
Dazi, CamCom Irpinia Sannio: notevole impatto per nostro agroalimentare
Dazi, CamCom Irpinia Sannio: notevole impatto per nostro agroalimentareMilano, 4 apr. (askanews) – I dazi imposti dalla Casa Bianca all’Ue impensieriscono gli operatori del vino di Irpinia e Sannio. Secondo una elaborazione della Camera di Commercio Irpinia Sannio su base Istat, il valore delle vendite verso gli Usa ammonta a quasi 9 milioni di euro per una quota di mercato che supera il 30% del totale export. Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano la prima destinazione in valore per l’export dei vini di Irpinia (nel 2024 le esportazioni hanno toccato i 7 milioni di euro, in crescita del 25,9% rispetto all’anno precedente) e per quelli del Sannio (1,85 milioni di euro, +27,5% sul 2023). Cifre alla mano, su un totale dell’export dei vini irpini che nel 2023 ha raggiunto i 22,7 milioni di euro (+11,2% rispetto al 2023), le vendite verso gli Usa rappresentano il 30,8% del totale del mercato al di fuori dell’Italia. Per i vini sanniti, invece, la rotta commerciale diretta negli States cuba il 28,5% dell’export totale, pari a 6,5 milioni di euro.
“Credo che l’impatto dei dazi americani sarà notevole per l’agroalimentare irpino-sannita, in quanto l’export di vino e olio d’oliva, nel suo insieme, per il 70% è diretto negli Usa” commenta Girolamo Pettrone, commissario straordinario Camera di Commercio Irpinia Sannio, spiegando che “negli ultimi mesi, a partire dallo scorso dicembre, gli ordini sono aumentati proprio per l’incognita dei dazi. Ora bisognerà capire come l’Ue e il governo italiano vorranno porsi per arginare almeno in parte questa spada di Damocle”. La presidente del Consorzio tutela Vini d’Irpinia, Teresa Bruno, confida nella missione al Vinitaly per promuovere il territorio e i vini: “Occorre ora individuare mercati alternativi come il Giappone, senza per questo dimenticare l’Italia, dove dovremmo concentrare nuove strategie di marketing”.
Sul versante del Sannio Consorzio Tutela Vini, il presidente Libero Rillo è attendista e lancia un appello alla catena di approvvigionamento per evitare che si inneschino delle speculazioni che possono essere paradossalmente ancora più dannose dei dazi. “Bisognerà trovare accordi con gli importatori e capire quale sarà l’impatto effettivo dei dazi – spiega Rillo – perché su una bottiglia media di 5-6 euro, che poi è il prezzo medio del nostro prodotto in Usa, un dazio di 1,20 dollari non sarebbe di per sé un problema. Se però i maggiori dazi dovessero portare a un aumento del prezzo della bottiglia a ogni passaggio fra tasso di cambio euro/dollaro, trasporto, sdoganamento, fino ad arrivare al ristorante, allora avremmo un incremento sensibile dei costi, penalizzando la penetrazione dei nostri vini sul mercato statunitense”.