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Per la Treccani la parola dell’anno è “femminicidio”

Per la Treccani la parola dell’anno è “femminicidio”Roma, 28 dic. (askanews) – Nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua, l’Istituto della Enciclopedia Italiana ha selezionato “femminicidio” come parola dell’anno 2023. La scelta, spiega Treccani, evidenzia l’urgenza di porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere, per stimolare la riflessione e promuovere un dibattito costruttivo intorno a un tema che è prima di tutto culturale: un’operazione pensata non solo per comprendere il mondo e la società che ci circondano, ma anche per contribuire a responsabilizzare e sensibilizzare ulteriormente lettori e lettrici su una tematica che inevitabilmente si è posizionata al centro dell’attualità. “Come Osservatorio della lingua italiana – spiega infatti Valeria Della Valle, direttrice scientifica, insieme a Giuseppe Patota, del Vocabolario Treccani – non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola femminicidio in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere. Il termine, perfettamente congruente con i meccanismi che regolano la formazione delle parole in italiano, ha fatto la sua comparsa nella nostra lingua nel 2001 (e fu registrata nei Neologismi Treccani del 2008): da allora si è esteso a macchia d’olio quanto il crimine che ne è il referente”.

Libri, “Alla scoperta della Terra Santa con la Bibbia tra le mani”

Libri, “Alla scoperta della Terra Santa con la Bibbia tra le mani”Roma, 24 dic. (askanews) – TS Edizioni pubblica, anche in formato e-book, “In Terra Santa. Un pellegrinaggio spirituale”, del cardinale Gianfranco Ravasi. Si tratta di una nuova edizione rivista e aggiornata di Sion. Guida essenziale alla Terra Santa, pubblicato da Edizioni Terra Santa nel 2017.

Scrive l’autore nella prefazione: “Noi siamo pellegrini come tutti i nostri padri: questa suggestiva definizione del popolo di Dio che la Bibbia ci offre (1Cr 29,15) non è solo la sigla di questa guida spirituale della Terra Santa, ma è anche la sintesi ideale del pellegrinaggio cristiano e del suo valore simbolico. C’è un libro fondamentale della Bibbia, l’Esodo: esso è il ritratto di un popolo in marcia verso una meta luminosa e precisa, l’incontro con Dio nella libertà e nella gioia del santuario posto sul colle santo di Sion”. Nell’Esodo, dunque, emerge la profonda diversità della religione biblica ad esempio dalla cultura greca, legata al passato e protesa alla ricerca di una mitica età dell’oro, come sottolinea il cardinale: “Il simbolo più vivo di questa visione è Ulisse che, strappato dalla sua patria, anela a ritornarvi anche solo per contemplare il fumo serale che si leva dai camini delle case del suo villaggio (Odissea 1,58): la sua patria è un ‘prima’, un passato, la sua vita è un ‘ritorno’. Tanti uomini del nostro tempo appaiono stanchi, sfiduciati, immobili in attesa che qualcosa si compia o arrivi Qualcuno: hanno perso il senso del cammino, il bisogno di mettersi in pellegrinaggio. Questo sottolinea l’autore: “Compiere un pellegrinaggio vuol dire, perciò, quasi in miniatura, riacquistare il senso della vita come movimento, conquista, speranza. È riscoprire che la nostra patria è un “poi”, un destino fatto di luce e di gioia”.

Il percorso proposto dall’Autore è strutturato in quattro grandi tappe che corrispondono ai momenti fondamentali di un pellegrinaggio in Israele e Palestina: la Galilea, la regione settentrionale teatro dei primi atti di Gesù; la centrale Samaria; la meridionale Giudea e al suo centro – ma anche al centro di tutta la Terra Santa e di tutta la Bibbia – Gerusalemme, la città santa delle tre religioni monoteistiche sorelle, l’ebraismo, il cristianesimo, l’islam. All’interno di ognuna di queste grandi tappe si snodano le località concrete in cui il pellegrino passerà: i 19 centri della Galilea, le 3 soste della Samaria, i 16 luoghi principali della Giudea e i 19 siti di Gerusalemme.

Racconti di Sabaudia 2023, il premio vola in Trentino Alto Adige

Racconti di Sabaudia 2023, il premio vola in Trentino Alto AdigeMilano, 22 dic. (askanews) – E’ Bolzano ad aggiudicarsi quest’anno con il giornalista Luca Masiello e il suo racconto “Annaddio” la vittoria del concorso letterario nazionale “Racconti di Sabaudia 2023”. Segue al secondo posto la Sardegna che vede Carbonia, città di fondazione, salire sul podio con Stefania Guidotti con il racconto “La bicicletta”. Il terzo posto è conquistato dal Lazio, dall’ingegnere romano Samira El Boueri, che si aggiudica anche il Premio Enel con il suo racconto “La conchiglia”.

L’ambito premio Regione Lazio vola a Terracina grazie al racconto “Un’estate dopo l’altra” firmato dalla giovane studentessa Chiara Colasanti, il Premio Nori Corbucci dedicato al cinema va a “Storia di una promessa” di Gabriele Micarelli, il premio Consorzio Mare Pontino assegnato dagli stabilimenti del lungomare di Sabaudia a Romain Bocognani per “Un’indagine del Comandante Ferzetti, Carabinieri di Sabaudia”, il premio Venus dedicato all’ambiente a “Richiami dal mare” di Paola Pane. Si conclude così l’edizione di uno dei premi letterari italiani più amati, nato venti anni fa nell’agro pontino, territorio ricco di arte e leggende che fa del mito di Circe anche il fascino del suo paesaggio e di un importante patrimonio culturale. “Era un percorso naturale la corsa di Latina verso Capitale italiana della Cultura 2026 – afferma Maria Costici curatrice del Premio letterario sostenuto dalla Regione Lazio, Enel e Esri Italia – proprio per la vocazione letteraria e artistica di un territorio in continuo fermento evolutivo. I Racconti di Sabaudia ne sono una prova, non perché siano un esclusivo omaggio alla sola Sabaudia, luogo amato da grandi scrittori come Alberto Moravia, Pierpaolo Pasolini, Enzo Bettiza, solo per citarne alcuni, ma per omaggiare tutta la cultura del territorio pontino. Esiste un rapporto importante e duraturo tra la città di Latina e i Racconti di Sabaudia, – continua la curatrice – sin dalla prima edizione del libro nel 2003 Latina è stata uno dei motori che ha fatto correre la macchina dei racconti verso il successo. Moltissimi sono stati gli autori del capoluogo pontino che hanno firmato questo libro con un loro racconto, molti anche i vincitori e ben tre copertine del libro sono state tratte da scatti di fotografi di Latina”.

Il libro dei Racconti di Sabaudia, con una tiratura di dodicimila copie è stato distribuito gratuitamente durante i mesi estivi sulle coste laziali e agli imbarchi internazionali dell’Aeroporto Leonardo da Vinci come incentivo alla lettura e alla scrittura.

”La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo”, mostra al Colosseo

”La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo”, mostra al ColosseoRoma, 21 dic. (askanews) – La Colonna di Traiano veniva inaugurata il 12 maggio 113 d.C., 1910 anni fa. Sin dalla sua progettazione e costruzione la Colonna rappresentò una sfida per l’ingegno umano: l’estrazione del marmo dalla cava di Carrara, il trasporto via terra, via mare e via fiume, e infine la lavorazione e posa in opera nel cantiere del Foro di Traiano rappresentarono le tappe di un ardito processo ingegneristico e tecnologico ancora oggi fonte di stupore e meraviglia.

Ma non basta, perché nel cantiere del Foro la Colonna, di lì a poco avvolta in un fregio a spirale a celebrare le gloriose campagne daciche dell’Optimus Princeps Traiano, venne scavata per ricavare una scala a chiocciola e la struttura marmorea venne svuotata dall’interno quasi fosse una gigantesca vite di Archimede. È Apollodoro di Damasco, il geniale e innovativo architetto e ingegnere di origine siriana, parte attiva nei successi dell’imperatore, ad illustrare a Traiano il progetto della Colonna sullo sfondo delle Alpi Apuane, nello straordinario arazzo della manifattura di Ouderarde, esposto in mostra nella sua versione digitalizzata. Con l’architetto e il suo illustre committente, di nuovo l’uno di fronte all’altro a distanza di quasi duemila anni, si apre l’esposizione “La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo”, organizzata e promossa dal Parco archeologico del Colosseo e dal Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza con la curatela di Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Angelica Pujia e Giovanni Di Pasquale. La mostra sarà visitabile dal 22 dicembre 2023 al 30 aprile 2024 al secondo ordine del Colosseo.

Il calco del busto attribuito ad Apollodoro proveniente dal Museo della Civiltà romana e quello di Traiano proveniente dal Museo Palatino, assieme agli stili e agli strumenti per scrivere e disegnare e al modello in scala del ponte sul Danubio, altro capolavoro di carpenteria in grado di superare l’ampiezza e la potenza della corrente del fiume Danubio, introducono il visitatore nella bottega del Maestro architetto, genius loci di tutta l’esposizione. Per comprendere appieno il processo di costruzione della Colonna e con esso la fatica e la potenza muscolare di centinaia di uomini che contribuirono a realizzare questo indiscusso capolavoro, in un Colosseo fasciato di blu, sono esposti i principali strumenti antichi utilizzati per l’estrazione dei blocchi di marmo, per il trasporto su imbarcazione e per la messa in opera, assieme ai modelli ricostruttivi delle macchine da cantiere dell’epoca (gru, torri, ruote), realizzati da Claudio Capotondi, novello “Maestro delle Imprese di Traiano”.

Video e proiezioni su schermo realizzati dal Museo Galileo assieme ad una grafica coinvolgente e a testi che superano le dimensioni dei pannelli didascalici per divenire narrazione anche visiva di un’unica Storia, offrono un racconto più didattico oltre che una maggior comprensione degli oggetti esposti in mostra. A contribuire al racconto permanente della Colonna è stata anche realizzata una webAPP in lingua italiana e inglese e, grazie al prezioso coinvolgimento e alla collaborazione dell’Ambasciata di Romania, anche in lingua romena. Il cantiere della Colonna resta un’impresa epica, dove arte e tecnica, scultura e ingegneria si fondono e oggi tornano a rivivere grazie ad un’operazione di restituzione del passato: ancora una volta l’ingegno umano diventa esso stesso arte. E sono proprio la techne e l’ars a guidare il racconto di un’opera temeraria, che divenne nei secoli simbolo universale a cui si ispirarono imperatori, Papi e sovrani.

L’allestimento narra e spiega questa funzione simbolica con due registri narrativi: quello più propriamente storico e artistico, con l’ardita ricostruzione del fregio in scala 1:1 le cui spire si avvolgono sui pilastri del Colosseo, separate nel racconto della Prima e Seconda Guerra Dacica dalla Vittoria che scrive sullo scudo riprodotta nel calco dei Musei Vaticani; e quello invece più specificamente tecnico, con le tappe della lavorazione del marmo, fino ad arrivare alla idolatria e all’uso politico dei sovrani d’Europa che ne pretesero la riproduzione attraverso la tecnica della calcatura. La funzione simbolica di quest’opera si traduce, infatti, già molto presto nella sua replicabilità e come raccontato nell’ultima sezione, oggi il patrimonio di disegni, stampe e riproduzioni, ma soprattutto il patrimonio di calchi che dalla metà del XVI secolo e fino al XX secolo hanno “invaso” l’Europa, le corti e le collezioni dei principali musei del continente – dalla Francia alla Romania all’Italia – fotografano la fortuna della Colonna, da monumento “politico”, a oggetto dal forte valore didattico e formativo, fino al destino di “replica” e “copia”. Ma è da qui che la mostra intende riavvolgere il nastro della Storia: dal calco, come opera d’arte in sé in quanto testimone di un procedimento tecnologico di riproduzione di un modello, al calco, come testimone dello scorrere del tempo sulle superfici della Colonna nel corso dei secoli, scaturisce l’immagine di un monumento unico e irripetibile e per questo destinatario ormai da quarant’anni e senza soluzione di continuità di restauri e manutenzioni, ma anche di estese campagne di documentazione fotografica, rilievi e da ultimo riprese 3D fotogrammetriche, di cui la camera immersiva al termine del percorso di visita concepita e realizzata da Sergio Fontana offre una straordinaria suggestione. Qui, i visitatori si ritroveranno letteralmente immersi nei paesaggi della Dacia del II secolo d.C., e potranno ammirare il fregio della Colonna che si svolge davanti ai loro occhi a grandezza naturale, con un dettaglio e una qualità delle immagini mai raggiunti in precedenza. Così, se oggi è possibile srotolare i quasi trecento metri di fregio ammirando in un sol colpo d’occhio le imprese di Traiano, allo stesso modo è possibile avvalersi di questi nuovi strumenti per migliorare gli approcci di tutela e conservazione e traghettare nel futuro un monumento significativo per la storia, l’architettura e la tecnologia, che non ha mai perso il suo fascino. ‘La Colonna Traiana, costruita dall’architetto Apollodoro di Damasco su ordine dell’imperatore Traiano, non è solo una preziosa cronaca visiva della guerra dacico-romana, ma anche una testimonianza della nostra storia comune nei secoli. Questo maestoso monumento, che nel corso degli anni è stato fonte di ispirazione per molti altri monumenti in tutto il mondo, rappresenta oggi, per il popolo romeno e soprattutto per la comunità romena in Italia, molto più di un monumento di significato storico. Dopo che la latinità è servita come fattore di coagulazione nazionale e di modernizzazione politica e sociale nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, oggi, per la comunità romena nella Penisola, la Colonna Traiana facilita il riavvicinamento tra i nostri popoli, diventando nel tempo un luogo di incontro in cui i romeni stabiliti in Italia celebrano le feste nazionali più importanti, che si tratti della Giornata della Cultura Nazionale, della Festa Universale dell’Ia o della Festa Nazionale della Romania’, così S.E. Gabriela Dancau, Ambasciatore di Romania nella Repubblica Italiana, Malta e San Marino. ‘La Colonna Traiana è la porta d’ingresso al Parco archeologico del Colosseo, essa si trova all’avvio di quel percorso che, con un’unica passerella, oggi unisce il Foro di Traiano e quello di Cesare con il Foro Romano e il Palatino fino al Colosseo – commenta il Direttore del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo. Ma la Colonna, innalzata a celebrare le gesta di Traiano e la massima espansione dell’impero romano, oggi è anche un simbolo dell’Europa come dimostra la sua “presenza” diffusa nelle collezioni dei principali musei europei. Ed è motivo di orgoglio proseguire il percorso di conoscenza, tutela e valorizzazione di un monumento così iconico, contribuendo alla sua fortuna nel tempo’. Federica Rinaldi, archeologa responsabile del progetto e co-curatrice del progetto espositivo spiega: ‘Questa mostra ha una duplice valenza: da un lato, grazie all’idea iniziale e al supporto scientifico del Museo Galileo e del Maestro Claudio Capotondi, approfondisce con un forte taglio didattico e un’accessibilità per tutti il tema affascinante delle modalità di costruzione dei monumenti di età romana, esponendo gli strumenti antichi e le macchine usate nei cantieri dell’epoca in un continuo gioco di specchi tra fonti antiche e ricostruzioni contemporanee; dall’altro si colloca all’inizio di un percorso di studio, ricerca e valorizzazione che con Angelica Pujia, co-curatrice del progetto, è stato concepito per leggere la materia e quindi lo stato conservativo del fregio storico attraverso le attività di manutenzione già in programma fino al 2026, ma anche e soprattutto con uno sguardo allargato alla fortuna della Colonna dal XVI secolo in poi grazie alla documentazione storica costituita da calchi, disegni, stampe e riproduzioni’. Giovanni Di Pasquale, vicedirettore scientifico del Museo Galileo e co-curatore del progetto espositivo, aggiunge: ‘La Colonna Traiana è un’opera di ingegneria di complessità inaudita, che testimonia i vertici elevatissimi raggiunti dalla civiltà romana nell’arte del costruire. La mostra racconta la fatica e l’ingegno di uomini che hanno estratto tonnellate di marmo per poi affrontare con slitte di robusto legno i quasi 700 metri di dislivello per raggiungere la pianura e il porto di Luni, dove enormi navi erano pronte a raggiungere Ostia e Roma. È difficile oggi immaginare l’organizzazione di un cantiere così complesso e la precisione meccanica necessaria per la composizione del monumento, con i suoi blocchi precisamente giustapposti uno sull’altro e i gradini della scala interna a combaciare perfettamente. Se le conoscenze che hanno permesso di portare a compimento tutte le fasi di quest’impresa, mai registrate in forma scritta, sono svanite con la fine delle civiltà che le misero in atto, il dialogo tra fonti letterarie e archeologiche permette di ricomporre questa straordinaria avventura. Per ottenere questo risultato, il percorso di mostra è scandito dalla presenza di reperti archeologici, modelli di macchine, ricostruzioni 3D e approfondimenti multimediali: ne scaturisce una narrazione che permetterà di riflettere sul ruolo fondamentale, e scarsamente noto, recitato dalle conoscenze scientifiche e tecnologiche nello sviluppo della civiltà romana’. Scaturita dall’accordo di collaborazione tra il Parco archeologico del Colosseo e il Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze e dall’accordo tra il Parco archeologico del Colosseo e la Sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali, questa mostra propone con una nuova chiave di lettura, e con uno sguardo fino al contemporaneo, le vicende della costruzione e della fortuna della Colonna. Il nucleo, costituto dall’esposizione ideata dal Museo Galileo di Firenze tenutasi nel 2019 al Museo degli Uffizi – Limonaia del Giardino di Boboli, si arricchisce di nuovi materiali e di nuovi contenuti multimediali oltre che di nuove immagini del fregio, che porteranno il racconto a diretto contatto con i visitatori. Con la guida del genius loci Apollodoro la mostra ripercorre in tre sezioni le tappe della costruzione della Colonna, indugiando sulla forma e sulla tecnica con cui essa venne realizzata grazie a quel bagaglio di conoscenze che era stato maturato secoli addietro con la costruzione delle piramidi egizie, le viti idrauliche per l’irrigazione dei giardini pensili di Mesopotamia, il faro di Alessandria, l’estrazione dei marmi dalle cave del Monte Pentelico per l’acropoli di Atene. Spiega e illustra – anche con un taglio didattico – il processo di costruzione del monumento, utilizzando modelli ricostruttivi, non solo della Colonna stessa (tra tutti il sommoscapo e la scala a chiocciola interna in sala 1:1 realizzati da Opera Laboratori Fiorentini), ma anche delle macchine per il trascinamento e sollevamento dei blocchi colossali, così come delle funi e dei sistemi di aggancio, in un costante dialogo con le fonti letterarie, i reperti archeologici e iconografici e con gli strumenti (compassi, squadre, argani, manovelle, fili a piombo) rinvenuti nei contesti di scavo e ad esse riferibili. Indugia, infine, sull’eternità della Colonna, già raggiunta in età antica per la sua stessa collocazione tra le due biblioteche del Foro imperiale, quella greca e quella latina; in tempi più recenti idolatrata da Papi e sovrani d’Europa che non potendola spostare, la fecero disegnare (Francesco I), calcare (Luigi XIV, Napoleone III), replicare (Napoleone I), e perfino riconsacrare (Papa Sisto V). Per la realizzazione di questo racconto illustrato, avvolto nel colore blu che riecheggia il Danubio ma anche l’interazione tra Uomo e Tecnologia, hanno contribuito 20 tra istituzioni ed enti pubblici e privati, che hanno garantito il prestito di più di 60 oggetti tra reperti, modelli, macchine, calchi e disegni. Accompagna l’esposizione temporanea un regesto con i pannelli e i testi di approfondimento corredato da immagini inedite e soprattutto da un allegato bibliografico che riassume le principali pubblicazioni scientifiche dedicate alla Colonna degli ultimi anni, rappresentate da cataloghi di mostre, miscellanee di studi, raccolte di saggi scientifici. Nel corso della durata della mostra saranno programmate conferenze a tema, podcast dedicati ed è previsto in primavera una giornata di studi che farà il punto sulle ultime ricerche, sulle problematiche conservative e sul tema dei calchi.

Carlo Ratti nominato direttore della Biennale Architettura 2025

Carlo Ratti nominato direttore della Biennale Architettura 2025Milano, 21 dic. (askanews) – Il Cda della Biennale di Venezia si ha niominato Carlo Ratti direttore del Settore Architettura, con lo specifico incarico di curare la 19esima Mostra Internazionale di Architettura che si svolgerà nel 2025. La nomina è avvenuta su proposta del presidente Roberto Cicutto, in accordo con Pietrangelo Buttafuoco, presidente nominato della Biennale di Venezia per il quadriennio marzo 2024 – 2027.

Di formazione architetto e ingegnere, il professor Carlo Ratti insegna al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e al Politecnico di Milano. È direttore del Senseable City Lab e socio fondatore dello studio di architettura e innovazione CRA-Carlo Ratti Associati (Torino, New York City, Londra). Laureato presso il Politecnico di Torino e l’École Nationale des Ponts et Chaussées a Parigi, ha conseguito un Master of Philosophy e un PhD in Architettura all’Università di Cambridge in Inghilterra, completando la sua tesi di dottorato come Fullbright Scholar presso il MIT. Uno dei dieci studiosi più citati a livello internazionale nel campo della pianificazione urbana, è co-autore di oltre 750 pubblicazioni scientifiche, tra cui il recente “Atlas of the Senseable City” (scritto con Antoine Picon, edito da Yale University Press). Già relatore a TED, pubblica in modo regolare articoli di opinione sui maggiori media internazionali, tra cui The New York Times, Financial Times, The Guardian, Project Syndicate, Le Monde, Süddeutsche Zeitung, Corriere della Sera, La Repubblica, El Pais. Ricopre il ruolo di co-presidente del Global Future Council su Città e Urbanizzazione del World Economic Forum.

La sua esperienza curatoriale comprende progetti in diverse parti del mondo. È stato direttore didattico allo Strelka Institute for Media, Architecture and Design di Mosca, curatore del BMW Guggenheim Pavilion di Berlino e curatore del padiglione Future Food District durante Expo Milano 2015. È stato capo curatore dell’ottava Biennale di Urbanistica/Architettura di Shenzhen (UABB) nel 2019, co-curatore della seconda Biennale di Design di Porto nel 2021 e Mediatore Creativo responsabile della pluripremiata Visione Urbana della Biennale Nomade Europea Manifesta 14 a Pristina nel 2022. Il suo lavoro è stato esposto in sedi quali il MoMA The Museum of Modern Art di New York, La Biennale di Venezia (Mostre Internazionali di Architettura), il Design Museum di Barcellona, il Science Museum di Londra, il MAXXI di Roma. Tre dei suoi progetti – il Digital Water Pavilion, la Copenhagen Wheel e Scribit – sono stati inclusi nell’annuale elenco delle “Migliori invenzioni dell’anno” della rivista TIME. La rivista Fast Company lo ha definito uno dei “Designer più influenti d’America” e Blueprint Magazine lo ha inserito nella lista delle “Persone che cambieranno il mondo del design”. Bloomberg lo ha nominato il “filosofo della città sensoriale”.

“A noi architetti piace pensare di essere ‘smart’ – ha commentato Carlo Ratti – ma la vera intelligenza è ovunque: dall’ingegno disincarnato dell’evoluzione naturale, alla crescente potenza di calcolo dei nostri computer, fino a una diffusa saggezza collettiva. Per affrontare un mondo in fiamme, l’architettura deve riuscire a sfruttare tutta l’intelligenza che ci circonda. Sono profondamente onorato di avere l’opportunità di curare la Biennale Architettura 2025”. Il Cda ha deliberato anche le date della 19esima Mostra Internazionale di Architettura, che si terrà da sabato 24 maggio a domenica 23 novembre 2025 (pre-apertura 22-23 maggio).

Tornare dentro Richard Serra, polo magnetico del contemporaneo

Tornare dentro Richard Serra, polo magnetico del contemporaneoBilbao, 21 dic. (askanews) – L’esperienza dentro lo spazio è anche una presa di coscienza del senso del tempo, ma di riflesso il tempo che così si genera nella percezione dello spettatore diventa una nuova forma di spazio, piegato e ripensato, come se fossimo all’interno di una teoria fisica. Le enormi installazioni de “La materia del tempo” di Richard Serra, che sono parte della collezione permanente del Museo Guggenheim di Bilbao, agiscono come un grande attrattore del contemporaneo, un polo magnetico intorno al quale ruota l’idea stessa di ciò che significa fare una reale esperienza dell’arte oggi.

Come ogni magnetismo, anche questo è instabile, mutevole, inafferrabile: così da rendere sempre diversa la sensazione di chi ci passa all’interno o osserva i blocchi di acciaio dall’alto. Ogni prospettiva fornisce risposte differenti, dalla cui somma si arriva poi alla consapevolezza personale di quello che si è visto e si è attraversato: un mondo unico e multiforme all’interno di una sala enorme, all’interno di uno dei più famosi e globalizzati musei d’arte del pianeta. Dall’esterno si ammira la struttura di Frank Gehry, all’interno non si può fare a meno di pensare che il contenuto di questo leggendario edificio, ossia l’opera di Serra – ma vale anche per il neon spaziale di Lucio Fontana o le scritte luminose di Jenny Holzer – sia altrettanto, se non ancora più poderoso del contenitore che ha l’ardimento di ospitarli. In un circolo di sensazioni che “fanno” l’esperienza di stare dentro il Guggenheim di Bilbao.

Non è possibile dire che cosa “succede” nei percorsi de “La materia del tempo”, ma è certo che quello che succede ha l’intensità e la profondità di qualcosa di “vero”, una verità che, senza parole, può rispondere anche alla domanda su che cosa sia l’arte contemporanea e perché è assurdo averne paura. (Leonardo Merlini)

Questionario 2023 di Adei fa il punto sugli editori indipendenti

Questionario 2023 di Adei fa il punto sugli editori indipendentiRoma, 19 dic. (askanews) – A novembre Adei, l’Associazione degli Editori Indipendenti, ha proposto un questionario ai suoi soci per fare il punto sul mercato editoriale, esigenze e criticità degli editori indipendenti. L’indagine è stata condotta attraverso un questionario anonimo diffuso a un campione di 108 case editrici indipendenti, attive principalmente nei settori narrativa, saggistica e bambini-ragazzi, con un numero di dipendenti compreso tra 1 e 15 e un numero di novità pubblicate nel corso dell’anno 2023 compreso tra 1 e 100.

Il questionario è servito a valutare l’impatto sulle case editrici indipendenti delle principali criticità che interessano il settore. Tra i problemi più sentiti c’è quello della insufficiente marginalità a causa dei costi di produzione e distribuzione: nella ripartizione della “torta” che compone il prezzo del libro, una volta pagati cliente (libreria, portale web o grossista), distribuzione, rete promozionale e autori, quello che resta alla casa editrice non basta nemmeno a coprire i costi di produzione. Spiega Andrea Palombi, presidente Adei: “Le risposte di oltre 100 editori, in una consultazione interna fra i soci Adei, dicono una cosa chiara. Raccontano di una situazione molto difficile, se si va oltre le apparenze, e di una sostanziale assenza del governo, che invece di ampliarli taglia anche i pochi provvedimenti a sostegno del libro e della lettura. Di certo, sembra sempre più difficile il lavoro dell’editore indipendente in Italia. Di quegli operatori, cioè, che non possono contare sulle sinergie dei grandi gruppi che accentrano proprietà di marchi, distribuzione e catene di librerie. Operatori che però, va ricordato, fanno la ricchezza, la pluralità e la varietà dell’offerta editoriale ai lettori”.

Se il 2023 si chiude infatti con fatturati in crescita per oltre il 50% degli editori che hanno partecipato al sondaggio, con una sostanziale parità per il 33% e un calo per quasi il 16%, quello che allarma è la crescita dei costi di produzione e distribuzione. Il 92,6% degli intervistati lamenta l’aumento dei costi di produzione, segnalando in particolare quelli della carta. Per far fronte, si è ricorsi a strategie di vario tipo, dalla riduzione del numero di novità pubblicate (il 36,1%), alla riduzione delle tirature (il 59,3%), agli aumenti del prezzo di copertina (il 58,3%, ma non in misura tale da colmare gli aumenti dei costi), alla rinuncia ad alcune ristampe (34,2%), o alla riduzione della partecipazione alle fiere editoriali (31,5%). Ma il 24,1% degli editori, vale a dire quasi un quarto degli intervistati, dichiara ancora oggi di essere rimasto senza soluzioni e di vedere a rischio il futuro stesso della casa editrice. Nell’anno 2023, il numero di novità pubblicate dagli editori indipendenti è rimasto invariato rispetto all’anno precedente per il 36,1%, è diminuito per il 34,3% e aumentato per il 29,6%. In un contesto di mercato in cui, per entrare in libreria, si concedono non solo sconti più alti ma anche tempi di pagamento sempre più lunghi (in editoria possono arrivare anche oltre un anno), l’allungamento dei tempi medi di pagamento ha coinvolto la maggioranza degli intervistati. Un numero importante di intervistati, l’83,3%, lamenta mancanza di potere contrattuale nei confronti di distributori e promotori, con un 41,7% per cui questo problema non riesce a essere risolto e condiziona gravemente l’operato della casa editrice. Un quadro indubbiamente legato all’anomalia della situazione italiana, dove la distribuzione è concentrata in pochi grandi gruppi, controllati da grandi marchi editoriali.

Alcuni temi vedono la concordia della quasi totalità delle case editrici intervistate: la sofferenza per l’aumento dei costi di produzione, la difficoltà maggiore di fare l’editore in Italia rispetto ad altri paesi europei per la mancanza di programmi strutturali di supporto al settore. Molto scarse per tutti le possibilità di accedere ai bandi di finanziamento per le imprese (per mancanza di requisiti o per il tipo di investimenti finanziati). La vendita dei diritti esteri dei libri italiani non è adeguatamente sostenuta, come avviene invece in altri paesi Rispetto a tutte queste emergenze, la mancanza di interventi a sostegno dell’editoria di libri da parte del governo, e anzi il taglio o la riduzione di alcune misure esistenti, sono molto preoccupanti per gli editori indipendenti italiani.

“Ad aggravare il quadro, -conclude Andrea Palombi- c’è la mancanza di provvedimenti pubblici a sostegno dell’editoria e anzi la cancellazione o riduzione di quelli esistenti. Per il 91,7% degli intervistati avrà ad esempio ripercussioni negative sull’intera filiera, e sull’offerta ai lettori, la cancellazione del “decreto biblioteche” che da alcuni anni consentiva acquisti di nuovi libri da parte delle biblioteche, con l’obbligo di rivolgersi in gran parte a librerie del territorio di appartenenza. Il 93,5% degli editori Adei chiede che il credito d’imposta per le spese di carta sia introdotto anche per gli editori di libri, oltre che per quelli di quotidiani e periodici. E quasi la totalità degli editori che hanno partecipato al sondaggio chiede che venga ripresa con urgenza la bozza di legge sul libro definita al termine della passata legislatura, collegata alla legge di bilancio, ma oggi ferma in Parlamento su un binario morto”.

Libri, la vita di Pinocchio diventa un romanzo

Libri, la vita di Pinocchio diventa un romanzoRoma, 14 dic. (askanews) – Dalle bugie alla verità, edito dalla Di Carlo edizioni, è l’ultima fatica letteraria della scrittrice pugliese Lilli Maggi che, apprezzata dai lettori per la sua raffinata produzione poetica, esordisce nelle vesti di scrittrice in prosa. La trama ruota attorno all’eterna lotta tra il bene e il male, con un protagonista che a noi tutti è familiare già dall’infanzia: si tratta di Pinocchio, il burattino di legno che nella celeberrima favola di Collodi, dopo molte peripezie, si trasforma in un essere umano. Ma è molto di più di una banale rivisitazione dell’opera collodiana della quale, in realtà, aspira a essere un’originale e suggestiva continuazione.

“Nel mio volume -spiega la Maggi- l’ex burattino sperimenta in modo integrale la sua nuova condizione umana, un aspetto che viene, invece, tralasciato nel capolavoro dello scrittore toscano: utilizzando le categorie interpretative offerte dalla psicologia junghiana potremmo dire che il processo d’individuazione, attraverso il quale Pinocchio, si trasforma in essere umano, cominciato nella favola di Collodi, trova il suo compimento nel mio lavoro perché, finalmente, l’Io si integra nel Sé e la trasformazione del pezzo di legno in uomo può dirsi, a tutti gli effetti, compiuta non solo sul piano fisico ma anche nella dimensione psichica”. Nella parte iniziale del racconto, Pinocchio si trasferisce a Milano dove è amorevolmente accolto nella casa e nell’azienda del suo padrino, il Grillo Parlante. Mentre viaggia in treno alla volta della metropoli lombarda, conosce Adelma, una giovane donna originaria della Puglia anche lei diretta a Milano: i due s’innamorano, si sposano e hanno una figlia che chiamano Ullah. La nuova vita di Pinocchio prosegue, dunque, felicemente attraversando le tappe canoniche di un’agiata esistenza borghese fino a quando una mattina Ullah, ormai adolescente, viene rapita da una spietata organizzazione di esseri alieni, gl’Ismeni, che vuole utilizzare il suo dna per acquistare l’immortalità: “A questo punto -spiega la Maggi- il padre si mette alla ricerca del luogo dove la figlia è stata segregata, nel disperato tentativo di salvarla dalla fine terribile alla quale gli alieni l’hanno destinata”.

Stupisce favorevolmente in una scrittrice al suo esordio narrativo, l’abilità con la quale tesse la trama del romanzo, assemblando con sapienza generi letterari diversi che vanno dalla favola, al fantasy, alla fantascienza, all’horror, al thriller, al romanzo formativo e, con una trovata geniale, dopo aver dato un nuovo volto ad alcuni personaggi collodiani, fa interagire protagonisti di fiabe diverse il cui incontro, nel susseguirsi degli eventi in cui la narrazione si dipana, non è affidato al caso ma mira, in modo particolare, a propiziare determinate fasi del processo di maturazione, d’individuazione direbbe Jung, di Pinocchio.

Enrico Brignano a Roma con “Ma…diamoci del tu!”

Enrico Brignano a Roma con “Ma…diamoci del tu!”Roma, 17 dic. (askanews) – Dopo il grande successo di un tour che ha girato tutta Italia totalizzando ben 29 sold out per 42 mila biglietti venduti in totale, arriva a Roma “Ma…diamoci del tu!”, lo spettacolo di Enrico Brignano scritto con Manuela D’Angelo e la collaborazione ai testi di Alessio Parenti, con le musiche originali di Andrea Perrozzi e prodotto da Vivo Concerti. L’appuntamento è all’Auditorium Conciliazione per ventidue show dal 19 dicembre 2023 al 17 gennaio 2024.

Alla vigilia di questa serie di date romane si annuncia il sold out per lo speciale show di Capodanno e tre nuovi appuntamenti a Catania (si aggiunge una seconda data al Teatro Metropolitan il 30 gennaio 2024), a Montecatini (CT) (al Teatro Verdi il 16 febbraio 2024) e ad Avellino (al Teatro Gesualdo il 9 marzo 2024). Enrico Brignano racconta così “MA… DIAMOCI DEL TU”: “Darsi del tu oggi è ormai la prassi, mentre il “lei” sembra qualcosa di arcaico e formale. Per dire, quando ti chiamano dal call center per discutere che so, la tariffa telefonica, oppure per proporti di investire l’eredità di pora nonna in criptovalute, usano il lei, probabilmente per renderti più difficile il mandarli a quel paese. Il “Lei” è burocratico, lo si usa con le forze dell’ordine o al comune, ma del resto il “tu” che lo sta sostituendo è vuoto, non porta con sé quella confidenza vera, quella familiarità che intendo io. E’ per questo che comincio questo spettacolo dando del tu al mio pubblico: per creare una confidenza che sia non di forma, ma di sostanza. E che io sia un uomo di sostanza si dovrebbe capire già solo guardandomi; voglio aggiungerci pure quel MA che resetta tutto, che azzera le distanze, che siano sociali, economiche o d’età. L’età… ultimamente ho notato che per colpa della mia età sempre più persone tendono a darmi del lei, un lei che è doloroso come una fitta della sciatica, che è più fastidioso e irritante di quando mi scopro a tirarmi su dal divano esclamando: “hoplà”. Mi sa che all’espressione “giovane comico romano” devo cominciare a togliere il “giovane”. Siccome poi sono in vena di confidenze, nel mio spettacolo mi concedo di parlare di aspetti inediti della mia professione e di una storia personale che poi assurge a paradigma un po’ per tutti… sì, perché per la prima volta ho deciso di raccontare le delusioni, le false partenze, tutti i NO che ho collezionato nella mia vita professionale – e non. Certo sempre con un sorriso, mai prendendomi sul serio, ma sottolineando come tutto serva nella vita, anche un rifiuto ci può fortificare e renderci quel che siamo oggi. Coadiuvato sul palco dal maestro Andrea Perrozzi, io parlo; con la collaborazione di due presenze “moleste” ma preziosissime, Pasquale Bertucci e Michele Marra, io intanto continuo a parlare. Quando poi mi lasciano da solo sul palco, parlo ancora. Ebbene sì, c’ho tanto da parla’. E qualche volta anche da lamentarmi. “Ma lei Brignano non sa che lamentarsi è tipico delle persone anziane?”; “Certo che lo so. Ma intanto lei, coso… mi dia del tu!”.

Anselm Kiefer a Palazzo Strozzi con i suoi Angeli caduti

Anselm Kiefer a Palazzo Strozzi con i suoi Angeli cadutiMilano, 15 dic. (askanews) – Dal 22 marzo al 21 luglio 2024 Palazzo Strozzi ospita una mostra dedicata a uno dei più grandi nomi dell’arte tra XX e XXI secolo, Anselm Kiefer. Celebre per le sue opere di forte impatto che attraverso pittura, scultura e installazione investigano i temi della memoria, del mito, della guerra e dell’esistenza, Anselm Kiefer presenta a Palazzo Strozzi un percorso attraverso opere storiche e nuove produzioni, in un dialogo originale con l’architettura del Rinascimento.

A cura di Arturo Galansino, la mostra di Palazzo Strozzi si propone di restituire la complessità dell’arte di Kiefer, celebrandone l’intreccio tra figura e astrazione, natura e artificialità, creazione e distruzione, in un progetto che coinvolge gli spettatori sia nello spazio fisico che in quello concettuale delle sue opere. Ogni produzione artistica di Anselm Kiefer esprime il rifiuto del limite, nella monumentalità e nella potenza della materialità, ma soprattutto nell’infinita ricchezza di risorse con le quali sonda le profondità della memoria e del passato. Ha esordito nella scena artistica tedesca alla fine degli anni Sessanta con opere che, tra le prime, hanno segnato una riflessione sulla storia della Seconda guerra mondiale e sull’eredità emotiva e culturale della Germania. Da qui è iniziato un percorso artistico in cui si uniscono e confondono mito, religione, misticismo, poesia, filosofia.

L’espressione “angeli caduti” indica gli angeli cacciati dal Paradiso a seguito della loro ribellione contro Dio. Quest’immagine simbolica, rappresentazione dell’intera umanità, diventa punto di partenza della mostra a Palazzo Strozzi: un viaggio attraverso allegorie, figure e forme che riflettono sull’identità, la storia, la letteratura e la filosofia. Utilizzando pittura, scultura, installazione e fotografia, l’arte di Kiefer propone un percorso di introspezione sull’essere umano, esplorando in modo complesso le connessioni tra passato, presente e futuro.