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Condannato a 30 anni e non all’ergastolo autore doppio femminicidio, critiche bipartisan alla sentenza

| Redazione StudioNews |

Condannato a 30 anni e non all’ergastolo autore doppio femminicidio, critiche bipartisan alla sentenzaRoma, 13 gen. (askanews) – La Corte di assise di Modena ha condannato a 30 anni e non all’ergastolo Salvatore Montefusco, reo del doppio femminicidio, della moglie Gabriela Trandafir e della figlia di lei, Renata, uccise a fucilate il 13 giugno 2022 a Castelfranco Emilia, motivando la decisione con la ‘comprensibilità umana dei motivi’ all’origine della duplice uccisione. Una sentenza che ha suscitato aspre critiche bipartisan e indignazione unanime, dalla ministra di Fdi Roccella, al Pd, dai Cinquestelle ad Avs, dalla Lega a Italia Viva.



‘Leggeremo ovviamente il testo integrale della sentenza, ma se ciò che emerge dagli stralci pubblicati oggi venisse confermato, il pronunciamento della Corte d’Assise di Modena nei confronti dell’uomo responsabile dell’uccisione della moglie e della di lei figlia conterrebbe elementi assai discutibili e certamente preoccupanti che, ove consolidati, rischierebbero non solo di produrre un arretramento nell’annosa lotta per fermare i femminicidi e la violenza maschile contro le donne, ma anche di aprire un vulnus nelle fondamenta che reggono il nostro ordinamento’. Lo dichiara Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità. ‘Il problema – prosegue la ministra – non è la comminazione della pena, non è la sua entità, non sono le valutazioni processuali proprie dell’esercizio della giurisdizione. Ciò che colpisce è il ragionamento a monte che sembrerebbe aver orientato la Corte, per la quale, a quanto si legge, ‘la situazione che si era creata nell’ambiente familiare’ avrebbe ‘indotto’ l’imputato ‘a compiere il tragico gesto’, con la conseguenza di una ‘comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato”. ‘Non credo sfugga a nessuno la pericolosità di ragionamenti di questo tipo, fondati su un nesso causale in grado di ‘indurre’ per motivi ‘umanamente comprensibili’ una duplice uccisione. Se si affermasse un principio di questo tipo – conclude Roccella -, lo sforzo di promozione di quel cambiamento culturale che tutti vogliamo non compirebbe certo un passo avanti ma ne farebbe molti indietro’.


Sulla stessa linea della ministra di FdI, la senatrice del Pd Valeria Valente della Bicamerale Femminicidio: ‘Premesso che come sempre sarà necessario leggere l’atto, ma se quanto riportano gli organi di stampa fosse confermato, quello che emergerebbe come messaggio dalla sentenza con cui la Corte di assise di Modena ha condannato a 30 anni e non all’ergastolo Salvatore Montefusco, reo del duplice femminicidio della moglie e della figlia di lei, è che saremmo di fronte a un provvedimento da ‘manuale del patriarcato’. Dalla narrazione dei media sembrerebbe infatti che i giudici non abbiano riconosciuto la specificità della violenza contro le due donne e dunque il duplice femminicidio. Il problema non è tanto la pena applicata, ma la motivazione con cui si arriva a quella pena, motivazione che appare grave. Speriamo davvero di essere smentiti dalla lettura della sentenza che attendiamo con apprensione’. ‘Due le gravi questioni di merito – prosegue Valente – La prima riguarda l’attitudine di confondere la violenza contro le due donne e di derubricarla a conflitto familiare: come Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio abbiamo rilevato che è una prassi diffusa. In questo caso è come dire che Gabriela Trandafir, la moglie vittima di femminicidio, chiedendo al marito di andarsene di casa abbia in qualche modo provocato la reazione violenta di lui. Tanto è vero che si parla di ‘black out emotivo’ di lui, mentre non sono stati considerati i precedenti maltrattamenti. E’ questa la ‘lente del patriarcato’, il pregiudizio con cui alla fine si giustifica la violenza maschile’, afferma Valente. ‘E’ per questo, e arriviamo alla seconda questione, che in caso di femminicidio chiediamo da sempre, al netto delle ultime sentenze della Corte costituzionale, di introdurre il divieto di bilanciamento tra attenuanti e aggravanti, divieto che peraltro la destra sta inserendo nel ddl sicurezza per la resistenza a pubblico ufficiale. Non ci stancheremo mai di ripetere che per riconoscere la violenza contro le donne e leggerla in modo giusto, andando oltre stereotipi e pregiudizi, occorre formazione specifica per tutti gli operatori della giustizia’, conclude.


‘Apprendiamo che la Corte di assise di Modena non ha accolto la richiesta dell’ergastolo della Procura nel caso del doppio femminicidio commesso da Salvatore Montefusco sulla base ‘della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato’. Non capiamo cosa ci sia da comprendere nell’inarrestabile strage di donne commessa dalla violenza maschile, se non che c’è molto lavoro da fare per abbattere i sedimenti di una cultura patriarcale che emerge anche là dove non ti aspetti e da parte di chi ha strumenti e poteri per contrare questo orribile fenomeno’, afferma la capogruppo di Avs alla Camera Luana Zanella. ‘Sentenze come questa non fanno altro che vanificare leggi come il Codice Rosso e il lavoro di prevenzione, mandando messaggi culturali devastanti. Presenterò un’interrogazione al ministro della Giustizia perché la vicenda non si può chiudere con un triste titolo di giornale’ annuncia la deputata della Lega Laura Ravetto, responsabile del dipartimento Pari opportunità del Carroccio. Preoccupate e d’accordo anche le parlamentari del Movimento 5 Stelle nella commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino: ‘Trent’anni o l’ergastolo, considerata l’età del condannato, cambia poco nella pratica. Quel che sconcerta sono le motivazioni addotte e trapelate a mezzo stampa sulla sentenza di Modena. Non c’è nulla di comprensibile in un femminicidio che, in questo caso, è addirittura duplice. Gabriela Trandafir e la figlia Renata uccise a fucilate da un uomo per il quale i giudici non chiedono l’ergastolo perché, sostengono, arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai commesso un simile delitto se non fosse stato spinto da nefaste dinamiche familiari. È pur vero che le sentenze non si commentano, ma è impossibile non farlo in un caso come questo dove la vittimizzazione secondaria della donna raggiunge un apice inverosimile. Grave il messaggio che passa e pericolosissimo ciò a cui può dar adito. Purtroppo non è la prima volta che accade, e questo fa capire quanto sia urgente formare tutti gli attori che si occupano di violenza di genere, magistrati inclusi’.


‘Gabriela Trandafir e sua figlia Renata sono morte fucilate il 13 giugno 2022 a Castelfranco Emilia. Ora la Corte d’assise di Modena – come riportano oggi alcuni organi di stampa – avrebbe deciso di non concedere l’ergastolo e di ridurre a 30 anni di carcere la pena al loro assassino per ‘comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato’. Una sentenza che preoccupa e indigna, creando un pericoloso precedente. Non c’è alcuna giustificazione per chi uccide una donna. Mai’. Così Mariastella Gelmini, senatrice di Noi Moderati-Centro Popolare. ‘Le motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Modena sul doppio femminicidio che ha tolto la vita a Gabriella e Renata ci portano indietro di decenni, cancellando i progressi ottenuti con le battaglie delle donne nelle istituzioni e nella società’. Lo dichiara la deputata di Italia viva Maria Elena Boschi che sottolinea: ‘Espressioni come ‘comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore’ o ‘black-out emozionale ed esistenziale’ inducono a credere che possa esistere una giustificazione per chi compie un femminicidio’. ‘Pensavamo di aver finalmente archiviato parole che anno il potere di rafforzare i pregiudizi, anziché combatterli, purtroppo non le abbiamo definitivamente cancellate, si annidano nelle attenuanti generiche di alcune pronunce giudiziarie. È arrivato il momento di eliminare quei pregiudizi lessicali e giudiziari, che contribuiscono ad alimentare una cultura della violenza ancora difficile da sradicare’, conclude.