Secondo album di Lázár per l’etichetta di culto di musica elettronica Planet Mu, il titolo deriva dall’idea di oggetto di confine e di calcolo di come le collaborazioni possano avvenire tra gruppi di persone con diversi tipi di background. La musica prismatica, e funzionante su diversi livelli di interpretazione di Gábor fa sì che passaggi che iniziano come trance e familiari si intreccino e si trasformino in forme diverse capovolgendo le aspettative dell’ascoltatore. Con Tuning the Wind l’italo-olandese Grand River, pseudonimo della talentuosa compositrice e sound designer Aimée Portioli, in forte ascesa nel campo internazionale con partecipazioni nei più importanti club e festival di musica elettronica, rielabora e integra le frequenze e i timbri di diversi tipi di vento, facendolo diventare uno strumento preparato. Natura e musica diventano un tutt’uno, tra l’elemento naturale e lo strumento costruito dall’uomo, tra un’onda sonora e una folata di vento. Otolab, collettivo che riunisce musicisti, dj, vj, videoartisti, videomaker, web designer, grafici e architetti presenta infine Ot-e, che sul piano musicale persegue un’evoluzione di suoni e ritmi electro di Detroit in modo incandescente e stratificato, mentre sul piano visivo accompagna l’audio con pulsazioni stroboscopiche, immagini generative astratte e filmati, inducendo lo spettatore a sperimentare un’illusione pareidolitica. Da segnalare inoltre il Talk di PAC, il network di organizzazioni attive nelle performing arts contemporanee. Un approfondimento doveroso sulle tematiche della sostenibilità ambientale degli eventi culturali finalizzata alla pubblicazione di una ricerca sulle best-practices per gli eventi culturali per recepire le spinte più significative relative alla produzione artistica contemporanea in un’ottica green.

L’ultima giornata di festival, il 10 dicembre, si apre con il workshop di Andrea Sztojánovits sull’arte performativa audiovisiva progressiva, per proseguire con l’A/V performance Inferno 1911, del collettivo Metainferno, basata sulla reinterpretazione del film muto “L’inferno” del 1911, realizzato con una cinepresa regalata dai fratelli Lumière: un vero e proprio concerto audio-visivo dove il contrabbasso dialoga con le sonorizzazioni elettroniche dei sintetizzatori modulari per fondersi con le immagini generate in tempo reale dall’AI, che rappresentano il viaggio di Dante nell’Aldilà. La serata si chiude con White Balance di Schnitt, il progetto di Amelie Duchow, musicista sperimentale tedesca e del media artist italiano Marco Monfardini incentrato sull’interazione tra audio/video e il processo fotografico di bilanciamento del bianco. Attraversando l’arte minimale delle ‘immagini bianche’ di Robert Ryman il duo esamina i potenziali effetti di ricezione e percezione del “non” colore per eccellenza. Nelle tre serate sarà inoltre possibile vedere l’installazione A/V degli studenti della NABA, frutto del workshop “Creating Dynamic Visuals and Soundscapes with Digital Tools for AV installation” a cura di Elektro Moon Vision. Fino al 10 dicembre rimangono in mostra all’accademia di Ungheria in Roma le installazioni luminose co-curate dal Light Art Museum (LAM) di Budapest di due esponenti di assoluto rilievo dell’arte contemporanea, gli ungheresi Victor Vasarely e Péter Botos, e le installazioni A/V, Nest di Andrea Sztojánovits e Cosmosonic di Elektro Moon Vision che utilizzando i dati scientifici forniti dalla NASA, consente di immaginare i suoni nei dintorni della Terra, della Luna e del Sole e, a livello visivo, attraverso la tecnologia della Realtà Aumentata, permette di vedere il “lato oscuro della luna” o gli oggetti dell’orbita terrestre invisibili dalla Terra . Fotonica celebra il fotone, il più piccolo e brillante frammento luminoso dell’universo, una particella piccolissima dall’enorme e multiforme potenza creatrice in grado di dare origine a ogni forma di luce. Il progetto, promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, è vincitore dell’Avviso Pubblico biennale “Culture in Movimento 2023 – 2024” curato dal Dipartimento Attività Culturali, realizzato in collaborazione con SIAE e con il sostegno del Ministero della Cultura – FUS Progetti Speciali nel 2023 e per il 2024 della Comunità Europea – Creative Europe. Un ringraziamento speciale per il supporto va all’Accademia d’Ungheria in Roma, il Forum Austriaco di Cultura e alla Délégation du Québec à Rome. FOTONICA è prodotto da Flyer srl, che nel 2004 ha dato vita a LPM Live Performers Meeting, il più grande evento del settore. Giunto alla sua venticinquesima edizione, di cui 11 a Roma e le altre, anche grazie al supporto della Comunità Europea, a Xalapa, Minsk, Città del Messico, Cape Town, Münster, Eindhoven e Amsterdam. Dal 2004 LPM ha ospitato oltre 4600 artisti, 2625 performance, workshop e showcases, con 72 paesi partecipanti e più di 1.500.000 visitatori. FOTONICA fa parte del network AVnode, rete internazionale con oltre 60 membri che promuovono oltre 200 progetti tra festival, meeting e workshop.

”Appasionata”, dipinto di Carol Rama in mostra a Roma per prima volta

”Appasionata”, dipinto di Carol Rama in mostra a Roma per prima voltaRoma, 7 dic. (askanews) – La Fondazione Alda Fendi – Esperimenti porta per la prima volta in mostra Appassionata, un capolavoro di Carol Rama del 1980, a palazzo rhinoceros a Roma, l’hub culturale ideato da Alda Fendi e progettato da Jean Nouvel con la linea artistica di Raffaele Curi. Il dipinto è al centro dell’esposizione che si inaugura martedì 12 dicembre 2023 e si può visitare fino al 20 gennaio 2024. Come sempre, l’ingresso è gratuito.

Con Appassionata di Carol Rama viene riproposta la fortunata formula espositiva di rhinoceros che presenta al pubblico un capolavoro inedito nella Città Eterna, una sola e magnifica opera d’arte che si fa fulcro di un caleidoscopio di suggestioni. Dopo l’Adolescente di Michelangelo, i Santi Pietro e Paolo di El Greco la Giovane donna cubista di Picasso provenienti dall’Ermitage, pietre miliari di questa linea di mostre, i riflettori si accendono ora sull’opera di Carol Rama, che proviene da una collezione privata. Il dipinto dialoga con l’architettura progettata da Jean Nouvel, proponendo un’esperienza immersiva nella quale l’arte, lo spazio, la musica e la storia si fondono e seducono il visitatore. In occasione dell’inaugurazione della mostra, martedì 12 dicembre 2023 alle ore 17:30 rhinoceros ospita la presentazione del volume Carol Rama. Catalogo ragionato 1936-2005, voluto dall’Archivio Carol Rama e sostenuto da Fondazione Sardi per l’Arte. Frutto di un’accurata ricerca scientifica iniziata nel 2014 e pubblicato in due tomi da Skira editore, il catalogo analizza compiutamente sette decenni di lavoro dell’artista, dal 1936 al 2005, in tutta la loro complessità e particolarità. A presentarlo sono le curatrici del volume, Maria Cristina Mundici, Raffaella Roddolo e Maria Grazia Messina, insieme ad Alda Fendi e Raffaele Curi, che di Carol Rama è stato amico negli anni della gioventù.

Come sempre, è ricca e multiforme la proposta espositiva di palazzo rhinoceros. I vari livelli espositivi sono collegati fra loro dall’installazione Selvages di Raffaele Curi, dedicata a Jasper Johns e alla storia della bandiera americana, che inaugura la nuova serie dei “Pianerottoli in chiacchiera”. Gli spazi di rhinoceros gallery al piano terra ospitano invece la mostra DRAWN-OUT, organizzata in collaborazione con François Ghebaly, che presenta opere su carta di undici artisti internazionali operanti a Los Angeles. CAROL RAMA INCONTRA JEAN NOUVEL Nell’idea installativa di Raffaele Curi, che delinea la mostra, la poetica di Carol Rama si incontra con quella di Jean Nouvel, l’archistar progettista di palazzo rhinoceros. Uguali e contrarie, le due figure sono accomunate dal senso della povertà, della sofferenza e da una seduzione per la precarietà, che viene espressa dalla metafora del letto di ospedale. Intimo e suggestivo, il progetto di Raffaele Curi vuole evocare il nerofumo della casa dell’artista affacciata sugli abbaini di Torino. Per ricrearne l’atmosfera, viene scelto come contenitore espositivo uno degli appartamenti progettati da Jean Nouvel all’interno di rhinoceros, normalmente non aperto al pubblico. Qui dentro, la penombra viene squarciata da un faro acceso sul dipinto Appassionata di Carol Rama. Un’altra luce illumina un metronomo in movimento, posto proprio sotto il quadro, per richiamare il metronomo regalatole da Man Ray, conservato tuttora nella sua casa museo. Se vuole scoprire la didascalia dell’opera, il visitatore deve avvalersi dell’aiuto di una pila elettrica.

Appassionata è anche il titolo della Sonata per pianoforte n. 23 di Beethoven, compositore del quale Carol Rama era una grandissima estimatrice, che satura l’aria come colonna sonora, sottolineando la struggente bellezza del dipinto. Le vicende dell’arte si intrecciano con le vite e con le memorie personali: nel suo omaggio all’artista, di cui era sodale e frequentatore in gioventù per il tramite del mitico gallerista torinese Luciano Anselmino, Raffaele Curi vuole ricordare le occasioni in cui dormiva a casa di Carol e, per ringraziarla, le regalava dischi di musica classica. Figura centrale, e singolare, della storia dell’arte italiana, Carol Rama (Torino, 1918-2015) attraversa il Novecento all’insegna dello sperimentalismo di soggetti e materiali. Insignita nel 2003 del Leone d’oro alla carriera in occasione della 50ª Biennale di Venezia, dagli anni duemila inizia a essere apprezzata oltre i confini nazionali. La sua fama cresce ulteriormente dopo il 2015 anche grazie a importanti retrospettive in Europa e negli Stati Uniti. In breve, diviene un’icona di creatività per artisti di generazioni recenti.

SELVAGES, UN’ISTALLAZIONE DI RAFFAELE CURI I pianerottoli di palazzo rhinoceros diventano il palcoscenico privilegiato dove accadono, di volta in volta, le nuove occasioni installative dettate dalla linea artistica che Raffaele Curi imprime alla Fondazione Alda Fendi – Esperimenti. Sono momenti di riflessione e di provocazione, di scambi e di ribellione, che danno il via al ciclo espositivo ribattezzato dei “Pianerottoli in chiacchiera”. A inaugurare questa intrigante e innovativa proposta è l’installazione Selvages. La parola in American English indica la cimosa, cioè il lembo di stoffa che si trova al bordo di una pezza di tessuto all’uscita dal telaio. È un termine tecnico del settore tessile che Curi adopera, come una figura retorica, per evocare un drappo di stoffa – forse quello della bandiera americana? Usando l’idea di cimosa come fonte di ispirazione della sua installazione, Curi concepisce attraverso immagini e parole una riflessione sulla cultura e sullo stile di vita americani, raccontati attraverso lo sguardo di Jasper Johns, uno dei principali esponenti del movimento artistico del New Dada, che mescola icone sociali e mediatiche e oggetti industriali per raccontare e criticare la società dei consumi. Nelle opere della serie Flag, che Raffaele Curi cita e moltiplica nei vari ambienti espositivi del palazzo, Jasper Johns fa della bandiera a stelle e strisce il soggetto privilegiato della sua ricerca. A sventolare artisticamente a rhinoceros sono dunque le bandiere ripensate dal genio di Johns, che offrono a Curi il pretesto per raccontare la storia affascinante della nascita del vessillo, che nella sua versione attuale con cinquanta stelle si deve alla scelta del presidente Eisenhower di adottare il disegno proposto nel progetto scolastico di uno studente di diciassette anni. Si parte dalle gesta della cucitrice di Filadelfia che lo confezionò, su incarico di George Washington: quella Betsy Ross che del primo presidente USA era la pantalonaia, diventata poi un’icona patriottica. La donna è protagonista di un prezioso film muto del 1917, diretto da George Cowl e Travers Vale, con protagonisti Alice Brady e John Bowers. Si tratta di una vera chicca per cinefili, che viene proiettata all’interno del percorso espositivo insieme al documentario Jasper Johns Flag 1954-55, realizzato nel 2010 da Reiner E. Moritz. I miti fondativi dell’identità americana lasciano spazio alle critiche e alle contraddizioni interne, permettendo a Curi di passare, di citazione in citazione, al drammaturgo Eugene O’Neil, fino ad arrivare all’opera Moratorium che vede Jasper Johns, nel 1969, farsi interprete del movimento contro la guerra in Vietnam. A chiudere il cerchio è il volto di Washington, impresso sulle banconote da un dollaro, che osserva i visitatori sottolineando il cortocircuito attualissimo tra arte, guerra e merce.