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Arte, scomparsa a Roma la scultrice Alba Gonzales

Arte, scomparsa a Roma la scultrice Alba GonzalesRoma, 19 lug. (askanews) – Si è spenta a Roma il Maestro Alba Gonzales, scultrice di comprovata fama internazionale, autrice anche di monumenti collocati in Italia e all’estero. Lo comunicano le figlie Marzia e Silvia Pietrantonio che l’hanno amorevolmente accudita in una lunga e dolorosa malattia.


Romana, di origine siciliana e spagnola – informa una nota biografica – si è affermata davvero come Regina delle Arti: prima diplomata all’Opera di Roma, nell’immediato dopoguerra, e cantante lirica vincitrice di concorsi, dopo una stasi in cui si era dedicata agli impegni familiari, intraprese un nuovo percorso artistico nel campo della scultura. Il dinamismo delle sue Ballerine, ad esempio, nasceva appunto dalla sua esperienza coreutica giovanile, così come dalla sua percezione dell’estetica del movimento che le conquistarono il sostegno di numerosi critici, fra cui Enrico Crispolti, Giorgio Di Genova, Mario Lunetta, Alessandro Masi, Antonio Paolucci, Giorgio Segato, Stefania Severi, Vittorio Sgarbi, Gabriele Simongini, Claudio Strinati, Mario Verdone e molti altri. Fra i suoi collezionisti, Ennio Morricone, Nino Manfredi, Maurice Namami, Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Roberto Wirth e Silvio Berlusconi. Quest’ultimo le commissionò per il parco di Villa Certosa “il Labirinto della Libertà”, sette opere (sei sedili, dedicati alla Democrazia, alla Libertà, alla Solidarietà, all’Eguaglianza, al Progresso, alla Scienza e una scultura monumentale centrale, la Centaura della Libertà, sulla cui mano rivolta verso il cielo si posa una colomba.


Gangemi Editore International – Arte le ha dedicato a fine 2022 il volume “Alba Gonzales – Vissi d’Arti fra danza, canto, scultura e resilienza”, conversazioni con Annamaria Barbato Ricci e un’introduzione di Vittorio Sgarbi. In esso, impreziosito da un importante corredo iconografico, viene narrata la vita privata e artistica di Alba Gonzales e ripercorsa anche la storia del Premio Pianeta Azzurro, fondato dalla scultrice e da suo marito, Giuseppe Pietrantonio, nel 1989 e, fino alla sua ultima edizione, nel 2019 assegnato a personalità illustri delle arti, della cultura, del mecenatismo, del giornalismo, della musica, della fotografia. In parallelo, cresceva a Fregene, su Lungomare di Ponente, in un suo compound, l’omonimo Centro internazionale di scultura contemporanea, voluto per accogliere non solo un museo delle opere dell’Artista, ma anche di ‘colleghi’, in un network felice dii espressioni artistiche.


Negli ultimi anni Alba Gonzales aveva rallentato la propria attività artistica: ciò non ha impedito che, nel luglio 2023, vincesse il primo premio del I° Tour Biennale d’Europa, organizzata dalla Fondazione Effetto Arte.

A Roma l’autrice de “Le Streghe di Manningtree” A.K. Blakemore

A Roma l’autrice de “Le Streghe di Manningtree” A.K. BlakemoreRoma, 17 lug. (askanews) – Per il suo rush finale, il festival multidisciplinare Sempre più Fuori, prodotto da Cranpi con la direzione artistica di Antonino Pirillo e Giorgio Andriani, torna al Goethe-Institut, dove il 17 luglio alle 20, in collaborazione con Letterature – Festival Internazionale di Roma a cura dellìIstituzione Biblioteche di Roma e con Biblioteca Europea, è attesa A.K. Blakemore, la poetessa inglese che parlerà con Francesca De Sanctis del suo primo romanzo, “Le streghe di Manningtree” (Fazi Editore).


Un libro emozionante e viscerale che ha svelato a tutti un nuovo talento, tanto da essere stato premiato in patria come miglior esordio dell’anno, “Le streghe di Manningtree” ci conduce nell’Inghilterra del 1600 in una comunità priva di uomini, in cui le donne sono abbandonate a loro stesse. È esattamente il 1643 e il Parlamento sta combattendo contro il Re, la guerra civile infuria. Il fervore puritano ha attanagliato la nazione e il caldo terrore della dannazione brucia in ogni ombra. A Manningtree, priva di uomini fin dall’inizio della guerra, le donne sono lasciate a se stesse. Rebecca West, figlia della formidabile Beldam West, senza padre e senza marito, trascina faticosamente i suoi giorni, ravvivati solo dall’infatuazione per l’ecclesiastico John Edes. Finché Matthew Hopkins, il nuovo locandiere, inizia a fare domande sulle donne ai margini. E quando un bambino viene colto da una misteriosa febbre e comincia a farneticare di congreghe e patti, le domande assumono un tono sempre più tagliente. Il romanzo è vincitore del Desmond Elliot Prize 2021, è stato selezionato per il Betty Trask Award, Finalista al Costa First Novel Award 2021, all’Author’s Club First Novel Prize e al Blogger’s Book Prize 2022.


A.K. Blakemore è autrice di due raccolte di poesie: “Humbert Summer” (Eyewear, 2015) e “Fondue” (Offord Road Books, 2018), a cui è stato assegnato il Ledbury Forte Prize 2019. Ha anche tradotto l’opera del poeta sichuanese Yu Yoyo (My Tenantless Body, Poetry Translation Centre, 2019). Sempre più fuori è prodotto da Cranpi in collaborazione con Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, Goethe-Institut e Biblioteche di Roma; con il patrocinio del Municipio II – Roma Capitale; con il sostegno di Fondazione Alta Mane Italia e Institut Ramon Llull; con la collaborazione di Al.Di.Qua Artists, Giant, Instituto Cervantes Roma, Unione Ciechi e degli Ipovedenti Sezione Territoriale Roma (UICI), Villa Pia Italian Hospital Group – Korian Italia, Zerynthia; e con i partner Theatron 2.0, Radio Frammenti, La cantina di Dante, Easylight.


Il progetto, promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, è vincitore dell’Avviso Pubblico biennale “Estate Romana 2023-2024”, curato dal Dipartimento Attività Culturali, ed è realizzato in collaborazione con SIAE.

La 18esima edizione della Biennale Danza: indagine sull’umano

La 18esima edizione della Biennale Danza: indagine sull’umanoVenezia, 17 lug. (askanews) – Si apre giovedì 18 luglio la 18esima edizione del Festival internazionale di danza contemporanea della Biennale di Venezia, per il quarto anno diretto da Wayne McGregor, recentemente confermato alla guida artistica anche per il biennio 2025-26. Il titolo dell’edizione 2024 è ‘We Humans’, ‘Noi Umani’, e si propone di svelare la grande complessità, le contraddizioni e il mistero della vita umana attraverso le ricerche sulle forme e le pratiche della danza oggi.


‘Svelare la grande complessità, le contraddizioni e il mistero della vita umana – scrive McGregor – è una delle priorità della carriera dei creativi del movimento invitati alla Biennale Danza 2024. Tutti gli artisti e le compagnie di quest’anno adottano il mezzo della danza come atto filosofico di comunicazione – mettendo alla prova i fondamenti della nostra conoscenza, sfidando le nostre nozioni di realtà ed estendendo la comprensione della nostra esistenza. Attraverso il loro lavoro ci invitano a chiederci da dove veniamo e dove siamo diretti, sondando l’essenziale all’interno, il cosa e il perché della sensibilità. Al centro del loro lavoro ci sono verità fondamentali, espresse in oggetti coreografici viventi realizzati in modo unico che ci parlano profondamente, risvegliano i nostri istinti e stimolano la nostra immaginazione. Nuovi modelli di co-creazione, processi collaborativi sperimentali al di fuori dei mezzi e delle forme artistiche tradizionali, in conversazione con la natura, la scienza, la tecnologia e la politica, ci catapultano in sinergie insolite con intuizioni inaspettate. Artisti che sfruttano le capacità dell’essere umano per superarne il potenziale, mentre ci ricordano con calma, grazia e urgenza che ciò che Noi Esseri Umani condividiamo è molto più grande di tutto ciò che ci divide’. Così lungo l’intero arco del festival si vedrà De Humani Corporis Fabrica, film/installazione di Véréna Paravel e Lucien Castaing-Taylor, registi e antropologi che firmano documentari sperimentali noti ai maggiori festival. In cinque diversi ospedali di Parigi i due cineasti seguono le più innovative tecnologie endoscopiche con cui la medicina osserva e opera per un viaggio dentro il mistero del corpo umano che sfida limiti fisici e culturali. Anche la danza cyborg della svizzera Nicole Seiler apre nuove strade e pone nuovi interrogativi. In Human in the Loop la Seiler sottopone a uno ‘stress test’ l’IA, provando a farne l’innesco del processo creativo con i danzatori in scena. Uno sconfinamento tra umano e artificiale che esplora il corpo tecnologico e il corpo biologico.


Un nuovo modo di sperimentare la danza ai tempi dell’IA è offerto anche dalla formazione taiwanese Cloud Gate, che festeggia i suoi cinquant’anni con la danza cosmica di Waves, concepita dal coreografo Cheng Tsung-lung con l’artista digitale Daito Manabe. I movimenti dei danzatori, tradotti in dati informatici, sono rielaborati dall’IA e trasmutati in nuove forme danzanti in dialogo con i danzatori in scena. Cinema d’animazione, teatro, musica, danza sono compresenti in Antechamber, opera degli artisti e musicisti Romain Bermond e Jean-Baptiste Maillet, noti come Stereoptik. Lo spettacolo è il making of di un corto, che narra il risveglio alle meraviglie del mondo di un ragazzo, e immerge il pubblico nel prender forma delle idee, nel materializzarsi di un personaggio, nell’evolversi di una storia, svelando il processo creativo della coppia. L’idea del processo creativo come performance è anche alla base di Find Your Eyes del pluripremiato fotografo britannico Benji Reid, che ha battezzato la sua pratica artistica choreo-photolist, facendo coesistere nelle sue creazioni fotografia, danza, teatro, racconto. Find Your Eyes s’ispira alla sua vita – esplorando vulnerabilità, tragedia e successo attraverso la lente del fotografo. Coreografando tre performer, Reid trasforma il palcoscenico nel suo studio fotografico e crea davanti al pubblico vere e proprie fotografie in movimento.


All’incrocio fra danza contemporanea e radici afro si colloca la ricerca del coreografo colombiano e attivista Rafael Palacios, allievo di Germaine Acogny e Irène Tassembédo, che in vent’anni di carriera ha affermato la diversità della danza afro-colombiana. Con la sua compagnia Sankofa Danzafro, per la prima volta in Italia, Palacios presenta Behind the South: Dances for Manuel, ispirato al romanzo epico di Manuel Zapata Olivella, Changó, el Gran Putas, sull’esperienza diasporica africana tra mitologia, spiritualità, radici ancestrali. Riattiva il mito classico Ruination, che la compagnia britannica di teatro danza Lost Dog, per la regia e la coreografia del fondatore Ben Duke, porta in scena con spirito anticonformista e in chiave contemporanea. Il mito di Medea trova espressione in un dramma giudiziario, riscritto con fantasia e umorismo in un mix di danza, musica, teatro. Il programma di commissioni, produzioni e coproduzioni della Biennale Danza, che destina risorse alla nuova creazione coreografica attraverso bandi nazionali e internazionali e attraverso Biennale College, ma anche attraverso la collaborazione con festival e istituzioni internazionali, vedrà in scena al 18. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, nomi in ascesa accanto a nomi già consolidati della scena contemporanea. Il dinamico duo Miller de Nobili (MdN), vincitore del bando nazionale per una coreografia inedita, con una visione che mescola break dance, danza contemporanea e danza urbana a tecniche teatrali, presenterà There Was Still Time, ispirato al mondo di Samuel Beckett. Noemi Dalla Vecchia e Matteo Vignali, alias Vidavé, anche loro vincitori del bando nazionale per una nuova coreografia, scavano nel passato con Folklore Dynamics, fra storie, proverbi, giochi, superstizioni e gesti delle diverse tradizioni che prendono forma nel movimento. Accanto a loro Melisa Zulberti, regista, coreografa, artista visiva argentina e vincitrice del bando internazionale per nuove coreografie, porterà alla Biennale il suo progetto interdisciplinare, Posguerra. Cuore pulsante del festival sono i giovani artisti di Biennale College – 16 danzatori e 2 coreografi – che dal 6 maggio al 3 agosto saranno in residenza a Venezia con un programma dedicato di apprendistato artistico che sia occasione di trasmissione di saperi, ma anche di confronto e cimento delle proprie esperienze e della propria creatività, un programma che culminerà nella presentazione di nuove coreografie commissionate dalla Biennale. Si tratta della nuova creazione in prima mondiale di Wayne McGregor, pensata per la Sala Grande del Palazzo del Cinema al Lido e realizzata in collaborazione con gli stessi danzatori del College unitamente ai componenti della Company Wayne McGregor. Sempre in prima mondiale The Bench di Cristina Caprioli, Leone d’oro alla carriera, che sarà maestra e creatrice per e con i danzatori del College. Infine due nuove creazioni originali ideate dai coreografi che verranno a breve selezionati, condivise e realizzate con gli stessi danzatori del College. Fra le coproduzioni della Biennale Danza spicca Tangent di Shiro Takatani, cofondatore e direttore artistico di Dumb Type, un nucleo di artisti che della ricerca tecnologica ha fatto uno stile di vita e impiega media diversi nel proprio lavoro, che trova espressione in mostre d’arte e installazioni museali, performance, produzione di audiovisivi, vantando collaborazioni con Ryoji Ikeda e Ryuichi Sakamoto. Tangent, con cui Shiro Takani dopo quasi dieci anni torna al lavoro per il palcoscenico, esplora lo spazio liminale tra arte, scienza e tecnologia.


In controtendenza, Alan Lucien Oyen sceglie un approccio analogico per Still Life, interpreti Daniel Proietto e Mirai Moriyama. Regista, coreografo e artista, esponente di punta di un’area fertile per le arti performative come il Nord Europa, Alan Lucien Oyen è uno dei due coreografi chiamato a creare per il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, oltre che coreografo stabile all’Opera e al Balletto nazionale norvegese e fondatore di un collettivo di artisti, ‘winter guests’. Infine, sempre in coproduzione con la Biennale, la compagnia indipendente con sede a Barcellona GN|MC, ovvero la catalana Maria Campos e il libanese Guy Nader, presenta un nuovo lavoro, ‘un’ode alla vita e alla sua fragile atmosfera’, un incontro fra danzatori che impiegando schemi di movimento ripetitivi e ciclici, evoca un’atmosfera ipnotica che altera la nostra percezione visiva trasformandola in un paesaggio di entità viventi. Tra i più seguiti coreografi della sua generazione, il destinatario del Leone d’argento Trajal Harrell, che ha portato le sue creazioni tanto in luoghi d’arte come in festival e teatri – fra cui MoMA, Stedelijk Museum, Biennale di San Paolo, Biennale di Gwangju, Festival di Avignone, The Kitchen di New York – inaugurerà e concluderà il festival con Sister or He Buried the body e Tambourines. Due lavori esemplari di quella ‘archiviazione fittizia’ con cui Harrell rigenera materiale storico e forme della danza pre-esistenti. Percorrerà il Festival un tributo al Leone d’oro alla carriera Cristina Caprioli, danzatrice, coreografa, teorica sperimentale, accademica e curatrice, che con i suoi lavori esprime un’idea di coreografia come ‘discorso critico in continuo movimento’, in cui l’atto creativo non è mai disgiunto dalla riflessione. Deadlock, Flat Haze, Silver sono fra i suoi ultimi lavori, cui si aggiunge The Bench, che Cristina Caprioli stessa, facendosi mentore d’eccezione, creerà per e con i danzatori e coreografi selezionati di Biennale College. Come ogni anno il festival sarà accompagnato da laboratori per specialisti ma anche aperti a tutti con alcune delle compagnie ospiti. Incontri e conversazioni permetteranno di avvicinare il pubblico agli spettacoli in programma. Infine, Indigo Lewis e Ravi Deprees, maghi dell’obiettivo fotografico l’una e del video il secondo, testimonieranno lungo l’intero arco del festival, compagnie e artisti invitati per l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale.

Biennale Teatro, le “Crisalidi” e le ferite di Ciro Gallorano

Biennale Teatro, le “Crisalidi” e le ferite di Ciro GalloranoVenezia, 16 lug. (askanews) – Uno spettacolo sospeso tra una dimensione di perdita radicale e un’altra di riconoscibilità; un percorso visivo e di messa in scena importante, che osa, che gioca con i generi e con le possibilità del teatro, ma anche che a volte sembra non concedere vie d’uscita al dolore che racconta, perdendo un poco di originalità. “Crisalidi” è l’opera che Ciro Gallorano, vincitore del Biennale College per la regia, ha portato alla Biennale Teatro 2024.


“Ogni volta che inizio un progetto – ha detto Gallorano ad askanews – c’è sempre un’interrogazione di fondo: che valore può aggiungere al teatro e anche al mio percorso di artista. Da quanta interrogazione e da questa ricerca è nato poi questo lavoro ‘Crisalidi’ ed è forse un lavoro anacronistico per i nostri tempi, che sono tempi molto rapidi, nei quali il produrre prende il sopravvento su tante altre cose”. “Crisalidi” è un lavoro ispirato alla vita, e alla morte prematura, di Francesca Woodman, che diventa in un certo senso simbolo universale della figura dell’artista, della sua grandezza, ma anche dei suoi incubi. Che in uno spettacolo senza parole prendono forme fisiche sorprendenti, spesso accompagnate da una scenografia difficile da dimenticare. Ma al fondo resta il discorso sulle fragilità. “In una società, la nostra, nella quale siamo abituati a mostrare sempre il lato migliore di noi, la parte felice, la parte social, quella di successo – ha aggiunto il regista – in questo lavoro invece vorrei fare emergere le crepe che ci sono in ognuno di noi”.


Nato nel 1988, Gallorano sembra cercare un linguaggio più vasto, più universale, che parte comunque dall’esperienza personale. “Quando faccio un lavoro – ha concluso – metto tanto me stesso, ma non è nulla di egoriferito, è un mettersi a nudo, mettere a nudo le proprie ferite, perché ho la sensazione che il teatro sia rimasto uno dei pochi luoghi veramente sinceri, nel quale la mia crepa, la mia ferita, può essere condivisa da una platea”. Proprio l’idea di teatro, questa idea di teatro, conferisce a “Crisalidi” una qualità differente, che permette allo spettacolo di non ripiegarsi su se stesso nei momenti in cui rischia di scivolare nella maniera e nella didascalia del dolore, di cui si può fare volentieri a meno.

Ts Edizioni, una guida per scoprire la Giordania

Ts Edizioni, una guida per scoprire la GiordaniaRoma, 16 lug. (askanews) – Un’agile guida completa per scoprire una terra magica e accogliente. TS Edizioni pubblica, anche in formato e-book, La Giordania in tasca di Alberto Elli, studioso del mondo antico mediorientale e appassionato viaggiatore.


L’autore, profondo conoscitore delle lingue semitiche e, in particolare dell’antico Egitto, scrive della Giordania nell’introduzione: “Qui, tra le sabbie dorate del deserto e le maestose vette delle montagne, avrete l’opportunità di esplorare un Paese ricco di contrasti e di bellezze straordinarie. La Giordania è molto più di Petra. Ci avventureremo nei paesaggi mozzafiato del deserto del Wadi Rum, dove le dune si ergono come giganti addormentati e le rocce si trasformano in sculture naturali dalle forme più stravaganti. Qui, tra le distese di sabbia dorata, vivremo l’esperienza unica di trascorrere una notte sotto un cielo stellato, circondati dal silenzio avvolgente del deserto”. Porto sicuro in una regione di conflitti, terra sicura e magnifica, la Giordania ha deliziato i visitatori per secoli con i suoi siti Patrimonio dell’Umanità, le città accoglienti e gli incredibili paesaggi desertici. Da Amman a Jerash, dal Mar Morto a Madaba, da Aqaba fino all’incredibile «città rosa» di Petra, questa guida completa ed essenziale, leggera e maneggevole, di facile consultazione, è uno strumento adatto da portare con sé in tasca o nello zaino. Tutta a colori con mappe, cartine e foto, consente di vivere in tempo reale le tappe più significative e imperdibili di un viaggio in una terra senza eguali per storia, cultura e meraviglie.


Continua l’autore: “Dopo l’esperienza del Mar Morto, nelle cui acque si può galleggiare senza sforzo e beneficiare delle proprietà curative del fango minerale, ecco il tempo e lo spazio da dedicare a Petra: la leggendaria città scolpita nella roccia. Immaginate di camminare lungo strette gole che si aprono improvvisamente su uno scenario mozzafiato: monumenti antichi, templi scavati e teatri millenari emergono dalla pietra rossastra, immergendo il visitatore in un’atmosfera surreale. Luogo carico di storia, fascino e mistero, Petra continua ad affascinare e stupire i visitatori di tutto il mondo”. Per ogni tappa e luogo vengono fornite informazioni sulla storia e l’archeologia, le curiosità, i riferimenti culturali e religiosi, la cucina e il folclore. Nel testo sono presenti: storia e itinerari; quando andare; cosa mangiare; luoghi ed esperienze imperdibili; flora e fauna; l’Islam in Giordania; i beduini oggi; la popolazione e la lingua; orari dei siti e contatti. Conclude lo studioso: “La Giordania è molto più di una destinazione turistica. È un viaggio attraverso la storia, la natura e la cultura, che lascia incantati. Quindi, preparatevi a vivere un’esperienza indimenticabile e a scoprire i segreti di questo straordinario Paese, dove ogni angolo nasconde un tesoro e ogni sorriso vi accoglie come un ospite amico”.

”Il Suono dell’Ombra”, il cortometraggio sui disturbi alimentari

”Il Suono dell’Ombra”, il cortometraggio sui disturbi alimentariRoma, 16 lug. (askanews) – Il tema drammatico dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA), che colpisce soprattutto i giovanissimi è stato esplorato con profondità e sensibilità, nel cortometraggio ‘Il Suono dell’Ombra’, scritto da Valentina Fratini Lyndon e diretto da Michele Picchi.


Nel nostro paese stiamo assistendo ad un aumento esponenziale dei disturbi del comportamento alimentare. Dati del Ministero della Salute stimano che in Italia oggi ne soffrano più di tre milioni di persone e decine di milioni di giovani e di adulti nel mondo si ammalano ogni anno. La pandemia ha peggiorato ulteriormente la situazione, con un incremento di casi stimato di almeno il 30-35%. Tipicamente questi disturbi hanno l’esordio in età evolutiva, anche se nella popolazione infantile, bambini di 8-9 anni, presentano sintomi di DNA tipici dell’età adolescenziale e adulta, e colpiscono maggiormente la popolazione femminile, ma il numero dei maschi sta aumentando soprattutto in età adolescenziale e pre-adolescenziale.


Il regista Michele Picchi – noto per aver lavorato come assistente alla regia con Ettore Scola (Capitan Fracassa), Ricky Tognazzi (Ultrà) e Giovanni Veronesi (Viola Bacia Tutti), nonché per essere sceneggiatore di produzioni cinematografiche e televisive – ha affrontato con coraggio il tema dei disturbi alimentari nel suo cortometraggio. Nel cast di primo piano i grandi attori del calibro di Enzo Decaro, attore nato professionalmente con il trio “La Smorfia” assieme a altri due grandi come Massimo Troisi e Lello Arena e la cui carriera è proseguita tra teatro, televisione e cinema.


Yvonne Sciò, attrice che esordisce grazie a uno spot pubblicitario che le permetterà di approdare prima al cinema al fianco di Carlo Verdone, poi in teatro con Gigi Proietti e in televisione con Non è la RAI, per proseguire con numerosi progetti sia come attrice che come regista, Sofia Plescia modella e giovane attrice del cortometraggio di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale “Per Sempre Insieme”, e Davide Reali attore marchigiano, impegnato in progetti di fiction e cinema. La produzione è stata curata dall’Associazione ALMAS, attiva dal 2014 e impegnata nella promozione di progetti di formazione e utilità sociale, con particolare attenzione al cinema, all’audiovisivo e agli eventi dal vivo, la cui Presidente, Sabina Pariante, è stata anche organizzatore.


La Financial Manager Sonia Giacometti, Vicepresidente di ALMAS, è tra le figure più attive nel finanziamento di documentari, cortometraggi, film, fiction e serie, sia con fondi pubblici che privati. Ha contribuito professionalmente a diverse produzioni cinematografiche, tra cui ‘Mamma qui comando io’ di Federico Moccia, ‘Copperman’ di Luca Argentero e ‘Nati due volte’ di Pierluigi Di Lallo, oltre a vari cortometraggi. Il coproduttore è rappresentato dall’azienda “1 Attimo in Forma”, leader nel settore degli alimenti energetici. L’azienda non è nuova a iniziative di sensibilizzazione/culturali. Roma, 16 lug. (askanews) – È stata infatti fortemente voluta dalla produzione per il suo impegno nel sociale. In ultimo infatti il progetto sulla fragilità giovanile – lanciato in occasione dell’ultima edizione di Cibus, il Salone Internazionale dell’Alimentazione – le cui conseguenti problematiche sfociano anche in disturbi alimentari. Il cortometraggio rientra nei canali di comunicazione, quali cinema, arte, musica, pittura che possono veicolare importanti messaggi ai nostri giovani. ‘Abbiamo continuato e ribadito il nostro impegno nell’affrontare tematiche di rilevanza sociale e legate a un’alimentazione contemporanea, consapevole e sostenibile; fedele alla nostra missione di sollecitare a condurre una alimentazione sana e corretta che non contempli eccessi, come racchiuso da sempre nel payoff “A ognuno la sua Forma”. L’azienda è particolarmente vicina alla tematica dei disturbi alimentari, tanto frequenti e connessi alla preadolescenza e all’adolescenza, ponendosi al fianco delle tante famiglie che si sentono disorientate di fronte all’avanzare di una civiltà dell’immagine che alimenta una visione distorta della realtà e degli obiettivi, frammentando e dissolvendo l’io alla ricerca di una propria strada e identità; la coproduzione di questo cortometraggio è stata uno dei passi che concretamente e quotidianamente abbiamo desiderato percorrere come punto di riferimento emotivo e culturale per chi si trova ad affrontare questi disagi; perché la fragilità torni ad essere un valore, e un modo di rappresentare la propria sensibilità’ – È quanto affermato dai vertici di “1 Attimo in Forma”. Il cortometraggio racconta la storia di Giada, una quindicenne amante della musica, che vive serenamente dedicandosi alla composizione, in contrasto con la madre Emma, desiderosa che si concentri sugli studi. Quando il ragazzo che piace a Giada, Claudio, ha mostrato interesse per Emma, Giada è diventata insicura riguardo al suo aspetto fisico e ha iniziato a soffrire di anoressia. La sua situazione è peggiorata progressivamente fino a quando, durante un viaggio dei genitori, è entrata in coma a causa della debolezza. Emma ed Enzo, disperati, hanno cercato di risvegliarla con la musica, sua grande passione. Rhapsodia Film, azienda guidata da Roberto Marra, che si distingue per fondere l’approccio convenzionale con scene ed elementi in animazione 2D, si è occupata della distribuzione. La post produzione è stata invece gestita dall’Università di Roma Tre, che, oltre ad essere sponsor del progetto cinematografico, ha fornito laboratori e attrezzature per garantire il conseguimento di un lavoro di assoluta eccellenza sotto il profilo puramente tecnico. Anche la Regione Marche ha contribuito alla realizzazione della produzione cinematografica, in particolare grazie all’impegno del Consigliere Regionale, Nicola Baiocchi. La location è stata Porto San Giorgio, scelta anche grazie alla preziosa consulenza dell’artista Francesca Guidi, che ha svolto l’attività di Location Manager. Si tratta di un pittoresco paese marchigiano situato tra mare, colline e montagne, ideale per una storia così emblematica. Le scenografie non sono state quindi solo di contorno, ma parte integrante della narrazione, aiutando i protagonisti a riscoprire sé stessi e i valori fondamentali di condivisione, aiuto, solidarietà e amore, spesso dimenticati. Il sindaco Valerio Vesprini e l’assessore alle Politiche sociali e Cultura Carlotta Lanciotti hanno avuto un ruolo insostituibile per il supporto all’organizzazione e aver concesso l’opportunità di poter svolgere le riprese nella loro splendida località e in particolare nel Distretto sanitario e a Villa Santa Maria al Poggio di Chiara e Francesco Mazzini. “Gli scopi sociali di prevenzione contro i disturbi del comportamento alimentare fanno di questo progetto un prezioso alleato nel lungo e articolato percorso di formazione del giovani – sottolinea Lanciotti -. Ringraziamo sentitamente gli sponsor e tutti coloro che hanno sostenuto il corto permettendone la realizzazione”. “Il Suono dell’Ombra’ ha mirato a diffondere il messaggio che ognuno di noi ha il potere di scegliere, un potere spesso negato alle vittime dei disturbi alimentari. Il progetto è stato sostenuto dal Ministero della Salute e ha coinvolto centri di salute mentale, associazioni di pazienti, istituzioni educative, professionisti del settore medico e psicologico, aziende alimentari, media e tutte le organizzazioni interessate a promuovere un rapporto sano con il cibo e il corpo”, ha affermato ALMAS Produzioni. “La negligenza può aver contribuito alla diffusione dell’anoressia, lasciando vittime silenziose. L’aumento dei disturbi alimentari ha confermato questa triste realtà. Ognuno di noi ha un ruolo nel combattere questa malattia: genitori, operatori sanitari, istituzioni educative, associazioni di supporto, professionisti del settore e cittadini. Non possiamo più ignorare il problema. Dobbiamo informare, sensibilizzare ed educare le nuove generazioni su cosa significhi avere un rapporto sano con il cibo, promuovere l’autostima e la consapevolezza corporea, e comprendere quanto l’incuria e l’ignoranza possano essere devastanti”, ha concluso il regista, Michele Picchi.

Immagini nel tempo, Bill Viola e l’invenzione del video come arte

Immagini nel tempo, Bill Viola e l’invenzione del video come arteMilano, 14 lug. (askanews) – Con la morte di Bill Viola si chiude un capitolo della storia dell’arte contemporanea: quello che ha visto la definitiva affermazione delle immagini in movimento come parte integrante del sistema. Con lui il video ha raggiunto lo stesso valore della pittura, della scultura e dell’installazione e noi, che oggi diamo semplicemente per acquisito questo aspetto, in qualche modo lo dobbiamo a Viola.


Le sue opere sono messe in scena di grandi dipinti del passato, oppure riflessioni sul senso del peccato e della morte, tema sempre costante nel suo lavoro. I suoi corpi hanno una forma drammatica, i suoi fuochi ardono veramente, la sua potenza narrativa passa attraverso il mito e lo slow motion, un’accoppiata che genera l’emozione dell’opera e la sua impellente necessità di essere contemporanea. Definito “il Rembrandt dell’età del video”, Bill Viola era nato a New York nel 1951, da genitori di origine italiana, sembra provenienti dal Varesotto in Lombardia. Come artista è cresciuto nel contesto delle avanguardie americane, ma ha sempre guardato anche alla grande arte rinascimentale, tanto che in molti hanno messo in reazione il suo uso dei corpi a quello fatto da Michelangelo.


Nelle opere di Viola si percepisce certamente il senso del tempo, la densità di una consapevolezza della storia dell’arte, ma anche una semplice passione per la costruzione di un’immagine in vista del suo manifestarsi. I suoi video non solo offrono delle immagini, ma ne raccontano la costruzione, l’idea stessa, mentre noi la osserviamo. C’è una cura, una delicatezza profonda, ma anche la semplice brutalità di trovarsi di fronte a dei Fatti nel Tempo, che svelano la natura sempre mediata di ciò che ci ostiniamo, ingenuamente, a chiamare “realtà”. E le opere portano anche alla presa di coscienza di un altro elemento, ossia che tutto ciò che noi vediamo, il modo in cui lo vediamo, spesso è stato già visto da qualcun altro, che ci ha fornito una prospettiva per guardare e questa prospettiva in Bill Viola spesso arriva da quella che possiamo chiamare “mitologia”, oppure “letteratura” o ancora “arte”. E le opere video sono una delle possibili nuove forme che, nel tempo, questo modo di guardare riesce ad assumere, rinnovando le manifestazioni dell’umano. (Leonardo Merlini)

Treccani,la voce “autorità” di Augusto Del Noce diventa un libro

Treccani,la voce “autorità” di Augusto Del Noce diventa un libroRoma, 12 lug. (askanews) – “L’eclissi dell’idea di autorità è tra i tratti essenziali del mondo contemporaneo: ne è anzi, certamente, il tratto più immediatamente percepibile”. Con questa considerazione iniziava la voce Autorità redatta dal filosofo e politologo Augusto Del Noce nel 1975 per l’Enciclopedia del Novecento, una delle opere più importanti dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, riproposta in questi giorni per Treccani Libri con una prefazione del Direttore Generale Massimo Bray.


Una voce quanto mai attuale che, come scriveva Del Noce, richiama l’attenzione su quel vuoto di autorità intesa come guida o “direzione”, secondo l’origine etimologica di auctoritas che deriva da augere, far crescere, che include l’idea che “nell’uomo si realizza l’humanitas, quando un principio di natura non empirica lo libera dallo stato di soggezione e lo porta al fine che è suo, di essere razionale e morale”. Ma oggi – un oggi di cinquant’anni fa che sembra adesso – per Del Noce “la sensibilità corrente associa per lo più l’idea di autorità a quella di repressione, la fa coincidere, al contrario di ciò che l’etimo esprime, con ciò che arresta la crescita, che vi si oppone”.


Il libro Autorità contiene una riflessione sul mondo contemporaneo occidentale, strettamente connessa con la crisi della tradizione e con l’affermazione del primato del benessere e della libertà, con l’ausilio del pensiero di molti filosofi otto-novecenteschi come Weber, Guènon, Arendt, Weil o Adorno e declinata nei fenomeni storici più importanti degli ultimi secoli: rivoluzioni, guerre mondiali, totalitarismi. Il venir meno di autorità come guida ha finito per toccare, come ricorda Bray nella sua prefazione – “alcune delle strutture fondamentali della vita collettiva, purtroppo oggetto negli ultimi decenni di processi di delegittimazione e privazione di autorevolezza: famiglia, scuola e istituzioni politiche, pur continuando a svolgere un ruolo imprescindibile appaiono oggi indebolite e sempre più in affanno nell’adempiere al loro tradizionale compito di indirizzo e guida nel percorso di partecipazione degli individui alla vita di comunità”.


In questo senso, conclude Bray, “la rilettura della voce redatta da Augusto Del Noce potrà certamente rappresentare un’esperienza ricca di riferimenti e spunti di riflessione più che mai attuali”.

Biennale Danza, Wayne McGregor riconfermato direttore artistico

Biennale Danza, Wayne McGregor riconfermato direttore artisticoVenezia, 11 lug. (askanews) – Wayne McGregor è stato riconfermato come direttore artistico del Settore Danza della Biennale di Venezia per il biennio 2025-2026. Lo ha stabilito il Consiglio di amministrazione, presieduto da Pietrangelo Buttafuoco. McGregor era stato nominato direttore del Settore Danza dal precedente Consiglio di amministrazione nel 2020, nomina in scadenza dopo il 18esimo Festival Internazionale di Danza Contemporanea in programma a Venezia dal 18 luglio al 3 agosto.


“Wayne McGregor – ha commentato il presidente Pietrangelo Buttafuoco – è riuscito a costruire per la Biennale Danza un progetto di grande respiro, mettendo in campo una sensibilità straordinaria che guarda con attenzione alle generazioni più giovani nella scena del mondo. Vederlo all’opera in queste ultime settimane, studiarne la stupefacente immaginazione e la fatica sua di Maestro nella esclusiva scuola qual è il College di Biennale Danza, mi ha permesso di capire che il suo lavoro merita altro tempo per consolidare pratiche e visioni importanti per la nostra istituzione. Con Wayne Mc Gregor, nel segno di un nuovo fatto d’arte, e ancora una volta qui a Venezia, ci siamo dunque dati appuntamento e sono perciò felice di annunciare la sua riconferma per il biennio 2025-2026”. Secondo Wayne McGregor “è stato un grande onore e un piacere sotto il profilo creativo curare gli ultimi quattro anni della Biennale Danza. Un periodo in cui siamo riusciti a far crescere il Festival fino a farlo diventare un evento internazionale della durata di tre settimane, commissionando e invitando artisti straordinari provenienti da sei continenti che hanno entusiasmato e ispirato un pubblico sempre più numeroso”. E prosegue: “Nei prossimi due anni continueremo la nostra missione di investimento nei nuovi talenti della danza contemporanea, dando spazio alle loro voci attraverso Biennale College e i nostri programmi di formazione pensati ad hoc. Non vedo l’ora di lavorare con la brillante squadra della Biennale per portare avanti una visione potente e in continua trasformazione della danza oggi”.


Lo scorso 15 giugno Sir Wayne McGregor è stato nominato baronetto da Sua Maestà Re Carlo III “per il suo contributo pionieristico nel campo della danza”. Il 21 giugno ha presentato in prima mondiale al Montepellier Danse Festival il nuovo lavoro Deepstaria con Company Wayne McGregor, per debuttare poco dopo alla Metropolitan Opera House di New York con Woolf Work, già premiato con un Olivier Award, ospite d’onore Alessandra Ferri, per cui era stato originariamente concepito il pezzo, entrando nel repertorio dell’American Ballet Theatre. Nel novembre 2024 McGregor porterà in scena la visione post-apocalittica di Margaret Atwood nel balletto in tre atti MADDADDAM, in prima europea alla Royal Opera House di Londra (una commissione dal National Ballet of Canada e dal Royal Ballet).


La conferma di McGregor arriva pochi giorni dopo la nomina di Willem Dafoe come direttore artistico del settore Teatro della Biennale: l’attore americano ha preso il posto del duo ricci/forte.

”Antidolorifico”, un noir-pulp di Lorenzo Mazzoni

”Antidolorifico”, un noir-pulp di Lorenzo MazzoniRoma, 11 lug. (askanews) – Per le Edizioni La Gru esce in libreria “Antidolorifico”, un noir-pulp di Lorenzo Mazzoni. un libro sui generis, anche a partire dal progetto editoriale. “Antidolorifico” esce nella collana Libero Marzetto, un progetto unico per due motivi: ogni storia nasce dall’ascolto di una canzone scelta dalla redazione e sottoposta all’autore; ogni libro viene tirato in 149 copie numerate.


Antidolorifico è Un noir-pulp ironico e dissacrante, un romanzo corale in cui i personaggi, tutti al limite della società per bene, cercano di barcamenarsi e di trovare l’occasione della vita. Anche se poco lecita. Un libro, che risente del peso di un certo cinema di genere, nato dall’ascolto di Painkiller, brano che la band svedese Bakyard Babies ha scritto assieme a Tyla dei The Dogs d’Amour. Un viaggio lisergico ai margini del genere umano. Lorenzo Mazzoni (Ferrara, 1974) ha vissuto a Lon- dra, Istanbul, Parigi, Sana’a, Hurghada e ha soggiornato per lun- ghi periodi in Marocco, Romania, Vietnam e Laos. Scrittore, sag- gista e reporter ha pubblicato una ventina di romanzi, tra cui A- pologia di uomini inutili (La Gru, 2013), Quando le chitarre facevano l’amore (Spartaco, 2015), Un tango per Victor (Edicola, 2016), Il muggito di Sarajevo (Spartaco, 2016), In un cielo di stel- le rotte (Miraggi, 2019). Ha creato l’ispettore Pietro Malatesta, protagonista della seria noir (illustrati da Andrea Amaducci ed edita da Koi Press) Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico.


Diversi suoi reportage e racconti sono apparsi su Il manifesto, Il Reportage, East Journal, Scoprire Istanbul, Reporter e Torno Giovedì. Mazzoni è inoltre docente di scrittura narrativa di Corsi Corsari e consulente per diverse case editrici.