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IIT: un concorso letterario per immaginare il futuro

IIT: un concorso letterario per immaginare il futuroMilano, 10 feb. (askanews) – Fare emergere, incentivare e premiare talenti letterari che scrivano di temi tecnologici e delle loro implicazioni futuribili o fantastiche che propongano visioni innovative e originali. Con questo scopo IIT – l’Istituto Italiano di Tecnologia – ha lanciato il concorso letterario Fahrenhei.IIT.
Il termine per l’invio delle proposte è stato prorogato al 30 aprile 2023. La proclamazione dei vincitori avverrà nel prossimo maggio. In accordo con l’editore Il Canneto che già aveva offerto la pubblicazione delle opere pervenute, sono stati stanziati da quest’ultimo anche dei premi: 1.000 euro per il primo racconto classificato, 500 per il secondo e 300 per il terzo.
La giuria del concorso è composta da autorevoli membri del mondo dell’editoria: Sergio Badino, sceneggiatore e scrittore, Alice Fornasetti, agente letteraria (Grandi & Associati, Elisabetta Migliavada, direttrice della narrativa Garzanti, Massimo Polidoro, giornalista, scrittore, segretario del C.I.C.A.P. Il regolamento del concorso è disponibile all’indirizzo https://opentalk.iit.it/concorsoletterario/

AI per conservare la musica, spinoff di Unipd vince a Cannes

AI per conservare la musica, spinoff di Unipd vince a CannesRoma, 10 feb. (askanews) – Vittoria italiana (e padovana) a Cannes Neurons, la seconda edizione del contest organizzato da World AI Cannes Festival, il più importante festival dell’intelligenza artificiale in Europa e uno principali al mondo, in corso dal 9 all’11 febbraio.
Audio Innova srl, Spinoff dell’Università di Padova, si è aggiudicata il primo posto nella categoria “Creative AI” (una delle tre presenti assieme a “Inclusive AI” e “Sustainable AI”) con un progetto sulla conservazione dei documenti audio. Su uno dei palchi del prestigioso Palais des Festival, noto per il famoso festival cinematografico, la start-up – informa Unipd – si è infatti affermata sui temibili rivali cinesi di Unitree Robotics con i loro iconici cani robot, tra i protagonisti del festival e presentati all’inizio come favoriti. Alla fine però la platea, composta principalmente da ricercatori, esperti e imprenditori del settore high-tech, ha tributato agli italiani un vero e proprio plebiscito nel voto on line: dopo la “battaglia” in cui rappresentanti dei due concorrenti hanno avuto tre minuti ciascuno per presentare il proprio progetto, l’83,1 dei consensi è infatti andato alla squadra padovana, registrando il consenso più alto di tutto la serata.
Grande la soddisfazione del team dell’Università di Padova composto da Sergio Canazza Targon, Nadir Dalla Pozza, Michele Patella, Cristina Paulon e Alessandro Russo, per essersi affermati in un concorso internazionale che premia i progetti di intelligenza artificiale più innovativi del mondo, tenendo conto anche del loro impatto sulla società o sul pianeta.
In particolare lo spinoff dell’Università di Padova Audio Innova srl, fondato dal prof. Sergio Canazza del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI), è stato premiato per un progetto che mira usare l’IA per tutelare i beni culturali musicali: “Yesterday sounds tomorrow: AI for preserving musical creativity”.
Se negli ultimi anni l’intelligenza artificiale è stata utilizzata massicciamente per migliorare la qualità delle registrazioni audio, ad esempio rimuovendo i rumori di fondo, oppure per migliorarne la qualità e la post-produzione, Audio Innova è riuscito a impiegare l’IA per la conservazione a lungo termine dei nastri magnetici, delle registrazioni di parlato e di altri materiali audio a rischio di scomparsa. Nello specifico, il progetto utilizza l’IA nello sviluppo di tecniche di ricerca sull’audio, sulle foto e sui video dell’originale supporto analogico, che consentono di identificare e raggruppare i documenti sonori in base ai contenuti dei metadati. Una tecnica che aiuterà i conservatori e i musicologi a trovare materiali audio rari e preziosi in pochi secondi e che è già stata approvata come standard internazionale musicale MPAI e IEEE.
“Siamo particolarmente felici per il risultato di stasera, anche perché pensiamo che l’AI debba essere per tutti e il nostro progetto cerca proprio di portare i beni culturali del passato nel futuro nell’ottica della condivisione” è stato il commento a caldo di Sergio Canazza, amministratore unico di Audio Innova. “Penso che il pubblico sia rimasto colpito proprio dal nostro focus sulla cultura, alla quale spesso non si presta molta attenzione nell’ambito dell’AI rispetto ad altri temi” ha spiegato Nadir Dalla Pozza, che ha avuto il compito di promuovere sul palco il progetto di Audio Innova.
Un riconoscimento – conclude Unipd – che premia anche una tradizione presente da decenni nell’Università di Padova e che è oggi rappresentata soprattutto dal CSC – Centro di Sonologia Computazionale, che raccoglie l’eredità degli studi iniziati fin dal 1959 da Giovanni Battista Debiasi e Teresa Rampazzi, pionieri della ricerca in informatica musicale.

Cnr, ricerca in Artico strategica per studio clima. L’Italia c’è

Cnr, ricerca in Artico strategica per studio clima. L’Italia c’èRoma, 9 feb. (askanews) – Dal punto più estremo della Terra arrivano segnali allarmanti sul cambiamento climatico. L’Artico si sta scaldando a un ritmo preoccupante e la sua lontananza non deve rassicurarci, perché quello che accade lì anticipa quello che accadrà nel resto del pianeta. Ecco perché è importante condurre ricerche lì e l’Italia lo fa con il Programma di Ricerche in Artico (PRA), avviato nel 2018, finanziato con un milione di euro l’anno, che coinvolge ministeri, enti di ricerca e università e a cui il Cnr dedica l’evento “Il Programma di Ricerche in Artico – Le sfide della ricerca”, in corso a Roma, per fare il punto sui primi anni di attività. Presenti la presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza, i presidenti dell’Enea Gilberto Dialuce, dell’Ingv Carlo Doglioni, dell’Ogs Nicola Casagli, il Ministro Plenipotenziario, Inviato speciale per l’Artico Carmine Robustelli insieme a ricercatori e rappresentanti di altri istituti coinvolti.
“Abbiamo sviluppato una grande competenza e quindi possiamo dare un ruolo sempre più importante al nostro Paese”, ha detto Maria Chiara Carrozza. “Come presidente del Cnr – ha aggiunto – cercherò con i ministeri, soprattutto della Ricerca e degli Esteri, di caldeggiare una crescita di questo programma, un maggiore investimento e anche una prospettiva a lungo termine di cui c’è bisogno per dare stabilità alle ricerche e alle campagne che effettuiamo”.
Durante i lavori è emerso che i più recenti rilevamenti confermano che l’aumento della temperatura in Artico è quasi tre volte rispetto alla media mondiale, con alcune regioni che presentano un aumento fino a 2.7°C ogni dieci anni, corrispondente addirittura a 5-7 volte il tasso di crescita globale della temperatura. Il ghiaccio marino artico si sta riducendo sia in estensione che in spessore a una velocità che non ha precedenti. A questo si aggiunge la fusione del permafrost terrestre e subacqueo con la conseguente accelerazione dell’immissione di gas climalteranti in atmosfera.
La riduzione del ghiaccio marino sta anche favorendo un incremento del traffico navale nella regione, con conseguente aumento dei rifiuti in mare e soprattutto con un aumento delle emissioni di fuliggine, che “sporca” il ghiaccio riducendone la capacità di riflettere l’energia infrarossa. Studi recenti confermano come anche gli incendi nella zona boreale – soprattutto nelle regioni siberiane come la Yakutia – stiano pericolosamente aumentando a causa della crisi climatica in atto. Si osservano anche importanti variazioni nella struttura e nella circolazione dell’oceano e dell’atmosfera, e impatti importanti sull’ecosistema.
Fenomeni che accadono nell’Artico ma che influenzano tutto il pianeta. L’estendersi in Europa, e fino al Mediterraneo, delle conseguenze dei fenomeni di riduzione dell’ozono che hanno caratterizzato l’Artico nel 2011 e il 2020, è stato messo in evidenza da recenti studi anche di ricercatori italiani e rappresentano un esempio immediato di interazione e interconnessione tra le regioni artiche e le nostre latitudini.
L’Artico si conferma quindi una regione chiave per lo studio dei cambiamenti climatici, i cui effetti sono sempre più evidenti a tutte le latitudini. Per queste ragioni il PRA si è focalizzato sul fenomeno della cosiddetta “amplificazione artica”, sugli ecosistemi artici, sull’atmosfera e sulla colonna d’acqua dei mari artici, sulle ricostruzioni paleoclimatiche e sugli effetti della crisi climatica sulle popolazioni che vivono in Artico.
Il PRA mette anche in evidenza l’importanza per la ricerca in Artico della Stazione “Dirigibile Italia” gestita dal Cnr alle Isole Svalbard sin dal 1997, come pure le iniziative italiane presso altre strutture artiche, a partire da quelle di Enea, Ingv e Università di Roma Sapienza presso l’High Arctic Atmospheric Observatory (THAAO) di Thule in Groenlandia e dell’Ingv presso le stazioni di monitoraggio della ionosfera a Ny Alesund e Longyearbyen.
Sul piano infrastrutturale, la novità per l’Italia nell’ultimo periodo è l’acquisizione di una nuova nave da ricerca polare da parte dell’OGS, la nave oceanografica Laura Bassi, che ha già effettuato una prima campagna in Artico, con tre progetti di ricerca co-finanziati su fondi PRA, e che auspicabilmente potrà tornare in Artico, in coordinamento con le attività previste in Antartide. A questa disponibilità si aggiunge, a partire dal 2023, quella della nave oceanografica del Cnr, Gaia Blu, in grado di svolgere ricerche in oceano e in aree polari artiche durante la stagione estiva. Senza dimenticare gli osservatori marini profondi al largo delle Svalbard (mooring oceanografici), mantenuti dal 2014 con sforzo congiunto di Ogs e Cnr, con il supporto dell’Istituto Idrografico (IIM) e del Centre for Maritime Research and Experimentation (CMRE).
Nel quadro del PRA sono state fatte finora due call per progetti di ricerca e una per il potenziamento di infrastrutture di ricerca, ed è in uscita una terza call per progetti di ricerca con un budget di circa 1,4 milioni di euro.

Ricerca multipla, visiva e immersiva: l’AI potenzia Google

Ricerca multipla, visiva e immersiva: l’AI potenzia GoogleMilano, 8 feb. (askanews) – Sarà l’intelligenza artificiale a rendere sempre più naturale la nostra interazione con la tecnologia. È la strada scelta da Google per potenziare alcune funzioni presentate in un evento a Parigi, novità che hanno l’obiettivo di rendere il reperimento di informazioni online sempre più intuitivo.
A partire dalla “ricerca multipla”, che permette di unire foto e testo per affinare i risultati. “Quando cerchiamo una informazione non è detto che le parole siano il modo più intuitivo di esprimere quello che stiamo cercando – ha spiegato Lucia Terrenghi, direttrice user experience Google – con la ricerca multipla diamo la possibilità di partire da una immagine e poi di usare le parole per rifinire la nostra ricerca quando interagiamo con il motore di ricerca”.
È possibile, ad esempio, fare la foto ad un vestito, cercarlo tramite l’immagine e poi aggiungere a parole un colore, per filtrare ulteriormente il risultato.
Annunciato anche il potenziamento di “Lens”, la tecnologia di riconoscimento immagini: prossimamente su sistema Android sarà possibile cercare informazione su monumenti che compaiono in un video, ad esempio, senza uscire dall’app. E poi l’immersive view che rende Google maps sempre più un modello digitale del mondo.
“Tra un paio di mesi arriverà la immersive view anche in Italia, in particolare a Firenze e Venezia, che ci permetterà di navigare in maniera immersiva con la realtà aumentata anche le bellissime città del nostro Paese”, ha spiegato Terrenghi, aggiungendo che la tecnologia “rivisita la nozione di mappa portando la città in 3d”.
Si rafforza anche la ricerca integrata in Live View, con l’aggiunta di nuove città, Barcellona, Dublino e Madrid, e migliaia di stazioni e aeroporti: basta alzare il telefono e le informazioni compaiono sullo schermo, nel mezzo della città reale, grazie alla realtà aumentata.

CHEOPS trova un anello “impossibile” intorno al pianetino Quaoar

CHEOPS trova un anello “impossibile” intorno al pianetino QuaoarMilano, 8 feb. (askanews) – Il satellite CHEOPS dell’Agenzia spaziale europea (ESA) ha scoperto un misterioso anello di materia intorno al pianeta nano Quaoar, ai confini del nostro Sistema solare. Misterioso perché quell’anello non è dove dovrebbe essere.
Nel senso che si trova a una distanza ritenuta impossibile, tra 5 e 7,5 volte il raggio del piccolo pianeta, praticamente il doppio di quanto stabilito dal cosiddetto “limite di Roche”, cioé il confine ideale al di sotto del quale la materia si sgretola, vittima delle forze di marea gravitazionale, formando, appunto, degli anelli e al di sopra del quale, invece, si addensa formando delle lune come Weywot, la piccola luna di Quaoar.
E il mistero che lascia stupiti gli scienziati è proprio questo: perché, a una tale distanza, il materiale anziché addensarsi ha formato un anello?
La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature e ad arrovellarsi il cervello, nel team di studio guidato dall’Università Federale di Rio de Janeiro, in Brasile, ci sono anche anche due ricercatori italiani, dell’INAF (Istituto nazionale di astrofisica).
Lanciato nel dicembre 2019, CHEOPS ha lo scopo di scoprire e caratterizzare nuovi esopianeti ma ha fatto la sua scoperta su Quaoar durante una “pausa di lavoro”.
La missione è caratterizzata da una importante partecipazione italiana grazie, appunto, all’INAF, all’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e all’industria aerospaziale nazionale.
Il telescopio del satellite con il suo complesso sistema ottico basato su specchi asferici, infatti, è stato progettato e costruito da Leonardo a Campi Bisenzio (FI) su specifiche dell’ASI, dell’INAF e dell’Università di Berna.

Prepararsi a vivere sulla Luna: Polimi guida la missione Esa LUMIO

Prepararsi a vivere sulla Luna: Polimi guida la missione Esa LUMIORoma, 7 feb. (askanews) – Dopo oltre mezzo secolo l’umanità si prepara a tornare sulla Luna e questa volta per restarci, per abitarla in modo permanente, per sfruttarne le risorse e per creare un avamposto da cui partire alla conquista del Pianeta rosso. “Base Luna chiama Terra” tra una manciata di anni potrebbe non essere più solo una frase da film di fantascienza.
L’ambiente non sarà estremo come quello che ancora più in là nel tempo l’uomo conta di sperimentare su Marte, ma certamente non sarà facile vivere sul nostro satellite naturale, esposti alle radiazioni, a piogge di meteoriti che a causa dell’assenza di atmosfera si schiantano sulla superficie che infatti è caratterizzata da crateri, circa 300mila contando quelli con un diametro di almeno 1 km. Quanti meteoriti colpiscono la Luna? Con quale frequenza? Quale sarà l’entità del rischio per astronauti e strutture?
A queste domande intende rispondere la missione dell’Agenzia spaziale europea LUMIO (Lunar Meteoroid Impacts Observer), finanziata dall’Agenzia spaziale italiana, sotto la guida del Politecnico di Milano con il gruppo DART (Deep-space Astrodynamics Research and Technology) che fa capo a Francesco Topputo, ordinario di Sistemi Spaziali al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali.
“L’obiettivo scientifico di LUMIO – spiega il prof. Topputo ad askanews – è monitorare il lato nascosto della Luna, quello che da Terra non vediamo, per rilevare i meteoroidi che colpiscono la sua superficie, piccole rocce che per la loro dimensione ridotta non possono essere rilevate con i telescopi da terra. Quando un meteoroide si dirige verso la Terra a contatto con l’atmosfera si distrugge e lascia una scia luminosa osservabile, sulla Luna che è priva di atmosfera il meteoroide colpisce la Luna provocando un cratere e rilasciando anche un breve flash luminoso. Con LUMIO vogliamo rilevare la presenza di questi flash. Ad ogni flash – prosegue il responsabile della missione – assoceremo l’impatto di un meteoroide e alla fine saremo in grado di quantificare il flusso che investe la Luna per quantificare il rischio a cui saranno esposti i prossimi avamposti lunari, le basi che si costruiranno sulla superficie del nostro satellite nei prossimi anni, e quindi gli astronauti”.
Questo tipo di monitoraggio, spiega Topputo, non può essere fatto da Terra. “Da pochi anni esistono dei programmi – uno americano e uno europeo – che guardano da terra il lato più vicino della Luna ma la presenza dell’atmosfera attenua il segnale; inoltre è possibile fare osservazioni per poche ore a notte a patto di avere condizioni metereologiche favorevoli, e si può osservare solo la Luna nuova quando non è illuminata perché se puntassimo i telescopi in altri momenti sarebbe difficile distinguere i flash. Nello spazio invece si possono fare osservazioni ininterrotte per 14 giorni, senza il disturbo dell’atmosfera e senza la luce riflessa dalla Terra, ottenendo quindi una qualità della misura molto migliore”.
LUMIO è un CubeSat 12U, delle dimensioni di 30x20x20 cm, del peso di circa 25 kg, alla cui realizzazione contribuiscono i partner del consorzio che comprende oltre all’Italia anche l’agenzia spaziale norvegese.
“Il Politecnico di Milano è capofila del consorzio quindi noi ci occupiamo dell’analisi di missione e di tutti gli aspetti scientifici”. Il satellite è progettato dall’Argotec di Torino, azienda specializzata nei CubeSat, piccoli satelliti sempre più sfruttati per missioni spaziali: il loro LICIACube, è stato compagno di viaggio della missione di difesa planetaria DART, e ArgoMoon è stato a bordo della missione della Nasa Artemis I.
Leonardo, nella sede di Campi Bisenzio vicino Firenze, realizzerà la camera ad alta risoluzione che riprenderà la Luna, scattando 15 immagini al secondo. “Immagini – spiega Topputo – che saranno processate a bordo e che, opportunamente analizzate, ci permetteranno di individuare con certezza la presenza dei flash a indicare l’avvenuto impatto dei meteoroidi”. L’azienda romana IMT realizzerà il trasponder in banda X per le comunicazioni e il meccanismo di rotazione dei pannelli solari mentre Nautilus, spinoff dell’Università di Bologna e del Politecnico di Milano – di cui il prof. Topputo è co-founder – si occuperà del segmento di terra e delle operazioni di controllo del volo. “Un aspetto innovativo – sottolinea – perché attualmente per lo spazio profondo questa competenza esiste solo presso l’Esa; Nautilus punta a privatizzare i servizi di controllo del volo e a erogarli a basso costo e l’esperienza di LUMIO sarà determinante”. Infine, la norvegese S&T si occuperà della realizzazione del processore di bordo che elaborerà in tempo reale i dati provenienti dalla LUMIO-Cam di Leonardo.
“La durata nominale della missione – prosegue Francesco Topputo – è di un anno ma noi possiamo fare osservazioni scientifiche solo 6 mesi in quanto siamo soggetti alle fasi lunari; siamo quindi alla ricerca di idee per sfruttare LUMIO nei restanti 6 mesi. Per questo il 13 febbraio a Roma, nella sede dell’Agenzia spaziale italiana, abbiamo organizzato un workshop rivolto alla comunità scientifica, per raccogliere proposte e idee che poi valuteremo, selezionando le più interessanti, in modo da poter sfruttare pienamente la missione”.
Ideata da Polimi nel 2017, LUMIO ha vinto una competizione europea, è stata giudicata da Esa fattibile e con il sostegno dell’Asi e delle agenzie spaziali olandese e norvegese è stato realizzato lo studio preliminare di Fase A. Attualmente la missione è nella Fase B che si concluderà a fine settembre. “L’Asi ci ha assicurato il suo sostegno per cui nel 2024 prevediamo di essere in fase C e nel 2025-26 in fase D che vedrà la costruzione del satellite. L’ipotesi di lancio al momento è tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027. Stiamo esplorando con l’Agenzia spaziale italiana le opportunità di lancio perché dobbiamo agganciarci come carico secondario a una missione primaria diretta verso la Luna. Al momento – conclude il prof. Topputo – sono in programma tante missioni verso il nostro satellite, soprattutto americane, quindi stiamo interagendo sia con la Nasa che con aziende private per trovare un ‘passaggio’”.
(Luciana Papa)

Sangue ed emoderivati trasportati con il drone rimangono integri

Sangue ed emoderivati trasportati con il drone rimangono integriRoma, 7 feb. (askanews) – Talvolta per i veicoli delle Asl trasportare su strada beni salvavita, quali sangue ed emocomponenti, equivale ad una corsa contro il tempo a causa della congestione del traffico. Da alcuni anni il settore della logistica biomedicale mediante velivoli a guida autonoma, cioè i droni, è diventata una realtà in diversi distretti sanitari. Ma quanto è sicuro il trasporto di sangue e materiali biologici attraverso questi mezzi? Ci sono rischi per la salute dei pazienti nell’utilizzo di tali prodotti una volta sottoposti a questo genere di trasporto?
Uno studio congiunto dell’Istituto di fisica applicata ‘Nello Carrara’ del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ifac), della ASL Toscana Nord Ovest, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con ABzero, uno spin off della Scuola Superiore Sant’Anna, ha dimostrato l’integrità biologica di campioni ematici, trasportati in una ‘smart-capsule’ attraverso un drone. I risultati – informa una nota – sono stati pubblicati sulla rivista ‘Drones’.
“Tra le varie realtà che si stanno cimentando nella risoluzione di tale esigenza, la spin off della Scuola Superiore Sant’Anna ABzero, incubata presso il Polo Tecnologico di Navacchio (Pi), ha ideato un contenitore intelligente progettato appositamente per questo tipo di trasporti. Nello specifico, la capsula sensorizzata, disegnata per contenere sangue ed emocomponenti, nel pieno rispetto delle normative UN3373 e delle direttive 2002/98/EC, è stata sviluppata in modo da poter monitorare in tempo reale le condizioni dei materiali, rilevandone la temperatura, l’umidità, il pH ed l’emolisi, ed attivando procedure di allerta e di risposta in caso di necessità”, spiega Angela Pirri del Cnr Ifac.
L’effettivo controllo della qualità dei beni ha coinvolto gli ideatori del dispositivo, Giuseppe Tortora (ABzero, Scuola Supeiore Sant’Anna) ed Andrea Cannas (ABzero) insieme ad Angela Pirri, Fabrizio Niglio e Paola Comite (ASL Toscana NordOvest), ed è consistito in una serie esami di laboratorio e sul campo, che hanno validato l’efficacia della modalità. Sperimentazioni analoghe sono state recentemente attivate in USA e in Francia.
“Lo studio ha dimostrato che lo sviluppo di una capsula dotata di intelligenza artificiale (AI), trasportabile con un drone, è in grado di preservare le condizioni termiche dei materiali biologici trasportati, in tutte le condizioni di volo (diverse altitudini, velocità, accelerazioni/decelerazioni), mentre i test chimici hanno confermato l’integrità dei campioni prima e dopo le operazioni di trasporto su drone”, spiega Angela Pirri, Cnr-Ifac. “La performance complessiva del sistema è stata validata durante lo svolgimento di otto differenti missioni di volo, di circa 13 minuti di durata ciascuna, e coprendo una distanza totale di 105 km di volo per complessive 39 ore di volo”.
In Italia, la possibilità di ridurre drasticamente i costi ed i tempi di consegna di beni salvavita, quale sangue, medicinali e organi, tra i centri di raccolta ed i poli di lavorazione e/o gli ospedali, potrebbe rivelarsi una scelta strategica, soprattutto in quei territori dove la problematica della mobilità urbana inficia in modo rilevante sulle tempistiche di consegna, e di conseguenza sull’integrità e l’utilizzo immediato di beni altamente deperibili, ma anche per ragioni di efficienza economica legati al sistema di trasporto questi di materiali.
“Per il passo successivo, ovvero trasfonderlo su pazienti, occorre il consenso della commissione etica” spiegano gli autori. In prospettiva, i droni possono rappresentare un’evoluzione dell’attuale posta pneumatica all’interno degli edifici ospedalieri, nonché un sistema alternativo di consegna di materiale biologico pericoloso dai reparti ospedalieri ai laboratori in caso di crisi sanitarie o pandemiche.

BullyBuster, l’app acchiappa bulli in tour nelle scuole italiane

BullyBuster, l’app acchiappa bulli in tour nelle scuole italianeRoma, 7 feb. (askanews) – Una semplice app installata nei cellulari o sui pc permette di segnalare comportamenti, frasi, video, foto, interventi in chat o altro che possa essere ricondotto, con verifiche di diverso livello, ad azioni di bullismo o cyberbullismo. Si chiama BullyBuster, è stata messa a punto da ricercatori degli atenei di Cagliari, Napoli, Foggia e Bari, specializzati non solo in tecnologia e intelligenza artificiale ma anche in diritto e psicologia, grazie a un finanziamento del ministero della Ricerca nel 2019, e si appresta a iniziare un tour nelle scuole italiane.
Le segnalazioni possono essere monitorate sui singoli device e sono elaborate da un sistema di intelligenza artificiale in grado di allertare le famiglie, le autorità scolastiche e, nel caso, anche le forze dell’ordine. Il tutto – spiega UniCa – è in grado di funzionare in modo completamente automatico e fungere quindi da sentinella h24 se interfacciato ad apparati di videosorveglianza (sia in luoghi aperti che chiusi) oppure se installato (allo stesso modo di un classico antivirus) su smartphone, tablet o computer in cui si utilizzano social network, siti e app di messaggistica.
Il sistema è in grado di rilevare autonomamente movimenti sospetti tra la folla, rivelare episodi di stalking e prepotenze, distinguere espressioni verbali e facciali aggressive (oppure casi di deep fake facciali, in immagini, foto o video, manipolate sostituendo i visi delle persone). Le segnalazioni, in forma anonima, possono essere inserite nell’app direttamente da chi assiste o ha notizia di comportamenti anomali o contenuti multimediali illeciti, per essere poi sottoposte ad opportune valutazioni.
Dopo il test effettuato in una scuola alberghiera di Avellino, il prossimo appuntamento è previsto nel Liceo Motzo di Quartu Sant’Elena, in Sardegna, in cui il 17 febbraio si potrà prendere confidenza con BullyBuster e apprenderne la facilità di uso per segnalare eventuali abusi e violenze. Nell’istituto quartese coinvolte nove classi di quinta superiore, che saranno guidate dal professor Gian Luca Marcialis e dalla dottoressa Giulia Orrù dell’Università di Cagliari, dalla professoressa Grazia Terrone (Università di Foggia e Tor Vergata), dalla dottoressa Michela Gravina (Università Federico II, Napoli) e dall’ingegner Vincenzo Gattulli (Università di Bari).
“L’applicazione per smartphone e pc – spiega il professor Gian Luca Marcialis di UniCa – è ora a disposizione di ragazzi, famiglie, scuole e forze dell’ordine. Andando negli istituti scolastici riusciamo a far ‘toccare con mano’ il semplice modo con cui le soluzioni avanzate, permesse dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale e unite al diritto e alla psicologia, riescono ad essere estremamente utili per il rilevamento e il contrasto delle azioni di bullismo o cyberbullismo”.
Sul sito www.bullybuster.unina.it è possibile richiedere l’inserimento nel “BullyBuster tour”, in presenza o in remoto.

Spazio, lanciato con successo il satellite per tlc Amazonas Nexus

Spazio, lanciato con successo il satellite per tlc Amazonas NexusRoma, 7 feb. (askanews) – Il satellite Amazonas Nexus è stato lanciato in orbita con successo da un razzo Falcon 9 di SpaceX dal Kennedy Space Center (KSC) a Cape Canaveral, in Florida.
Amazonas Nexus appartiene all’operatore spagnolo di telecomunicazioni satellitari HISPASAT. Il nuovo satellite geostazionario ad alta produttività (HTS) sostituirà Amazonas 2, posizionato a 61° ovest, e offrendo una maggiore capacità, consentirà a HISPASAT di raggiungere nuovi clienti e mercati con servizi di mobilità ad elevata capacità anche per i settori del trasporto aereo e marittimo. Il design avanzato, la capacità HTS e la versatilità di Amazonas Nexus lo rendono il satellite più efficiente della flotta di HISPASAT.
Thales Alenia Space, una joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%), ha guidato la progettazione, la realizzazione e test del satellite in qualità di prime contractor ed è responsabile anche della sua messa in orbita.
Amazonas Nexus – informa TAS – è dotato di un nuovo processore digitale trasparente (DTP) di quinta generazione, un salto tecnologico essenziale per aumentare la sua flessibilità geografica. Grazie a questa nuova tecnologia, il payload del satellite sarà gestito digitalmente per adattare la capacità alla domanda in orbita, conferendo al satellite una grande resilienza per rispondere all’evoluzione del mercato delle telecomunicazioni, supportando la connettività, i dati e la trasmissione di contenuti.
Il nuovo satellite coprirà l’intero continente americano, il corridoio dell’Atlantico settentrionale e la Groenlandia, rafforzando così la posizione di HISPASAT nei mercati aerei e marittimi in espansione. Grazie alla sua capacità il satellite è il prodotto ideale per colmare il divario digitale in America Latina, consentendo ai governi e agli operatori di telecomunicazioni di distribuire reti e servizi nelle regioni a bassa penetrazione di infrastrutture terrestri.
Costruito attorno alla piattaforma interamente elettrica Spacebus NEO di Thales Alenia Space, il satellite ha una durata di vita stimata di oltre 15 anni e una massa al lancio di circa 4 tonnellate. “I team di Thales Alenia Space possono essere orgogliosi del successo del lancio di Amazonas Nexus, una missione che contribuirà a colmare il divario digitale in America Latina, portando nuovi servizi di connettività ai settori aereo e marittimo – ha dichiarato Marc-Henri Serre, vicepresidente esecutivo per le telecomunicazioni di Thales Alenia Space -. La progettazione di Amazonas Nexus in collaborazione con il nostro cliente HISPASAT dimostra la flessibilità, l’agilità digitale e la robustezza delle nostre soluzioni di comunicazione per stare al passo con il mercato delle comunicazioni in rapida evoluzione”.