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A Positano prima Photo Challenge su una Mostra d’Arte al femminile

A Positano prima Photo Challenge su una Mostra d’Arte al femminileRoma, 1 lug. (askanews) – Prende le mosse da oggi a Positano, in Piazza Flavio Gioia, la Mostra: “THE FEMALE SCULPTURE, SYMBOL OF FREEDOM”, che espone le opere di tre grandi scultrici di rango internazionale: la peruviana Mariela Garibay, la spagnola Isabel Miramontes e l’italiana Rabarama che, fino al 31 ottobre prossimo, attraverso la loro Arte, solleciteranno l’interesse e il godimento estetico di turisti e residenti, in un luogo che è uno snodo iconico della città, nel cammino verso il mare.


La Mostra, che gode del Patrocinio morale del Comune di Positano, è organizzata da Italian Fine Art Gallery di Maria Mucciolo. L’esposizione – informa una nota degli organizzatori – ha un filo conduttore sotteso: ancora oggi le donne non hanno preso interamente consapevolezza dell’importanza di amare sé stesse per realizzarsi completamente come persona.


Quest’alleanza in nome della bellezza e dell’autodeterminazione farà il giro del mondo, grazie a una Photo Challenge attraverso la quale si inviterà i visitatori a scattare foto delle tre opere – o una panoramica, secondo l’estro fotografico e l’interpretazione di chi scatta – pubblicandole poi su Instagram e taggando la pagina Instagram “LiberArt_Challenge_Positano” in una sfida che avrà un premio simbolico per tutti e alcuni premi concreti per le fotografie più significative, secondo un regolamento che verrà spiegato nel QR Code apposto sui basamenti delle opere. Grande soddisfazione per l’iniziativa, a cui il Comune di Positano ha deliberato il Patrocinio morale, l’ha espressa il sindaco Giuseppe Guida, ricordando come la sua città abbia, “sin dagli anni ’30 del XX secolo, costituito un’enclave di arte contemporanea, in particolare al femminile, caratterizzandosi rispetto all’intera Costiera e accogliendo artisti da tutto il mondo. Memorabili gli anni in cui, a partire dal 1963, Edna Lewis fondò l’Art Workshop, sancendo tale ruolo promozionale dell’Arte. Intendiamo ora riprendere il timone di tale politica culturale territoriale e la Mostra che si apre oggi – rimarca il sindaco Guida -rappresenta la nostra dichiarazione d’intenti per palesare il nostro orientamento a candidarci come città che fa della cultura uno dei propri punti di forza, in particolare dichiarandoci “libero territorio dell’arte contemporanea”. Una visione che ci viene dal passato e che radicheremo ancor più nei tempi a venire.”

Biennale Teatro, consegnato il Leone d’Oro a Back to Back Theatre

Biennale Teatro, consegnato il Leone d’Oro a Back to Back TheatreVenezia, 30 giu. (askanews) – Il Leone d’Oro alla carriera della Biennale Teatro 2024 è stato consegnato alla compagnia australiana Back to Back Theatre nel corso della cerimonia di premiazione a Ca’ Giustinian a Venezia.


Fondata nel 1987 da un nucleo di artisti – Simon Laherty, Sarah Mainwaring, Scott Price – tutti diversamente abili, cui si aggiunge nel 1999 Bruce Gladwin come direttore artistico, Back to Back Theatre ha conquistato le platee di tutto il mondo nell’arco di trent’anni e con oltre trenta titoli. Opere che affrontano tematiche sociali, politiche, filosofiche mettendo in discussione la costruzione dei nostri immaginari e la nostra percezione della normalità. Un percorso costellato di premi, dall’International Ibsen Award nel 2022, all’Herald Angel Critics’ Award dell’International Edinburgh Festival nel 2014 e al Bessie Award di New York nel 2008 oltre ai tanti Green Room Awards collezionati in patria. “I Back to Back Theatre, sotto la guida di Bruce Gladwin – hanno scritto i direttori artistici della Biennale Teatro Stefano Ricci e Gianni Forte – espongono la vulnerabilità degli organismi per amplificare il senso di una comunicazione che limita, che impedisce… I corpi in scena diversamente abili dei Back to Back, nei paesaggi distopici di un reale che ruggisce, al di là della rappresentazione artistica sono realmente presenti e assumono un significante altro. Una parabola visionaria di comunicazione che disintegra con ferocia poetica ogni pregiudizio, ogni stigma di compassione: se il corpo ha limiti espressivi, tali demarcazioni in scena diventano a loro volta grammatica differente. Le nostre paure, le puritane tolleranze, la cecità morale vengono soffiate via dalle fiabe crudeli dei mondi perigliosi dei Back to Back Theatre, dove la diversità è portatrice di amplificazione di conoscenza, di inclusione, per curare le deformità di consapevolezza di noi apparenti abili. Perché qualunque limitazione una persona possa sentire, spetta a noi in quanto consorzio umano il doverla rimuovere; questo fa la cultura, questo è il teatro da meritare, questo e molto altro è il Back to Back Theatre”.


In questa Biennale la compagnia ha portato lo spettacolo “Food Court”, uno spaccato di tenerezza e violenza che ha colto l’orrore di fondo della nostra società, i suoi vuoti, le disperate mancanze di affetto e di vicinanza che generano poi l’isolamento e le reazioni aggressive. Sul palco gli attori diversamente abili impersonano la sopraffazione, l’incapacità di vedere e ascoltare l’altro. Mettono in scena forme di odio che si rivelano, banalmente, essere quella della società, le nostre. Che viste da questa prospettiva spezzano il velo di ipocrisia e fanno, se possibile, ancora più paura.

Le voci, la storia: una nuova audioguida per la Fondazione Cini

Le voci, la storia: una nuova audioguida per la Fondazione CiniVenezia, 29 giu. (askanews) – Una narrazione sceneggiata e contemporanea, dentro la quale si possono incontrare Andrea Palladio o Jorge Luis Borges: è questa l’idea alla base della nuova audioguida della Fondazione Giorgio Cini a Venezia, che è stata progettata e scritta da Ilaria D’Uva, che guida l’azienda di famiglia che opera da oltre 60 anni nell’interpretazione del patrimonio culturale e nella gestione dei servizi museali, il padre Giovanni, infatti, nel 1959 realizzò la prima audioguida.


“Quello che abbiamo fatto – ha detto ad askanews Ilaria D’Uva, amministratrice della D’Uva e co-autrice della nuova guida con Francesca Ummarino – è di creare un’audioguida che vede coinvolti personaggi che sono stati significativi per questo luogo, quindi Andrea Pallagio, Baldassare Longhena, l’abate Morosini, Vittorio Cini che scrive al figlio Borges a cui è dedicato il labirinto, che sono interpretati da delle grandissime voci, per esempio abbiamo Eleonora Duse che è interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, abbiamo Vittorio Cini interpretato da Diego Ribon e tutto questo è arricchito da una colonna sonora originale composta da Antonio Fresa e registrata e interpretata con i solisti dell’Orchestra del Teatro della Fenice che esce dall’audio guida e diventa anche un disco che produciamo con un’etichetta milanese che si chiama Adesiva Discografica”. Come si vede l’idea di racconto spazia su più fronti, gioca ad allargare lo spazio reale e immaginario della Fondazione, a rimescolare il tempo e ad amplificare l’esperienza. Cosa interessante, il fatto di farlo con le voci, senza ricorrere ad altre tecnologie, lasciando che sia la dimensione, se volete, teatrale più classica a farsi largo durante la visita. “La vera novità – ha concluso D’Uva – è che noi vogliamo cogliere le emozioni e puntiamo tutto sulla narrazione, sui racconti, sulle emozioni delle parole e della musica”.


E gli spazi della Fondazione Cini, nella loro eleganza, sembrano un palcoscenico adatto e consapevole per fare risuonare questa nuova narrazione.

I primi 101 albi di Topolino all’asta da Bolaffi il 10 luglio

I primi 101 albi di Topolino all’asta da Bolaffi il 10 luglioMilano, 27 giu. (askanews) – I primi 101 albi del Topolino Libretto meticolosamente conservati negli anni in un’unica collezione privata. Il raro “tesoro ritrovato” andrà all’asta mercoledì 10 luglio alle ore 15.30 in modalità internet live sul sito www.astebolaffi.it.


I fumetti, acquistati in edicola e custoditi da un solo proprietario avvolti in pagine di giornale, sono un unicum in fatto di conservazione: si presentano infatti in uno stato pari al nuovo. Autentici oggetti di culto dai quali traspare la grande qualità che contraddistinse le prime edizioni del fumetto disneyano. Sono tutti albi da edicola, con giochi ancora nuovi e completi di bollini, introvabili in questo stato. Tra questi, il numero 1, il più collezionato e desiderato, e il n. 74 con formato spillato. Col n.75, completo anche dei rari occhialini per leggere una storia a fumetti in 3D, si passa al formato in brossura con costa a colori. Il n.7 introduce Paperon de Paperoni, personaggio centrale e tra i più amati delle storie Disney italiane.


I lotti saranno prima battuti singolarmente; una volta terminati, sarà battuto il lotto 101 bis, comprendente tutta la collezione, la cui base d’asta sarà costituita dalla somma delle aggiudicazioni dei singoli lotti. Chi offrirà di più, dunque, potrà aggiudicarsi l’intera raccolta. “Possedere una collezione come questa – commentano da Aste Bolaffi – non significa soltanto avere tra le mani dei pezzi di storia del fumetto, ma anche un tassello di tradizione culturale che ha segnato l’infanzia e l’immaginazione di milioni di persone. La raccolta rappresenta un investimento non solo economico, ma anche emotivo e culturale, offrendo una connessione tangibile con il passato e con le radici del fumetto italiano”.

Superimposition, un progetto d’arte sui vermi sonori

Superimposition, un progetto d’arte sui vermi sonoriMilano, 26 giu. (askanews) – Un progetto che si occupa dei vermi sonori, ossia quegli agenti sonori scoperti nella seconda metà dell’Ottocento che coercitivamente si insinuano nel cervello fino a diventare parassiti e innescare meccanismi cognitivi di controllo. Conosciuti già alla fine dell’Ottocento, i fenomeni furono successivamente definiti come vermi cerebrali di Oliver Sacks. I vermi sonori sono legati alla cultura di massa come la musica pop, pubblicità, videogiochi e sigle televisive. Abitano anche aeroporti, bar, negozi, palestre e centri commerciali, e sono caratterizzati da sequenze di melodie ridondanti e difficili da dimenticare. Riconoscere questi meccanismi è complesso, a causa di una debolezza generale, se una vera e propria assenza di educazione all’ascolto.


“Superimposition” è un progetto artistico di Polisonum, collettivo artistico composto da Filippo Lilli e Donato Loforese, che utilizza il suono come metodo di indagine e strumento per esplorare processi e metamorfosi legati al tempo presente. “Superimposition” ha avviato un’analisi dei dati di oltre 10.000 brani musicali presenti nelle classifiche internazionali dal 2000 al 2022. Questa analisi – che è in base alla quantità e ripetitività della musica – è stata automatizzata con un apposito software sviluppato. La loro sovrapposizione generata matematicamente compone l’opera “Sovrapposizione”, una composizione in cui non è riconoscibile alcuna melodia. L’opera è concepita come atto performativo, una sfilata che rievoca antichi rituali in cui i performer e il pubblico diventa un corpo unico sul palco. Gli indumenti realizzati con tessuti fonoassorbenti, che sembrano abiti scultorei, sono stati presentati in una coreografia da sfilata di moda.


La drammaturgia scenica e sonora dello spettacolo è stata interpretata anche nella storica Cercle Cité di Lussemburgo, alla fine di aprile, con la curatela di Francesca Ceccherini e Anastasia Chaguidouline. “Superimposition” è sostenuto dalla Direzione Generale per la Creatività Contemporanea del ministero della Cultura italiano nell’ambito del programma dell’Italian Council (2023). Dopo un tour in molte istituzioni internazionali l’opera entrerà nella collezione del MAMbo – Museo d’Arte Moderna Bologna.

Roma, l’opera immersiva “Nebula” protagonista del VII Videocittà

Roma, l’opera immersiva “Nebula” protagonista del VII VideocittàRoma, 26 giu. (askanews) – Una delle più grandi opere immersive mai realizzate in Europa: 400.000 laser a illuminare un gigantesco cilindro metallico di oltre 3.000 metriquadri di superfice e 75 metri di altezza. Un’icona mondiale della musica elettronica e delle colonne sonore con un duo di artisti tra i più attivi creatori di installazioni digitali in ambito internazionale. È Nebula, l’imponente opera artistica site specific firmata dai Quiet Ensemble con le musiche originali di Giorgio Moroder, che sarà la protagonista della VII edizione di Videocittà – il festival ideato da Francesco Rutelli, con la direzione creativa di Francesco Dobrovich, che indaga le frontiere più avanzate dell’audiovisivo, in programma al Gazometro di Roma dal 5 al 7 luglio.


L’installazione è realizzata da Eni, curata da Videocittà, con il supporto scientifico dell’Inaf e dell’Osservatorio Astronomico di Roma e con la produzione esecutiva di Eventi Italiani. L’opera verrà accesa il 5 luglio, giorno di apertura del festival, alla presenza di Giorgio Moroder e dei Quiet Ensemble e sarà visitabile in tutti e tre i giorni del festival dalle 22 alle 3 di notte. Ad anticipare l’accensione, uno speech di Andrea Moccia (fondatore di Geopop), a seguire alle 19.30, il pubblico del festival potrà seguire l’incontro fra Giorgio Moroder, Quiet Ensemble e Francesco Dobrovich, curato da Nicolas Ballario per scoprire la genesi, il processo creativo, la tecnologia utilizzata e tutti i dietro le quinte relativi all’opera. Nebula investirà il cilindro metallico più grande del complesso del Gazometro, monumento simbolo del quartiere Ostiense e della Roma contemporanea, trasformandolo in uno spazio di osservazione intergalattica. Una spettacolare esperienza audiovisiva immersiva in grado di ricreare una costellazione fittissima che avvolgerà il pubblico completamente da ogni direzione, rendendo il Gazometro una sorta di telescopio che si innalza verso il firmamento, tracciando un collegamento tra cielo a terra,  portando una porzione di cielo all’interno del cilindro.


L’idea dei Quiet Ensemble – una delle più brillanti eccellenze italiane della creazione digitale immersiva contemporanea, è quella di ricreare il percorso che un viaggiatore spaziale potrebbe seguire partendo dalla crosta terrestre fino allo spazio. Proiettori laser faranno brillare un’infinità di cavi d’acciaio e le microparticelle di polvere che si alzano dal terreno, ricreando così una vera e propria nebulosa, immensa composizione di gas e polveri cosmiche. Ogni fase di questo viaggio interstellare avrà una sua accezione sonora, una sua intensità, una sua spazializzazione, grazie a suoni provenienti da galassie lontane, ovvero le musiche realizzate appositamente per Videocittà dal pioniere dell’uso del sintetizzatore, maestro di colonne sonore, tre volte Premio Oscar Giorgio Moroder, recentemente insignito con un David di Donatello alla Carriera e riconosciuto in tutto il mondo come una delle figure più influenti dell’elettronica e della disco music.  Con Nebula continua la quadrilogia iniziata nel 2022 con l’installazione dello studio multidisciplinare fuse* Luna Somnium, ispirata a uno scritto di Keplero, e proseguita lo scorso anno con Mater Terrae dello studio leader in spettacoli multimediali all’avanguardia Sila Sveta con la musica originale del producer Mace. Dopo la Luna e la Terra, dunque, quest’anno Videocittà si proietta nell’Universo.

Rai Libri: esce “Oro Rosa” di Marco Lollobrigida

Rai Libri: esce “Oro Rosa” di Marco LollobrigidaRoma, 26 giu. (askanews) – Rai Libri presenta “Oro Rosa. Le donne che hanno portato l’Italia in cima al podio olimpico”, di Marco Lollobrigida.


Da Ondina Valla, prima italiana a vincere la medaglia d’oro ai Giochi olimpici del 1936, quando primeggiò a Berlino negli 80 metri a ostacoli, alla velista Caterina Banti, straordinaria protagonista a Tokyo alle scorse Olimpiadi nel Catamarano Misto. Ventidue storie di sport e di vita, quelle raccontate da Marco Lollobrigida in “Oro Rosa”, un viaggio lungo quasi cento anni che attraversa i successi e le emozioni di campionesse del calibro della libellula azzurra Sara Simeoni, che conquistò Mosca nel 1980, di Gabriella Dorio, che fece sognare Los Angeles solo quattro anni più tardi, di Federica Pellegrini, regina assoluta a Pechino nel 2008. Capitolo dopo capitolo, si susseguono i ritratti di donne che hanno reso grande lo sport azzurro e l’Italia: Antonella Bellutti, Paola Pezzo, Josefa Idem, Alessandra Sensini, Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca, Antonella Palmisano e tante altre ancora. Il libro racconta l’evoluzione della figura femminile nella storia delle Olimpiadi, tra sogni e sacrifici, traguardi sportivi e importanti scelte di vita. A firmare la prefazione, il Presidente del Coni Giovanni Malagò.


“Oro Rosa” di Marco Lollobrigida, edito da Rai Libri, è in vendita nelle librerie e negli store digitali dal 26 giugno. Marco Lollobrigida. Nato a Roma nel 1971, ha cominciato a ventuno anni a lavorare per l’emittente regionale Rete Oro, arrivando in Rai nel 2001. Ha seguito come conduttore e telecronista 5 Olimpiadi, 4 Campionati mondiali di calcio, 3 Campionati europei di calcio e per quattro anni ha condotto, su Radio 2, “Campioni del Mondo”, programma dedicato al calcio e agli sport olimpici. Sua è stata la conduzione di trasmissioni storiche come “La Domenica Sportiva” e “90° minuto”. Ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio di Cultura Sportiva Beppe Viola (2017), il Premio giornalistico Nicolò Carosio (2021), il Premio Federico II per la comunicazione e il giornalismo sportivo (2023) e il Premio nazionale Pratola (2024). Docente a contratto di Sport e Media presso Università degli studi Link. Attualmente è vicedirettore di Rai Sport.

Biennale Teatro, la “Creazione” di Gob Squad: profonda e leggera

Biennale Teatro, la “Creazione” di Gob Squad: profonda e leggeraVenezia, 25 giu. (askanews) – Si parte, se volete, dal mito di Dorian Gray: il ritratto, la giovinezza, la paura di invecchiare, i corpi e lo spirito. Ma poi si va molto più lontano, si entra in uno spazio che è radicalmente teatrale, proprio per il fatto di abbattere molti dei vincoli del teatro. Lo spettacolo “Creation” del collettivo anglo tedesco Gob Squad, premiato con il Leone d’argento della Biennale Teatro 2024, è un’esperienza del presente, uno spazio dove si ride e si piange nello stesso momento, un’opera d’arte che riflette su se stessa e, così facendo, diventa “vera”.


“Non abbiamo una sceneggiatura scritta, non abbiamo testi – ha detto ad askanews Simon Will, uno dei membri del collettivo artistico -. Tutto in qualche modo è improvvisato e usiamo la lingua di tutti i giorni. Stare sul palco, in un certo senso, è la stessa cosa di questa conversazione. Con la differenza che nello spettacolo cerchiamo di andare più in profondità, cerchiamo di porci domande e di dare risposte su cose delle quali nella vita normale si parla meno. Affrontiamo i temi della solitudine, dell’invecchiamento o del decadimento, e sul palcoscenico ti accorgi che lo puoi fare”. Lo spettacolo, che coinvolge anche attori veneziani chiamati in un certo senso a recitare se stessi e si muove dall’inglese all’italiano con naturalezza, prende forma intorno a cornici fisiche e metaforiche, ragiona sull’idea di cosa rende tale un’opera d’arte e, così facendo, coinvolge il mondo che sta al di là del palcoscenico. “Gob Squad – ha aggiunto Sharon Smith – usa spesso questa frase: diamo una cornice alla realtà. Mettiamo una cornice intorno a episodi della vita di tutti i giorni, mettiamo in connessione il teatro con la strada, oppure raccogliamo i passanti o interagiamo con il pubblico. Perché ci interessa elevare il quotidiano, il banale, e renderlo bello come un’opera d’arte. Quindi semplicemente se incontriamo una persona per strada noi costruiamo un suo ritratto, che la eleva per un momento, e la porta dentro, la trasforma in un’opera d’arte”.


In scena a un certo punto un personaggio di mezza età dialoga con un se stesso giovane e con uno anziano: la scenografia, che vive anche di immagini video riprese in diretta dagli stesi attori, abbraccia questo momento e, senza retorica, ci fa pensare al tempo passato e perduto, ai sogni che magari si realizzeranno e a quelli che non lo hanno fatto. La vita finirà, è inevitabile, certi applausi saranno gli ultimi, lo sappiamo. Ma, nonostante tutto, quello che passa ha il sottile profumo della possibilità e della speranza. “Tutto può succedere – ha concluso Will – improvvisamente capita che giri un angolo e le cose diventano completamente diverse e inaspettate”. Come si dice, “con un colpo di teatro”, ma forse la frase fatta andrebbe ribaltata: “un colpo di vita”, che certo teatro trova il modo di rendere reale sulla scena. (Leonardo Merlini)

Cultura, si apre dopodomani il Festival dell’Argentario

Cultura, si apre dopodomani il Festival dell’ArgentarioRoma, 25 giu. (askanews) – Tutto pronto a Porto Santo Stefano per “Il Festival dell’Argentario”: al via da dopodomani, giovedì 27 e fino a domenica 30 giugno, la rassegna di incontri e dibattiti sui temi del nostro tempo con spazio anche alla grande musica.


Nato come ideale prosecuzione dell’omonimo storico evento, la cui prima edizione si svolse nel 1961, la manifestazione, promossa dal Comune di Monte Argentario, si svolgerà dalle ore 21.30 alle ore 23.00 circa nella centralissima Piazza dei Rioni, affacciata sul mare. Una location d’eccezione che, con i grandi protagonisti dell’informazione, della cultura e della musica accolti dal giornalista Gigi Marzullo, si trasformerà in una sorta di “salotto” cittadino all’aria aperta, una vera e propria occasione di dibattito e condivisione in luogo ideale di ritrovo e confronto. Ad inaugurare gli incontri pubblici sarà Bruno Vespa che giovedì 27 giugno salirà sul palco con la giornalista e scrittrice Maria Latella mentre la serata di venerdì sarà interamente dedicata a Fausto Leali in concerto, che interpreterà alcuni dei suoi brani più celebri e amati. Sabato 29 giugno il padrone di casa Gigi Marzullo intervisterà Serena Autieri, interprete di grandi successi a teatro, al cinema e in tv, che regalerà al pubblico un medley molto speciale, e Adriano Galliani, autore del libro “Le memorie di Adriano G.”, scritto con Luigi Garlando ed edito da Piemme. Infine, domenica 30 giugno, la serata finale della manifestazione sarà animata da un talk conclusivo con le conduttrici televisive Caterina Balivo ed Eleonora Daniele, sul palco con Marcello Simoni, autore bestseller da quasi 2 milioni e mezzo di copie vendute solo in Italia, che presenterà, a pochissimi giorni dall’uscita nelle librerie, il suo nuovo thriller storico “L’enigma del cabalista”, edito da Newton Compton.


La rassegna tornerà esattamente lì dove era nata e, se nelle edizioni degli anni ’60 i protagonisti del palco erano i linguaggi dell’arte, dal teatro al balletto, quest’anno il festival, oltre alla musica, si immergerà anche nell’attualità, per provare a decifrarne i molteplici significati. Pur nella sua diversità, la manifestazione manterrà tuttavia lo stesso spirito: l’obiettivo resta infatti lo stesso, quello di condividere, confrontarsi, generando crescita culturale e bellezza. Proprio come accadeva negli anni ’60, quando la manifestazione era diventata un appuntamento imperdibile, anche il nuovo “Festival dell’Argentario” ambisce dunque a diventare un punto fermo nell’estate di Porto Santo Stefano. Idee, spunti, connessioni, ma anche buon umore e un pizzico di leggerezza: sarà una piccola grande finestra sul mondo, nella convinzione che oggi più che mai ci sia bisogno di un momento per fermarsi a comprendere i fatti e le persone, le sfide e le criticità, riscoprendo il valore sociale della piazza e il privilegio dello stare insieme.

Una serie di prime volte, Calasso guarda ai suoi stessi libri

Una serie di prime volte, Calasso guarda ai suoi stessi libriMilano, 24 giu. (askanews) – Da una parte c’è la vita, dall’altra ci sono i libri. Ci sono ragionevoli argomentazioni che sostengono che le due cose, in ultima analisi, tendano ad escludersi, che farle veramente coesistere sia impossibile. Ci sono però dei luoghi dove questo dilemma caro a Pirandello (“O la vivi, o la scrivi”) si supera in qualcosa di più grande, in una sentimento panico che abbraccia le diverse dimensioni e va oltre. Uno di questi luoghi, a loro modo mitologici (e l’aggettivo non è assolutamente casuale) sono i libri di Roberto Calasso, l’editore di Adelphi che è stato un autore meraviglioso e unico. Così potente da avere creato un genere con le sue opere, al quale ancora non siamo stati capaci di dare un nome preciso. E dunque, in questa vertigine del possibile, tre anni dopo la sua morte esce un nuovo libro, “Opera senza nome”, nel quale Calasso scrive dei suoi libri, come se fossero un suo libro e, al tempo stesso, come se quelle storia non le avesse scritte lui, ma semplicemente “fossero”. È umano pensare, nel chiuso della propria biblioteca, quale che sia, che Calasso possa scrivere anche dall’aldilà, ma non importa, perché importano i libri che abbiamo qui, che questo anomalo manualetto rimette in fila, mischiandoli, sovrapponendoli, mostrandone i collegamenti e i legami. Provando a ragionare sul modo in cui uno scrittore che sapeva quasi tutto ha tentato di scrivere qualcosa che prima non c’era. Usando il mito, gli altri libri e sapendo bene che una divinità indiana e Franz Kafka sono figure che stanno sullo stesso piano filosofico.


“Una parola che appiana tutto: letteratura”. Scrive Calasso, che poi si adagia nelle nebbie che sono tipiche dei grandi libri. “Che cosa sia la letteratura è meglio non definire con troppa insistenza. Forse non è più che una vibrazione, avvertibile nei teti più disparati”. Una vibrazione che sta anche nella sua frase e che unisce i testi vedici alla fisica quantistica, luoghi dove sta il tutto, ma non trovano posto le definizioni stringenti, definitive, autoritarie se volete. Come ampiamente documentato, Calasso (tanto da editore quanto da autore) ha praticato una forma di conoscenza che ha sempre attinto alla non-conoscenza, che ha cercato nella nube della contemplazione le risposte più profonde, e per questo è una conoscenza profondamente letteraria, che parte dall’antico, dall’Età degli dei potrebbe dire Vico, per arrivare al moderno, ma con lo stesso atteggiamento gnostico, con la stessa duplice incertezza, che nelle figure di Talleyrand, Baudelaire e Kafka (nella molteplice veste di persone reali, autori e personaggi) si continua a incontrare. “Che si tratti della letteratura, della superstizione, della prostituzione o del sacrificio, Baudelaire viene ogni volta in soccorso, come la voce che ha già detto, quasi di sfuggita, l’essenziale che occorre dire”, scrive ancora Calasso. A qualcuno potrebbe forse sembrare che questo parlare dei propri libri sia un atto di autocelebrazione, se non di “superbia intellettuale”. In realtà è l’opposto, è un’ammissione di tutto quello che non si sa sui propri libri, dei quali Calasso sa solo “certe cose”, è un guardarsi da lontanissimo e come se non ci si conoscesse, seguendo le tracce di pensieri che hanno portato a certe parole, che poi hanno preso la loro via nel mondo e sono diventati altro, sono diventati, appunto, letteratura. Un’unica grande opera in undici volumi che cercavano di dare forma a un’idea di prima volta. Qualcosa di unico, che non c’era prima. Ambizioso certo, altissimo come obiettivo. Ma non va dimenticato che Calasso è anche l’editore di Milan Kundera e del suo romanzo più famoso, “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, tutto costruito intorno alla massima filosofica che “Una volta è nessuna volta”. E se questa opera senza nome è la somma di undici singole volte possiamo anche immaginarla come la somma di undici niente, quindi niente a sua volta, pulviscolo, nebbia, nubi dentro le quali abbiamo la possibilità di scivolare e perderci veramente, fingendo che non importi, fingendo che non sia nulla. Ed essere liberi, essere vivi, essere semplicemente. Senza bisogno di nomi, categorie, titoli o definizioni. Leggeri come solo le cose realmente importanti possono essere, brillanti come la luce delle costellazioni in certe notti limpide. (Leonardo Merlini)