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Archi nel tempo, la pittura di Rick Lowe dentro Venezia

Archi nel tempo, la pittura di Rick Lowe dentro VeneziaVenezia, 22 mag. (askanews) – Topografia veneziana e architetture, tessere e archi, luce che diventa pittura. Il Museo di Palazzo Grimani a Venezia ospita la mostra “The Arch within the Arc”, prima personale in Italia dell’artista statunitense Rick Lowe, celebre anche per i progetti di arte sociale e partecipativa. Qui però troviamo dipinti, e anche alcune opere su carta, nati proprio dalla relazione con Venezia, dalla riflessione sull’esperienza di muoversi nelle calli della città lagunare, sulla dimensione anche sociale che questo movimento rappresenta, in un costate dialogo con l’acqua, ma anche con le architetture, compresa quella di Palazzo Grimani che ospita la mostra.


La pittura di Lowe è strutturata intorno alle unità compositive rettangolari, ispirate alle tessere del domino che sono collegate alla relazione con le comunità con cui l’artista collabora, ma quello che accade nei dipinti è un processo sia di costruzione – di uno spazio della possibile pittura e rappresentazione – sia di decostruzione evocativa delle infrastrutture, delle mappe e in fondo anche del tempo, di cui la curvatura dell’arco è una forma simbolica. L’effetto pittorico è forte, accattivante. Le grandi dimensioni e il colore ne sono la superficie, che poi si arricchisce di altre sensazioni più sottili, più complete, che spingono a pensare a luoghi e momenti, oltre che alla perenne impermanenza della dimensione stessa di Venezia, città invisibile eppure presente, nella sua unicità.


Pensata anche per dialogare con la Biennale Arte, la mostra di Rick Lowe resta aperta al pubblico fino al 24 novembre.

La mostra come organismo vivente: a Basilea tra nebbia e futuri

La mostra come organismo vivente: a Basilea tra nebbia e futuriBasilea, 18 mag. (askanews) – Una mostra in perenne e letterale cambiamento, che ospita artisti, ma anche architetti e filosofi, che utilizza il pensiero della danza applicato a quadri e sculture e restituisce una sensazione di stringente consapevolezza delle istanze più contemporanee. È la nuova esposizione estiva della Fondation Beyeler di Basilea, che ospita, in maniera mai così diffusa, opere inedite in dialogo con quelle della collezione.


L’idea nasce, e non poteva essere altrimenti, da un collettivo, composto da Mouna Mekouar, Isabela Mora, Hans Ulrich Obrist, Precious Okoyomon, Philippe Parreno, Tino Sehgal e da Sam Keller, che abbiamo incontrato. “Prima di tutto – ci ha detto – volevamo fare un esperimento, volevamo dare agli artisti più libertà e più possibilità di creare nuove opere, di mostrarle in modi diversi da quelli che si possono di solito trovare nei musei, non solo negli spazi delle gallerie, ma anche nel giardino e ovunque nel museo di Renzo Piano”. La mostra si stende su tutta l’area museale con apparente incuranza, ma in realtà modifica in modo radicale la percezione dello spazio: si trovano opere nel guardaroba, altre che cambiamo di continuo posizione, con gli operai al lavoro negli orari di visita del pubblico, sotto la regia di Tino Sehgal. Ci sono suoni, presenze e assenze. E l’aggettivo “radicale” è forse quello più efficace per raccontarla, insieme a qualcosa che ha a che fare con la dimensione biologica ricorrente. “Questa mostra – ha aggiunto Keller – è come un organismo vivente, che continua a evolversi e a cambiare. In orari diversi, in giorni diversi, si trova una mostra diversa”.


Negli spazi della Fondation Beyeler si trova una incredibile densità di capolavori, dalle ninfee di Monet alle nuvole di Gerhard Richter, dalle figure di Marlene Dumas ai giganti di Adriàn Villar Rojas, per arrivare a una sorta di grande schermo-monolito di Dominique Gonzalez-Foerster, che duplica il cielo di Basilea, aggiungendo delle presenze angeliche. Ma le opere che più impattano, forse, sono la leggendaria nebbia di Fujiko Nakaya, che arriva improvvisa e avvolge ogni cosa con un senso di urgente vertigine, e la grande torre di Philippe Parreno che domina il giardino, forte di una propria autodeterminazione che la libera dal controllo dell’artista. “Questa torre – ha concluso Sam Keller – registra da oltre venti sensori molte informazioni invisibili. Impara a conoscere il suo ambiente, come un bambino o comunque come un essere umano. E sviluppa un linguaggio per comunicare con questo ambiente. Impara degli uccelli, dalle persone, dalle rane e crea un suo linguaggio, Quindi i suoni non sono mai gli stessi”.


Proprio l’impossibilità di circoscrivere la portata di questa arte sembra essere una delle più importanti caratteristiche del dispositivo creato a Basilea, una fenomenologia del contemporaneo che va oltre noi stessi e apre molte possibili strade al dibattito su che cosa significa oggi stare davanti a un’opera d’arte, ma anche cosa significa crearla. Qui, signori, la partita la giochiamo tutti; ed è una partita inevitabile. (Leonardo Merlini)

Il progetto The Prism di Stefano Simontacchi approda a New York

Il progetto The Prism di Stefano Simontacchi approda a New YorkRoma, 16 mag. (askanews) – The Prism ha inaugurato presso il Consolato Generale d’Italia a New York la prima esposizione internazionale, che sarà visitabile fino al 14 luglio 2024. I portali emozionali di The Prism varcano l’oceano e interagiscono con un contesto del tutto nuovo, proponendo al pubblico newyorkese un nuovo approccio alla dimensione spirituale dell’arte.


“New York è la città che accoglie le idee e le proposte artistiche più innovative e interessanti – commenta Sergio Lella, CEO di The Prism – Per questo è il luogo ideale per iniziare il viaggio oltre i confini nazionali di The Prism, piattaforma artistica d’eccellenza che interpreta i radicali cambiamenti in atto nel contemporaneo”. Marco Senaldi, curatore del progetto The Prism, racconta: “Le opere selezionate per la mostra presso il Consolato Generale d’Italia sono sette portali che vanno da DEEPLY INTO YOU a MARS AUTHORITATIVE, da NEURONAL CONNECTIONS a LIFE JOURNEY. Caratterizzate dalla forma circolare, appartengono a cicli diversi, ma costituiscono tutte espressione inconfondibile dell’universo artistico e spirituale di The Prism. Ne sono testimonianza i titoli e i riferimenti, ciascuno dei quali si ricollega a una caratteristica di questo mondo creativo – la dimensione animistica dell’esistenza, il senso degli archetipi, la rilevanza delle emozioni, la connessione energetica comprovata dalle neuroscienze, e molto altro. Pur nei limiti di una rassegna antologica, la forza della proposta di The Prism emerge qui in tutta la sua intensità, permettendo allo spettatore di entrare in risonanza con le opere che gli stanno di fronte e di conseguenza con la propria profondità interiore”.


The Prism è un progetto artistico interattivo che crea una speciale connessione con il pubblico attraverso portali emozionali e potenti opere circolari, luminose e riflettenti. Le forme fisiche e le dimensioni spirituali convergono nelle opere dell’artista, dando vita a portali che invitano alla meditazione e al risveglio spirituale, forme di espressione che conducono ognuno di noi alle radici del proprio essere.

”Una candela nel buio”, il 18 maggio Moni Ovadia legge poesie palestinesi

”Una candela nel buio”, il 18 maggio Moni Ovadia legge poesie palestinesiRoma, 16 mag. (askanews) – “Oltre le parole”, diretta da Pascal La Delfa, presenta in anteprima nazionale il nuovo spettacolo di Moni Ovadia il 18 maggio all’Ara Pacis di Roma in occasione della “Notte dei musei 2024”.


“Per cosa si definisce un popolo? Per molteplici aspetti come le tradizioni, la memoria, una cultura nazionale, per molti altri moti emozionali difficili da tradurre con precisione in parole. Ma non vi è dubbio alcuno che l’identità di un popolo ha uno dei suoi pilastri portanti nella poesia. In questo senso il grandissimo poeta palestinese Mahmoud Darwish è il poeta nazionale del popolo palestinese ed esprime nei suoi versi l’interiorità della sua gente e i suoi più profondi sentimenti ma nei suoi versi è presente un potente afflato universale e ciò fa di lui uno dei più grandi poeti del Novecento. Ma come poeta arabo respira in lui anche l’ineffabile alito del deserto, spazio/tempo dell’esilio, dello sconfinare, dell’anelito alla libertà e alla dignità alle quali Darwish in quanto palestinese aspira con irrinunciabile forza. E noi ci avviciniamo all’alito del deserto con l’arte magica della presenza che si fa assenza della magnifica Gabriella Compagnone”. Queste le parole dell’artista Moni Ovadia per il suo nuovo spettacolo, che avrà il supporto della celebre sand-artist. Versi che si tramutano in sabbia disegnata ad arte per far riflettere e suggestionare spettatori di ogni età. “Abbiamo scelto l’Ara Pacis per presentare questo progetto, perché lo riteniamo forse il luogo più simbolico della storia, in un momento in cui si parla più di guerra che di pace”, spiega Pascal La Delfa, direttore artistico dell’associazione Oltre le Parole di Roma, che da oltre trenta anni opera nel campo del teatro come strumento di relazione, espressività e benessere.


Gli ultimi lavori sono uno spettacolo per le scuole sui temi delle guerre, e un nuovo lavoro sui cento anni dell’opera “Ciascuno a suo modo” di Pirandello (tra teatro, psicodramma e librerie viventi) che prenderà corpo in autunno in sei regioni italiane in contemporanea. Il lavoro e i programmi dell’associazione sono visibili sul sito www.teatrocivile.it Tre le repliche previste, alle ore 21,30-22,30 e 23,30- Ingresso gratuito da via Ripetta in auditorium o a 1 euro con visita all’Ara Pacis dall’ingresso principale, in occasione della Notte dei Musei 2024 “Una Candela nel buio”. Con Moni Ovadia. Poesie di Mahmoud Darwish. Sand Artist: Gabriella Compagnone. Direzione artistica: Pascal La Delfa. Sabato 18 maggio 2024 presso l’Auditorium dell’Ara Pacis di Roma (ingresso gratuito da via Ripetta). Programma completo della manifestazione https://www.museiincomuneroma.it/it/mostra-evento/notte-dei-musei-2024.

Stabilita cronologia assoluta per Gerusalemme nell’età del ferro

Stabilita cronologia assoluta per Gerusalemme nell’età del ferroMilano, 15 mag. (askanews) – Gerusalemme è stata abitata ininterrottamente per migliaia di anni, fungendo sia da centro di importanza religiosa sia da centro del potere per diversi regni, ma nonostante il vasto numero di testi storici sulla città sussistono ancora numerose lacune nella sua cronologia assoluta. I ricercatori del Weizmann Institute of Science, in collaborazione con un team di archeologi del sito archeologico della Città di David, a Gerusalemme, la Israel Antiquities Authority e l’Università di Tel Aviv, sono però riusciti recentemente a tracciare una cronologia dettagliata della Gerusalemme dell’età del ferro, corrispondente al periodo in cui la città fungeva da capitale del biblico Regno di Giuda. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, USA (PNAS). Nonostante tutto il materiale reperibile su Gerusalemme, lo studio della sua età del ferro si è rivelato molto impegnativo in termini di cronologia assoluta: è, infatti, un processo che implica l’individuazione di date esatte o di periodi temporali a cui appartengono le diverse prove archeologiche in contrapposizione a una cronologia relativa, che stabilisce l’ordine degli eventi basandosi su similitudini architettoniche o su prove ceramiche in altri siti.


Parte di questa sfida davvero impegnativa è un fenomeno noto come Plateau di Hallstatt, che è legato a una particolare interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre nel periodo in questione e che interferisce con l’uso della datazione al radiocarbonio, il gold standard per determinare l’età di qualcosa. Questo fenomeno fa sì che per l’età del ferro, la datazione radioattiva, invece di indicare l’età specifica di un oggetto, generi un grafico con un’area piatta per l’intervallo tra l’VIII e il V secolo a.C. Pertanto, la datazione al radiocarbonio generalmente non è accurata relativamente a questo intervallo temporale, rendendo il superamento del Plateau di Hallstatt una delle più grandi sfide per gli studi archeologici dell’ultima parte dell’età del ferro. Di conseguenza, gli archeologi che hanno esplorato la Gerusalemme dell’età del ferro si sono sempre basati in prevalenza sui testi biblici e storici e sullo studio della ceramica, piuttosto che sulla datazione al radiocarbonio. Inoltre, il suo mix di architetture e l’essere stata ininterrottamente abitata per più di 4.000 anni hanno reso Gerusalemme una sorta di fusione di costruzioni di epoche diverse: è, infatti, una città che ha visto numerose guerre, distruzioni e ricostruzioni, con conseguenti aree urbane estese e complesse costruite sulle rovine di ciò che le aveva precedute. La combinazione di tutti questi elementi ha generato numerose lacune nei processi di ricerca votati a stabilire una cronologia assoluta della Gerusalemme dell’età del ferro e per colmarle sarebbe, appunto, necessario riuscire ad aggirare le difficoltà di datazione legate al Plateau di Hallstatt. Fortunatamente, i ricercatori del Weizmann sono riusciti a fare proprio questo utilizzando la micro-archeologia, un campo relativamente nuovo nell’ambito delle scienze archeologiche, da loro sviluppato. Questo approccio si concentra sull’esame attento dei pezzi di prove che si sono accumulati nei siti, utilizzando strumenti scientifici con un livello di cura e attenzione quasi forense.


‘Si tratta di comprendere a fondo la connessione tra i materiali da datare e gli strati con tracce di occupazione umana o materiale da costruzione: ed è così che abbiamo potuto applicare il metodo della micro-archeologia’, ha affermato la professoressa Elisabetta Boaretto, direttrice della Weizmann’s Scientific Archeology Unit. Sviluppata negli anni ’40, la datazione al radiocarbonio funziona misurando il radiocarbonio (carbonio-14 o 14C) in un dato oggetto. Il radiocarbonio viene costantemente prodotto nell’atmosfera e diventa parte del ciclo del carbonio. Questi atomi vengono assorbiti nei tessuti della materia organica come quella delle piante, degli animali e degli esseri umano, ma quando l’organismo vivente muore, smette di assorbire il radiocarbonio. Il 14C subisce un decadimento radioattivo, trasformandosi in azoto-14. Poiché il radiocarbonio ha un tasso di decadimento noto, i ricercatori possono utilizzare il numero di atomi di 14C rimanenti per determinare l’età di qualcosa. Recandosi nei siti di scavo di Gerusalemme, Boaretto, insieme alla dottoressa Johanna Regev, ha potuto effettuare più di 100 misurazioni del radiocarbonio su materiale organico, con una prevalenza di semi carbonizzati. ‘Dobbiamo essere in grado non solo di raccogliere dal sito materiale come semi, ossa o carbone, ma di identificare il contesto, come, ad esempio, il luogo in cui i semi sono stati bruciati’, afferma Boaretto. ‘Raggiungiamo questo obiettivo con i metodi che abbiamo sviluppato nel corso degli anni, utilizzando gli strumenti analitici che abbiamo in Weizmann e che portiamo con noi anche sul campo. In questo modo possiamo andare oltre l’analisi archeologica standard di un sito’. Successivamente, i ricercatori hanno separato il materiale originale dai contaminanti e hanno effettuato misurazioni multiple del radiocarbonio presso il Weizmann’s Dangoor Research Accelerator Mass Spectrometry (D-REAMS) Laboratory per ottenere il massimo livello di accuratezza e precisione nella datazione. ‘Conosciamo come si è formato il sito, quindi quando raccogliamo semi o campioni di malta a esso relativi, possiamo essere sicuri se fossero o non fossero lì quando il sito è stato costruito. E ciò significa che partendo da ciò possiamo datare il sito stesso’, ha continuato.


Il superamento del Plateau di Hallstatt è stato reso possibile anche grazie all’aiuto di 100 anelli di alberi con datazione da calendario, parte di noti archivi. La datazione degli anelli degli alberi, nota anche come dendrocronologia, si basa sul fatto che fino alla sua morte un albero cresce di un anello ogni anno. Più anelli ha un albero, più è vecchio. Combinando questo tipo di dato con il metodo del radiocarbonio, i ricercatori sono stati in grado di ottenere una determinazione più precisa e dettagliata della concentrazione di radiocarbonio nell’atmosfera durante il periodo di interesse, processo che ha contribuito anche a creare una cronologia assoluta. In particolare, questo studio è stato reso possibile da un esperimento organizzato dal dotto. Lior Regev presso D-REAMS, l’acceleratore dedicato alla ricerca di Weizmann. L’esistenza di due eventi storici avvenuti in date ben stabilite – la distruzione di Gerusalemme da parte dei babilonesi nel 586 a.C. e il terremoto dell’VIII secolo a.C., con le successive opere di ricostruzione – ha contribuito a fornire ulteriori informazioni sul comportamento del radiocarbonio nell’atmosfera. I ricercatori hanno notato differenze tra il radiocarbonio nel materiale della regione rispetto alla concentrazione misurata negli anelli degli alberi europei e americani nello stesso periodo. Queste differenze – quando, cioè, i dati del radiocarbonio non corrispondono a come pensiamo dovrebbero essere, grazie agli anelli degli alberi – sono chiamare ‘offset’ e comprenderle può essere di fondamentale importanza per gli scienziati che studiano il clima e l’atmosfera, così come per le cronologie archeologiche.


Il più grande risultato dello studio è stato il successo nel creare una cronologia assoluta, con dettagli e fedeltà senza precedenti, per una città abitata senza soluzione di continuità. In particolare, i ricercatori sono stati in grado di fornire prove concrete della diffusa presenza di insediamenti umani a Gerusalemme già nel XII secolo a.C. Un’espansione verso ovest della città è stata fatta risalire al IX secolo a.C. determinando la tempistica della costruzione di un grande edificio antico. Stabilire le date di un grande sconvolgimento urbanistico ha permesso di attribuirlo a un devastante terremoto e a un ulteriore sviluppo fino al 586 a.C. In particolare, mentre ricerche precedenti avevano attribuito la riqualificazione post-terremoto al re Ezechia, la datazione al radiocarbonio e la cronologia mostrano che probabilmente è avvenuta durante il regno di re Uzzia. ‘Gerusalemme è una città viva; non è come un tell costruito come una sequenza di strati’, conclude Boaretto. ‘Questa è una città che è stata costantemente ricostruita nell’arco di tutto questo periodo e le prove archeologiche sono sparse’. I metodi sviluppati nello studio potrebbero avere un impatto che va oltre la cronologia Gerusalemme, poiché i problemi legati all’uso della datazione al radiocarbonio nei siti dell’età del ferro sono globalmente diffusi. L’approccio micro-archeologico sviluppato dal team potrà quindi essere utilizzato in molti altri siti, contribuendo a colmare le lacune relative a questo periodo cruciale per lo sviluppo e per la storia dell’umanità.

Roma, “Sull’acqua. Scienza e Bellezza”: in ricordo di Pietro Greco

Roma, “Sull’acqua. Scienza e Bellezza”: in ricordo di Pietro GrecoRoma, 15 mag. (askanews) – “Sull’acqua. Scienza e Bellezza”, questo il titolo dell’incontro in ricordo dello scrittore e giornalista Pietro Greco, faro per la comunicazione della scienza in Italia, che si terrà a Roma il 24 maggio (alle ore 17) nell’Aula Magna di Lettere presso l’Università Roma Tre. Un appuntamento per gli appassionati di scienza, arte e cultura, organizzato dal Master ComRis (Comunicazione della scienza e della Ricerca scientifica) diretto da Elena Pettinelli (Dipartimento di Matematica e Fisica – Università Roma Tre), dall’Associazione culturale Amore e Psiche e dall’Associazione di promozione sociale La Scuola che verrà.


Giunto al quarto appuntamento, dopo il successo delle scorse edizioni (Luce, Tempo, Spazio) il tema di quest’anno ruoterà intorno al concetto di acqua: acqua come elemento essenziale alla sopravvivenza di qualunque organismo, come elemento fondamentale per lo sviluppo della civiltà, acqua come ispirazione di poeti, pittori, architetti, letterati e come immagine e significato profondo in psicoterapia. L’incontro è realizzato in collaborazione con L’Università degli Studi di Roma Tre, Netforpp, (Network europeo per la psichiatria psicodinamica), l’associazione culturale L’arte della memoria, e con il patrocinio della Fondazione Roma Sapienza. Tra scoperte scientifiche rivoluzionarie e riflessioni umanistiche, i relatori racconteranno l’acqua attraverso la propria disciplina, percorrendo la strada dell’interdisciplinarità che Pietro Greco ha indicato e strenuamente sostenuto durante la sua lunga carriera di divulgazione scientifica. In un dialogo dove passione e riflessione si intrecciano, l’obiettivo è quello di mostrare come arte e scienza non possano in realtà essere separate perché entrambe frutto delle capacità propriamente umane di intuire, riflettere e immaginare e di come il confronto e la comunicazione tra persone e materie diverse sia l’unica possibilità’ di accrescere la conoscenza.


L’incontro sarà moderato da Marco Motta, giornalista e conduttore di Radio Tre Scienza, che dialogherà con Elena Pettinelli, fisica presso l’Università Roma Tre, Franco d’Agostino, assirologo ,direttore del dipartimento degli Studi Orientali della Sapienza, Annelore Homberg, psichiatra e psicoterapeuta presso Netforpp Europa, Marcello Petitta, climatologo presso l’Università Tor Vergata, Alessandro Chiarucci, botanico ed ecologo dell’Università di Bologna e presidente della Società italiana di botanica e Massimo D’Orzi, scrittore e regista.

Istat: poco più della metà dei giovani legge almeno un libro all’anno

Istat: poco più della metà dei giovani legge almeno un libro all’annoRoma, 15 mag. (askanews) – Nel 2023, il 53,3 per cento dei giovani tra 16 e 24 anni ha svolto almeno due attività culturali fuori casa nel corso di un anno, quota stabile rispetto a venti anni prima (il 52,3 per cento nel 2003). Inoltre, poco più della metà dei giovani legge almeno un libro l’anno (il 53,5 per cento nel 2003 e il 51,4 per cento nel 2023). Oggi come venti anni fa, le ragazze partecipano più dei ragazzi. Lo rileva l’Istat nel Rapporto Annuale 2024, presentato oggi.


Riguardo la popolazione adulta, negli ultimi 20 anni, si è osservato un aumento della partecipazione culturale fuori casa (dal 35,9 del 2003 al 38,3 per cento del 2023), mentre diminuisce la quota di adulti che legge almeno un libro l’anno (dal 44 per cento del 2003 al 40,9 per cento del 2023). Tra le persone di 65 anni e più, invece, nel 2023 il 17,2 per cento ha svolto ad almeno due attività culturali fuori casa nel corso di un anno, valori di oltre una volta e mezzo superiori rispetto al 2003; inoltre è aumentata l’abitudine a leggere almeno un libro l’anno (il 23,5 per cento nel 2003 contro il 29,5 per cento del 2023).

Cultura, a Carbognano si celebra Giulia Farnese a 500 anni da morte

Cultura, a Carbognano si celebra Giulia Farnese a 500 anni da morteRoma, 14 mag. (askanews) – In occasione dei 500 anni dalla morte di Giulia Farnese (Canino, 1475 – Roma, 23 marzo 1524), detta “Giulia la Bella”, nobildonna che contribuì alle fortune di casa Farnese, sabato 18 maggio a Carbognano (Viterbo), dove visse tra il 1505 e il 1522 e di cui assunse il governo quando era ancora un feudo, ci sarà una giornata speciale ad accesso gratuito.


Alle ore 15 si svolgerà “I volti nascosti di Carbognano – Visita guidata al borgo, sulle tracce di Giulia Farnese”. Lungo il cammino si andranno a scoprire alcuni scorci della città di Carbognano come Lavatoio di Castello, Fontana del Mascherone, Torre comunale dell’orologio, Scala della Conocchia, Castello di Giulia Farnese (esterni), Chiesetta di Santa Lucia (esterni), Chiesa di Santa Maria della Valle e Chiesa di Santa Maria dell’Immacolata Concezione. (L’appuntamento è per le ore 14:45 a Piazzale Sant’Anna). Sempre il 18 maggio, alle ore 16:30, presso la Chiesa di Santa Maria dell’Immacolata Concezione, si effettuerà il “Convegno Farnesiano: Il ruolo di Giulia Farnese nella realtà di Carbognano”, con introduzione e moderazione di Luca Della Rocca. Presenti tra gli altri Agostino Gasbarri, sindaco di Carbognano; Mariangela Garofalo, manager de La Rete di Giulia; Lina Quadracci, presidente del Centro Studi Carbognano.


Era il 1506 quando Giulia assunse il governo di Carbognano, il feudo che Alessandro VI aveva donato ad Orsino. La Bella prese dimora nel castello della cittadina, sul portale del quale, anni dopo, fu inciso il suo nome. Le cronache del castello la raccontano come un’abile amministratrice che seppe governare sulle sue terre con mano ferma ed energica. Qui rimase fino al 1522: lasciato il castello, fece ritorno a Roma, dove trascorse gli ultimi due anni della sua esistenza. Il 23 marzo 1524, nel grande palazzo del cardinale Alessandro, Giulia Farnese morì per cause sconosciute all’età di 48-49 anni. La Rete di Giulia è la rete di imprese tra le attività economiche presenti sul territorio del Comune di Carbognano, la cui costituzione è avvenuta a fine ottobre. Tale network, oltre ad affiancare le imprese consentendo alle aziende del territorio di coniugare indipendenza e autonomia imprenditoriale con la capacità di acquisire risorse finanziarie, tecniche, umane e di know-how, pone in campo diverse iniziative che hanno l’obiettivo di affascinare e attrarre un turismo culturale, eco-sostenibile, eno-gastronomico che intreccia storia, passeggiate e racconti tra i sentieri del territorio e festival e come il Liberati Film Festival; fiere e artigianato, mostre d’arte contemporanea e esposizioni fotografiche, architetture d’epoca, convegni e, il Premio “Giulia Farnese”.


Molti degli eventi del programma di rete fanno parte della manifestazione “Restitutio Memoriae: il mito di Giulia” per la celebrazione del V Centenario della Morte di Giulia Farnese “la Bella”.

In un libro la gloriosa storia della Società Ippica Romana

In un libro la gloriosa storia della Società Ippica RomanaRoma, 13 mag. (askanews) – Scuola, tecnica, agonismo, disciplina, relazioni sociali, una vera e propria fonte di alimentazione dello sport equestre italiano moderno. La storia della Società Ippica Romana (già attiva agli inizi del 1926), della Società Romana di Equitazione (1930) e della Farnesina (1934) – poi confluite il 12 giugno del 1945 in un unico soggetto denominato nuovamente Società Ippica Romana – è la storia di un’eccellenza sportiva assoluta dell’equitazione italiana e internazionale.


Da Piero e Raimondo d’Inzeo a Graziano Mancinelli ad Alessandro Argenton, quale centro ippico o scuola di equitazione può dire di aver dato i natali a quattro atleti vincitori di medaglie olimpiche individuali, due di queste d’oro? La risposta è: la Farnesina. Questo viaggio glorioso è raccontato nel libro “Dove nascono le leggende Storia della Società Ippica Romana” (Rubbettino) del giornalista e scrittore Umberto Martuscelli che sarà presentato a Roma mercoledì 15 maggio alle ore 18 presso il Circolo Canottieri Aniene. Insieme all’autore interverranno il Presidente SIR La Farnesina Cav. Lav. Pierluca Impronta e il Presidente FISE Marco Di Paola, moderati dalla giornalista Carlotta Mantovan.


Una narrazione che si sviluppa attraverso la ricerca, l’analisi, l’approfondimento, corredata da una ricca documentazione e in cui vengono ripercorsi epoche e traguardi fino al radicale programma di rinnovamento e riqualificazione dell’intera struttura – inaugurata lo scorso mese di dicembre – che proietterà questo anfiteatro naturalistico nel centro di Roma verso la storia del futuro. L’AUTORE. Umberto Martuscelli, nato a Padova nel 1961, è giornalista e scrittore, oltre che speaker di manifestazioni agonistiche nazionali e internazionali di sport equestri (dal 1992 al microfono dello Csio di Roma in Piazza di Siena). Collabora dal 1994 con la rivista Cavallo Magazine e ha scritto di uomini e cavalli su alcuni dei più importanti quotidiani nazionali (Il Tempo, QN, Il Resto del Carlino, La Stampa, la Repubblica).

Festival “Between Land and Sea – Blas” a Palermo dal 24 maggio

Festival “Between Land and Sea – Blas” a Palermo dal 24 maggioRoma, 11 mag. (askanews) – Between Land And Sea- BLAS-, il festival culturale ideato e prodotto da Fondazione Studio Rizoma giunge alla quinta edizione, che si svolgerà a Palermo, dal 24 maggio al 9 giugno. Between Land And Sea, è un motore di prodizione, condivisione e diffusione culturale che apre l’isola alla collaborazione a lungo termine con artisti e ricercatori del vicino Mediterraneo e del continente africano, per intessere una fittissima trama di attività in risonanza con le associazioni, le istituzioni e i presidi culturali vivi e attivi sul territorio: Arci Porco Rosso, Teatro Biondo, Museo Civico di Castelbuono, EPYC -European Palermo Youth Centre, Aterraterra, Corrente, Danisinni, Complesso Monumentale di Santa Chiara, Palazzo Butera. Incontri e spettacoli nello spazio pubblico, mostre, performance e installazioni, live e ascolti musicali, svilupperanno le tematiche che caratterizzano l’identità del festival: la decolonizzazione delle arti, le connessioni esistenti tra il locale ed il globale e le loro storie intrecciate, legate da cambiamenti climatici, migrazione e commercio in un tempo presente dominato dalla crescente incertezza.  Su questa scia il programma multidisciplinare curato da Eva-Maria Bertschy, Izabela Moren e Giorgio Mega propone una riflessione critica sugli Ambienti incerti/Uncertain environments, costruendo un’edizione del festival densa di riverberi in cui il racconto e la denuncia del reale convivono con l’immaginazione. Un coro di voci che creano uno scenario composto da molteplici punti di vista ma unificato dalla traduzione del pensiero teorico in pratica politica, della parola personale in testimonianza collettiva. A cominciare dal primo appuntamento che apre Blas 2024 venerdì 24 maggio (ore 19.30) al circolo Arci Porco Rosso, con l’inaugurazione di Questa è la mia casa: ricostruzione di un insediamento informale di Giulia Gianguzza e Yaya Njie che attraverso un percorso espositivo di “fotografie fatte male”, mappe, testimonianze, storie di vita, lettere, e oggetti abbandonati, rievoca lo sgombero del campo di lavoratori e migranti avvenuto a Campobello di Mazara il 24 maggio 2023. Riflette su un fatto di cronaca che racconta le lotte politiche comuni a diverse generazioni, il lavoro di Genny Petrottache intreccia la storia delle battaglie dei contadini e dei braccianti del suo paese natale, Piana degli Albanesi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, con le attuali prospettive socio-economiche dei giovani del borgo caratterizzato dalla cultura arbëreshë. Con un intervento artistico e una videoinstallazione, dal titolo Mamma Perdonami / Mëma më fal (domenica 26 maggio ore 11.00, Museo Civico di Castelbuono), la videoartista racconta la storia della Repubblica contadina, fondata nel suo paese natale verso la fine della Seconda guerra mondiale sotto la guida del nonno Giacomo Petrotta, e ne rievoca la violenta repressione.   Un altro progetto espositivo di questa edizione di BLAS, è Saplings (6 giugno, ore 19.,00 Atterraterra Lab – fino al 10 giugno) nato dalla residenza artistica co-ospitata da Aterraterra e Fondazione Studio Rizoma di Elisa T. Bertuzzo, etnologa che parte del progetto eco-femminista di rivalidare epistemologie, pratiche di cura, economie e solidarietà translocali, a lungo oppresse da logiche estrattiviste, coloniali e patriarcali e della media artist Doireann O’Malley, il cui focus si concentra su pratiche meditative e di visualizzazione, scrittura e teoria, nel tentativo di manifestare futuri ecofemministi e queer.