Opere d’arte per capire il mondo: a Firenze 30 anni di SandrettoFirenze, 3 mar. (askanews) – Si possono scegliere due opere, che rappresentano due momenti e due modi di stare nel contemporaneo: la prima è grande, avvolgente, romantica. Sono i cinque canali e i cinque schermi sui quali l’artista islandese Ragnar Kjartansson canta sotto la neve il suo “The End”. La seconda è piccola, potrebbe anche sfuggire all’occhio di qualche spettatore, perché sta in basso: è lo scoiattolo suicida di Maurizio Cattelan, e il titolo del lavoro è “Bidibidobidiboo”. È come se guardassimo i due estremi di uno spettro, lontani, ma accomunati da chi quello spettro così ampio lo ha immaginato e costruito nel corso di 30 anni di collezionismo, che ora vengono celebrati a Palazzo Strozzi a Firenze con una mostra intitolata “Reaching for the Stars”. E stiamo parlando di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo. “È un racconto di 30 anni di collezionismo – ha spiegato lei stessa ad askanews – di amicizia con artisti, curatori, galleristi e collezionisti. Ed è un’occasione per mostrare quello che gli artisti hanno realizzato negli ultimi 30-40 anni: pittura, fotografia, scultura, video, installazioni, e abbiamo anche una performance”.
La mostra si sviluppa in tutto lo spazio espositivo del palazzo e presenta una impressionante serie di grandi nomi della scena contemporanea: ci sono le farfalle di Damien Hirst e le sue vetrine; c’è l’orso di Paola Pivi e ci sono fotografie di Shirin Neshat e di Cindy Sherman, c’è l’autoritratto scultoreo di Pawel Althamer davanti a un grande manifesto di Barbara Kruger. E poi, nel piano inferiore del museo, il film su Zidane di Douglas Gordon e Philippe Parreno e anche una performance sonora di Tino Sehgal, come sempre non documentabile.
“È un viaggio cronologico – ci ha detto il direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, Arturo Galansino – ma anche crono-tematico, perché attraverso l’arte contemporanea tocchiamo tanti temi che influenzano la nostra vita e che viviamo quotidianamente, dall’inquinamento ai problemi sociali e civili, problemi dio razzismo, legati al mondo dell’economia, ma anche problemi più prettamente formali dell’arte, come per esempio il ritorno all’astrazione o la scelta di restare nel figurativo, facendo vedere anche nuove sperimentazioni artistiche a livello tecnico e tecnologico”.
Ecco, la sensazione che si prova stando dentro la mostra, che è organizzata dal museo fiorentino insieme alla Collezione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, è chiara: stiamo guardando il lavoro di molte star del sistema dell’arte, è indubitabile, ma le stelle che cerchiamo di raggiungere, per parafrasare il titolo, sono quelle idee, quelle prese di posizione, quell’insieme di reazioni che le opere d’arte propongono al mondo: Le stelle, direbbe un finto McLuhan, sono il messaggio. “Io quando vedo un’opera – ha aggiunto Patrizia Sandretto – penso sempre che questa opera deve aiutarmi a pensare, a farmi ragionare, a farmi capire dove sta andando il mondo”.
E il presente attraversa la mostra con decisione: c’è il ghiacciaio che si scioglie di Doug Aitken, oppure la scultura zoomorfa e pensile di Giulia Cenci, l’artista più giovane esposta a Firenze. Fino ad arrivare al grande razzo di Goshka Macuga installato nel cortile di Palazzo Strozzi, che rappresenta un simbolo della complicata relazione tra noi umani e il futuro del nostro stesso pianeta. Forse è con quello che arriveremo alle stelle, chissà. Forse invece sarà solo un modo per ricordarci, come diceva Alberto Garutti, di guardare in alto. E accorgersi di tutto ciò che accade intorno all’arte e intorno a una grande collezione.
(Leonardo Merlini)