Confindustria: i flussi commerciali restano deboli, il blocco di Suez peggiora lo scenario
Confindustria: i flussi commerciali restano deboli, il blocco di Suez peggiora lo scenarioRoma, 20 gen. (askanews) – “Il 2024 si è aperto con ulteriori rischi per i flussi commerciali, dovuti alla forte riduzione dei transiti nel canale di Suez per gli attacchi del gruppo yemenita degli Houti”. Lo rileva il Centro studi di Confindustria nella consueta Congiuntura flash per gennaio 2024.
“I prezzi di gas e petrolio non ne hanno risentito finora, ma restano alti: a gennaio 31 euro/mwh e 78 dollari/barile. A fine 2023 il Pil italiano potrebbe essere andato meglio dell’atteso: ripartiti servizi e costruzioni, ma l’industria resta debole; inflazione ai minimi, solo in Italia. I tassi quindi potrebbero rimanere alti ancora per alcuni mesi”. A novembre la produzione ha subito un’altra forte flessione (-1,5%; -3,1% tendenziale); l’aumento di fatturato segnalato da RTT è spiegato da un ampio decumulo di scorte. Nel quarto trimestre, la variazione acquisita della produzione è di -1,1%. Lo rileva il Centro studi di Confindustria che sottolinea come “l’Hcob pmi un po’ risalito (45,3 da 44,4) anticipa un dicembre in miglioramento, ma la fiducia delle imprese ha continuato il trend decrescente. E a inizio 2024 il ‘blocco’ di Suez (se prolungato) può peggiorare lo scenario”. “A metà gennaio, il traffico di navi nel mar Rosso si è più che dimezzato (-55% rispetto al quarto trimestre 2023; dati Redsea Kiel institute) e il costo di trasporto dei container dall’Asia all’Europa è aumentato del 92% (Shanghai Containerized Freight index)”. Lo rileva l’indagine congiuturale flash del Centro studi di Confindustria che sottolinea come “l’intensificarsi degli attacchi del gruppo yemenita Houthi alle navi di trasporto marittimo all’ingresso del Mar Rosso ha comportato una sospensione del transito nel Canale di Suez da parte delle maggiori compagnie di spedizioni internazionali (Msc, Maersk, Cma Cgm, Hapag-Lloyd, seguite da compagnie petrolifere come British Petroleum e Frontline), che hanno deviato le rotte a sud del Capo di Buona Speranza (circa 10 giorni di navigazione in più)”.
“Il 90% del volume degli scambi globali avvienevia mare; di questo, prima di tale crisi, il 12% transitava per il Canale di Suez. Per l’Italia – evidenzia Confindustria – il 54% degli scambi è via nave, di cui il 40% tramite Suez; soprattutto, via mare transita più del 90% dei flussi italiani con i principali paesi a est del Mar Rosso (in Asia e parte del Medio Oriente). Potenzialmente esposti sono: gli scambi di petrolio e gas (da Kuwait, Qatar, Eau, Iraq; parte del petrolio dell’Arabia Saudita è invece imbarcato a nord dello Yemen), quelli di beni elettronici e apparecchi elettrici (oltre la metà dell’import extra-Ue viene dalla Cina), quelli di prodotti in pelle (quasi un terzo viene dalla Cina), quelli di macchinari (soprattutto in uscita verso i principali paesi asiatici)”. “L’impatto economico del crollo del trasporto marittimo attraverso il Canale di Suez è fortemente condizionato alla sua persistenza: più è prolungato, maggiori saranno gli effetti negativi sul commercio estero italiano e globale”, rileva Confindustria.