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”Cenere vesuviana del 79 D.C. ha trasformato cervello umano in vetro”

”Cenere vesuviana del 79 D.C. ha trasformato cervello umano in vetro”Milano, 27 feb. (askanews) – È un caso unico nel suo genere la formazione di materiale organico vetrificato, trovato nel cranio di un giovane adulto maschio, sepolto dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C e trovato disteso nel suo letto nel Collegium Augustalium, nel Parco Archeologico di Ercolano (Napoli). In natura il vetro è una materiale poco comune perché la sua formazione richiede un rapido raffreddamento dallo stato liquido, tale da non permetterne la cristallizzazione quando diventa solido. Estremamente più difficile che si formi e si conservi un vetro da materiale organico poiché essendo composto per gran parte da acqua, si può trasformare in vetro solo abbassando rapidamente la temperatura molto al di sotto dello zero e conservare come tale a quelle temperature. Il ritrovamento di materiale cerebrale vetrificato a Ercolano richiede dunque condizioni molto specifiche che sono state svelate da un team italo-tedesco di ricercatori guidato dal vulcanologo Guido Giordano del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre e appena pubblicate su Scientific Reports dal titolo “Unique formation of organic glass from a human brain in the Vesuvius eruption of 79 CE”.



Le analisi, che hanno incluso l’acquisizione di immagini in microscopia elettronica, la spettrometria Raman ed esperimenti calorimetrici sui frammenti di cervello, hanno dimostrato che la vetrificazione cerebrale è avvenuta attraverso un processo del tutto unico che ha permesso una preservazione integrale del materiale cerebrale e delle sue microstrutture. Il gruppo di ricerca ha osservato che il materiale cerebrale non si sarebbe potuto vetrificare se l’individuo fosse stato riscaldato esclusivamente dai flussi piroclastici che hanno seppellito Ercolano, poiché i depositi di questi flussi, le cui temperature non hanno superato i 465 gradi Celsius, si sono raffreddati molto lentamente ed avrebbero totalmente distrutto il materiale organico a meno che esso non si fosse già trasformato in vetro. “Sulla base delle nostre scoperte e dell’analogia con moderne osservazioni sulle eruzioni vulcaniche – racconta il prof. Guido Giordano – ipotizziamo che nel 79 d.C. dopo le prime ore di eruzione che produssero la colonna eruttiva osservata e descritta da Plinio il Giovane, nella notte del 24 agosto (o forse 24 ottobre come recenti scoperte suggeriscono), iniziarono i primi flussi piroclastici che progressivamente distrussero Ercolano. Il primo di essi raggiunse la città solo con la sua parte di nube di cenere diluita ma caldissima, ben oltre i 510 gradi Celsius. Lasciò a terra pochi centimetri di cenere finissima – prosegue Giordano – ma l’impatto termico fu terribile e mortale, seppur sufficientemente breve da lasciare, almeno nell’unico caso del ritrovamento nel Collegium Augustalium, resti di cervello ancora intatti. La nube deve essersi poi altrettanto rapidamente dissipata, consentendo a questi resti di raffreddarsi così rapidamente da innescare il processo di vetrificazione. Solo più tardi, nella notte, la città fu completamente seppellita dai depositi dei flussi piroclastici. Questo scenario – conclude il professore – è di grandissima importanza non solo per la ricostruzione storica e vulcanologica, ma anche ai fini di protezione civile, perché definisce un’altissima pericolosità anche per flussi molto diluiti che non hanno grandi impatti sulle strutture ma che possono essere letali per le loro temperature, la cui conoscenza può tradursi in efficaci misure di prevenzione e mitigazione”.


“Per comprendere il processo di vetrificazione – aggiunge – Danilo Di Genova – abbiamo condotto delle analisi sperimentali riportando i frammenti di cervello alle temperature a cui si sono trasformati in vetro con cicli di riscaldamento e raffreddamento a velocità variabili con apparecchiature molto sofisticate, grazie ad una collaborazione tra CNR-ISSMC, il Dipartimento di Scienze di Roma Tre e la Technische Universität Clausthal”. Foto di P.P. Petrone