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Abruzzo, Marsilio: campo largo non sarà il futuro dell’Italia

Abruzzo, Marsilio: campo largo non sarà il futuro dell’ItaliaMilano, 11 mar. (askanews) – “Il campo largo non è il futuro dell’Abruzzo perché era il suo triste passato e il campo largo non sarà il futuro dell’Italia”. Lo ha detto il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, dopo essere arrivato nella notte nella sede del suo comitato elettorale per proclamare la sua vittoria alle regionali a risultato ormai consolidato.


“Il popolo abruzzese ha scelto di conferirmi l’onore di guidare la regione per altri cinque anni, mai nei trent’anni precedenti un’amministrazione uscente era stata confermata per un secondo mandato, è stata scritta una pagina di storia e abbattuto un altro muro” ha detto. “Abbiamo chiesto altri cinque anni per continuare a crescere e completare l’opera di rilancio, ricostruzione e valorizzazione che stiamo mettendo in campo. Esprimo il mio profondo ringraziamento al popolo abruzzese per questo immenso privilegio della mia vita, questa è la missione della mia vita: restituire alla terra dei miei padri la forza, la dignità e il ruolo che merita” oltra alla “speranza di un futuro migliore” ha aggiunto.


“Ha vinto la verità contro la menzogna e la calunnia sparse a piene mani. Hanno vinto i fatti e il principio di lealtà contro le narrazioni fumose e le chiacchiere vuote. Il popolo abruzzese vuole guardare al futuro e ha dimostrato di non avere nessuna nostalgia di un triste passato che si è gettato alle spalle già cinque anni fa” ha continuato Marsilio. “Il mio impegno per essere all’altezza della fiducia, delle aspettative e dell’amore che mi è stato dimostrato sarà ancora più intenso” ha concluso.

Il centrodestra vince in Abruzzo, confermato Marsilio con il 53%

Il centrodestra vince in Abruzzo, confermato Marsilio con il 53%Milano, 11 mar. (askanews) – Il presidente dell’Abruzzo, Marco Marsilio, ha vinto le elezioni regionali con oltre il 53% dei consensi e si conferma alla guida della Regione con il centrodestra. Lo sfidante del centrosinistra, Luciano D’Amico, si è invece fermato poco oltre il 46%. È il risultato emerso dopo che sono state scrutinate 1.489 sezioni su 1.634.


Per quanto riguarda i voti di lista Fratelli d’Italia ha circa il 24,1%, Fi il 13,3%, la Lega il 7,6%, la lista Marsilio il 5,5%, Noi Moderati il 2,7% e l’Udc 1,2%. Sul fronte dell’opposizione il Pd è al 20,3%, Abruzzo Insieme 7,7%, M5s 6,8%, Azione 3,9%, Avs 3,6%, Riformisti e Civici 2,7%. Lo stesso Marsilio, arrivando durante la notte nella sede del suo comitato elettorale ha rivendicato la vittoria.

Oscar 2024: Trionfo di Oppenheimer, Garrone senza premi

Oscar 2024: Trionfo di Oppenheimer, Garrone senza premiRoma, 11 mar. (askanews) – E’ Oppenehimer a trionfare agli Oscar 2024. Il film di Christopher Nolan sul padre della bomba atomica è stato il grande protagonista di questa edizione degli Oscar con sette statuette vinte su 13 nomination: film, regia, attore protagonista Cillian Murphy, attore non protagonista Robert Downey Jr, fotografia, montaggio, colonna sonora. Secondo Oscar per Emma Stone che dopo quello vinto per La La Land porta a casa la statuetta per “Povere creature!” che chiude la serata con quattro statuette (attrice protagonista, trucco e parrucco, scenografia e costumi). Il migliore attore è l’irlandese Cillian Murphy protagonista di “Oppenheimer”.


Non c’è gloria per “Io Capitano” di Matteo Garrone. L’oscar per il miglior film straniero è andato a “La zona d’interesse” che ha vinto anche il riconoscimento per il miglior sonoro. Nel suo discorso Jonathan Glazer ha parlato di disumanità sia per gli attacchi del 7 ottobre che i bombardamenti su Gaza. “Barbie” si deve accontentare di una statuetta e “Killers of the Flowers Moon” di Martin Scorsese rimane a bocca asciutta. D’Vine Joy Randolph miglior attrice non protagonista, miglior film di animazione ad Hayao Miyazaki. L’Oscar per il miglior documentario è stato vinto da “20 giorni a Mariupol” di Mstyslav Chernov con Michelle Mizner e Raney Aronson-Rath. Il film racconta i primi giorni dell’invasione russa in Ucraina e l’assedio e la distruzione della città di Mariupol due anni fa. “Vorrei non aver mai fatto questo film” dice il regista A Donald Trump che lo aveva definito “il peggiore conduttore” agli Oscar, Jimmy Kimmel ha risposto tra gli applausi: “Grazie per aver seguito la serata, sono sorpreso che lei sia ancora in piedi, non è tardi in prigione?”.


Questi tutti i premi assegnati nel corso della cerimonia degli Oscar. Miglior film: Oppenheimer Miglior regia: Christopher Nolan per Oppenheimer Miglior attore protagonista: Cillian Murphy per Oppenheimer Miglior attrice protagonista: Emma Stone per Povere Creature! Miglior attore non protagonista: Robert Downey Jr per Oppenheimer Miglior attrice non protagonista: Da’Vine Joy Randolph per The Holdovers – Lezioni di vita Miglior sceneggiatura originale: Anatomia di una caduta Miglior sceneggiatura non originale: American Fiction Miglior film d’animazione: Il ragazzo e l’airone Miglior scenografia: Povere Creature! Miglior fotografia: Oppenheimer Migliori costumi: Povere creature! Miglior montaggio: Oppenheimer Miglior trucco: Povere creature! Miglior sonoro: La zona d’interesse Migliori effetti speciali: Godzilla Minus One Migliore colonna sonora: Oppenheimer Migliore canzone originale: What Was I Made For da Barbie Miglior documentario: 20 Days in Mariupol Miglior film internazionale: La zona di interesse Miglior cortometraggio d’animazione: War is Over! Miglior cortometraggio documentario: The Last Repair Shop Miglior cortometraggio live-action: The Wonderful Story of Henry Sugar

Regionali Abruzzo, Marsilio in testa a inizio scrutinio. Cala l’affluenza:-1%

Regionali Abruzzo, Marsilio in testa a inizio scrutinio. Cala l’affluenza:-1%Roma, 10 mar. (askanews) – Il governatore uscente di centrodestra dell’ Abruzzo Marco Marsilio è in testa a inizio scrutinio nelle regionali abruzzesi. Marsilio nel secondo exit poll dell’istituto Noto per Rete 8-Il Centro ha staccato lo sfidante di centrosinistra Luciano D’Amico. Marsilio è dato fra 50,5% e 54,5%. D’Amico si attesta in una forbice fra il 45,5% e il 49,5%.Quanto ai partiti, l’insieme delle forze di centrodestra è dato fra il 49,5% e il 53,5% mentre quello delle forze di centrosinitra fra 46,5% e il 50,5%.


Quanto all’affluenza, in Abruzzo a chiusura seggi è risutata in calo rispetto alle regionali 2019: 51,86% contro 53,15% di cinque anni fa. Un aumento di un punto e mezzo dell’astensionsimo registrato a fine giornata e in controtendenza con le rilevazioni delle 12 e delle 19 che avevano invece fatto registrare maggiore partecipazione rispetto agli stessi orari nel voto delle scorse regionali.

Classica, dal 13 marzo il Festival Printemps des Arts di Monte-Carlo

Classica, dal 13 marzo il Festival Printemps des Arts di Monte-CarloMilano, 10 mar. (askanews) – Per la quarantesima edizione, in programma dal 13 marzo al 7 aprile 2024, il Festival Printemps des Arts di Monte-Carlo, presieduto da Sua Altezza Reale Carolina di Hannover e diretto da Bruno Mantovani, propone 25 appuntamenti, concentrati in 4 lunghi weekend (da mercoledì o giovedì a domenica) e distribuiti in 19 magnifici luoghi di Monte-Carlo e della Costa Azzurra.


Il tema conduttore quest’anno, come mostra il manifesto del festival e la scritta su di esso apposta “chants de la terre”, sarà la terra, il rapporto tra l’uomo e la natura. Percorsi artistici che si intersecano e completano esploreranno tale relazione partendo dalla commovente pagina mahleriana “Il Canto della terra” proposta sia nella versione originale sinfonica con l’Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo diretta da Kazuki Yamada (6 aprile), sia in una rilettura più intima e cameristica con la formazione Het Collectief (16 marzo) per approdare al cinema con il film “Il sale della terra” di Wim Wenders dedicato alla vita e all’arte di Sebastião Salgado (17 marzo), considerato uno dei maggiori fotografi al mondo. La natura e gli animali saranno protagonisti dei concerti della Amazing Keystone Big Band che proporrà in chiave swing il “Carnevale degli animali” di Saint-Saëns (31 marzo) e dell’appuntamento con l’Ensemble Unisoni, interprete di una sorta di ‘bestiario musicale’ in epoca barocca (30 marzo).


Il programma, come negli anni passati, spazia dal Medioevo alla contemporanea, passando per lo stile classico e preromantico di Haydn, Mozart e Beethoven all’Ottocento di Schubert, Mendelssohn, Brahms per approdare al Novecento di Messiaen, Boulez, Rihm. Oltre al tema conduttore che sottende il programma 2024 vi saranno poi i ritratti dedicati al violoncellista Henri Demarquette, al Quartetto Modigliani, alla direttrice Laurence Equilbey e alla sua Insula orchestra. Il Printemps des Arts è una festa della musica, ma non solo. Anche quest’anno, infatti, vi saranno performance e alchimie che suggeriscono suggestive simmetrie tra la musica, le altre arti, i sensi. Il gusto sarà sollecitato durante un ‘dîner en musique’ in cui le opere musicali dialogheranno con i piatti dello chef pluristellato Yannick Alléno (27 marzo).


Non mancheranno poi i profumi di Clémence Besse le cui fragranze si mescoleranno alle note mahleriane. L’incontro tra musica e arti visive sarà protagonista della “passeggiata musicale” durante l’esposizione dell’artista bolognese Pier Paolo Calzolari al Nuovo Museo Nazionale di Monaco: i compositori Lara Morciano, Samir Amarouch e Eric Monatalbetti proporranno 3 prime esecuzioni assolute per ognuno, commissionate dal festival (24 marzo e 7 aprile). Vi sarà anche l’opera “L’étoffe inépuisable du rêve” (Il tessuto inesauribile dei sogni) di Sophie Lacaze sul testo di Alain Carré, evocazione della sofferenza della terra e della sua rinascita (16 marzo).


Inoltre il Printemps des Arts ha commissionato al compositore e direttore Laurent Cuniot una nuova composizione “Il Canto della terra” per mezzosoprano, tenore e 16 strumenti, partitura che reinterpreta in chiave moderna la ben nota pagina mahleriana (29 marzo). Sempre teso a catturare l’attenzione e la curiosità del pubblico, anche attraverso la ricerca e la sperimentazione di nuovi format di ascolto e coinvolgimento, il Printemps des Arts quest’anno propone la siesta musicale “Japanese Soul” nella quale gli spettatori ascolteranno sdraiati la musica evocativa concepita per l’occasione in prima assoluta dal compositore e flautista Fabrice Jünger che spazierà dalle note gravi e impalpabili del flauto basso a quelle aeree dell’ottavino (23 marzo), mentre l’Ensemble Unisoni inviterà il pubblico a danzare su musiche rinascimentali presso l’Atelier dei Balletti di Monte-Carlo (31 marzo). Due messe da Requiem verranno eseguite in occasione dell’apertura e della chiusura del festival, rispettivamente quella di Johannes Ockeghem interpretata dall’Ensemble Gilles Binchois e, in chiusura, quella scritta da Pierre de La Rue affidata all’Ensemble Clément Janequin che concluderà simbolicamente questa edizione sottotitolata “Ma fin est mon commencement” opus 3. Sempre per la chiusura, il Printemps des Arts in collaborazione con l’Opera di Monte-Carlo, proporrà per la prima volta un programma che riunisce Cecilia Bartoli e John Malkovich intorno alla figura di Nicola Porpora e dei suoi allievi i castrati Farinelli e Caffarelli. L’intento di coinvolgere i giovani è sottolineato dagli interventi pedagocici presso le scuole (quest’anno anche quelle italiane), da una politica dei prezzi vantaggiosa con ingresso gratuito per i giovani fino ai 25 anni di età e da alcuni appuntamenti pensati in particolare per i più giovani e le famiglie come l’ “immersione backstage” in cui il pubblico parteciperà ad un percorso guidato dietro le quinte per incontrare i musicisti alla scoperta del lavoro di preparazione di un concerto (14 e 22 marzo) o il concerto del 6 aprile in cui il Quartetto Parisii interpreterà le musiche di Haydn e Mozart al Museo Oceanografico a lume di candela (concert aux bougies/concert by candlelight). Parallelamente ai concerti vi saranno tavole rotonde, masterclass e riunioni conviviali con artisti, compositori e giornalisti prima e dopo i concerti (queste ultime nella magnifica cornice dell’Hotel Hermitage di Monaco).

Leopolda, Renzi ‘rottama’ von Der Leyen: puntiamo a 5% alle Europee

Leopolda, Renzi ‘rottama’ von Der Leyen: puntiamo a 5% alle EuropeeFirenze, 10 mar. (askanews) – La Leopolda numero 12, quella del ‘gran rifiuto’ del ministro Carlo Nordio – il cui forfait all’incontro in programma scatena i renziani su ricostruzioni e pressioni da parte del governo Meloni sul Guardasigilli – ma anche quella dell’incoronazione di Matteo Renzi (“è lui l’unico leader in campo”) da parte di Francesca Pascale, ex compagna di Silvio Berlusconi invitata alla kermesse renziana, si conclude, per paradosso, con una rottamazione: quella della presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen.


Von Der Leyen “ha fallito”, “non è una leader ma una follower” e quindi, tuona Renzi nell’intervento finale dell’edizione dedicata a “riveder le stelle”, “chiederò di non votarla”, che “non sia riconfermata” alla guida della Commissione perché nella prossima legislatura europea, sottolinea citando Alcide De Gasperi, serve coraggio e non “pusillanimità”. “Forza Italia e Tajani hanno voluto von Der Leyen, è la loro candidata” ma – rilancia Renzi attaccando con veemenza Fi – “hanno snaturato la visione europeista di Berlusconi, è diventata una visione da grigi burocrati come von Der Leyen e Tajani”. Italia Viva propone di credere nel centro, “alternativo alla destra e alla sinistra grillizzata”. Un centro che potrebbe essere incarnato dalla lista unitaria con Più Europa, per la quale Renzi si dice disposto, tra il dispiacere della sua platea, “a fare un passo indietro”, ma anche no. Iv corre anche da sola e Renzi non si accontenta di tagliare la soglia del 4% prevista per le elezioni europee ma punta al 5%: “Se non ce la facciamo è solo colpa nostra, se ciascuno fa il suo pezzettino facciamo il 5% in carrozza”.


Quanto al governo l’ex premier ne mette apertamente in discussione la durata. “Meloni oggi è la nostra premier, grazie anche a Enrico Letta, ma non so per quanto lo sarà ancora… Salvini ci ha abituati a grandi emozioni”, urla dal palco. Il Pd lo liquida ribadendo la distanza dal partito (“che non è più il nostro Pd se non fa le primarie a Firenze”), ma manifesta anche simpatia per la leader Dem Elly Schlein (“che mi ha mandato un messaggio di in bocca al lupo per la Leopolda”). Sull’ex compagno di avventura del Terzo Polo, Carlo Calenda, Renzi sorvola, tanto ci hanno pensato prima di lui Maria Elena Boschi (“Carlo non sei il primo che è passato di qua e quando eravamo potenti ha pensato di usarci come un taxi. Noi perdoniamo la tua ingratitudine ma non le tue bugie e i tuoi attacchi personali”) e Teresa Bellanova (“Ho fatto un fioretto di non litigare con Calenda e lo mantengo, ma conosco quanto Carlo Calenda è arrogante, misogino e incapace di camminare insieme agli altri”). Poi, velocemente, appena concluso il discorso di Renzi, le luci si spengono e la Leopolda – dove per la prima volta sono comparse le Donation Box, delle specie di bancomat per donare soldi al partito, partendo da un minimo di dieci euro, senza contanti e ricevendo la ricevuta – si svuota, lasciando al tempo il verdetto sulle Europee e sulle comunali a Firenze, alle quali Italia viva correrà con Stefania Saccardi.

Confindustria senza bussola, verso sfida a tre per la presidenza

Confindustria senza bussola, verso sfida a tre per la presidenzaRoma, 10 mar. (askanews) – La corsa per la presidenza di Confindustria è al rush finale. I tre saggi si avviano a concludere, domani a Napoli, le consultazioni con la base associativa. A Mariella Enoc, Andrea Moltrasio e Ilaria Vescovi spetta il difficile compito di tirare le somme di una campagna elettorale che rimarrà nella storia confindustriale come la più divisiva mai registrata.


A caratterizzare la partita, infatti, un numero decisamente alto di candidati – ben quattro – veleni a mezzo stampa, lettere anonime e ripetuti richiami al silenzio da parte dei saggi. Ma anche astensioni nella scelta delle preferenze da diverse realtà, spaccate al loro interno, come Confindustria Veneto Est, Confindustria Liguria e Farmindustria. In campo, per la poltrona di presidente, ci sono Edoardo Garrone, Emanuele Orsini, Antonio Gozzi e Alberto Marenghi. Garrone, forte della certificazione di oltre il 20% dei voti assembleari, è l’unico ad avere accesso di diritto al voto del consiglio generale, a scrutinio segreto, previsto per il 4 aprile. Anche Orsini avrebbe ottenuto molti consensi, acquisendo più del 20% del sostegno dell’assemblea. Indietro ci sarebbe Gozzi che sarebbe leggermente sotto quella soglia e risulterebbe il più penalizzato dalle mancate scelte di alcune federazioni e territoriali. Fuori dai giochi Marenghi che non avrebbe raggiunto i consensi sufficienti.


Il pallino è nelle mani dei saggi che prima del 21 marzo, quando ci sarà la presentazione del programma da parte dei candidati, dovranno decidere chi ammettere alla fase finale. I tre hanno il compito di valutare se portare al voto del 4 aprile solamente i candidati con il 20% delle preferenze o ammettere anche chi non ha raggiunto quel limite. Quello che potrebbe profilarsi, salvo alleanze al momento non sul tavolo, è un inconsueto triello. Lo statuto di Confindustria, infatti, prevede un numero massimo di tre candidati per il voto del consiglio generale, “fermo restando un obiettivo di sintesi e di promozione della massima unitarietà possibile”. Terminate le consultazioni, Enoc, Moltrasio e Vescovi dovranno redigere una relazione finale delle valutazioni raccolte sui candidati. Quindi individueranno i nominativi scelti.


Da procedura, per acquisire lo status di presidente designato è necessario conseguire almeno la metà più uno dei voti dei presenti in consiglio generale, senza tener conto degli astenuti e delle schede bianche. Se non si dovesse raggiungere il quorum richiesto alla prima votazione, in caso di tre candidati, si andrà al ballottaggio tra i due più votati nel primo scrutinio. Un caso mai avvenuto nella storia di Confindustria. Il nuovo presidente si ritroverà così a fare i conti con un’associazione fortemente divisa e con la necessità, in primis, di ricomporre le fratture interne. Mlp

Europee, Renzi: credete al centro, se ognuno fa il suo siamo al 5%

Europee, Renzi: credete al centro, se ognuno fa il suo siamo al 5%Firenze, 10 mar. (askanews) – “Vi chiedo di credere al centro, alternativo alla destra e a questa sinistra grillizzata… I sondaggi italiani ci danno al 3%, quelli inglesi al 5%… Prendiamo quelli italiani: ci mancano 250mila voti, non ci bastano perchè io voglio il 5%…”. Lo ha detto Matteo Renzi parlando dal palco della Leopolda 12 a Firenze.


“Se ciascuno dei 25mila iscritti trova dieci persone a testa ci siamo… Diciamo che non tutti lo fanno, ci sono 76 candidati se trovano 3mila voti a testa ci siamo di già… Il 10% di italiani dice che sono bravo ma antipatico come la morte, se di questi si convince l’1% ce la facciamo…Insomma se non ce la facciamo è solo colpa nostra, se ciascuno fa il suo pezzettino facciamo il 5% in carrozza”, ragiona Renzi. “Noi razionalmente ce la facciamo, ma la differenza non la fa la razionalità”, conclude.

Tim: cda terminato, avanti col piano. Attesa integrazione sui numeri

Tim: cda terminato, avanti col piano. Attesa integrazione sui numeriMilano, 10 mar. (askanews) – E’ terminato il cda straordinario di Tim convocato dall’AD Pietro Labriola per fornire ai consiglieri un’informativa sull’anomala discesa del titolo giovedì, quando in occasione della presentazione al mercato del nuovo piano industriale “Free to run” è crollato di quasi il 24%, con scambi boom per oltre il 13% del capitale. Secondo quanto si apprende, Labriola, assieme agli advisor, ha illustrato al consiglio quanto è successo sul titolo, spiegando ai consiglieri che le cause che hanno scatenato il nervosismo dei mercati non sono da attribuire al piano. La riunione è stata pertanto soltanto un’informativa e si è conclusa senza la necessità di alcuna delibera. Il piano 2024-2026 della nuova Tim senza la rete – approvato all’unanimità mercoledì dal board – prosegue.


E’ prevista una comunicazione integrativa al mercato di dettaglio al piano. Il nuovo piano – che contiene i dati organici dopo la cessione della rete, con Sparkle inclusa nel perimetro – stima una riduzione dell’indebitamento di gruppo, con un rapporto debito/ebitda after lease in calo a 1,6-1,7 volte rispetto a 3,8 volte dei pro-forma al 2023, ricavi in crescita del 3% medio annuo nell’arco di piano dai 14,4 miliardi pro-forma nel 2023, e un ebitda organico after lease in crescita dell’8% medio annuo da 3,5 miliardi pro-forma del 2023.

”Gli ultimi Carbonari. La Storia di chi cambiò la Storia” di Balsamà

”Gli ultimi Carbonari. La Storia di chi cambiò la Storia” di BalsamàRoma, 10 mar. (askanews) – Una rivoluzione pacifica e democratica, la rivendicazione dei propri diritti non solo per se stessi ma per la crescita e l’evoluzione di un’intera società, un cambiamento storico in uno dei momenti più difficili della storia dell’Italia moderna. Sono solo alcuni degli elementi del romanzo storico ‘Gli ultimi Carbonari’, La Storia di chi cambiò la Storia, scritto da Giuseppe Sergio Balsamà, ex commissario di Polizia in pensione che ha lavorato per 36 anni in prima linea alla Squadra Mobile della Questura di Roma, con una lunga esperienza nel sindacato di polizia, ex segretario provinciale del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori di Polizia). Una storia poco conosciuta, raccontata in prima persona da un narratore che è anche protagonista delle vicende dei Carbonari, che rappresenta un elemento fondamentale dell’evoluzione democratica dell’Italia, della nascita di una Polizia moderna, della smilitarizzazione del Corpo di Polizia, della nuova gestione dell’ordine pubblico, proprio in un momento di nuove tensioni sociali.


‘Non ci sono altri libri di questo genere. I Carbonari, quei colleghi che hanno sfidato il sistema anacronistico dell’epoca, nei loro testi si sono soffermati principalmente su alcuni avvenimenti legati alla sindacalizzazione, io ho cercato di focalizzarmi sull’intera storia. Una battaglia portata avanti non solo per la categoria, ma anche per la società civile’, racconta Balsamà parlando del libro edito da Edizioni Lavoro, con presentazione di Michele Placido e prefazione di Gianfranco D’Anna. ‘Nel corso della mia lunga attività sindacale, iniziata nel 1989, ho avuto la fortuna di incontrare questi colleghi che erano stati protagonisti del movimento clandestino e della smilitarizzazione della Polizia di Stato, di un processo che ha avuto ripercussioni sociali di cui pochissimo si parla. I loro racconti, le loro vicissitudini personali, professionali e familiari, non solo mi avevano affascinato ma anche posto quesiti e turbato, e da lì è nato il bisogno di raccontare la loro intima sofferenza vissuta dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, rivolgendomi non solo agli addetti ai lavori ma anche alla società civile’.


‘Una categoria di lavoratori, quella dei poliziotti, esclusa ed emarginata, che non poteva ancora avvalersi del diritto di parola né di pensiero’, scrive l’autore, riferendosi alle condizioni in cui versavano le guardie di pubblica sicurezza e introducendo poi la storia del protagonista che parte dalla Sicilia nel 1954 verso Roma per raggiungere la scuola di Polizia ‘Castro Pretorio’. Un periodo di sacrifici e privazioni, lavorando sette giorni su sette, con il rischio di essere licenziato o deferito al Tribunale militare. Un periodo in cui ‘cessato il boom, cominciarono ad affiorare i problemi reali, le prime storture di un sistema economico cresciuto senza regole’, si legge ancora, per arrivare alle prime lotte di classe, le manifestazioni ‘con il malcontento dei lavoratori che dilagò nel Paese a macchia d’olio’ con operai e studenti da una parte e la Polizia dall’altra. ‘Ero impressionato nell’ascoltare quelle testimonianze inedite che descrivevano con dovizia di particolari la vera natura della Polizia di quegli anni. Una Polizia militarizzata, pervasa da principi autoritari. Questi uomini di cui parlo erano decisi a cambiare il corso della storia e non accettavano che nel nostro Paese, dopo 30 anni dalla promulgazione della Costituzione e poco tempo dall’entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, i poliziotti fossero considerati dei cittadini invisibili, di serie B, esclusi ed incompresi da quella stessa società democratica’ che, spiega l’autore, ‘non sapeva quanto accadesse all’interno del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza’. ‘Solo nel 1953, l’allora Ministro degli Interni Fanfani aveva preso coscienza che ai poliziotti non veniva riconosciuto il riposo settimanale, come previsto dall’articolo 36 della Costituzione, rendendolo obbligatorio’, recita il testo.


Questi Carbonari, protagonisti di una riforma di vasta portata ‘si erano distinti per il loro alto senso dello Stato, per il loro grande equilibrio, non erano rivoluzionari, ma veri eroi senza medaglia, silenziosi, sconosciuti. Non si limitavano a rivendicare esclusivamente i diritti della loro categoria ma si preoccupavano anche del resto della società’, sottolinea Balsamà che racconta anche i sentimenti, l’anima di questa battaglia clandestina. Una lotta che generava anche timori e preoccupazioni per le possibili conseguenze: ‘Questi colleghi che decisero di partecipare al primo nucleo clandestino erano consapevoli dei seri rischi che correvano, come il licenziamento in tronco, il carcere militare o il trasferimento ad altra sede, provvedimenti che avrebbero messo a repentaglio il loro futuro e quello della loro famiglia. Nello svolgimento della loro missione, di questa pacifica rivoluzione democratica, non sono mancati momenti di sconforto, di timore, di un imperdonabile senso di colpa per aver trascurato la loro famiglia, i loro affetti più cari, coinvolgendoli indirettamente in quella battaglia che per loro rappresentava una giusta lotta democratica’. ‘Anche tra le nostre fila si sentiva l’esigenza di intervenire sull’istituzione ‘Polizia’ nell’intento di trasformarla in una struttura in primo luogo più ‘umana’ ed adeguata alle esigenze dei cittadini e del personale che vi operava’, si legge in un passo. E ancora: ‘Ci trovavamo in piazza a dover combattere persone come noi, individui che stavano rivendicando i loro diritti, una vita migliore’ e ‘gli scontri tra noi e gli studenti erano all’ordine del giorno. Attacchi duri da ambo le parti. A Valle Giulia, sede della facoltà di Architettura, si svolse una delle più violente manifestazioni dell’epoca’, racconta l’autore riferendosi ad una delle pagine più tristi della storia del nostro Paese.


‘I rischi legati all’attività clandestina, aumentarono con l’arrivo del terrorismo, quando iniziarono a morire i primi colleghi, e tra loro qualche carbonaro impegnato professionalmente – dice Balsamà – . Erano assaliti dalla paura di poter anch’essi diventare degli obiettivi a causa del loro impegno politico: si dovevano guardare dagli operai e dagli studenti in piazza, dai terroristi e dal ministero dell’Interno, che li teneva d’occhio. Tuttavia non si fermarono dinanzi a nessun ostacolo, consapevoli del consenso e dell’appoggio dei colleghi’. ‘Il momento della svolta, tra i tanti raccontati nel libro, arriva quando i Carbonari comprendono che non era sufficiente il solo consenso dei colleghi, ma che era necessario coinvolgere la società civile, il mondo politico e i sindacati confederali. Una strategia che con il tempo si rivelò vincente – spiega ancora l’autore – La svolta arrivò con il moltiplicarsi di questi incontri, riservati e clandestini, con parlamentari ed esponenti di tutte le forze politiche e sindacali, non permettendo mai a nessuno la strumentalizzazione del loro movimento. Tra i loro obiettivi anche quello di portare a conoscenza della gente che quelle forze di polizia, di scelbiana memoria, sul piano organizzativo, erano inadeguate ed impreparate alle esigenze del tempo, del Paese e alle sfide che lo Stato doveva affrontare, tra cui il terrorismo’. In questa dura e lunga lotta si distigue una figura che Balsamà vuole ricordare e che ritiene centrale e fondamentale per l’esito della storia: ‘Noi poliziotti senza un giornalista come Franco Fedeli, non avremmo mai potuto condurre quella pacifica rivoluzione democratica. In quegli anni, la rivista ‘Ordine Pubblico’, con il suo lungimirante direttore, rappresentò un elemento dirompente per abbattere il sistema ormai anacronistico. Inizialmente Fedeli, attraverso le pagine del suo giornale, aveva dato vita ad un dibattito sulle varie proposte di riforma dell’apparato di pubblica sicurezza. Poi a contatto con il nostro mondo si rese conto che andava cambiato per cambiare la società. Dall’esterno divenne il regista di questo cambiamento. In modo elegante e da ex partigiano, abituato alla clandestinità, costituì con il suo giornale l’unica valvola di sfogo delle quotidiane frustrazioni dei poliziotti, mettendo a nudo le loro drammatiche condizioni di vita e gli abusi da loro quotidianamente subiti. Fu un uomo coraggioso, carismatico a cui la Polizia deve tanto. Quel Caronte che ci traghettò dalla sponda dell’oppressione a quella della libertà’. Passando attraverso decine di incontri clandestini, i primi tentativi di raccontare al mondo la realtà quotidiana dei poliziotti, proteste improvvisate seguite da repressioni e indagini interne, le riunioni con sindacati e politici e i primi ufficiali che si schierano apertamente con i Carbonari ‘il nostro sogno si realizzò il primo aprile del 1981 con la riforma che sancì la smilitarizzazione della Polizia e con essa la conquista del sindacato. Dalle ceneri del Corpo della Guardie di Pubblica Sicurezza, nacque finalmente la Polizia di Stato; le stellette della divisa, simbolo della condizione militare, lasciarono il posto alle mostrine raffiguranti fiamme d’oro su fondo cremisi’, recita il protagonista del romanzo. ‘I contenuti di questo libro sono ancora oggi di estrema attualità. Anche in questi ultimi giorni si parla di gestione dell’ordine pubblico e della piazza. I recenti avvenimenti ci fanno riflettere sugli sforzi posti in essere dai Carbonari, da questi uomini decisi e determinati che, con dignità, e nel rispetto dell’istituzione che rappresentavano offrirono il loro contributo per la costruzione di una nuova e diversa politica della sicurezza pubblica, desiderosi di abbattere quel muro di diffidenza che li separava dalla società civile. Conquiste di questi uomini coraggiosi che se non facciamo attenzione rischiano oggi di essere vanificate’, sottolinea Balsamà. ‘All’epoca i poliziotti, considerati proletari dallo stesso Pasolini in una sua celebre poesia, avevano cominciato a dialogare con gli operai e gli studenti per spiegare di non essere i loro antagonisti nelle piazze, di non rappresentare la loro controparte, ma semplici lavoratori. Dopo la diffidenza iniziale, si aprì il dialogo. Iniziò quel confronto che era divenuto improcrastinabile in un periodo storico caratterizzato da continui scioperi. Adesso questo muro di diffidenza rischia di rialzarsi – aggiunge – Può accadere che una situazione sfugga di mano, ma la polizia di oggi non è quella di allora. Come ha detto il ministro dell’Interno Piantedosi la gestione dell’ordine pubblico resta democratica, non è cambiata. I cittadini devono comprendere che i poliziotti svolgono un ruolo fondamentale per assicurare ordine e sicurezza e sono sempre al loro fianco, per assicurare l’esercizio dei loro diritti, di quegli stessi diritti per i quali i nostri carbonari hanno instancabilmente lottato’.