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Lo Spazio come sostenibilità: a Milano la mostra “Looking Beyond”

Lo Spazio come sostenibilità: a Milano la mostra “Looking Beyond”Milano, 27 feb. (askanews) – Una mostra a Milano, presso lo STEP FuturAbility District, per esplorare le potenzialità della tecnologia satellitare come contributo alla promozione dello sviluppo sostenibile e alla tutela del patrimonio naturale e culturale. L’evento, promosso dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale insieme con l’Agenzia Spaziale Italiana e Telespazio/e-GEOS del gruppo Leonardo, vuole anche essere una tappa di avvicinamento s IAC 2024, la 75esima edizione dell’International Astronautical Congress, la più importante manifestazione mondiale nel settore dello spazio, che Milano ospiterà dall’11 al 18 ottobre 2024.
“Looking Beyond. Guardare oltre” è un’esposizione immersiva articolata su circa 60 immagini della costellazione satellitare COSMO SkyMed che mostrano, in maniera spettacolare, l’utilizzo della tecnologia dallo spazio per monitorare l’ambiente, i cambiamenti climatici, ma anche l’agricoltura e la vita delle città.
“Lo spazio – ha detto il presidente dell’ASI, Giorgio Saccoccia, intervenuto in collegamento – è un elemento cruciale anche nel progettare un futuro sostenibile e responsabile. La mostra è un modo bellissimo per spiegare come lo spazio sia uno strumento che interviene per consentire azioni di sostenibilità. Le immagini da un latro mostrano la perfezione del pennello della natura, allo stesso tempo però si coglie la fragilità del soggetto rappresentato, si notano gli effetti dei cambiamenti climatici e l’impatto sulle acque del nostro pianeta”.
“La mostra di oggi – gli ha fatto eco Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo, intervento in presenza – è un importante passo nel percorso di avvicinamento al Congresso IAC che nel 2024 farà di Milano e dell’Italia il cuore internazionale dello spazio. Il tema del percorso espositivo si sposa con la visione che Leonardo ha del ruolo dell’industria spaziale: ‘Looking beyond’, cioè la capacità di ‘guardare oltre’ e sviluppare nuove tecnologie e servizi innovativi in grado di tutelare la sostenibilità e migliorare la qualità della vita sulla Terra. Come nel caso del terremoto in Turchia, dove i soccorsi utilizzano immagini satellitari e mappe elaborate dal Gruppo Leonardo. Il prossimo obiettivo sarà quello di passare dai sistemi di monitoraggio allo sviluppo di nuove capacità predittive grazie alle tecnologie del digital twin”.
Anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, con delega allo spazio, Adolfo Urso, si è collegato con la conferenza di presentazione. “Lo spazio è un elemento fondamentale dello sviluppo economico – ha detto – e non solo, anche negli eventi della difesa. Leonardo e Avio sono le grandi imprese, ma insieme a loro operano molte piccole aziende contribuiscono in maniera decisiva alla forza del comparto spaziale. Entro il meeting di Milano vogliamo realizzare una nuova legislazione sullo spazio, che sia d’avanguardia per regolare uno dei due grandi asset di sviluppo dell’economia globale: quello dello spazio e quello dei mari. Le colonizzazioni di spazio e oceano sono le due grandi sfide che ci attendono per garantire una vera sostenibilità.
Per quanto riguarda il ministero degli Esteri ha parlato il viceministro Edmondo Cirielli: “Vogliamo aumentare la capacità dell’Asi – ha spiegato – il governo sta lavorando per aumentare i fondi a disposizione. Complessivamente il settore spaziale ha circa 200 aziende, dà lavoro a 7mila addetti e genera 2 miliardi di fatturato. Inoltre il settore spaziale è anche un elemento di soft power diplomatico per noi molto importante”.
Sia la mostra sia gli interventi hanno puntato molto sul tema della sostenibilità, da perseguire a tutti i livelli. La capacità di osservare il mondo e l’ambiente oggi è altissima, anche per quanto riguarda la possibilità di azioni. Il passo che ancora deve essere completato è quello di arrivare al livello predittivo. Il messaggio finale comunque è che le tecnologie spaziali sono a disposizione del pianeta e il settore ribadisce il proprio impegno concreto in questo senso.

Antonio Albanese regista di Rigoletto debutta all’Arena di Verona

Antonio Albanese regista di Rigoletto debutta all’Arena di VeronaRoma, 24 feb. (askanews) – Antonio Albanese debutta all’Arena di Verona come regista di “Rigoletto” di Giuseppe Verdi, seconda novità del 100esimo Opera Festival 2023: in scena l’1, 7, 20 luglio e il 4 agosto.
Sul podio Marco Armiliato, scene di Guillermo Nova, luci di Paolo Mazzon e un cast di stelle per ognuna delle 4 serate dirette da Marco Armiliato: Rigoletto sarà interpretato da Roman Burdenko, Ludovic Tézier, Luca Salsi, Amartuvshin Enkhbat mentre nella parte del Duca di Mantova si alterneranno oltre Yusif Eyvazov, due grandissimi nomi come Juan Diego Flórez e Piotr Beczala per una sera ciascuno. L’amatissima figlia Gilda è impersonata da due specialiste quali il soprano armeno Nina Minasyan – già applaudita Violetta – e la statunitense Nadine Sierra, che il 4 agosto farà il suo debutto scenico areniano dopo una presenza in concerto nove anni fa.
Per la storia del giullare tratta da “Le roi s’amuse” di Victor Hugo, Fondazione Arena ha chiamato alla regia il pluripremiato attore e regista Albanese che ha già firmato messinscene d’opera, fra gli altri, al Teatro alla Scala di Milano, al Lirico di Cagliari, al Petruzzelli di Bari e al Filarmonico di Verona. Rigoletto sarà il suo debutto su grande scala nel millenario anfiteatro veronese.
Questa produzione giunge a vent’anni esatti dall’ultima, che ricostruiva i bozzetti del 1928: è inoltre la prima occasione, dal 2011, in cui l’Arena di Verona propone un secondo nuovo allestimento nello stesso Festival. La storia si collocherà nel Polesine degli anni ’50, parte di quella pianura rurale in cui Verdi nacque e scelse di vivere, diventata poi luogo d’elezione del grande cinema italiano, da Fellini a Pupi Avati. Il Duca è un grande proprietario terriero, Rigoletto un suo faccendiere. Tutta la produzione sarà un omaggio al cinema neorealista del Dopoguerra, stagione in cui convivono ferite profonde e voglia di rinascita.
“È un vero onore per me occuparmi del buffone di corte più drammatico – dichiara Albanese. – Considero Rigoletto un’opera impetuosa capace di esaltare passione e amore, vendetta e potere. Animare e incastonare questo capolavoro all’interno dell’Arena di Verona, per di più per i cento anni di questo spazio unico al mondo, mi rende felice. Cercherò di esaltare questa storia struggente, impegnandomi con autentica devozione e passione, promettendomi e promettendo di non impossessarmi dell’opera”.

Arte, riprende a Roma ciclo di incontro dedicati al collezionista

Arte, riprende a Roma ciclo di incontro dedicati al collezionistaRoma, 23 feb. (askanews) – Riprende il ciclo di incontri dedicati al collezionista iniziato nel 2019 e curato dalla Galleria Russo in collaborazione con lo Studio Legale Montani Tesei di Roma, specializzato in Diritto dell’Arte. Gli appuntamenti vertono intorno al mercato dell’arte, alla salvaguardia e protezione del valore nel processo di acquisto di un’opera.
La serie di incontri, iniziati a gennaio e che si terranno ancora tra febbraio e maggio 2023, vedrà specialisti del settore affrontare temi chiave per collezionisti, esperti e amanti del mondo dell’arte. Un’occasione per far chiarezza ed esaminare i passi, le procedure e le raccomandazioni utili al collezionista: dall’acquisto di un’opera d’arte, alla sua possibile alienazione sino casi più particolari come i prestiti per le mostre, la libera circolazione dei beni d’arte, nonché la gestione ordinaria e straordinaria della collezione.
Il prossimo incontro, che si terrà venerdì 24 febbraio 2023 alle ore 17.30, si intitola: “Le collezioni di famiglia: un patrimonio da tutelare e tramandare”. Interverranno: Avvocato Virginia Montani Tesei, Studio Montani Tesei, Roma, esperta in Diritto dell’Arte; Dottor Franco Dante, Studio Dante Associati, Torino, Dottore Commercialista, revisore contabile, esperto in Fiscalità dell’Arte; Notaio Giovanni Floridi, Studio Notarile Floridi, Roma, collezionista ed esperto d’arte.
Il 31 marzo 2023, alle ore 17.30, l’incontro sarà incentrato sulla “Gestione ordinaria e straordinaria della collezione. Assicurazione, trasporto, prestiti e restauro” Interverranno: Dottor Cesare d’Ippolito, AXA ART, Roma; Dottor Alessandro Pavia, Studio Pavia Il 5 maggio 2023, alle ore 17.30 si terrà un appuntamento su “Arte in impresa – Corporate Art Collection”. Interverranno: Avvocato Virginia Montani Tesei, Studio Montani Tesei, Roma, esperta in Diritto dell’Arte; Fabrizio Russo, Galleria Russo, Roma; Federico Russo, Dottore Commercialista, Omnia Consulting Italia, Roma; Katia da Ros, Vicepresidente di Confindustria con delega alla cultura, ambiente e sostenibilità. Tutti gli incontri si svolgeranno presso il centro Roma Eventi-Piazza di Spagna, via Alibert, 5a.Disponibilità fino ad esaurimento posti.

Il tempo e la densità: la lezione che perdura di Bill Viola

Il tempo e la densità: la lezione che perdura di Bill ViolaMilano, 23 feb. (askanews) – C’è il senso del tempo, la densità di una consapevolezza della storia dell’arte, ma anche una semplice passione per la costruzione di un’immagine in vista del suo manifestarsi. Il lavoro di Bill Viola, uno dei primi a usare il video in maniera sistematica per la propria arte, continua ad avere fascino e a parlare al pubblico di temi universali resi accessibili. Lo fa anche nella mostra che gli dedica Palazzo Reale a Milano, curata da Kira Perov in collaborazione, per il catalogo, con Valentino Catricalà.
“Bill Viola – ha detto quest’ultimo ad askanews – si forma all’interno del mondo della videoarte, ma poi instaura rapporti con tantissimi artisti, quindi troviamo tante influenze diverse. La mostra qui vuole rappresentare soprattutto il periodo di Bill Viola detto della ‘svolta’, dagli anni Novanta in poi”.
Lavori che citano la grande pittura e la grande scultura del passato, dalle pietà ai dipinti del realismo francese, ma che sono anche una riflessione sulle pratiche performative del contemporaneo – viene in mente una leggenda come Joan Jonas – che ruotano intorno al corpo, al suo muoversi e al suo essere poi filmato. In un tempo, il nostro, che riceve stimoli visuali in continuazione.
“Oggi noi viviamo in un mondo carico di immagini e di tecnologia – ha aggiunto Catricalà – Bill Viola ha sempre aperto riflessioni sull’animo umano, ma sempre utilizzando tecnologia. Pe lui il medium con cui lavorare è fondamentale e la sua è sempre un’analisi sulla contemporaneità tecnologica, che deve essere sempre più etica e sostenibile”.
Nato nel 1951, Viola coltiva nei sui video una ricerca di essenzialità, che diventa spirituale, incentrata spesso sugli elementi primordiali del nostro mondo. E allarga, con semplicità anche verso il grande pubblico, il messaggio dell’arte contemporanea. Operazione che pure il Comune di Milano e l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi stanno portando avanti.
“L’abbiamo fatto all’interno della Art Week – ci ha spiegato l’assessore – anche per qualificare sempre di più un palinsesto che sta diventando un momento diffuso di arte contemporanea, a partire da miart, quindi il mondo della gallerie e del commercio, che però si estende poi a un vero e proprio palinsesto culturale, e la mostra di Bill Viola è uno degli appuntamenti centrali”.
Che siano acqua o fuoco, vita o morte, corpi o immortalità, guardare Bill Viola resta interessante per capire un momento nel quale le immagini in movimento – qui spesso lento – hanno conquistato un posto stabile sulla scena dell’arte. Da lì si è fatta molta strada, ma il merito di essere stato tra i pochi ad avere aperto questa via è indiscutibile.

Zehra Dogan apre il progetto “Observatory on Deculturalisation”

Zehra Dogan apre il progetto “Observatory on Deculturalisation”Milano, 23 feb. (askanews) – Inaugura oggi, con una performance dell’artista Zehra Dogan, il progetto “Observatory on Deculturalisation”, curato dal collettivo Zaira Oram, presso la OXYD Kunsträume di Winterthur in Svizzera. Un’altra tappa di una ricerca brillante che indaga i territori, i temi e le pratiche al confine del territorio del contemporaneo.
Attraverso l’azione performativa ANKEBUT (Female Spider), Zehra Dog?an presenta un’opera inedita che porta al centro il tema della resistenza femminile e interroga la relazione che le donne sviluppano con il proprio corpo e la terra. ANKEBUT – parola che designa il ragno femmina in una surah (ripartizione) del Corano – si realizza con un intervento site-specific che trova spazio tra le colonne dell’architettura industriale di OXYD a Winterthur. L’artista tesse una ragnatela di capelli umani su raggi di fili spinati, gli stessi fili che costituiscono muri e barriere in numerose geografie del mondo, erette ancora oggi con l’obiettivo di dividere terre e di rendere illegale la presenza di esseri umani. Quale donna curda, Dog?an si è spesso trovata a vivere tra questi territori – divisi dall’esercizio dei regimi di controllo geo-politico, razziale e di genere – costruendo e ri-costruendo la propria casa ogni volta che qualcuno è arrivato per distruggerla. Come forma di opposizione al sistema di potere dominante maschile, la tessitura della ragnatela diventa metafora esistenziale della resistenza e del potere generativo di cui le donne, come i ragni femmina, sono capaci. “I nostri nidi solitari, sottili, invisibili, delicati ma forti, che costruiscono un nido”, scrive Do?an, per connettere e difendere, e per creare lo spazio necessario alla sopravvivenza e all’espressione della vita.
L’azione si svolge con la diffusione di un canto di una donna yazidi di nome Sorgul: riconosciuta come una canzone d’amore che è stata tramandata in diverse lingue per molti anni, è in realtà un lamento che descrive la persecuzione e il massacro dei curdi yazidi.
La performance ANKEBUT (Female Spider) di Zehra Do?an è curata da Francesca Ceccherini e presentata in occasione dell’inaugurazione della mostra “Observatory on Deculturalisation” Chapter 1 (23.02 – 23.04.2023). La mostra e la sua piattaforma di ricerca avviano riflessioni a partire dal lavoro della storica dell’arte femminista italiana Carla Lonzi (1931-1982) e dall’uso del termine “deculturalizzazione”. Elaborato da Lonzi nel contesto del collettivo femminista Rivolta Femminile di Milano, il termine “deculturalizzazione” compare nel testo “Sputiamo su Hegel” del 1973 per definire quelle pratiche e azioni che si oppongono ai paradigmi della cultura patriarcale. Il collettivo curatoriale Zaira Oram costruisce “Observatory on Deculturalisation” a partire da Lonzi, per approfondire, attualizzare e ampliare la nozione di deculturalizzazione. Il primo capitolo della ricerca presenta un osservatorio di pratiche artistiche che mettono in atto questo concetto attraverso il suono, il film, la performance, i workshop e i colloqui pubblici.

Premio Biagio Agnes, annunciati i vincitori del 2023

Premio Biagio Agnes, annunciati i vincitori del 2023Roma, 22 feb. (askanews) – La giuria del “Premio Biagio Agnes”, presieduta dal dottor Gianni Letta, si è riunita per designare i vincitori della XV edizione. La Cerimonia di premiazione si terrà a Roma venerdì 23 giugno in Piazza del Campidoglio.
Ad aprire la manifestazione sarà la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, che riceverà il Premio per le Istituzioni Europee. La più giovane presidente del Parlamento europeo, terza donna alla guida dell’Eurocamera, dal suo insediamento ha sempre difeso e promosso i valori dell’unione e della pace.
Il Premio Reporter di Guerra assegnato a Stefania Battistini del Tg1 e Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera costituisce un riconoscimento del valore del lavoro di tutti gli inviati in Ucraina partiti per testimoniare e descrivere, non solo gli orrori di questa come di tutte le guerre, ma anche la brutalità dell’invasione del Paese da parte della Russia. Un’aggressione che ha messo a rischio la vita di un intero popolo, di famiglie, di bambini innocenti e motivato la solidarietà dei Paesi occidentali, tra i quali l’Italia, impegnati a dare aiuto come possono. Le immagini, le testimonianze, i racconti dei nostri inviati hanno consentito a tutti noi di avvertire maggiore vicinanza a questo evento terribile e spingerci a riflettere sull’ingiustizia di quanto sta accadendo al centro dell’Europa.
Grande apertura della Giuria nei confronti dei nuovi linguaggi che stanno imprimendo un segno indelebile nella comunicazione del futuro: le serie on demand, i podcast, il linguaggio digitale in genere. Dal Premio Generazione Streaming che va a “Mare fuori”, grande successo Rai e Rai Play, arrivato finora a 85 milioni di visualizzazioni, dimostrando che esistono pubblici diversi per diverse piattaforme, al Premio Generazione Podcast per Cecilia Sala che racconta ogni giorno una parte di mondo attraverso le sue “Stories”.
Silvia Boccardi riceverà il Premio Generazione Digitale promosso dal dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Con ascolti record vince ancora Fiorello al quale va il Premio per la Televisione per “Viva Rai 2!”, programma che dà il buongiorno agli italiani, confermandosi uno degli showman più poliedrici e amati dal grande pubblico.
A Francesca Paci, cronista impegnata nel racconto della lotta delle donne iraniane per la libertà e il riconoscimento dei diritti, da sempre attenta a culture e tradizioni diverse, è assegnato il Premio Carta Stampata. Si aggiudica il Premio per la Radio “Voci in Barcaccia. Largo ai giovani!”, format di Rai Radio 3 che offre ai giovani la possibilità di far conoscere le loro doti canore in campo lirico.
Premio Fiction a “Il nostro generale”, serie televisiva di grande interesse in onda su Rai 1 dedicata al ricordo del generale Dalla Chiesa a quarant’anni da quando venne assassinato dalla mafia, dopo aver combattuto il terrorismo.
Premio Cinema a “Dante” di Pupi Avati, il quale dopo un lungo lavoro di ricerca e approfondimenti ha realizzato un ritratto sincero e appassionato del Sommo Poeta.
Premio per la Divulgazione Scientifica a Margherita De Bac per la sua capacità di rendere la scienza alla portata di tutti con chiarezza e rigore.
Al giurista Sabino Cassese assegnato il Premio Saggista e Scrittore per l’ultima pubblicazione: “Amministrare la nazione. La Crisi della burocrazia e i suoi rimedi”, in cui si concentra sui fattori di crisi e i possibili rimedi della macchina amministrativa.
Ecco i vincitori del “Premio Biagio Agnes 2023”, suddivisi in dodici categorie: Premio per le Istituzioni Europee: Roberta Metsola, presidente Parlamento europeo Premio per la Carta Stampata: Francesca Paci, La Stampa Premio Reporter di Guerra: Stefania Battistini, Tg1 e Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera Premio per la Televisione: Fiorello, “Viva Rai 2!” Premio per la Radio: “Voci in Barcaccia. Largo ai giovani!” Rai Radio 3 condotto da Michele Suozzo ed Enrico Stinchelli Premio Fiction: “Il nostro generale” regia di Lucio Pellegrini e Andrea Jublin Premio Cinema: “Dante” regia di Pupi Avati Premio Saggista e Scrittore: Sabino Cassese, “Amministrare la nazione. La crisi della burocrazia e i suoi rimedi”, Mondadori 2023 Premio Generazione Streaming: “Mare fuori” regia di Carmine Elia, Milena Cocozza, Ivan Silvestrini Premio Generazione Podcast: Cecilia Sala, Chora Media Premio Generazione Digitale: Silvia Boccardi, Will Media Premio per la Divulgazione Scientifica: Margherita De Bac, Corriere della Sera
La Cerimonia di premiazione si svolgerà per la seconda volta in piazza del Campidoglio, alla presenza del sindaco Roberto Gualtieri e dell’Assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda Alessandro Onorato.
La giuria del Premio Biagio Agnes: Gianni Letta (presidente), Giulio Anselmi, Alberto Barachini, Carlo Bartoli, Stefano Folli, Luciano Fontana, Carlo Fuortes, Luigi Gubitosi, Paolo Liguori, Pierluigi Magnaschi, Giuseppe Marra, Massimo Martinelli, Antonio Martusciello, Agnese Pini, Antonio Polito, Aurelio Regina, Danda Santini, Marcello Sorgi, Fabio Tamburini, Mons. Dario Edoardo Viganò.

L’energia del tardo Picasso in mostra alla Fondation Beyeler

L’energia del tardo Picasso in mostra alla Fondation BeyelerMilano, 22 feb. (askanews) – Le celebrazioni internazionali per il cinquantesimo anniversario della morte di Pablo Picasso arrivano anche alla Fondation Beyeler di Basilea che dal 19 febbraio al 1 maggio presenta in una mostra di piccolo formato una selezione condensata di dieci dipinti tardi del’artista spagnolo, appartenenti alla Collezione Beyeler, alla Anthax Collection Marx e ad altre raccolte private.
Nel decennio finale della sua vita l’ormai ultraottantenne Picasso proseguì la sua opera in modo straordinariamente produttivo: nell’ultimo periodo di attività spesso eseguiva diversi dipinti in un solo giorno, sprigionando una tale potenza inventiva che sembrava volesse lottare contro l’avanzare dell’età e il conseguente declino delle capacità creative e fisiche. Tra le numerose opere realizzate negli anni 1960 e nei primi anni 1970 spicca anche un nutrito gruppo di lavori in cui Picasso si confronta intensamente con il tema dell’artista e il suo modello. In questi lavori fortemente espressivi da un lato indaga l’immagine dell’artista (di sé) e dall’altro l’atto creativo e il processo di sviluppo artistico.
La mostra a cura di Raphaël Bouvier intende approfondire, attraverso singoli dipinti emblematici dell’imponente opera tarda di Picasso, le ricognizioni dell’artista nei territori del processo creativo, delle relazioni di sguardo tra pittore e modella, della rappresentazione dell’artista uomo e anche della messa in scena pittorica del modello femminile, sottoponendole a una verifica della loro attualità.
Sono oltre 30 le opere di Picasso in possesso della Fondation Beyeler, che custodisce una delle collezioni picassiane più cospicue che esistano. Picasso è anche l’artista moderno più rappresentato nella Collezione Beyeler. Le opere coprono un arco di tempo che dalla svolta cubista del 1907 giunge agli anni 1960. Circa 15 altri capolavori di Picasso della Collezione Beyeler e della Anthax Collection Marx sono esposti nelle sale adiacenti alla mostra che ospitano la collezione permanente, offrendo così un ampio panorama della produzione picassiana.

Libri, esce “La guerra in casa” di Roberto Arditti

Libri, esce “La guerra in casa” di Roberto Arditti

“Come e perché la corsa al riarmo riguarda tutti noi”. Edito da Rai Libri

Roma, 22 feb. (askanews) – La guerra alle porte dell’Europa sta costringendo tutti a rifare i conti sui budget destinati alla difesa. I fatti del 2022 e uno scenario politico profondamente mutato e instabile impongono ai membri dell’Unione, alla NATO e all’intero Occidente, di rivedere le proprie strategie, mettendo in discussione i vecchi schemi ideologici. Dati alla mano, Roberto Arditti analizza gli scenari presenti e tratteggia quelli futuri, tra conflitti, cyber guerra e soft power: l’età dell’innocenza appartiene alla storia, la corsa al riarmo ha già avuto inizio.
“La guerra in casa” di Roberto Arditti, edito da Rai Libri, è in vendita nelle librerie e negli store digitali dal 24 febbraio 2023 (Euro: 18,50).
Roberto Arditti (Lodi, 1965) si è laureato all’Università Bocconi di Milano e ha iniziato la sua carriera lavorando con l’allora Presidente del Senato Giovanni Spadolini. Ha diretto l’informazione di Rtl 102.5, è stato per diversi anni autore della trasmissione “Porta a porta” e direttore del quotidiano Il Tempo. È stato alla guida della comunicazione e delle relazioni istituzionali di Expo 2015. Oggi è direttore editoriale di Formiche e scrive per Huffington Post e Il Messaggero.

La Biennale Architettura di Lesley Lokko: spazio al cambiamento

La Biennale Architettura di Lesley Lokko: spazio al cambiamentoMilano, 21 feb. (askanews) – Venezia, 21 feb. (askanews) – Una Biennale di Architettura che si interroga sui bisogni dell’umanità, si impegna sul tema del contrasto al cambiamento climatico e vuole essere un agente di cambiamento, oltre che aprire uno spazio di attenzione e racconto sull’Africa, continente che, come recita il titolo della Mostra internazionale, si propone come “Laboratorio del futuro”. Curata da Lesley Lokko, la 18esima Biennale Architettura arriva a confrontarsi, come ormai capita da diverse edizioni, con un mondo che pone alla disciplina domande impellenti, necessarie come le potenziali risposte che da Venezia possono arrivare.
“Negli ultimi nove mesi, in centinaia di conversazioni, messaggi di testo, videochiamate e riunioni – ha detto Lesley Lokko in conferenza stampa – è emersa più volte la domanda se esposizioni di questa portata, sia in termini di emissioni di carbonio sia di costi, possano essere giustificate. A maggio dell’anno scorso ho parlato più volte della Mostra come di ‘una storia’, una narrazione che si evolve nello spazio. Oggi ho una visione diversa. Una mostra di architettura è allo stesso tempo un momento e un processo. Prende in prestito struttura e formato dalle mostre d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione sono centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado. È stato chiaro fin dal principio che The Laboratory of the Future avrebbe adottato come suo gesto essenziale il concetto di cambiamento”.
“Spesso – ha proseguito la curatrice – si definisce la cultura come il complesso delle storie che raccontiamo a noi stessi, su noi stessi. Sebbene sia vero, ciò che sfugge a questa affermazione è la consapevolezza di chi rappresenti il ‘noi’ in questione. Nell’architettura in particolare, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità, dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale, come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La ‘storia’ dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti”.
Nello specifico la mostra di quest’anno sarà divisa in sei parti, con 89 partecipanti, la metà provenienti o legati all’Africa. Nella visione di Lokko un ruolo fondamentale viene giocato dall’immaginazione, condizione indispensabile perché un futuro migliore possa diventare possibile. E in questo senso è particolarmente affascinante guardare all’architettura, e di riflesso alla Biennale veneziana, come spazio delle possibilità reali.
“Un laboratorio del futuro non può prescindere da un punto di partenza preciso, da una o più ipotesi in cerca di verifica – ha dichiarato il presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto -. La curatrice parte dal suo continente di origine, l’Africa, per raccontarne tutte le criticità storiche, economiche, climatiche e politiche e per dire a tutti ‘a noi è già successo molto di quanto sta accadendo al resto del mondo. Confrontiamoci per capire dove si è sbagliato finora e come va affrontato il futuro’. È un punto di partenza che invoca l’ascolto di fasce di umanità lasciate fuori dal dibattito, e apre a una molteplicità di lingue zittite per molto tempo da quella che si considerava dominante di diritto in un confronto vitale e improcrastinabile”.
Altro elemento centrale della 18esima Biennale di Architettura è l’attivazione del primo Biennale College per questa disciplina. Nel corso di quattro settimane di programma didattico, quindici docenti internazionali lavoreranno con cinquanta tra studenti, laureati, accademici e professionisti emergenti provenienti da tutto il mondo e selezionati da Lesley Lokko attraverso un processo di open call. Alla chiusura del bando, il 17 febbraio, sono pervenute 986 candidature.
A livello di numeri sono 63 le partecipazioni nazionali, che organizzeranno le proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini (27), all’Arsenale (22) e nel centro storico di Venezia (14). Il Niger partecipa per la prima volta alla Biennale Architettura; Panama si presenta per la prima volta da solo, nel passato partecipava come I.I.L.A. (organizzazione internazionale italo-latino americana). Torna la partecipazione della Santa Sede alla Biennale Architettura, con un proprio Padiglione sull’Isola di San Giorgio Maggiore (aveva partecipato per la prima volta alla Biennale Architettura nel 2018). Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è curato dal collettivo Fosbury Architecture, formato da Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi. Il titolo della mostra è SPAZIALE: Ognuno appartiene a tutti gli altri.
La Biennale Architettura, che ancora una volta incarna il desiderio di consapevolezza e la forza di impatto che da almeno tre edizioni qualifica le mostre internazionali, sarà aperta al pubblico da sabato 20 maggio a domenica 26 novembre 2023, ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera.

Cicutto: Biennale Architettura in risposta a bisogni dell’umanità

Cicutto: Biennale Architettura in risposta a bisogni dell’umanitàVenezia, 21 feb. (askanews) – “Negli ultimi anni l’architettura si è affermata come la disciplina che più di altre può e deve dare delle risposte ai bisogni dell’umanità. Quasi alla pari della ricerca scientifica nel campo della medicina, anche all’architettura si chiedono risposte immediate a imperativi urgenti per la sopravvivenza della terra e dei generi che la abitano. Gli anni del Covid lo hanno confermato in modo inequivocabile”. Lo ha detto il presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto, presentando la 18esima edizione della Biennale dei Architettura, curata dall’architetto ghanese-scozzese Lesley Lokko.
“La Biennale di Venezia, con gli oltre sei mesi dedicati alla più grande Mostra Internazionale di Architettura del mondo – ha aggiunto il presidente – diventa luogo di osservazione globale toccando con un occhio al futuro tutti i problemi del presente. Non a caso la curatrice Lesley Lokko ha chiamato questa sua edizione The Laboratory of the Future”.
“La Mostra fino a poco tempo fa era vissuta come la rappresentazione del nuovo, del bello e dello sviluppo tecnologico nella scienza della costruzione. Oggi le aspettative e le responsabilità che vengono attribuite a chi si occupa di architettura sono altissime – ha detto ancora Cicutto – e rendono la professione dell’architetto sempre più complessa e concentrata su temi fortemente concreti e rivolti alla realtà che ci circonda, anche se ciò non vuol dire rinunciare alla ricerca estetica. Forse per questo la curatrice ama definire i partecipanti come practitioners, trovando il termine ‘architetto’ riduttivo. E practitioners rende da subito l’idea di un agire concreto e necessario, senza privilegiare canoni estetici o già sperimentati. Le ultime Biennali di Architettura hanno fatto della consapevolezza dei temi improrogabili del mondo il loro centro di gravità: l’edizione di Lesley Lokko si arricchisce per questo di un’attività inedita di college (così come precedentemente hanno fatto tutte le altre arti della Biennale). È un passo importante: il College Architettura non sarà una palestra in cui giovani donne e uomini, laureandi o professionisti all’inizio della loro carriera mostreranno progetti o manufatti architettonici, sarà altresì un vero e proprio campus, che sotto la responsabilità della curatrice e dei tutor da lei scelti aiuterà i partecipanti e noi tutti a comprendere i doveri dell’architettura contemporanea e soprattutto il modo di trasmetterli.
“Un laboratorio del futuro – ha concluso il presidente – non può prescindere da un punto di partenza preciso, da una o più ipotesi in cerca di verifica. Lesley Lokko parte dal suo continente di origine, l’Africa, per raccontarne tutte le criticità storiche, economiche, climatiche e politiche e per dire a tutti “a noi è già successo molto di quanto sta accadendo al resto del mondo. Confrontiamoci per capire dove si è sbagliato finora e come va affrontato il futuro”. È un punto di partenza che invoca l’ascolto di fasce di umanità lasciate fuori dal dibattito, e apre a una molteplicità di lingue zittite per molto tempo da quella che si considerava dominante di diritto in un confronto vitale e improcrastinabile. Io credo che questo sia il vero compito della Biennale di Venezia come istituzione, e non solo per quanto riguarda l’Architettura. Da qui dobbiamo partire per cogliere l’occasione che ci consenta di fare un salto di qualità anche nell’approccio verso tutte le altre discipline”.