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Ambiente, Commissario bonifiche: task-force Arma al servizio del Paese

Ambiente, Commissario bonifiche: task-force Arma al servizio del PaeseRoma, 7 feb. (askanews) – “E’ necessario porre rimedio al vulnus provocato dalla fase di intensa industrializzazione che ha attraversato l’Italia e l’Europa per tutto il secolo scorso e quindi realizzare le indispensabili azioni risanatrici, colpire le responsabilità per i cattivi iter amministrativi dei lavori effettuati, perseguire i reati di corruttela esistenti, bloccando le infiltrazioni criminali accertate in questo settore, applicare il principio del “chi inquina paga” e quindi alla fine proporre adeguate e possibili soluzioni che evitino il ripetersi di tali gravi dissesti ambientali per il nostro Paese”. È quanto dichiara il Commissario unico per la realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale, il generale Giuseppe Vadalà, intervenendo a Bruxelles al Convegno “Il modus operandi dell’Italia e dell’Arma dei Carabinieri per la bonifica delle discariche e per la soluzione della crisi. Buone pratiche di attuazione per l’inquinamento zero”.
“Pur considerando l’emergenza rifiuti che molte Amministrazioni comunali hanno dovuto gestire negli anni ’70, 80 e anche 90 relativa allo smaltimento dei rifiuti, è stato grave l’errore e gravissime le conseguenze di reperire siti e aree naturali senza condizioni di esercizio di questa particolare attività e fare sversare rifiuti a volte non solo di RSU ma anche speciali, in zone anche pregevoli territorialmente che non potevano contenere gli inquinamenti ma che nel lungo periodo avrebbero rilasciato inquinanti con pericoli per la salute umana e la salubrità ambientale”, ha spiegato il generale Vadalà, aggiungendo inoltre che “l’esistenza di questi siti è stata scoperta allora, per la prima volta nel 1986, e poi con quattro successivi monitoraggi (1996; 2002; 2008 e 2016) prima il Corpo forestale dello Stato e oggi i Carabinieri Forestale hanno monitorato i territori proprio per prevenire, scoprire, attenzionare, accertare per tempo le responsabilità e in ultima analisi, rimediare alle manomissioni abusive delle aree; l’attività di visione preventiva, cura e verifica del territorio è stata quella che oggi, grazie all’intervento e all’allarme della Commissione dell’Unione Europea, ci ha fatto mettere all’opera per rimediare ai danni prodotti, risanare il territorio e accorgerci dell’esistenza di siti discariche”.
“Non possiamo non notare come nel 1986, nello stesso anno di costituzione del Ministero dell’Ambiente e del nascente, allora, Comando Tutela Ambientale Carabinieri e 4 anni dopo la prima norma sui rifiuti in Italia (il DP.R. 915/82) una Forza di Polizia, l’allora Corpo forestale dello Stato, specializzata in campo ambientale realizzò quel primo monitoraggio, notando, per primi, il nefasto connubio e la reciproca pericolosa utilità di cave e discariche utilizzate per seppellire rifiuti o smaltirli illegalmente evidenziando i primi fenomeni di “tombamento” dei rifiuti”; 40 anni dopo, questa missione è proseguita ed è stata raccolta con lo stesso ardore ma anche con maggiore efficacia dall’Arma dei Carabinieri attraverso la nuova Forza di polizia forestale, ambientale, agroalimentare, il C.U.F.A. (Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari) portando a termine quel lavoro prezioso allora di monitoraggio e segnalazione e oggi di risanamento e accertamento delle responsabilità”, ha proseguito il Commissario unico per la bonifica delle discariche.
“Oggi questa task-force dell’Arma, con questa passione, con questo impegno continuo, con i risultati conseguiti e con questo originale e innovativo modus operandi messo a punto, è a servizio del Paese per gli impieghi che il Governo e l’Arma riterranno più opportuni e utili, nell’interesse del nostro Paese e della collettività nazionale – ha sottolineato -. Con due successivi provvedimenti di legge l’uno nel 2019 e l’altro nel 2021 questa Struttura dell’Arma dei Carabinieri è stata resa autonoma ad operare nei casi di emergenza dei contenziosi europei ma anche nei casi ordinari di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati e delle discariche a servizio del paese e dei Suoi cittadini”.
“Per questo ringrazio a nome del Commissario e di tutti i militari appartenenti alla task-force che ho l’onore di dirigere, il Signor Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, per la fiducia accordata, per il proseguimento del lavoro sin qui concesso e per le parole di incoraggiamento sempre avute nei nostri confronti e sempre apprezzate. Siamo a servizio e a disposizione di questo nostro grande Paese, ricordando sempre che, “La Terra non cresce” non è replicabile, non è riproducibile, non è illimitata, il suolo, come sappiamo, è a utilità limitata, non rinnovabile, con un capitale attaccabile e per questo dobbiamo conservare, preservare e curare quale tesoro per noi e per le generazioni future, “Perché il Futuro è Nostro”. Tutto questo è stato possibile attraverso l’indirizzo e l’azione dell’Unione Europea e della Sua Commissione Ambiente. Questa missione senza l’azione propositiva dell’Europa, delle sue politiche di sostenibilità, dell’attività di controllo non sarebbe esistita ma soprattutto non sarebbe stata effettuata questa intensa attività di disinquinamento e risanamento territoriale e i cittadini, ad oggi, di 58 pregevoli territori nazionali non avrebbero goduto di valori di salute, salubrità, ambientali e paesaggistici così elevati come oggi sono stati restituiti”.

Giubileo, Gualtieri: lavori su primo black point, oltre 80 entro 2025

Giubileo, Gualtieri: lavori su primo black point, oltre 80 entro 2025Roma, 7 feb. (askanews) – Questa mattina il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, insieme all’assessore alla Mobilità, Eugenio Patanè, e alla presidente del II Municipio, Francesca Del Bello, hanno presenziato all’avvio dei lavori sul primo “black point” all’incrocio tra via Nomentana e via Zara. È partito infatti questa mattina il primo degli interventi relativi al primo lotto di incroci tra i 175 più pericolosi e teatro di incidenti già individuati dall’amministrazione capitolina in tutta la città. Nello specifico si lavorerà su tre intersezioni di via Nomentana-corso Trieste-via Lazzaro Spallanzani; via Nomentana-via Zara; corso Trieste-via Zara-via Alessandria; punti nei quali, nel corso degli ultimi 10 anni, si sono verificati 22 incidenti, con 13 feriti ed un morto; il 60% di questi sinistri ha comportato dei feriti ed il costo sociale medio annuo è stato di 800.000 euro.
Il sindaco Roberto Gualtieri ha spiegato che “i lavori che oggi partono su via Nomentana sono parte del forte impegno che la nostra amministrazione ha preso per ridurre il numero di vittime della strada. L’ultimo fatto di cronaca sul Lungotevere Flaminio conferma tragicamente l’urgenza di intervenire in maniera decisiva per fermare la strage, agendo anche con progetti mirati nelle zone ritenute più a rischio. Entro l’anno interverremo complessivamente su 8 “black points” per poi proseguire con altri 75 entro il Giubileo”.
I black points, ha sottolineato Gualtieri, “sono uno degli strumenti da mettere in campo ma la nostra azione per migliorare la sicurezza stradale prosegue anche su altri assi fondamentali, come l’aumento dei controlli e degli autovelox e l’investimento su strumenti importanti come i 715 nuovi attraversamenti pedonali luminosi che abbiamo da poco annunciato. Inoltre, andiamo avanti con la progettazione di isole ambientali e zone 30, con i grandi interventi di manutenzione della viabilità che abbiamo da subito avviato per migliorare la qualità delle nostre strade e con il nostro lavoro per rafforzare il corpo della Polizia Locale. Ed è necessario anche un forte lavoro di sensibilizzazione per il rispetto delle regole e dei limiti di velocità: tra pochi giorni faremo infatti partire una grande campagna di comunicazione dedicata a questi temi. Dobbiamo fare ognuno la propria parte, perché la sicurezza stradale riguarda tutte e tutti noi”.(Segue)

Lombardia, Conte tra pendolari sul treno Vigevano-Milano

Lombardia, Conte tra pendolari sul treno Vigevano-MilanoMilano, 7 feb. (askanews) – Il leader del M5s, Giuseppe Conte, ha dedicato l’inizio della sua seconda giornata elettorale in Lombardia a un viaggio in treno con i pendolari della Vigevano-Milano. L’ex premier ha viaggiato sul convoglio partito alle 7:35 dalla stazione di Vigevano ed è sceso a Porta Genova. Si tratta della quarta tappa del tour d’ascolto dei rappresentanti locali del Movimento sulle tratte maggiormente problematiche del trasporto pubblico ferroviario lombardo.
“Dati alla mano, il trasporto pubblico ferroviario in Lombardia è in costante peggioramento” hanno commentato Nicola Di Marco e Simone Verni, consiglieri regionali uscenti e ricandidati come capilista a Milano e Pavia, che l’hanno accompagnato. “Una condizione che non si può comprendere barricandosi all’interno degli uffici di Palazzo Lombardia come hanno fatto in questi anni Fontana e l’assessore Terzi. Per questo è importante viaggiare al fianco dei pendolari e ascoltare quali sono i problemi che lavoratori, studenti e viaggiatori vivono sulla propria pelle ogni giorno” hanno aggiunto.
“In questo senso la presenza di Conte rappresenta l’immagine di un’altra Lombardia, quella che vogliamo costruire con Majorino presidente. Una Regione dove i servizi tornano ad essere efficienti e i cittadini vengono ascoltati e non messi alla porta” hanno concluso gli esponenti pentastellati.

Prepararsi a vivere sulla Luna: Polimi guida la missione Esa LUMIO

Prepararsi a vivere sulla Luna: Polimi guida la missione Esa LUMIORoma, 7 feb. (askanews) – Dopo oltre mezzo secolo l’umanità si prepara a tornare sulla Luna e questa volta per restarci, per abitarla in modo permanente, per sfruttarne le risorse e per creare un avamposto da cui partire alla conquista del Pianeta rosso. “Base Luna chiama Terra” tra una manciata di anni potrebbe non essere più solo una frase da film di fantascienza.
L’ambiente non sarà estremo come quello che ancora più in là nel tempo l’uomo conta di sperimentare su Marte, ma certamente non sarà facile vivere sul nostro satellite naturale, esposti alle radiazioni, a piogge di meteoriti che a causa dell’assenza di atmosfera si schiantano sulla superficie che infatti è caratterizzata da crateri, circa 300mila contando quelli con un diametro di almeno 1 km. Quanti meteoriti colpiscono la Luna? Con quale frequenza? Quale sarà l’entità del rischio per astronauti e strutture?
A queste domande intende rispondere la missione dell’Agenzia spaziale europea LUMIO (Lunar Meteoroid Impacts Observer), finanziata dall’Agenzia spaziale italiana, sotto la guida del Politecnico di Milano con il gruppo DART (Deep-space Astrodynamics Research and Technology) che fa capo a Francesco Topputo, ordinario di Sistemi Spaziali al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali.
“L’obiettivo scientifico di LUMIO – spiega il prof. Topputo ad askanews – è monitorare il lato nascosto della Luna, quello che da Terra non vediamo, per rilevare i meteoroidi che colpiscono la sua superficie, piccole rocce che per la loro dimensione ridotta non possono essere rilevate con i telescopi da terra. Quando un meteoroide si dirige verso la Terra a contatto con l’atmosfera si distrugge e lascia una scia luminosa osservabile, sulla Luna che è priva di atmosfera il meteoroide colpisce la Luna provocando un cratere e rilasciando anche un breve flash luminoso. Con LUMIO vogliamo rilevare la presenza di questi flash. Ad ogni flash – prosegue il responsabile della missione – assoceremo l’impatto di un meteoroide e alla fine saremo in grado di quantificare il flusso che investe la Luna per quantificare il rischio a cui saranno esposti i prossimi avamposti lunari, le basi che si costruiranno sulla superficie del nostro satellite nei prossimi anni, e quindi gli astronauti”.
Questo tipo di monitoraggio, spiega Topputo, non può essere fatto da Terra. “Da pochi anni esistono dei programmi – uno americano e uno europeo – che guardano da terra il lato più vicino della Luna ma la presenza dell’atmosfera attenua il segnale; inoltre è possibile fare osservazioni per poche ore a notte a patto di avere condizioni metereologiche favorevoli, e si può osservare solo la Luna nuova quando non è illuminata perché se puntassimo i telescopi in altri momenti sarebbe difficile distinguere i flash. Nello spazio invece si possono fare osservazioni ininterrotte per 14 giorni, senza il disturbo dell’atmosfera e senza la luce riflessa dalla Terra, ottenendo quindi una qualità della misura molto migliore”.
LUMIO è un CubeSat 12U, delle dimensioni di 30x20x20 cm, del peso di circa 25 kg, alla cui realizzazione contribuiscono i partner del consorzio che comprende oltre all’Italia anche l’agenzia spaziale norvegese.
“Il Politecnico di Milano è capofila del consorzio quindi noi ci occupiamo dell’analisi di missione e di tutti gli aspetti scientifici”. Il satellite è progettato dall’Argotec di Torino, azienda specializzata nei CubeSat, piccoli satelliti sempre più sfruttati per missioni spaziali: il loro LICIACube, è stato compagno di viaggio della missione di difesa planetaria DART, e ArgoMoon è stato a bordo della missione della Nasa Artemis I.
Leonardo, nella sede di Campi Bisenzio vicino Firenze, realizzerà la camera ad alta risoluzione che riprenderà la Luna, scattando 15 immagini al secondo. “Immagini – spiega Topputo – che saranno processate a bordo e che, opportunamente analizzate, ci permetteranno di individuare con certezza la presenza dei flash a indicare l’avvenuto impatto dei meteoroidi”. L’azienda romana IMT realizzerà il trasponder in banda X per le comunicazioni e il meccanismo di rotazione dei pannelli solari mentre Nautilus, spinoff dell’Università di Bologna e del Politecnico di Milano – di cui il prof. Topputo è co-founder – si occuperà del segmento di terra e delle operazioni di controllo del volo. “Un aspetto innovativo – sottolinea – perché attualmente per lo spazio profondo questa competenza esiste solo presso l’Esa; Nautilus punta a privatizzare i servizi di controllo del volo e a erogarli a basso costo e l’esperienza di LUMIO sarà determinante”. Infine, la norvegese S&T si occuperà della realizzazione del processore di bordo che elaborerà in tempo reale i dati provenienti dalla LUMIO-Cam di Leonardo.
“La durata nominale della missione – prosegue Francesco Topputo – è di un anno ma noi possiamo fare osservazioni scientifiche solo 6 mesi in quanto siamo soggetti alle fasi lunari; siamo quindi alla ricerca di idee per sfruttare LUMIO nei restanti 6 mesi. Per questo il 13 febbraio a Roma, nella sede dell’Agenzia spaziale italiana, abbiamo organizzato un workshop rivolto alla comunità scientifica, per raccogliere proposte e idee che poi valuteremo, selezionando le più interessanti, in modo da poter sfruttare pienamente la missione”.
Ideata da Polimi nel 2017, LUMIO ha vinto una competizione europea, è stata giudicata da Esa fattibile e con il sostegno dell’Asi e delle agenzie spaziali olandese e norvegese è stato realizzato lo studio preliminare di Fase A. Attualmente la missione è nella Fase B che si concluderà a fine settembre. “L’Asi ci ha assicurato il suo sostegno per cui nel 2024 prevediamo di essere in fase C e nel 2025-26 in fase D che vedrà la costruzione del satellite. L’ipotesi di lancio al momento è tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027. Stiamo esplorando con l’Agenzia spaziale italiana le opportunità di lancio perché dobbiamo agganciarci come carico secondario a una missione primaria diretta verso la Luna. Al momento – conclude il prof. Topputo – sono in programma tante missioni verso il nostro satellite, soprattutto americane, quindi stiamo interagendo sia con la Nasa che con aziende private per trovare un ‘passaggio’”.
(Luciana Papa)

Lombardia,Riccardi:donne penalizzate,in sordina preferenza genere

Lombardia,Riccardi:donne penalizzate,in sordina preferenza genereRoma, 7 feb. (askanews) – La doppia preferenza di genere c’è, ma è come se non ci fosse perché non viene incentivata. A partire dai candidati che chiedono il voto per sé ma non indicano la possibilità della seconda preferenza che tiene conto della parità di genere. Lo afferma Francesca Riccardi, una delle cinque donne candidate nella lista Pd alle elezioni Regionali in Lombardia.
“Noi donne all’apparenza partiamo dalla stessa linea, ma in realtà siamo penalizzate: molti candidati, infatti, nell’invitare a scrivere il proprio cognome, non indicano la seconda riga che pure è sulla scheda elettorale e che prevede il doppio voto di genere. Così – spiega Riccardi, avvocato, membro dell’assemblea nazionale del Pd e consigliere comunale per due mandati a Bergamo nell’amministrazione di Giorgio Gori – già l’elettore non sa che il 12 e 13 febbraio si vota in Lombardia per il rinnovo del Presidente della Giunta e per il Consiglio Regionale, se poi non gli si dice che può esprimere due preferenze, per un candidato uomo e per un candidato donna, questo significa non dargli un’informazione corretta. E, ovviamente, non garantire pari condizioni di ‘corsa’ elettorale alle donne”.
“Se nei consigli di amministrazione delle società pubbliche è prevista la parità di genere, non altrettanto avviene nelle istituzioni elettive – aggiunge Riccardi -. I numeri non mentono: alle ultime elezioni regionali della Lombardia gli eletti sono stati per il 70% uomini e solo per il 30% donne”. Non è solo un problema di leggi e di buone pratiche che promuovano la parità di genere, ma anche una grande questione culturale, di temi e di linguaggio. “In questa campagna elettorale i miei compagni di viaggio sono degli amici che conosco da tanto tempo ma ciò non toglie – conclude Riccardi, che è candidata nel collegio della provincia di Bergamo – che in occasioni pubbliche come la presentazione della lista noi donne candidate siamo state presentate come ‘le ragazze delle lista’. Insomma, come donna, per vincere i 100 metri piani ne devo correre 110”.

Salov, allo studio tecnologie per aumentare shelf-life olio d’oliva

Salov, allo studio tecnologie per aumentare shelf-life olio d’olivaMilano, 7 feb. (askanews) – Salov, gruppo del settore oleario, proprietario dei marchi Filippo Berio e Sagra, è capofila di Long Life Oil, un progetto di ricerca per lo sviluppo di tecnologie volte a prolungare della durata del ciclo di vita degli oli di oliva con il mantenimento di un’elevata qualità organolettica, nutraceutica e nutrizionale. Il progetto è stato concepito in collaborazione con Sintecnica Engineering, Enertech, Bioclass , il dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Pisa e il Consorzio Polo Tecnologico Magona.
Co-finanziato dalla Unione Europea tramite la Regione Toscana e con la consulenza del prestigioso Lab NEST della Scuola Normale Superiore di Pisa, Long Life Oil consiste nella pianificazione di un innovativo sistema di imbottigliamento, stoccaggio e commercializzazione del prodotto finito, basato sulla sperimentazione di nuove soluzioni e materiali di packaging e sull’utilizzo di atmosfere controllate che ottimizzano le prestazioni del prodotto (data di scadenza, stabilizzazione delle caratteristiche qualitative) coniugandole con i costi operativi.
Il progetto, inoltre, punta allo sviluppo di un’etichetta smart che consenta il monitoraggio dei parametri fondamentali per la conservazione dell’olio di oliva (temperatura, luce) durante il trasporto e lo stoccaggio del prodotto. Alla prima fase sperimentale iniziata nel 2022 seguirà quella su scala industriale al cui termine verrà eseguito uno studio di fattibilità per il trasferimento delle innovazioni progettate sia in produzione che nella supply chain.
Salov ha già all’attivo collaborazioni con partner industriali e accademici nell’ambito di altri progetti industriali come Innovoil o il Degommaggio enzimatico, oltre ad avere destinato il vasto oliveto di Villa Filippo Berio a “Laboratorio a cielo aperto” per la sperimentazione, in collaborazione con il CNR, di tecniche agricole sostenibili, di precisione e di resilienza a importanti agenti patogeni e parassiti dell’olivo.
Il raggiungimento degli obiettivi di Long Life Oil offrirà a Salov la possibilità di immettere sul mercato globale una nuova linea di prodotti con caratteristiche di conservabilità e qualità migliorate. Il prolungamento della shelf-life nei nuovi prodotti, inoltre, aprirà la strada a ulteriori vantaggi in termini di sostenibilità della supply chain soprattutto nella fornitura verso i mercati più distanti consentendo tempi di consegna meno stressanti e impattanti sull’ambiente e un minor spreco di prodotto.

Giornata Internazionale Donne e Ragazze nella Scienza, lavoratrici discriminate nel settore economico-scientifico

Giornata Internazionale Donne e Ragazze nella Scienza, lavoratrici discriminate nel settore economico-scientifico

Babbel: Ampie le differenze di genere percepite in fatto di salario, promozioni e distribuzione del potere

Roma, 7 feb. (askanews) – Nonostante siano numerose le conquiste ottenute negli ultimi anni nell’ambito dei diritti delle donne, gli stereotipi di genere non sono ancora stati debellati, anzi continuano ad essere ancora presenti, soprattutto in ambienti tradizionalmente a predominanza maschile come quello tecnico-scientifico. In occasione della Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza che si celebra l’11 febbraio, informa una nota, Babbel, piattaforma multiprodotto per l’apprendimento delle lingue che offre lezioni su app e live, si è unita a SheTech e Fosforo allo scopo di invitare a riflettere sulla situazione attuale in merito alla presenza femminile negli ambiti STEM in Italia (l’acronimo inglese viene utilizzato per indicare le discipline scientifico-tecnologiche Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). In particolare, il focus della ricerca verte sugli stereotipi di genere insiti nel linguaggio, così come sulla necessità di sensibilizzare su questo tema sin dall’infanzia. Già in ambito scolastico, infatti, si tende a sottovalutare la predisposizione alle materie scientifiche delle bambine che, spesso, non sono incoraggiate a seguire questo percorso a livello accademico. Di conseguenza, sia alle scuole superiori che all’università, si evidenzia la minore presenza delle donne nel settore scientifico-tecnologico. In particolare, secondo l’Annuario Statistico Istat del 2022, negli ultimi 5 anni le immatricolate a corsi universitari dell’area STEM, si sono sempre attestate attorno al 21% del totale delle immatricolate, mentre per gli uomini la percentuale ha superato sistematicamente il 40%. In più, anche se le ragazze iscritte a corsi STEM presentano risultati accademici più elevati, i tassi di occupazione e di retribuzione femminili rimangono più bassi rispetto a quelli maschili.
“Le parole sono lo specchio di categorie concettuali attraverso cui si divide e comprende la realtà; è quindi necessario lavorare su un linguaggio più inclusivo per combattere le ben radicate diseguaglianze di genere. L’eliminazione dal proprio vocabolario quotidiano delle espressioni sessiste, che veicolano una violenza costante e onnipresente – verbale e psicologica – rappresenta un primo passo da compiere sulla strada verso l’equità in tutti i settori lavorativi” – ha commentato Sara Garizzo, Principal Content Strategist di Babbel.
Un passo necessario per poter combattere la sottorappresentanza femminile in ambito STEM è senz’altro quello di lavorare su una maggiore consapevolezza linguistica, partendo dal riconoscimento dell’esistenza di pregiudizi di genere nel linguaggio, spesso relativi al ruolo delle donne nel mondo del lavoro.
Basti pensare ai preconcetti e alle frasi discriminatorie, tutt’oggi troppo comuni, riscontrati dalle lavoratrici del settore scientifico intervistate nell’ambito di una ricerca condotta da SheTech in collaborazione con IDEM. “Le donne lavoratrici in ambito STEM sono tutte ‘nerd’” è un pregiudizio riscontrato dal 63,7% delle rispondenti. O, ancora, l’utilizzo indiscriminato dell’appellativo di “Signora/Signorina”, a prescindere dal titolo di studio e dai risultati raggiunti sul lavoro è segnalato dal 71,5% delle intervistate, secondo le quali il titolo di Dottore/Ingegnere spetta di default al collega uomo, anche a parità di merito. Un altro luogo comune, individuato dal 73,9% delle rispondenti, è quello secondo cui le donne avrebbero bisogno di una migliore work-life balance rispetto agli uomini, difficilmente conciliabile con i ritmi competitivi dell’ambito tecnico-scientifico. Ma non solo: l’irrazionalità e l’emotività sono stereotipicamente ritenute emozioni femminili e in netto contrasto con la razionalità e il pensiero analitico necessari per lavorare nelle STEM (63,4%). Tutto ciò fa sì che le donne non siano mai considerate sullo stesso piano in termini di bravura ed efficienza degli uomini, tanto che è frequente la convinzione secondo cui “una donna nelle discipline STEM non sarà mai brava quanto un uomo” (69,4%).
Le lavoratrici percepiscono ancora ampie differenze di genere in fatto di salario, promozioni e potere. Tra le percezioni più diffuse emerse dal report SheTech-IDEM, troviamo infatti: “le donne vengono pagate meno degli uomini” (86% delle rispondenti), “di fronte ad una promozione, un uomo ha più probabilità di essere promosso” (84%), “l’aumento salariale che viene proposto alle donne in fase di promozione è inferiore a quello proposto ad un uomo” (78%) e “gli uomini che lavorano nelle STEM fanno resistenza ad accettare una responsabile donna” (58%). Ciò che emerge è quindi una propensione a pensare i campi scientifico, tecnologico, ingegneristico o matematico come aree di competenza prettamente maschili.
Sempre secondo Sara Garizzo di Babbel, il fatto che in molti casi si contribuisca, anche se talvolta inconsapevolmente, alla reiterazione di tale stereotipo attraverso il proprio linguaggio, è sintomo della persistenza, nella nostra società, di una mentalità ancora fortemente sessista. Inoltre, non aiuta la sottigliezza di certe frasi e espressioni che, seppur in apparenza non violente, nascondono ad una più attenta analisi sottotoni misogini e dispregiativi.
“I cosiddetti micromachisimi caratterizzano il mondo STEM e, anche se meno percettibili rispetto ad altre forme di violenza, compromettono le opportunità professionali delle donne. Cambiare questi modelli di comportamento permetterà di delineare un ambiente più equo e meritocratico all’interno delle discipline STEM, favorendo così un avanzamento di questi ambiti. Penso che dovremmo iniziare a concentrare le nostre energie su alcuni punti nevralgici per ridurre le differenze di genere che possono essere riassunti in 2 parole estremamente importanti quali supporto e condivisione” – afferma Chiara Brughera, Managing Director di SheTech.
I passi verso il futuro: largo alle nuove generazioni! I “role models” femminili in ambito STEM, le cui storie potrebbero ispirare le più giovani, non mancano; eppure ricevono ancora poca visibilità – e questo contribuisce, senz’altro, a perpetuare la presenza di un gap di genere. Ne deriva, pertanto, l’importanza di confrontarsi con le nuove generazioni, raccontando loro sempre più storie di successo di modelli femminili in questo settore e insegnando a mettere in discussione gli stereotipi di genere.
“È fondamentale promuovere il protagonismo femminile in ambito STEM e ciò fa parte della missione di Fosforo: instillare la scintilla della meraviglia e il piacere della scoperta scientifica sin dall’infanzia, aiutando così allo stesso modo bambine e bambini a trovare la propria strada. Sebbene l’attuale situazione ci ricordi che abbiamo statistiche insoddisfacenti da questo punto di vista, occorre sempre ricordare a tutti, specialmente alle menti più giovani, gli straordinari risultati che si possono ottenere nella ricerca scientifica da uno sforzo comune, senza distinzione di genere. Non dimentichiamoci che la prima persona a vincere due premi Nobel, rispettivamente nella fisica e nella chimica, è stata una donna: Marie Curie!” – commenta Mattia Crivellini di Fosforo.

Sangue ed emoderivati trasportati con il drone rimangono integri

Sangue ed emoderivati trasportati con il drone rimangono integriRoma, 7 feb. (askanews) – Talvolta per i veicoli delle Asl trasportare su strada beni salvavita, quali sangue ed emocomponenti, equivale ad una corsa contro il tempo a causa della congestione del traffico. Da alcuni anni il settore della logistica biomedicale mediante velivoli a guida autonoma, cioè i droni, è diventata una realtà in diversi distretti sanitari. Ma quanto è sicuro il trasporto di sangue e materiali biologici attraverso questi mezzi? Ci sono rischi per la salute dei pazienti nell’utilizzo di tali prodotti una volta sottoposti a questo genere di trasporto?
Uno studio congiunto dell’Istituto di fisica applicata ‘Nello Carrara’ del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ifac), della ASL Toscana Nord Ovest, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con ABzero, uno spin off della Scuola Superiore Sant’Anna, ha dimostrato l’integrità biologica di campioni ematici, trasportati in una ‘smart-capsule’ attraverso un drone. I risultati – informa una nota – sono stati pubblicati sulla rivista ‘Drones’.
“Tra le varie realtà che si stanno cimentando nella risoluzione di tale esigenza, la spin off della Scuola Superiore Sant’Anna ABzero, incubata presso il Polo Tecnologico di Navacchio (Pi), ha ideato un contenitore intelligente progettato appositamente per questo tipo di trasporti. Nello specifico, la capsula sensorizzata, disegnata per contenere sangue ed emocomponenti, nel pieno rispetto delle normative UN3373 e delle direttive 2002/98/EC, è stata sviluppata in modo da poter monitorare in tempo reale le condizioni dei materiali, rilevandone la temperatura, l’umidità, il pH ed l’emolisi, ed attivando procedure di allerta e di risposta in caso di necessità”, spiega Angela Pirri del Cnr Ifac.
L’effettivo controllo della qualità dei beni ha coinvolto gli ideatori del dispositivo, Giuseppe Tortora (ABzero, Scuola Supeiore Sant’Anna) ed Andrea Cannas (ABzero) insieme ad Angela Pirri, Fabrizio Niglio e Paola Comite (ASL Toscana NordOvest), ed è consistito in una serie esami di laboratorio e sul campo, che hanno validato l’efficacia della modalità. Sperimentazioni analoghe sono state recentemente attivate in USA e in Francia.
“Lo studio ha dimostrato che lo sviluppo di una capsula dotata di intelligenza artificiale (AI), trasportabile con un drone, è in grado di preservare le condizioni termiche dei materiali biologici trasportati, in tutte le condizioni di volo (diverse altitudini, velocità, accelerazioni/decelerazioni), mentre i test chimici hanno confermato l’integrità dei campioni prima e dopo le operazioni di trasporto su drone”, spiega Angela Pirri, Cnr-Ifac. “La performance complessiva del sistema è stata validata durante lo svolgimento di otto differenti missioni di volo, di circa 13 minuti di durata ciascuna, e coprendo una distanza totale di 105 km di volo per complessive 39 ore di volo”.
In Italia, la possibilità di ridurre drasticamente i costi ed i tempi di consegna di beni salvavita, quale sangue, medicinali e organi, tra i centri di raccolta ed i poli di lavorazione e/o gli ospedali, potrebbe rivelarsi una scelta strategica, soprattutto in quei territori dove la problematica della mobilità urbana inficia in modo rilevante sulle tempistiche di consegna, e di conseguenza sull’integrità e l’utilizzo immediato di beni altamente deperibili, ma anche per ragioni di efficienza economica legati al sistema di trasporto questi di materiali.
“Per il passo successivo, ovvero trasfonderlo su pazienti, occorre il consenso della commissione etica” spiegano gli autori. In prospettiva, i droni possono rappresentare un’evoluzione dell’attuale posta pneumatica all’interno degli edifici ospedalieri, nonché un sistema alternativo di consegna di materiale biologico pericoloso dai reparti ospedalieri ai laboratori in caso di crisi sanitarie o pandemiche.

Terremoti, Oms: 23 milioni di persone coinvolte

Terremoti, Oms: 23 milioni di persone coinvolteRoma, 7 feb. (askanews) – Circa 23 milioni di persone potrebbero essere state colpite dai terremoti che hanno scosso la Turchia sud-orientale e la Siria settentrionale, ha affermato l’OMS martedì (7 febbraio), promettendo il suo sostegno a lungo termine dopo aver inviato aiuti di emergenza.
“Le mappe degli eventi mostrano che 23 milioni di persone sono potenzialmente a rischio, tra cui circa 5 milioni di persone vulnerabili”, ha detto Adelheid Marschang, funzionario dell’Organizzazione mondiale della sanità, durante una riunione ordinaria del consiglio di amministrazione della città.
“L’Oms è consapevole della forte capacità di risposta della Turchia e ritiene che i principali problemi potrebbero essere in Siria nell’immediato e nel medio termine”, ha aggiunto. Il terremoto, seguito da potenti scosse di assestamento, ha ucciso più di 5.000 persone in Turchia e Siria, lasciando anche migliaia di feriti e senzatetto nel freddo gelido, ma il bilancio è ancora provvisorio.
“La consegna degli aiuti attraverso il confine verso la Siria nordoccidentale rischia di essere o è già interrotta a causa dei danni causati dal terremoto. Di per sé, questa è già una crisi enorme”, ha osservato Adelheid Marschang. Al suo fianco, il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha prima chiesto un minuto di silenzio per le vittime.
“Lavoreremo a stretto contatto con tutti i partner per sostenere le autorità in Turchia e Siria, nelle ore e nei giorni critici a venire, e nei mesi e negli anni a venire, mentre entrambi i Paesi si riprenderanno e ricostruiranno”, ha poi affermato. Ha annunciato l’invio di “tre voli charter verso i due paesi” con materiale medico, compresi kit chirurgici, dalla piattaforma logistica umanitaria di Dubai.
Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’OMS “Stiamo mobilitando materiali di emergenza e abbiamo attivato la rete di squadre mediche di emergenza dell’OMS per fornire assistenza sanitaria essenziale ai feriti e alle persone più vulnerabili”, ha aggiunto. Il dottor Tedros ha anche spiegato che si sta facendo una mappatura dei danni per capire dove l’OMS deve focalizzare la sua attenzione.
“Ora è una corsa contro il tempo. Ogni minuto, ogni ora che passa, le possibilità di trovare sopravvissuti vivi diminuiscono”, ha detto, dicendo di essere “particolarmente preoccupato per le aree in cui non abbiamo ancora informazioni”. “Scosse di assestamento, condizioni invernali rigide, danni a strade, elettricità, comunicazioni e altre infrastrutture continuano a ostacolare l’accesso e altre operazioni di ricerca e soccorso”, ha affermato il funzionario capo dell’OMS.

Ricerca: italiani poco propensi a cibarsi di insetti

Ricerca: italiani poco propensi a cibarsi di insetti

Studio in 5 Paesi. Gli uomini più aperti al novel food delle donne

Roma, 7 feb. (askanews) – Gli uomini sono più propensi delle donne ad accogliere gli insetti edibili nella propria dieta. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista “Plos One” e realizzato dalle Università di Pisa, Parma, Ghent in Belgio, Cornell negli Stati Uniti e Nanjing in Cina. La ricerca è stata condotta attraverso un sondaggio realizzato a febbraio e marzo 2022 su un campione di circa 3000 persone dislocate in cinque diversi paesi (Belgio, Cina, Italia, Messico e Stati Uniti) con vari livelli di cultura gastronomica legata al consumo di insetti.
“Si tratta del primo studio che mette a paragone più paesi in continenti diversi – spiega Simone Mancini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa – stiamo utilizzando i dati raccolti per ricerche e pubblicazioni ancora in corso, si tratta di materiale molto utile per chiunque si occupi di marketing in questo settore”.
Dai risultati del sondaggio è emerso che il genere è il fattore principale che influenza il livello di accettazione, con il maggiore rifiuto in Italia (circa 85% donne e 75% uomini) e il minore in paesi come Messico (circa 46% donne e 15% uomini) e Cina (circa 62% donne e 50% uomini) dove l’entomofagia è culturalmente più accettata.
Nei paesi poi dove la predisposizione a includere gli insetti nella dieta è minore, ovvero Italia e Belgio, l’età più giovane – evidenzia Unipi – è un fattore che predispone positivamente al consumo. Considerando infine tutti i cinque paesi, l’accettazione degli insetti trasformati, ad esempio nelle farine, è risultata sempre maggiore rispetto a quelli interi.
“La maggiore propensione al consumo nella fascia di popolazione tra i 18 e i 41 anni rispetto agli over 42 potrebbe essere spiegata dalla curiosità dei più giovani verso il novel food e da una maggiore sensibilità rispetto ai temi legati alla sostenibilità alimentare – dice Mancini -. In generale, per quanto riguarda il nostro paese, i risultati in parte confermano che gli italiani sono meno pronti a inserire questi novel food nella loro dieta, ma denota anche come altri paesi europei o occidentali abbiano già superato queste barriere e siano pronti a buttarsi sul mercato”.