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La Commissione Ue allenta le restrizioni sulle fusioni tra imprese

La Commissione Ue allenta le restrizioni sulle fusioni tra impreseRoma, 20 apr. (askanews) – La Commissione europea allenta le restrizioni su fusioni e concentrazioni di imprese. L’esecutivo comunitario ha adottato un ampio pacchetto di provvedimenti che hanno effetti su una molteplicità di aspetti su questo versante.

Innanzittuto, semplificando sia “la procedura semplificata” che la procedura ordinaria sull’esame dei piani di concentrazioni tra imprese. In particolare, afferma Bruxelles con un comunicato, le nuove norme ampliano e chiariscono quali casi possono essere trattati nell’ambito della procedura semplificata e individua due nuove categorie di casi che possono beneficiare del trattamento semplificato. Si tratta di casi in cui, in tutte le plausibili definizioni di “mercato” la quota di un dato settore detenuta a monte, individuale o combinata, delle parti interessate dalla concentrazione è inferiore al 30% e la loro quota di acquisto combinata è inferiore al 30%. Inoltre questo vale anche quando quando le quote di mercato a monte, individuali o combinate, delle parti interessate dalla concentrazione sono inferiori al 50%, ma un indice tecnico risulta inferiore a una data soglia (l’indice di concentrazione del mercato (“delta Hhi”) è inferiore a 150 e la società con la quota di mercato più esigua è la stessa nei mercati a monte e a valle).

La comunicazione conferisce inoltre alla stessa Commissione “il potere discrezionale di trattare determinati casi nell’ambito della procedura semplificata, anche se non rientrano in nessuna delle categorie predefinite per tale trattamento”, prosegue il comunicato. In questo ambito il provvedimento contiene anche diverse clausole di flessibilità: per le sovrapposizioni orizzontali in cui le quote di mercato combinate delle parti interessate dalla concentrazione sono pari al 20-25%; per le relazioni verticali in cui le quote di mercato individuali o combinate a monte e a valle delle parti interessate dalla concentrazione sono del 30-35%; per le relazioni verticali in cui le quote di mercato individuali o combinate delle parti interessate dalla concentrazione non superano il 50 % in un mercato e il 10 % nell’altro mercato collegato verticalmente; e per le imprese comuni con un fatturato e un attivo compresi tra 100 e 150 milioni di euro nello Spazio economico europeo.

La comunicazione fornisce inoltre un elenco più chiaro e dettagliato delle circostanze in cui la Commissione può indagare su un caso tecnicamente ammissibile a un trattamento semplificato nell’ambito della normale procedura di riesame. Il pacchetto varato introduce anche un nuovo modulo di notifica (modulo CO) che prevede un sistema di caselle da spuntare (tick-the-box) per i casi ammissibili alla procedura semplificata. Comprende principalmente domande e tabelle a scelta multipla e domande semplificate sulla valutazione sia giurisdizionale che di fondo dei casi. La comunicazione individua inoltre le categorie di casi che possono beneficiare di un trattamento “supersemplificato”, dice ancora l’Ue, che prevede che la possibilità per le parti di inviare direttamente le loro notifiche senza contattare in via preliminare la Commissione.

Il riesame dei casi non semplificati viene poi “razionalizzato”: il regolamento di esecuzione riduce e chiarisce gli obblighi di informazione nel modulo di notifica per questi casi (modulo CO). Include informazioni più chiare sulle possibilità di deroga, introduce tabelle per le informazioni sui mercati interessati ed elimina alcuni obblighi di informazione. Vi è anche una ottimizzazione sulla trasmissione dei documenti alla Commissione grazie alla nuova comunicazione sulla trasmissione di documenti, che introduce notifiche elettroniche automatiche. Il corposo pacchetto appena varato si inserisce nell’ambito del regolamento Ue sulle concentrazioni. Comprende un regolamento di esecuzione riveduto sulle concentrazioni (“regolamento di esecuzione”); una comunicazione sulla procedura semplificata e, terzo, una comunicazione sulla trasmissione di documenti.

Secondo i propositi di Bruxelles “dovrebbe apportare benefici significativi alle imprese e ai consulenti in termini di lavori preparatori e relativi costi. Il suo obiettivo è semplificare e ampliare la portata della procedura di esame, da parte della Commissione, delle concentrazioni per i casi non problematici. Inoltre, mira a ridurre la quantità di informazioni necessarie per la notifica delle operazioni in tutti i casi e a ottimizzare la trasmissione dei documenti. Il pacchetto adottato oggi contribuisce al conseguimento dell’obiettivo della Commissione di ridurre del 25% gli obblighi di comunicazione”.

Infine, questo massiccio insieme di nuove norme sarà applicabile già dal primo settembre di quest’anno, precisa la Commissione.

Balneari, la Corte Ue: bisogna applicare le norme europee

Balneari, la Corte Ue: bisogna applicare le norme europeeBruxelles, 20 apr. (askanews) – Con una sentenza su un rinvio pregiudiziale richiesta dal Tar della Puglia e riguardante un caso relativo al comune di Ginosa (Taranto), la Corte europea di Giustizia ha confermato oggi a Lussemburgo che le concessioni demaniali per le spiagge agli stabilimenti balneari non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere messe a gara periodicamente con una procedura di selezione imparziale e trasparente. Ma soprattutto, la Corte e ha precisato che i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme dell’Ue, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale che non sono conformi al diritto comunitario. (Segue) La sentenza riguarda la causa C-348/22, una vertenza in cui erano coinvolte l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e il Commune de Ginosa, in provincia di Taranto. Il rinvio pregiudiziale concerneva l’intepretazione della normativa nazionale che prevede la proroga automatica delle concessioni balneari, e in particolare la validità, il carattere vincolante e l’effetto diretto della normativa Ue relativa ai servizi nel mercato interno, e in particolare la Direttiva 2006/123/Ce (meglio nota come “Direttiva Bolkestein”). Secondo la direttiva, per concedere concessioni di occupazione del demanio pubblico marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione, con messa a gara tra i potenziali candidati, quando il numero di autorizzazioni disponibili è limitato a causa della scarsità delle risorse naturali. Inoltre, la concessione deve essere di durata limitata e non soggetta alla procedura di rinnovo automatico. Sebbene la direttiva Bolkestein sia stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano, una legge nazionale del 2018 ha indicato che le concessioni in corso saranno prorogate fino al 31 dicembre 2033, per disporre del tempo necessario alla realizzazione di tutte le operazioni indispensabili alla riforma del regime di concessione. Conformemente a questa legge nazionale, il Comune di Ginosa ha prorogato, con delibera del 24 dicembre 2020, le concessioni di occupazione del demanio marittimo nel suo territorio. Ma a questo punto la decisione è stata oggetto di una contestazione da parte dell’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato (Agcom), che l’ha ritenuta contraria ai principi Ue della concorrenza e della libertà di stabilimento. L’Agcom ha perciò notificato al comune di Ginosa un parere motivato, ricordandogli l’esigenza di una procedura preliminare di appalto pubblico e rilevando che le disposizioni nazionali che prorogano automaticamente le concessioni devono restare inapplicate. Poiché il comune di Ginosa non si è conformato a questo parere motivato, l’Agcom ha presentato al Tar (Tribunale amministrativo regionale) della Puglia un ricorso diretto all’annullamento della decisione sulla proroga delle concessioni. A sua volta, il Tar Puglia, pur ritenendo le disposizioni nazionali incompatibili con la direttiva Bolkestein, ha notificato i suoi dubbi sul carattere di autoesecutività della direttiva stessa, con l’effetto di disapplicare le norme della legislazione nazionale contrarie, e anche sulla validità del meccanismo decisionale a maggioranza qualificata in Consiglio Ue ‘e non all’unanimità), con cui la normativa era stata adottata. Il Tar della Puglia poneva pertanto alla Corte europea di Giustizia diverse questioni pregiudiziali, volte a verificare il campo di applicazione della direttiva, la sua validità, la sua natura e gli effetti della sua applicazione. Con la sua sentenza di oggi la Corte Ue precisa, in primo luogo, che la direttiva Bolkestein si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che e presentino un interesse transfrontaliero o che riguardino situazioni confinae all’interno di un solo Stato membro. In secondo luogo, dalla valutazione della Corte non è emerso alcun elemento che possa inficiare la validità della direttiva, che ha l’obiettivo di agevolare la libera circolazione dei servizi e l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori di servizi stessi. Pertatno, la Corte conferma che il Consiglio Ue ha correttamente adottato la direttiva a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato Ue. In terzo luogo, la Corte afferma che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, e il divieto di rinnovare automaticamente le concessioni sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva, e producono quindi degli effetti diretti. I giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti quindi ad applicare le norme pretinenti della direttiva, e a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi, conclude la Corte europea di Giustizia.

Balneari, Corte Ue: le autorità locali devono applicare le norme europee

Balneari, Corte Ue: le autorità locali devono applicare le norme europeeRoma, 20 apr. (askanews) – Con una sentenza su un rinvio pregiudiziale richiesta dal Tar della Puglia e riguardante un caso relativo al comune di Ginosa (Taranto), la Corte europea di Giustizia ha confermato oggi a Lussemburgo che le concessioni demaniali agli stabilimenti balneari non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere messe a gara periodicamente con una procedura di selezione imparziale e trasparente. E, soprattutto, la Corte e ha precisato che i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme dell’Ue, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale che non sono conformi al diritto comunitario.

La sentenza riguarda una causa (C-348/22) in cui erano coinvolte l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana e il Comune di Ginosa, in provincia di Taranto. Il rinvio pregiudiziale portava sull’interpretazione della normativa nazionale che prevede la proroga automatica delle concessioni balneari, e in particolare la validità, il carattere vincolante e l’effetto diretto della direttiva 2006/123/Ce, relativa ai servizi nel mercato interno (meglio nota come “Direttiva Bolkestein”). Secondo la direttiva, per concedere concessioni di occupazione del demanio pubblico marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione, con messa a gara tra i potenziali candidati, quando il numero di autorizzazioni disponibili è limitato a causa della scarsità delle risorse naturali. Inoltre, la concessione deve essere di durata limitata e non soggetta alla procedura di rinnovo automatico.

Sebbene la direttiva sia stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano, una legge nazionale del 2018 ha indicato che le concessioni in corso saranno prorogate fino al 31 dicembre 2033, con la motivazione secondo cui occorre disporre del tempo necessario per la realizzazione di tutte le operazioni indispensabili alla riforma del regime di concessione. Conformemente a questa legge nazionale, il Comune di Ginosa ha prorogato, con delibera del 24 dicembre 2020, le concessioni di occupazione del demanio marittimo nel suo territorio. Ma la decisione è stata contestata dall’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato (Agcom), che l’ha ritenuta contraria ai principi Ue della concorrenza e della libertà di stabilimento. L’Agcom ha perciò notificato al comune di Ginosa un parere motivato, ricordandogli l’esigenza di una procedura preliminare di appalto pubblico e rilevando che le disposizioni nazionali che prorogano automaticamente le concessioni devono restare inapplicate.

Poiché il comune di Ginosa non si è conformato a questo parere motivato, l’Agcom ha presentato al Tribunale amministrativo regionale della Puglia un ricorso diretto all’annullamento della decisione sulla proroga delle concessioni. Il Tar della Puglia ha posto a questo punto alla Corte europea di Giustizia diverse questioni pregiudiziali, volte a verificare il campo di applicazione della direttiva, la sua validità, la sua natura e gli effetti della sua applicazione. In particolare, pur ritenendo le disposizioni nazionali incompatibili con la direttiva Bolkestein, il Tar ha notificato i suoi dubbi sul suo carattere auto esecutivo, che avrebbe l’effetto di disapplicare le norme della legislazione nazionale contrarie alla direttiva stessa. Un altro dubbio espresso riguardava poi la validità della decisione a maggioranza qualificata in Consiglio Ue (e non all’unanimità), con cui la normativa era stata adottata nel 2006. Con la sua sentenza di oggi la Corte Ue precisa, in primo luogo, che la direttiva Bolkestein si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che presentino un interesse transfrontaliero o che riguardino situazioni confinate all’interno di un solo Stato membro.

In secondo luogo, dalla valutazione della Corte non è emerso alcun elemento che possa inficiare la validità della direttiva, il cui obiettivo è di agevolare la libera circolazione e l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori di servizi. Pertanto, la Corte conferma che il Consiglio Ue ha correttamente adottato la direttiva a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato Ue. In terzo luogo, la sentenza afferma che l’obbligo per gli Stati membri di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, e il divieto di rinnovare automaticamente le concessioni sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva, e producono quindi degli effetti diretti. I giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti quindi ad applicare le norme pertinenti della direttiva, e a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi, conclude la Corte europea di Giustizia. Loc

Fisco, Cgil: pericolose le proposte per contrastare la denatalità

Fisco, Cgil: pericolose le proposte per contrastare la denatalitàRoma, 20 apr. (askanews) – “Il Governo prosegue con uscite estemporanee e interventi scoordinati sul versante fiscale a dispetto del progetto di riforma presentato dallo stesso Governo. Dopo i condoni in legge di Bilancio e il condono penale ai grandi evasori del decreto bollette, adesso ci sarebbe una proposta di alcuni esponenti della maggioranza di introduzione di una detrazione di 10mila euro per ogni figlio a carico e una diversa proposta del Ministro Giorgetti sulla detassazione totale per le famiglie con figli. Sono entrambe infattibili, irrazionali e anche pericolose”. Ad affermarlo la vicesegretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi.

“Innanzitutto – sottolinea la dirigente sindacale – se venissero erogati 10mila euro per ciascuno dei 10 milioni di minori del nostro Paese, il costo ammonterebbe a quasi 100 miliardi di euro. Se si volessero includere tutti i figli, anche maggiorenni, ancora a carico delle famiglie, il costo raggiungerebbe livelli ancora più insostenibili, ed è utile ricordare che nel recente Def il Governo ha certificato che le risorse disponibili per tutte le politiche del 2024 ammontano a 4 miliardi di euro”. “Tuttavia, trattandosi di una detrazione – aggiunge Fracassi – il costo probabilmente sarebbe inferiore, perché ne sarebbero totalmente esclusi gli incapienti (quindi i lavoratori e i pensionati poveri) e parzialmente esclusi i redditi medi e bassi. La detrazione spiegherebbe invece pienamente i suoi effetti sui redditi più alti, in possesso di una capienza Irpef di 10mila euro per ogni figlio. In dettaglio su 40 milioni di contribuenti circa 35 milioni avrebbero vantaggi parziali o nulli per incapienza. In presenza di due figli a beneficiare integralmente delle detrazioni sarebbe solo il 5% più ricco dei contribuenti”. Per la vicesegretaria generale della Cgil “sarebbe quindi un provvedimento fortemente regressivo, tanto più che, con l’assegno unico, si è riusciti a superare l’assurdità per cui esistevano famiglie ‘troppo povere per percepire la detrazione per i figli’”. “Ancora più grave – prosegue Fracassi – è la motivazione: si intende rispondere alla denatalità con il sostegno diretto per via fiscale alle famiglie, senza prevedere politiche e risorse per la condivisione vita-lavoro, quindi servizi pubblici per l’infanzia, sostegno all’istruzione, risorse per la non autosufficienza, politiche abitative e in generale al welfare e soprattutto senza prevedere politiche per l’occupazione femminile che vede il nostro Paese molto lontano dalla media europea di partecipazione al lavoro”.

“Crediamo – conclude Fracassi – che queste dichiarazioni, oltre a creare false aspettative, trasudino una visione classista e individualista della società, un disconoscimento del Patto sociale che è alla base della convivenza e della crescita materiale e morale del nostro Paese”.

Bes, Istat: Italia tra peggiori in Ue, è allarme Neet-lavoro-povertà

Bes, Istat: Italia tra peggiori in Ue, è allarme Neet-lavoro-povertàRoma, 20 apr. (askanews) – Alta percentuale di Neet, basso tasso di occupazione e forte rischio povertà collocano l’Italia al di sotto della media europea. E’ la fotografia scattata dall’Istat nel rapporto sul Benessere equo e sostenibile.

La maggior parte degli indicatori del Bes disponibili per il confronto con la media dei paesi europei (Ue27) mostra una situazione peggiore per l’Italia. Si tratta in particolare di alcuni indicatori dei domini Istruzione e formazione e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Tra questi la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati (Neet), che in Italia raggiunge il 19% rispetto all’11,7% della media Ue27, e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria, il 27,4% in Italia e il 42,8% in media Ue27. Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55% in Italia rispetto a 69,4% per la media Ue27). Lo svantaggio dell’Italia nel contesto dell’Ue27 si rileva, inoltre, in alcuni indicatori di Benessere economico aggiornati al 2021, tra cui il rischio di povertà e la grande difficoltà ad arrivare a fine mese, o al 2020, come la disuguaglianza del reddito netto.

Uno degli indicatori per cui l’Italia, invece, si colloca su livelli migliori in termini di benessere, rispetto alla media dei paesi dell’Ue27, è il tasso di omicidi, pari a 0,5 per 100mila abitanti nel 2020, ben al di sotto della media dei paesi Ue27 (0,9). Inoltre, l’Italia si conferma ai vertici della graduatoria dei paesi per quanto riguarda la sopravvivenza, con valori della speranza di vita alla nascita pari a 82,5 anni (80,1 la media Ue27 nel 2021). Mlp

Cisl: presentata proposta di legge sulla partecipazione

Cisl: presentata proposta di legge sulla partecipazioneRoma, 20 apr. (askanews) – “La Partecipazione al Lavoro”: questo il nome della proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori nelle aziende depositata oggi dal segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, insieme ad una delegazione della Confederazione di Via Po presso la Cancelleria della Corte di Cassazione. Il testo, su cui la Cisl avvierà da maggio una grande campagna di raccolta firme su tutto il territorio nazionale, punta a dare piena attuazione all’articolo 46 della Costituzione, promuovendo e incentivando la democrazia economica e la partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alle imprese. La proposta si articola in 22 articoli suddivisi in 9 titoli ed hanno l’ambizione di cambiare profondamente il modello economico. Una rivoluzione tutta “dal basso”, prima con una raccolta di firme su una proposta di legge di iniziativa popolare e poi attraverso la contrattazione. Per promuovere in Italia “La partecipazione e la democrazia economica”, come “diritto fondamentale dei lavoratori e dei cittadini, leva per uno sviluppo socialmente sostenibile”.

Dl Pnrr, da Camera sì a fiducia con 196 voti a favore

Dl Pnrr, da Camera sì a fiducia con 196 voti a favoreRoma, 19 apr. (askanews) – Con 196 voti a favore, 147 voti contrari e 5 astensioni (dalle minoranze linguistiche) la Camera ha approvato la fiducia posta dal governo sul decreto sull’attuazione del Pnrr, nel testo già licenziato dal Senato. Il voto finale sul decreto è previsto per domani, dopo l’esame degli ordini del giorno.

Il decreto semplifica le procedure per la messa a terra dei progetti e modifica la governance del Pnrr, prevedendo l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio, nel Dipartimento guidato dal Ministro Raffaele Fitto, della Struttura di missione del Piano, che ha il compito di coordinare le attività di realizzazione dei progetti e diventa il punto di contatto nazionale per l’attuazione del Piano e i rapporti con le istituzioni di Bruxelles. Viene poi soppressa l’Agenzia per la coesione territoriale e le sue competenza transitano anch’esse al Dipartimento diretto da Fitto, dove viene costituito uno speciale nucleo. L’obiettivo, ha spiegato il ministro negli interventi in Parlamento, è quello di mettere a sistema ed efficientare l’utilizzo delle risorse del Pnrr con quelle delle politiche di coesione. Sul testo del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, il Senato in prima lettura ha apportato diverse modifiche, tra cui: misure volte alla riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni, un contributo di 40 milioni di euro ai gestori di Spid, stabilizzazione del personale che opera su progetti europei, la possibilità di affidare a pensionati incarichi di vertice negli enti delle pubbliche amministrazioni, un piano per il posizionamento di defibrillatori in vista del Giubileo del 2025, la proroga al 31 dicembre 2023 per l’attuazione della legge Cartabia sull’ordinamento giudiziario.

La Camera ha confermato il testo del Senato senza ulteriori modifiche, quindi con il voto di domani il decreto sarà convertito in legge.

Balneari, domani l’importante sentenza della Corte di Giustizia Ue

Balneari, domani l’importante sentenza della Corte di Giustizia UeStrasburgo, 19 apr. (askanews) – La Corte europea di Giustizia si pronuncerà domani a Lusssemburgo su un rinvio pregiudiziale del Tar della Puglia collegato con la parallela controversia tra la Commissione Ue e l’Italia sulle concessioni balneari.

La sentenza che verrà emessa domani riguarda la causa C-348/22, una vertenza in cui sono coinvolte l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e il Commune de Ginosa, in provincia di Taranto. Il rinvio pregiudiziale concerne l’intepretazione della normativa nazionale che prevede la proroga automatica delle concessioni balneari, e in particolare la validità, il carattere vincolante e l’effetto diretto della normativa Ue relativa ai servizi nel mercato interno (Direttiva 2006/123/Ce, meglio nota come “Direttiva Bolkestein”). Secondo il diritto Ue, per concedere concessioni di occupazione del demanio pubblico marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione, con messa a gara tra i potenziali candidati, quando il numero di autorizzazioni disponibili è limitato a causa della scarsità delle risorse naturali. Inoltre, la concessione deve essere di durata limitata e non soggetta alla procedura di rinnovo automatico.

Sebbene la direttiva Bolkestein sia stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano, una legge nazionale del 2018 ha indicato che le concessioni in corso saranno prorogate fino al 31 dicembre 2033, per disporre del tempo necessario alla realizzazione di tutte le operazioni indispensabili alla riforma del regime di concessione. Il comune di Ginosa, applicando la legge nazionale, ha deciso il 24 dicembre 2020 di prorogare automaticamente sul proprio territorio le concessioni di occupazione del demanio pubblico marittimo. Ma a questo punto la decisione è stata oggetto di una contestazione da parte dell’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato (Agcom), che l’ha ritenuta contraria ai principi Ue della concorrenza e della libertà di stabilimento. L’Agcom ha perciò notificato al comune di Ginosa un parere motivato, ricordandogli l’esigenza di una procedura preliminare di appalto pubblico e rilevando che le disposizioni nazionali che prorogano automaticamente le concessioni devono restare inapplicate.

Poiché il comune di Ginosa non si è conformato a questo parere motivato, l’Agcom ha presentato al Tar (Tribunale amministrativo regionale) della Puglia un ricorso diretto all’annullamento della decisione sulla proroga delle concessioni. A sua volta, il Tar Puglia, pur ritenendo le disposizioni nazionali incompatibili con la direttiva Bolkestein, ha notificato i suo dubbi sul carattere di autoesecutività della direttiva stessa, con l’effetto di disapplicare norme nazionali contrarie.

Il Tar della Puglia pone pertanto alla Corte europea di Giustizia diverse questioni pregiudiziali, volte a verificare il campo di applicazione della direttiva, la sua validità, la sua natura e gli effetti della sua applicazione. Va ricordato che nella giurisprudenza della Corte Ue ci sono già diversi precedenti di sentenze secondo cui l’applicazione del diritto comunitario prevale su eventuali norme nazionali contrarie. La Commissione europea si attende domani un verdetto dei giudici di Lussemburgo favorevole alle sue posizioni nella controversia con l’Italia sulle concessioni balneari, che le consentirebbe di aumentare ancora di più la pressione sul governo di Roma per mettersi in regola, applicando finalmente la sentenza della Corte di Giustizia del 2016 che ha confermato la necessità di mettere a gara periodicamente le concessioni e di non prorogarle automaticamente. In mancanza di una risposta adeguata da parte del governo, l’Esecutivo comunitario, che ha già aperto da tempo una procedura d’infrazione contro l’Italia per mancata esecuzione della sentenza del 2016, potrebbe decidere nelle prossime settimane un nuovo ricorso alla Corte Ue, con la richiesta di comminare sanzioni pecuniarie giornaliere al Paese per ogni giorno di permanenza nella situazione di inadempienza.

Ecco cosa sta vagliando la Bce per il prossimo aumento dei tassi

Ecco cosa sta vagliando la Bce per il prossimo aumento dei tassiRoma, 19 apr. (askanews) – Si conferma il netto calmieramento dell’inflazione nell’area euro – a marzo la crescita dei prezzi al consumo su base annua si è attenuata al 6,9%, a fronte dell’8,5% che aveva segnato a febbraio – ma questo non ferma la Bce nella sua manovra di rialzo dei tassi di interesse.

Oggi a tornare alla carica è stato il capo economista dell’istituzione monetaria, l’irlandese Philip Lane che dal vertice degli industriali di Dublino ha rilanciato un messaggio che aveva già inviato ieri: se lo scenario previsionale di base, elaborato a marzo, restasse valido, e ad oggi i dati puntano in questa direzione: “sarà appropriato alzare ulteriormente i tassi di interesse”, ha affermato. “Dalla scorsa estate è stato necessario alzare i tassi di interesse di 350 punti base – ha ricordato durante un convegno a Dublino – per assicurare che l’inflazione torni in maniera tempestiva al nostro obiettivo del 2%”.

Il nuovo rialzo, ha ribadito, verrà deciso dal Consiglio direttivo il 4 maggio in base all’evolversi di una serie di dati. E il primo elemento sotto osservazione è quello della dinamica dell’inflazione di fondo, cioè dell’indice dei prezzi al consumo depurato da energia, alimentari e altre voci volatili. Su questo aspetto i dati definitivi di marzo, pubblicati oggi da Eurostat, non sembrano indicare quel cambio di rotta che la Bce vorrebbe vedere: a differenza dell’indice generale, l’inflazione di fondo ha continuato ad accelerare, seppure marginalmente con un 5,7% annuo, a fronte del 5,6% di febbraio.

Invece si è accentuato il drastico calmieramento dei prezzi dell’energia, al punto da far segnare variazioni negative a questa voce sia su base annua, per lo 0,9% (a fronte del più 13,7% di febbraio) sia rispetto al mese precedente: tra febbraio e marzo i prezzi dell’energia sono calati del 2,2%. Gli alimentari non lavorati hanno registrato un più 14,7% annuo, dal più 13,9% di un mese prima, e un rialzo mensile dell’1,9%. L’ente di statistica comunitario pubblicherà la stima preliminare sull’inflazione dell’eurozona di aprile il 2 maggio, mentre il giorno successivo, alla vigilia del Consiglio Bce, fornirà i dati aggiornati su mercato del lavoro e disoccupazione.

Ma l’analisi della Bce non si fermerà qui. “La valutazione includerà una attenta analisi degli sviluppi sulle condizioni di finanziamento per le imprese. La Bank Lending Survey di aprile (che verrà pubblicata il 2 maggio-ndr) ci consentirà di monitorare la trasmissione dei nostri tassi chiave sui tassi bancari e sui tassi obbligazionari”, ha proseguito Lane. E aiuterà anche a capire quali siano state le ricadute in termini di credito delle crisi bancarie in Usa (Svb) e Svizzera (Credit Suisse). Perché quello che la Bce vuole ottenere, e questo il capo economista lo ha detto in modo molto esplicito, è impartire un freno alla domanda. “E un importante canale per frenare la domanda – secondo Lane – è quello di alzare i costi di finanziamento per le imprese”. Questo è un aspetto particolarmente controverso nell’eurozona riguardo alla manovra monetaria. Perché diversi osservatori sostengono che mentre negli Usa l’inflazione è stata provocata anche da eccessi di domanda, assieme al vigore della crescita delle retribuzioni, in un mercato del lavoro molto più tirato di quello dell’eurozona, per l’Unione valutaria l’alta inflazione è un fenomeno molto più dipendente da problemi sul lato dell’offerta. Problemi che si erano esacerbati con la guerra in Ucraina, le sanzioni contro le forniture di energia e altri beni chiave della Russia e ancor prima con le strozzature nelle catene di approvvigionamento globali. Secondo questa tesi, punire la domanda interna non avrebbe quasi alcun effetto su questi ultimi elementi, e avrebbe unicamente come risultato di danneggiare ulteriormente l’economia. Va rilevato che un elemento su cui si percepisce un crescente nervosismo della Bce è il persistente elevato livello di redditività delle imprese, laddove su altri voci chiave, in particolare le retribuzioni nel settore privato, non si sono ravvisatati rafforzamenti analoghi. Forse anche questo spiega i i termini così espliciti usati da Lane sulla necessità di alzare i costi di finanziamento alle imprese. Lunedì scorso la presidente Christine Lagarde aveva sostenuto che la manovra di rialzo dei tassi “sta iniziando a funzionare” in riferimento al calmieramento dell’inflazione, pur riconoscendo che dipende anche dal forte calo dei prezzi dell’energia. Dalla scorsa estate ad oggi la Bce ha già alzato i tassi di 350 punti base, cioè 3,5 punti percentuali. Ieri Lane ha spiegato che ci sono fondamentalmente due opzioni sul tavolo: un rialzo più consistente, presumibilmente di nuovo da 50 punti base, oppure una mossa più contenuta che però potrebbe significare di proseguire più a lungo ma manovra di rialzo. Finora le “colombe”, coloro che genericamente nel Consiglio Bce vengono ritenuti più favorevoli a una linea di maggiore prudenza nella stretta monetaria, sono stati quasi sempre convinti a appoggiare maxi rialzi dei tassi sul presupposto che successivamente questo avrebbe consentito un approccio più morbido, che poi è sistematicamente sfumato nelle riunioni successive con nuove mosse aggressive.

Le cose per cui l’Ue ha iniziato l’iter di messa in mora dell’Italia

Le cose per cui l’Ue ha iniziato l’iter di messa in mora dell’ItaliaStrasburgo, 19 apr. (askanews) – La Commissione europea ha deciso, oggi a Bruxelles, di inviare diverse lettere di messa in mora e pareri motivati a 3 paesi membri, Italia, Grecia e Belgio per non aver applicato correttamente le norme previste dalla direttiva sui ritardi di pagamento da parte delle Pubbliche Amministrazioni ( Direttiva 2011/7/Ue). Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, la Commissione scrive in una nota di aver avviato la procedura comunitaria d’infrazione, con una lettera di messa in mora riguardo alla legislazione nazionale che “costituisce una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento, poiché prevede l’estensione del termine di pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni oltre i termini previsti” dalla normativa, ossia entro 30 giorni. Inoltre, secondo la Commissione l’Italia non garantisce il rispetto della direttiva Ue” in particolare in un caso “riguardante il settore sanitario nella regione Calabria”.

La Commissione ha inoltre deciso di inviare all’Italia anche un parere motivato (secondo stadio della procedura d’infrazione) a seguito della “mancata inclusione, nell’ambitto della propria normativa nazionale, del noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche usate nelle indagini penali nella definizione di ‘transazioni commerciali’”, per le quali vale l’obbligo di pagamento entro le scadenze previste dalla direttiva Ue . “Escludendo queste operazioni dall’ambito di applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento, le imprese interessate non possono beneficiare delle garanzie offerte” dalla normativa Ue, rileva l’Esecutivo comunitario. “I ritardi di pagamento – sottolinea la Commissione nella sua nota – hanno effetti negativi sulle imprese, riducendone la liquidità, impedendone la crescita, ostacolandone la resilienza e anche gli sforzi per diventare più ecologiche e più digitali. Nell’attuale contesto economico, le imprese, e soprattutto le Pmi, fanno affidamento su pagamenti regolari per continuare a operare e mantenere l’occupazione. La direttiva sui ritardi dei pagamenti obbliga le Pubbliche Amministrazioni a pagare le fatture entro 30 giorni (o 60 giorni per gli ospedali pubblici)”. Inoltre, “rispettando queste scadenze di pagamento, le pubbliche autorità danno il buon esempio nella lotta contro il malcostume dei pagamenti in ritardo (‘bad payment culture, ndr) nel mondo degli affari”. L’Italia ha ora due mesi per rispondere ai rilievi della Commissione. In caso di risposte non soddisfacenti, l’Esecutivo comunitario può decidere di passare allo stadio successivo della procedura d’infrazione, che nel caso del parere motivato è il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

La Commissione europea ha inoltre deciso di avviare una procedura di infrazione, inviando lettere di messa in mora, su Italia, Lettonia e Portogallo per il non corretto recepimento della quinta direttiva antiriciclaggio. Con un comunicato, l’esecutivo comunitario rileva che i tre Stati membri avevano notificato il pieno recepimento della direttiva, laddove la stessa Commissione “ha individuato diversi casi di non corretto recepimento nell’ordinamento nazionale (mancata conformità), che riguardano tra l’altro aspetti fondamentali quali: l’obbligo di registrazione, licenza o regolamentazione dei prestatori di servizi (Italia e Lettonia), l’obbligo di istituire un registro dei conti di pagamento e conti bancari (Lettonia) e quello di garantire all’unità nazionale di informazione finanziaria e il corretto accesso alle informazioni pertinenti alle misure antiriciclaggio (Portogallo)”. Secondo Bruxelles le norme antiriciclaggio sono uno strumento importante nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Le lacune legislative di uno Stato membro si ripercuotono sull’insieme dell’Unione. L’Italia, la Lettonia e il Portogallo dispongono ora di 2 mesi per rispondere e adottare le misure necessarie, trascorsi i quali, ricorda l’Ue, la Commissione potrà decidere di deferire i casi alla Corte di giustizia dell’Unione.

Inoltre, la Commissione europea ha deciso, oggi a Bruxelles, di inviare un parere motivato all’Italia, secondo stadio della procedura comunitaria d’infrazione, per il recepimento non corretto nell’ordinamento nazionale della direttiva 1999/70/Ce del Consiglio Ue, che proibisce discriminazioni a danno dei lavoratori a tempo determinato nel settore pubblico e obbliga gli Stati membri a disporre misure atte a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a termine. La Commissione sottolinea in una nota che la normativa italiana “non impedisce né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato in successione per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico e in particolare: insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola pubblica, operatori sanitari, lavoratori del settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e del settore operistico, personale degli istituti pubblici di ricerca, lavoratori forestali, personale volontario dei Vigili del fuoco”. Inoltre, alcuni di questi lavoratori “hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, situazione che costituisce una discriminazione e contravviene al diritto dell’Unione”.

Il caso non è nuovo. La Commissione aveva già avviato la procedura di infrazione inviando una prima lettera di costituzione in mora alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da una lettera complementare di messa in mora nel dicembre 2020. “Sebbene l’Italia abbia fornito spiegazioni sulle proprie norme nazionali, la Commissione le ha ritenute non soddisfacenti e dà ora seguito alla sua valutazione con un parere motivato”, nota l’Esecutivo Ue. L’Italia dispone ora di 2 mesi per rimediare alle carenze individuate nel parere motivato. In caso di risposta insoddisfacentre, la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Ue.