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Musica, Antitrust impone a Meta ripresa trattative con Siae

Musica, Antitrust impone a Meta ripresa trattative con SiaeRoma, 21 apr. (askanews) – L’autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha disposto che Meta riprenda immediatamente le trattative con Siae sui diritti musicali, “mantenendo un comportamento ispirato ai canoni di buona fede e correttezza e provveda a fornire tutte le informazioni necessarie onde consentire a SIAE di ripristinare l’equilibrio nel rapporto commerciale con Meta”. Inoltre, previa autorizzazione di Siae, Meta dovrà ripristinare la disponibilità dei contenuti musicali su Facebook e su Instagram. E’ quanto annuncia l’Antitrust, che ha deciso di adottare misure cautelari nei confronti di Meta nell’ambito dell’istruttoria avviata il 4 aprile per presunto abuso di dipendenza economica nei confronti di Siae.

Dopo la presentazione delle memorie scritte e l’audizione delle parti, l’Autorità “ha ritenuto che sussistano i presupposti per adottare le misure cautelari in quanto ha individuato la dipendenza economica di Siae da Meta” e sottolinea “come in questo caso i criteri valutativi debbano essere differenti rispetto a quelli utilizzati di solito per gli altri settori economici tradizionali”. “In tale contesto, il comportamento di Meta sembra avere natura abusiva e tale da determinare un danno grave e irreparabile alle dinamiche competitive nei mercati relativi alla gestione dei diritti d’autore, incidendo su tutti i soggetti che compongono la filiera” afferma l’autorità in un comunicato.

Infine, l’Antitrust ha disposto che, in caso di disaccordo tra le parti in ordine alla quantità e alla qualità delle informazioni da fornire da parte di Meta, nominerà un fiduciario che le individui. Il soggetto fiduciario dovrà essere terzo, indipendente e in possesso di adeguata competenza tecnica.

Migranti,Lega e Fdi votano a Strasburgo contro linea loro eurogruppi

Migranti,Lega e Fdi votano a Strasburgo contro linea loro eurogruppiBruxelles, 20 apr. (askanews) – L’analisi dei voti nominali lo certifica senza ombra di dubbio: come avevano annunciato ieri, gli europarlamentari della Lega e di Fdi hanno votato con la maggioranza dell’Assemblea e con tutti gli altri colleghi italiani, contro la linea dei rispettivi gruppi politici europei e dunque in modo opposto ai propri alleati, durante il voto di oggi della plenaria di Strasburgo sul pacchetto Ue riguardante l’immigrazione e l’asilo.

L’altro partito della maggioranza di governo, Forza Italia, ha assunto le stesse posizioni della Lega e di Fdi ma in coerenza con la linea del proprio gruppo di appartenenza, il Ppe. La sessione di voto che si è svolta oggi a Strasburgo riguardava i mandati negoziali per un pacchetto di cinque testi legislativi, di cui quattro relativi al “Patto Ue” su immigrazione e asilo, proposto dalla Commissione europea nel settembre 2020, e uno sul tema collegato dei diritti dei cittadini di paesi terzi residenti di lunga durata nell’Unione. Il voto dell’Aula, che normalmente non si pronuncia quando le decisioni sui mandati negoziali sono approvate dalle commissioni europarlamentari competenti, è stato reso necessario dall’obiezione, ieri mattina, dei due gruppi dei Conservatori (Ecr) e dell’estrema destra sovranista (Id). Tuttavia, le delegazioni italiane che fanno parte dei due gruppi (Fdi e Lega, rispettivamente) avevano annunciato ieri pomeriggio il loro voto in plenaria favorevole ai mandati negoziali sul Patto Ue.

Così è stato: sul mandato negoziale per l’atto legislativo centrale del pacchetto, che riguarda la gestione dell’asilo e dell’immigrazione (approvato con 413 voti contro 142 e 20 astensioni), si sono espressi a favore sia i 19 leghisti che i sei eurodeputati di Fdi presenti, mentre il loro due gruppi hanno votato massicciamente contro. L’elemento più rilevante di questo regolamento, che vede la forte opposizione dei paesi dei paesi dell’Est a guida sovranista come Polonia, Ungheria e Repubblica ceca, è l’istituzione di un meccanismo di solidarietà vincolante per assistere i paesi in prima linea di fronte alle pressioni migratorie, anche a seguito di operazioni di ricerca e salvataggio in mare. Il meccanismo permetterà agli Stati membri di scegliere tra il ricollocamento sul proprio territorio di una parte dei migranti arrivati nei paesi più sotto pressione, e altre forme di sostegno, con mezzi finanziari e operativi.

Il secondo mandato negoziale più importante riguarda il nuovo dispositivo, inviso anch’esso ai paesi dell’Est, che è stato proposto per far fronte alle “situazioni di crisi”, quando uno Stato membro viene investito da un aumento improvviso e massiccio dei flussi migratori da un paese terzo, ad esempio a causa di un conflitto o di una emergenza umanitaria. Qui ci sono stati 419 voti favorevoli, 129 contrari e 30 astensioni. Anche in questo caso, 19 eurodeputati leghisti e sei di Fdi hanno sostenuto il mandato, all’opposto di quanto hanno fatto tutti gli altri membri dei loro due gruppi di appartenenza. Il testo prevede che lo stato di emergenza sia dichiarato dalla Commissione europea in base a determinati criteri, attivando il dispositivo di crisi che comporta, tra l’altro, ricollocamenti obbligatori dei migranti fra tutti gli Stati membri e deroghe alle procedure di screening e di asilo. Altri due elementi del Patto Ue sono il nuovo regolamento sullo “screening”, ovvero le procedure per accertare l’identità dei cittadini di paesi terzi, e il sistema centralizzato di informazioni sul casellario giudiziario, che permette di sapere se una persona ha subito condanne penali.

Il mandato negoziale sullo screening è stato approvato con 419 voti favorevoli, 126 contrari e 30 astensioni, mentre quello per il sistema centralizzato sui casellari giudiziari è passato con 431 voti favorevoli, 121 contrari e 25 astensioni. Per quanto riguarda lo screening hanno votato a favore 18 leghisti e sei eurodeputati di Fdi, e si sono espressi contro tutti gli altri colleghi dei rispettivi gruppi. Nel secondo caso, sui casellari giudiziari, 20 leghisti hanno votato a favore contro tutto il resto del gruppo Id, mentre questa volta al voto favorevole dei sei eurodeputati di Fdi si è aggiunto quello di altri quattro colleghi non italiani del loro gruppo, mentre tutto il resto dell’Ecr sui è espresso contro. Solo nell’ultimo voto in plenaria, collegato al Patto sull’immigrazione ma non integrato nel pacchetto, gli eurodeputati italiani di Fdi e della Lega sono tornati in linea con i rispettivi gruppi politici. Il mandato negoziale in questo caso riguarda una modifica della direttiva sui cittadini di paesi terzi residenti di lungo periodo in un paese dell’Ue, ed è stato approvato sempre a larga maggioranza, ma meno larga che negli altri quattro casi: 391 voti favorevoli, 140 contrari e 25 astensioni. In questo caso, solo un eurodeputato di Fdi, Vincenzo Sofo, e uno della Lega, Gianna Gancia, hanno votato a favore, mentre un’altra europarlamentare di Fdi, Chiara Gemma, si è astenuta. Tutti gli altri membri dei due gruppi, compresi gli italiani, hanno invece votato contro. La nuova direttiva prevede misure per l’accelerazione della concessione dei permessi di soggiorno di lungo periodo nell’Ue ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente in uno Stato membro da almeno 3 anni, e la possibilità di integrare le persone che godono dello status di protezione temporanea. I residenti di lungo periodo avranno il diritto di trasferirsi in un altro paese dell’Unione senza ulteriori restrizioni lavorative, e i loro figli a carico riceveranno automaticamente lo stesso status.

Da notare che in questo caso, e solo in questo, sono stati gli eurodeputati di Forza Italia a esprimersi in modo difforme dal proprio gruppo, astenendosi invece di votare a favore.

Schlein in direzione esalta unità e stempera discussione su Gpa

Schlein in direzione esalta unità e stempera discussione su GpaRoma, 20 apr. (askanews) – Quel passaggio sul Pd “unito e plurale” di queste settimane Elly Schlein lo deve aver studiato bene, perché lo presenta come un ringraziamento a tutti i dirigenti Pd ma, in fondo, suona anche come un invito a non tornare agli usi e costumi del passato. La prima riunione del parlamentino Pd, in effetti, fila via solo con qualche mugugno e alcune rivendicazioni: alcuni cattolici – compreso Graziano Delrio – si fanno sentire, i due candidati alla segreteria che non sono arrivati alle primarie ribadiscono le loro critiche sugli assetti, ma niente di più. Malumori che in parte la leader del partito gestisce con la sua replica, assicurando grande rispetto per la “pluralità di culture” e spiegando ai cattolici che bisogna “distinguere” tra le sue posizioni personali – come quella sulla Gpa – e la sintesi che fa e farà il partito.

La relazione di apertura è tutto sommato breve, rispetto agli interventi dei segretari precedenti in occasioni simili. Molte cose, del resto, sono state dette già ieri in conferenza stampa (e Silvia Costa si è lamentata anche di questo) ma è anche lo stile della Schlein, più veloce e meno analitico di quello ‘tradizionale’. E pure sul clima “ci sarà molto da fare perché il governo è assente”. Si parla molto del governo, per criticarlo ovviamente. Sul Pnrr il Pd “vigilerà”, assicura. Sulla sanità ci sarà una “mobilitazione”, così come si darà “battaglia” contro le “politiche criminogene” della maggioranza verso i migranti e contro le evocate riforme del sistema elettorale per le amministrative. Altrettanto, sarà lotta contro le misure in materia di lavoro, perché il governo vuole “allargare le maglie della precarietà”, mentre bisogna “aumentare i salari, fissare finalmente un salario minimo, contrastare il lavoro povero e precario”.

Quindi, indica a tutti l’obiettivo delle europee: “Di qui a un anno avremo una votazione molto importante, quella europea. E ci saranno comuni e regioni che vanno al voto. Da subito dobbiamo cominciare a lavorare con un orizzonte lungo, sono sicura che ce la possiamo fare”. E il richiamo all’unità è accompagnato da un altro passaggio: “Voglio che si lavori nel modo più coordinato possibile tra partito, gruppi parlamentari”, il partito in Parlamento e quello del Nazareno devono parlare con la stessa voce. Agli alleati – o meglio, ai potenziali alleati – dice che il Pd “lavora “nella maniera più unitaria possibile” e “mette al centro la sua visione”. Al dibattito non partecipa quasi nessuno dei ‘big’, a parte gli altri due candidati alla segreteria (oltre a Stefano Bonaccini che presiede l’assemblea). Interviene Andrea Orlando che chiede di coinvolgere tutte le opposizioni nella battaglia sul Pnrr, parla Graziano Delrio che chiede di garantire il giusto spazio alle posizioni dei cattolici, come pure fanno Silvia Costa e Stefano Lepri.

La Costa è piuttosto critica, non ha apprezzato la posizione sulla Gpa e lo dice. Lepri ricorda che le decisioni sui temi sensibili “si prendono in direzione” e si dice “sorpreso” per il ddl sul matrimonio egualitario. E poi si fanno sentire, appunto, Cuperlo e De Micheli, che ribadiscono di non avere gradito le scelte sulla segreteria. Schelin riprende la parola alla fine, per la replica. Cita molti degli interventi e inevitabilmente risopnde alle critiche dei cattolici: “Bisogna distinguere tra le posizioni personali, che ovviamente non rinnego, e la sintesi che fa il partito”, spiega. Il matrimonio egualitario, ricorda, era già nel programma Pd così come la ‘stepchild adoption’. “Sulla Gpa ho espresso una mia posizione personale, ma non c’è una iniziativa legislativa del partito su questo”. Dice che l’idea di Cuperlo dei ‘comitati per l’alternativa per unire le opposizioni può essere una strada da seguire su certi temi. Riprende i suggerimenti di Orlando e della De Micheli sul Pnrr. Evita, però, di entrare nelle discussioni sulla segreteria. Perché, come ha detto aprendo la riunione, “stiamo dando l’immagine di un partito unito e plurale”. E vuole che continui ad essere così.

Pnrr,Fitto: rafforziamo e valorizziamo confronto con parti sociali

Pnrr,Fitto: rafforziamo e valorizziamo confronto con parti socialiRoma, 20 apr. (askanews) – Continua il confronto tra il governo e il partenariato economico e sociale per l’introduzione nel Pnrr del capitolo REPowerEU. Nel giorno dell’approvazione definitiva in Parlamento del DL Pnrr (decreto legge 13/2023) – si legge in una nota – viene rafforzato e valorizzato il dialogo con il mondo partenariale trasferendo all’interno della Cabina di Regia Pnrr – organo di indirizzo politico che coordina e dà impulso all’attuazione del Piano – le interlocuzioni precedentemente attribuite al Tavolo tecnico per il partenariato.

“Con le riunioni di oggi della Cabina di Regia con i rappresentanti delle imprese e dei sindacati diamo una prima risposta concreta a quanto previsto dal decreto. Come metodo abbiamo impostato una serie di tavoli settoriali specifici per entrare nel merito delle questioni e garantire a tutti tempistiche adeguate al confronto”, ha dichiarato il ministro per gli Affari Europei, il Pnrr, il Sud e la politica di coesione, Raffaele Fitto, nel corso degli incontri che si sono svolti questo pomeriggio a Palazzo Chigi. In apertura dei tavoli, il ministro ha espresso soddisfazione per l’approvazione in via definitiva da parte dell’Aula della Camera del dl Pnrr e ha tracciato roadmap e tempistiche per i prossimi mesi. “Stiamo lavorando intensamente per verificare gli interventi e gli eventuali correttivi sia sul capitolo del REPowerEU sia sull’intero Piano. Riteniamo doveroso farlo subito anche con il vostro coinvolgimento”, ha affermato il ministro ai rappresentanti di imprese e sindacati a cui ha chiesto di fornire contributi e suggerimenti utili alla discussione. Il confronto di oggi – si osserva nella nota – proseguirà con successivi incontri con l’obiettivo di effettuare verifiche dettagliate su tutto l’impianto del Piano. Il termine ufficiale per la presentazione dell’aggiornamento del PNRR alla Commissione europea è il 31 agosto come indicato dai regolamenti e dalle linee guida della Commissione. “Lavoriamo per poter raggiungere questo risultato il prima possibile: stiamo procedendo rapidamente con la consapevolezza dell’importanza di dover cogliere questa grande sfida per il Paese”, ha garantito il ministro, ricordando che la prossima settimana ci saranno l’informativa sul Pnrr in Parlamento e successivamente la presentazione della Relazione semestrale. Complessivamente si sono riuniti sei tavoli settoriali a cui hanno partecipato: Confindustria, Ance, Confedilizia, Abi, Ania, Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Unsic, Copagri, Federterziario, Confetra, Confservizi, Confprofessioni, Assoprofessioni, Confapi, Confimi, Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Alleanza Cooperative, Unicoop, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal, Usb.

Arianna Meloni su Fb: destabilizzano vite pur di attaccare avversario

Arianna Meloni su Fb: destabilizzano vite pur di attaccare avversarioRoma, 20 apr. (askanews) – “Lo sanno queste persone che dietro alle loro cattiverie esistono persone? Persone con i loro problemi, le loro angosce, con i loro sentimenti, con le loro paure? Ma soprattutto con le loro famiglie, i loro amici, i colleghi di lavoro e i loro figli? Lo sanno, ma per loro attaccare l’avversario vale anche la destabilizzazione della vita delle persone e delle loro famiglie”. Lo scrive su Facebook Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio, a proposito della vignetta del Fatto quotidiano.

Al Senato passa la linea dura sui migranti, il dl Cutro blindato alla Camera

Al Senato passa la linea dura sui migranti, il dl Cutro blindato alla CameraRoma, 20 apr. (askanews) – Governo e maggioranza avanti sulla linea dura nei confronti dei migranti irregolari con il via libera al dl Cutro da parte del Senato: 92 i voti a favore e 64 i contrari. Il centrodestra si è mostrato compatto nel muro contro muro con le opposizioni, con momenti di forte tensione in aula, ma non tutto è filato liscio per il governo Meloni su un tema-bandiera su cui la ‘concorrenza’ è forte tra Fdi e Lega, in un equilibrismo complicato quando si tratta di materie che investono anche i diritti umani come sulla protezione speciale.

Trovare l’accordo che potesse soddisfare le istanze dei diversi partiti della maggioranza, non è stato facile. Dall’avvio dell’iter del decreto a Palazzo Madama oltre un mese fa e fino all’ultimo minuto, il partito di Matteo Salvini, ha tenuto sul tavolo le proposte per reintrodurre di fatto i decreti sicurezza del Conte 1, peraltro spuntandola su diverse di queste (seppur alcune depurate dalle versioni più aspre). Neanche l’aver presentato in aula una quindicina di emendamenti unitari firmati da tutto il centrodestra ha messo al riparo da ‘incidenti’ e ‘correzioni di rotta’ come quelle che hanno interessato la protezione speciale, quando è stato riformulato in corsa il testo per sopprimere la parte che escludeva gli “obblighi costituzionali o internazionali” nella valutazione dei divieti di respingimento o espulsione. Una riga in meno per ‘salvare’ quei limiti invalicabili su cui in passato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva avuto modo di esprimersi. Già nel passaggio dalla commissione (che non è riuscita a concludere i suoi lavori come era successo sul dl Ong) all’aula l’emendamento Fi-Fdi-Lega aveva dovuto imbarcare la ‘salvaguardia’ sui procedimenti d’asilo pendenti.

Mentre sulla protezione speciale la Premier Giorgia Meloni ha preferito che la firma fosse apposta dalla sua maggioranza, Palazzo Chigi ha invece presentato propri emendamenti sul potenziamento di hotspot e centri di prima accoglienza con l’estensione delle deroghe già previste per i centri per il rimpatrio, siti provvisori individuati dai prefetti, misure per Lampedusa (la gestione dell’hotspot alla Croce Rossa, traghetti per spostare i migranti, una postazione del 118), l’ampliamento della procedura accelerata di frontiera, il restringimento della platea dei richiedenti asilo nell’ambito del sistema di accoglienza e integrazione (Sai) costituito dalla rete degli enti locali che ha fatto infuriare Governatori e sindaci del centrosinistra. La Lega l’ha spuntata su diverse modifiche, a cominciare dal giro di vite sulla protezione speciale entrato nel decreto con l’obiettivo di ridurre al lumicino questa possibilità alternativa allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria e su cui gli alleati di governo si sono mostrati altrettanto risoluti nella sostanza, l’incremento dei giorni di trattenimento nei Cpr (anche se un po meno rispetto a quanto inizialmente ipotizzato), lo stop nei centri di accoglienza dell’assistenza psicologica, dei corsi di lingua italiana e dei servizi di orientamento legale e al territorio per i migranti.

Il muro contro muro tra maggioranza e opposizioni è stato netto. “Con l’approvazione del dl migranti si ritorna ai decreti sicurezza di Salvini con una stretta sulla protezione speciale che sarà concessa solo per casi eccezionali” e non sarà “più una sanatoria come voleva la sinistra” oltre a misure “per fermare il business dell’immigrazione clandestina e come Lega abbiamo mantenuto la promessa”, dice il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. “Il centrodestra ha approvato il decreto “in maniera compatta” per “fronteggiare quella che ormai è sotto gli occhi di tutti un’emergenza”, puntualizza il presidente dei senatori Fdi Lucio Malan. La minoranza ha evidenziato le divisioni interne al centrodestra come sulla protezione speciale, ha messo in atto l’ostruzionismo in commissione e attaccato le nuove norme definendole “incostituzionali”. “Un passo indietro clamoroso sull’accoglienza diffusa che è l’unica, come hanno sottolineato i nostri sindaci, che garantisce inclusione”, osserva la segretaria del Pd Elly Schlein. “C’è un approccio tutto ideologico che non dà riposte alle tragedie come quelle di Cutro e non fornisce nessuna strategia di governo per affrontare un fenomeno strutturale. Un decreto irresponsabile e disumano” che non farà altro che “creare più irregolari”, afferma il capogruppo dei senatori Dem Francesco Boccia.

“Il governo Meloni, dopo aver accantonato il facile slogan del blocco navale, passa alla distruzione del nostro sistema di accoglienza e dei suoi pilastri, diritto asilo, protezione umanitaria e protezione speciale, e agli accordi con i paesi di partenza. Peccato che i paesi da cui partono le barche sono paesi nei quali il rispetto dei diritti umani è negato. La Libia insegna”, evidenzia il presidente del gruppo Misto Peppe de Cristofaro (Avs). Il decreto passa ora all’esame della Camera dove deve essere convertito in legge entro il 9 maggio. Il testo arriva blindato e il governo sarebbe già intenzionato a porre, nel secondo passaggio parlamentare, la fiducia. “Siamo pronti ad avviare un esame celere per portarlo a conversione entro i tempi previsti”, annuncia Riccardo De Corato, deputato di Fratelli d’Italia e vice presidente in commissione Affari costituzionali della Camera.

Al Senato passa la linea dura sui migranti,dl Cutro blindato alla Camera

Al Senato passa la linea dura sui migranti,dl Cutro blindato alla CameraRoma, 20 apr. (askanews) – Governo e maggioranza avanti sulla linea dura nei confronti dei migranti irregolari con il via libera al dl Cutro da parte del Senato: 92 i voti a favore e 64 i contrari. Il centrodestra si è mostrato compatto nel muro contro muro con le opposizioni, con momenti di forte tensione in aula, ma non tutto è filato liscio per il governo Meloni su un tema-bandiera su cui la ‘concorrenza’ è forte tra Fdi e Lega, in un equilibrismo complicato quando si tratta di materie che investono anche i diritti umani come sulla protezione speciale.

Trovare l’accordo che potesse soddisfare le istanze dei diversi partiti della maggioranza, non è stato facile. Dall’avvio dell’iter del decreto a Palazzo Madama oltre un mese fa e fino all’ultimo minuto, il partito di Matteo Salvini, ha tenuto sul tavolo le proposte per reintrodurre di fatto i decreti sicurezza del Conte 1, peraltro spuntandola su diverse di queste (seppur alcune depurate dalle versioni più aspre). Neanche l’aver presentato in aula una quindicina di emendamenti unitari firmati da tutto il centrodestra ha messo al riparo da ‘incidenti’ e ‘correzioni di rotta’ come quelle che hanno interessato la protezione speciale, quando è stato riformulato in corsa il testo per sopprimere la parte che escludeva gli “obblighi costituzionali o internazionali” nella valutazione dei divieti di respingimento o espulsione. Una riga in meno per ‘salvare’ quei limiti invalicabili su cui in passato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva avuto modo di esprimersi. Già nel passaggio dalla commissione (che non è riuscita a concludere i suoi lavori come era successo sul dl Ong) all’aula l’emendamento Fi-Fdi-Lega aveva dovuto imbarcare la ‘salvaguardia’ sui procedimenti d’asilo pendenti.

Mentre sulla protezione speciale la Premier Giorgia Meloni ha preferito che la firma fosse apposta dalla sua maggioranza, Palazzo Chigi ha invece presentato propri emendamenti sul potenziamento di hotspot e centri di prima accoglienza con l’estensione delle deroghe già previste per i centri per il rimpatrio, siti provvisori individuati dai prefetti, misure per Lampedusa (la gestione dell’hotspot alla Croce Rossa, traghetti per spostare i migranti, una postazione del 118), l’ampliamento della procedura accelerata di frontiera, il restringimento della platea dei richiedenti asilo nell’ambito del sistema di accoglienza e integrazione (Sai) costituito dalla rete degli enti locali che ha fatto infuriare Governatori e sindaci del centrosinistra. La Lega l’ha spuntata su diverse modifiche, a cominciare dal giro di vite sulla protezione speciale entrato nel decreto con l’obiettivo di ridurre al lumicino questa possibilità alternativa allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria e su cui gli alleati di governo si sono mostrati altrettanto risoluti nella sostanza, l’incremento dei giorni di trattenimento nei Cpr (anche se un po meno rispetto a quanto inizialmente ipotizzato), lo stop nei centri di accoglienza dell’assistenza psicologica, dei corsi di lingua italiana e dei servizi di orientamento legale e al territorio per i migranti. Il muro contro muro tra maggioranza e opposizioni è stato netto. “Con l’approvazione del dl migranti si ritorna ai decreti sicurezza di Salvini con una stretta sulla protezione speciale che sarà concessa solo per casi eccezionali” e non sarà “più una sanatoria come voleva la sinistra” oltre a misure “per fermare il business dell’immigrazione clandestina e come Lega abbiamo mantenuto la promessa”, dice il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. “Il centrodestra ha approvato il decreto “in maniera compatta” per “fronteggiare quella che ormai è sotto gli occhi di tutti un’emergenza”, puntualizza il presidente dei senatori Fdi Lucio Malan.

La minoranza ha evidenziato le divisioni interne al centrodestra come sulla protezione speciale, ha messo in atto l’ostruzionismo in commissione e attaccato le nuove norme definendole “incostituzionali”. “Un passo indietro clamoroso sull’accoglienza diffusa che è l’unica, come hanno sottolineato i nostri sindaci, che garantisce inclusione”, osserva la segretaria del Pd Elly Schlein. “C’è un approccio tutto ideologico che non dà riposte alle tragedie come quelle di Cutro e non fornisce nessuna strategia di governo per affrontare un fenomeno strutturale. Un decreto irresponsabile e disumano” che non farà altro che “creare più irregolari”, afferma il capogruppo dei senatori Dem Francesco Boccia. “Il governo Meloni, dopo aver accantonato il facile slogan del blocco navale, passa alla distruzione del nostro sistema di accoglienza e dei suoi pilastri, diritto asilo, protezione umanitaria e protezione speciale, e agli accordi con i paesi di partenza. Peccato che i paesi da cui partono le barche sono paesi nei quali il rispetto dei diritti umani è negato. La Libia insegna”, evidenzia il presidente del gruppo Misto Peppe de Cristofaro (Avs).

Il decreto passa ora all’esame della Camera dove deve essere convertito in legge entro il 9 maggio. Il testo arriva blindato e il governo sarebbe già intenzionato a porre, nel secondo passaggio parlamentare, la fiducia. “Siamo pronti ad avviare un esame celere per portarlo a conversione entro i tempi previsti”, annuncia Riccardo De Corato, deputato di Fratelli d’Italia e vice presidente in commissione Affari costituzionali della Camera.

25 Aprile, duello al Senato su antifascismo e comunismo

25 Aprile, duello al Senato su antifascismo e comunismoRoma, 20 apr. (askanews) – Anche quest’anno il 25 aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo, promette di essere occasione di scontro politico. Un’anticipazione viene dalla discussione che impegna nella tarda mattinata l’aula del Senato e che si conclude con l’approvazione di due mozioni in parte contrapposte, la prima dell’opposizione, la seconda della maggioranza.

A prendere l’iniziativa, dopo le contestate dichiarazioni sull’attentato partigiano di via Rasella contro le truppe naziste, definite “una banda musicale di semi-pensionati” dal presidente del Senato Ignazio La Russa, erano state proprio le forze della minoranza parlamentare: Pd, M5S, Az-Iv, Autonomie e AVS. Il documento (passato con voto bipartisan, 133 sì un solo astenuto), prende le mosse dal discorso col quale la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta allo sterminio nazista, ha inaugurato la legislatura, chiedendosi per quale motivo il 25 aprile, festa della liberazione, il primo maggio, festa del lavoro, il 2 giugno, festa della Repubblica debbano essere vissute come “date divisive” e non con “autentico spirito repubblicano”. La mozione si conclude poi impegnando il Senato “ad adottare le iniziative necessarie affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa”. Scontro in aula sulla votazione assai meno condivisa della mozione della maggioranza di destra-centro che estende l’auspicio della “accuratezza storica” ad altre ricorrenze come il 17 marzo, il 4 novembre, il 27 gennaio, il 10 febbraio, il 18 aprile, il 9 novembre e si richiama alla risoluzione del Parlamento europeo “‘contro ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia, e segnatamente contro il nazismo, il fascismo, il comunismo”. Alla fine passa con 78 voti favorevoli provenienti dai gruppi di Fratelli d’Italia, Coraggio Italia, Forza Italia e Lega, 29 contrari (Pd e Alleanza Verdi Sinistra) e 26 astenuti, del M5S, di Azione-Italia viva più uno del gruppo Autonomie (dallo stesso gruppo un voto è andato a favore del documento).Dai banchi della destra partono un coro “vergogna, vergogna” all’indirizzo dei banchi delle opposizioni.

Teso anche il clima nel corso del dibattito in aula. Walter Verini del Pd, presentando la mozione in apertura di dibattito, prova a comunicare una posizione comprensiva delle ragioni della maggioranza. “Non abbiamo imbarazzo alcuno – rivendica – a ribadire giudizi drasticamente inequivocabili su tragedie della storia del novecento. I lager sovietici, i massacri staliniani. Abbiamo ogni anno reso omaggio alle persone massacrate nelle foibe, ai profughi giuliano-dalmati. Ma nel nostro paese c’è stato un regime fascista. E i comunisti italiani si sono battuti per la libertà. Se oggi tutti noi siamo qui, è perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista e il 25 aprile”. Meno concilianti i toni di Raffaele Speranzon di Fratelli d’Italia, che prende la parola per presentare la mozione di maggioranza: “Credo che l’antifascismo sia stato oggetto di una appropriazione indebita e uno stravolgimento del suo significato originale. Doveva essere il valore unificate tra destra e sinistra, ma è diventato un elemento divisivo. Non perché i moderati di centrodestra sono meno antifascisti, ma perché non sono antifascisti come vorrebbe la sinistra: impegnata a distribuire patenti di libertà. E che nella sua storia ha condotto ad atti di efferata violenza in nome dell’antifascismo come il rogo di Primavalle. Ricordo, infine, la risoluzione del Parlamento Ue non votata dalla sinistra che aveva l’obiettivo di condannare ogni forma di totalitarismo novecentesco. Un comportamento indecente. E noi lezioni da chi difende le dittature non le accettiamo”.

Nel corso della discussione il senatore dem Francesco Verducci punta il dito su La Russa, ricordando le parole del presidente del Senato su via Rasella: “Ecco, signor Presidente, sta qui – aggiunge – la falsificazione, il negazionismo subdolo, l’oltraggio che noi non possiamo accettare. Non può esserci mai mistificazione mai! Non può esserci sulla Resistenza, non può esserci da parte di chi ha incarichi istituzionali, non può esserci da parte della seconda carica dello Stato”. Spiegando la sua adesione alla mozione della maggioranza, il senatore Antonio De Poli (Ci-Udc) lancia una sorta di diffida alle opposizioni: “Nessuno, men che meno la sinistra, può arrogarsi il diritto di appropriarsi della cultura antifascista; cultura e valori antifascisti che sono presenti dalla prima all’ultima pagina della nostra bellissima Costituzione”. Quasi una replica il successivo intervento di Peppe De Cristofaro di AVS, che dopo aver ricostruito il clima della Roma dell’attentato di via Rasella, con i rastrellamenti, i combattimenti, le fucilazioni da parte dei nazifascisti, conclude: “Furono solo i partigiani a riscattare l’onore e la dignità di tutto il Paese. Ed è solo con questa solida consapevolezza alle spalle che possiamo incamminarci sul percorso che ci ha indicato la senatrice Segre”. “Non posso negare – dice dal canto suo Paolo Zanettin di Forza Italia – di rimanere sorpreso dal fatto che Il Pd e le altre opposizioni invece non voteranno quella del centrodestra a prima firma Malan. Rimane il rammarico per una occasione perduta per avviarci a una pacificazione e ad una memoria condivisa, a cui entrambe le mozioni, almeno a parole anelavano”. Anna Bilotti,che svolge la sua dichiarazione di voto a nome del M5S, si richiama a un padre della patria: “‘Il fascismo è l’antitesi delle fedi politiche, disse il presidente Pertini. È forse oggi anacronistico ricordarlo? Io non credo, non lo è e non può esserlo fino a quando non cesseranno i tentativi di svuotare di significato queste parole e le tentazioni di revisionismo”, afferma. Per la Lega parla Stefania Pucciarelli, annunciando il voto favorevole a entrambe le mozioni e invitando l’opposizione “a fare altrettanto, in un’ottica di reale conciliazione. Ma dalle dichiarazioni che ho ascoltato questa è ancora molto distante dall’essere attuata. Noi siamo, sì, antifascisti e lo rivendichiamo, ma siamo anche contro i regimi comunisti e in generale contro tutti i sistemi totalitari, nessuno escluso e questa è la nostra differenza”, conclude.

Scontro finale tra Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, e Lucio Malan che guida il gruppo di FdI. Per l’esponente democratico “se si applaude il discorso di Liliana Segre in Aula, come tutti abbiamo fatto, non si può dire che abbiamo fatto una valutazione diversa – lo dico col massimo rispetto per il collega Speranzon – sulle date che uniscono questo Paese”, a partire dal 25 aprile che, sottolinea Boccia, “è la Festa della Liberazione dal regime nazifascista, non è una ricorrenza comunista o estremista. Ci auguriamo che tutto il Parlamento della Repubblica italiana la sappia ricordare come il nostro Paese e la sua storia meritano”. Parole alle quali Malan replica dando molto spazio proprio al tema del comunismo: “Il 25 aprile – dice – è una data fondamentale per la nostra democrazia, perché se non fosse stato sconfitto il regime fascista, non sarebbero arrivati la Costituzione, la Repubblica, la democrazia e le libere elezioni. Se però il 18 aprile 1948 gli elettori italiani non avessero collocato l’Italia nel campo delle democrazie, che si riconoscono nei valori della democrazia, della libertà e dei diritti individuali, la libertà non ci sarebbe stata e ci sarebbe stato un altro tipo di dittatura. Questo per chi dice che il comunismo non ci interessa, perché non ha toccato l’Italia”. Il voto finale, fra applausi e cori polemici, spegne per oggi la contesa politica. Ma il 25 aprile è vicino e con queste premesse è facile immaginare che non mancheranno le occasioni di rinnovare le contrapposizioni fra i diversi schieramenti.

Sentenza Coni sulla Juve: nuova valutazione, tornano i 15 punti

Sentenza Coni sulla Juve: nuova valutazione, tornano i 15 puntiRoma, 20 apr. (askanews) – Tutto da rifare per la sentenza Juventus. Il Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni restituisce i 15 punti al club bianconero che scala la classifica fino al terzo posto a due lunghezze dalla Lazio, in pienissima zona Champions. Sarà l’organo di secondo grado della giustizia calcistica, con una composizione diversa rispetto a quella che ha deciso la maxi penalizzazione, a rideterminare la sanzione sulla base delle osservazioni dell’ultimo grado di legittimità, riempiendo quella “carenza di motivazioni” in cui in sede di udienza aveva parlato anche il procuratore generale Ugo Taucer, soprattutto rispetto al famoso articolo 4, quello sulla mancata lealtà, il cuore della condanna.

In linea puramente teorica è possibile che la Corte confermi persino i 15 punti, ma si può dire che si andrà incontro a una riduzione.

Messner: una fondazione vuole ospitare l’orsa JJ4

Messner: una fondazione vuole ospitare l’orsa JJ4Roma, 20 apr. (askanews) – L’orsa JJ4? “Forse c’è qualcuno in Germania che è disposto a prenderla, come la fondazione Orso che so per certo è in contatto col governatore Fugatti. Cosa bisognerebbe fare? Se non si riesce a spostarla altrove, non bisogna metterla in gabbia e va soppressa solo ed esclusivamente se non si trovano altre soluzioni. Però non la si può lasciare in Trentino, in questo periodo ci sono troppi orsi, arrivano fino in Bavaria e diventano pericolosi. Mi dispiace moltissimo per quanto successo a quel ragazzo e sono vicino alla sua famiglia”. A parlare è l’alpinista Reinhold Messner, che a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora, ha ragionato sulla possibilità che l’orsa JJ4, che avrebbe ucciso un runner in Trentino e che ora potrebbe essere soppressa. “Ho sentito dire che c’è stato un hotel che ha dato da mangiare più volte all’orsa JJ4, che trovando sempre dei viveri è tornata lì più volte”, ha rivelato Messner ai conduttori Giorgio Lauro e Geppi Cucciari. I suoi cuccioli, che hanno due anni, sono in grado di cavarsela da soli? “Si, due anni sono sufficienti per esser autonomi. Ma in generale – ha proseguito Messner a Un Giorno da Pecora – il Trentino è troppo piccolo per i circa 100 orsi presenti su quel territorio. Nella mia vita ho incontrato più volte degli orsi, dalla Siberia al Tibet, ma non mi hanno mai aggredito, perché lì hanno spazi enormi, non hanno motivo di attaccare un uomo”. Insomma, gli orsi sono un problema per il Trentino. “L’orso non ha nessuna colpa, la natura c’è e va rispettata, almeno una cinquantina di questi esemplari però andrebbero trasferiti dal Trentino ad altri luoghi. E non dimentichiamoci – ha concluso l’alpinista a Rai Radio1 – che i lupi sono un problema ancora più grave: distruggono le nostre malghe, in una notte uccidono anche venti pecore”.