Diplomazia al lavoro. Israele: Hamas è Isis di Gaza, sarà guerra lunga e estenuante
Diplomazia al lavoro. Israele: Hamas è Isis di Gaza, sarà guerra lunga e estenuanteRoma, 12 ott. (askanews) – Israele si sta preparando a una campagna militare “lunga ed estenuante contro Hamas” e l’esercito è pronto a “una manovra di terra” nella Striscia di Gaza, anche se al momento “nulla è stato ancora deciso”. A quattro giorni dall’inizio del nuovo conflitto tra lo Stato ebraico e gli estremisti palestinesi di Hamas, la tregua appare ancora molto lontana. Nonostante gli sforzi della comunità internazionale per un cessate il fuoco, per l’apertura di corridoi umanitari e per il rilascio immediato degli ostaggi – oggi il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato nella regione per incontrare i vertici di Israele e Anp -, la situazione sul terreno resta difficile: gli islamisti hanno ripreso il lancio di razzi contro le città d’Israele dopo una tregua di circa dieci ore, mentre il governo di Benjamin Netanyahu non sembra disposto a rinunciare a quella che è diventata una vera e propria caccia all’uomo. “Ogni esponente di Hamas è un uomo morto”, ha detto minaccioso il premier israeliano.
Il bilancio delle vittime a Gaza e in Israele, intanto, continua ad aggravarsi. Nello Stato ebraico i morti sarebbero oltre 1.300, secondo l’aggiornamento pubblicato dal Times of Israel citando fonti sanitarie israeliane. Almeno 3.300 i feriti, di cui quasi 400 in gravi condizioni. Nella Striscia, invece, più di 1.200 persone avrebbero perso la vita, in base ai dati in possesso del ministero della Sanità locale. Sarebbero invece 130 gli ostaggi in mano agli estremisti palestinesi, come ha confermato un portavoce del movimento islamico. Le sirene d’allarme antimissile si sono attivate questa mattina anche nel centro dello Stato ebraico; esplosioni, da impatto e da intercettazione, sono state udite nelle aree di Even Yehuda, Tayibe, Ariel e Kfar Yona. Da parte sua, l’esercito israeliano ha colpito nella notte le forze d’élite Nokhba di Hamas, i cui combattenti avevano guidato l’attacco contro Israele il 7 ottobre. Nel mirino dei militari sono finiti i centri di comando operativo “utilizzati dagli agenti che si sono infiltrati nelle comunità” ebraiche, ha confermato l’aeronautica israeliana su X. Un attacco aereo israeliano ha inoltre ucciso 15 palestinesi in un campo profughi di Gaza, secondo i media di Hamas citati dall’agenzia Reuters, mentre il principale ospedale di Gaza ha fatto sapere di avere solo quattro giorni di carburante per i suoi generatori.
Il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant, ha informato i 31 suoi omologhi riuniti a Bruxelles per una ministeriale della Nato sulle atrocità commesse dai terroristi di Hamas contro bambini, donne, uomini e anziani. Il ministro ha anche mostrato loro un video non censurato. “Hamas è l’Isis di Gaza, un’organizzazione feroce, finanziata e sostenuta dall’Iran. Hamas è l’Isis”, ha detto, collegato in videoconferenza. “L’Isis di Gaza non esisterà, ai nostri confini. L’IDF distruggerà Hamas. E daremo la caccia a ogni uomo, macchiato del sangue dei nostri figli”, ha minacciato, dopo che l’esercito aveva confermato la notizia secondo cui i soldati avrebbero trovato una bandiera del gruppo jihadista dello Stato Islamico sul giubbotto di un miliziano di Hamas ucciso durante un assalto al Kibbutz Sufa, vicino al confine di Gaza. Gli alleati della Nato, da parte loro, hanno condannato gli attacchi di Hamas. “Israele non è solo”, ha precisato il segretario generale Jens Stoltenberg. Confermando la loro solidarietà allo Stato ebraico, i ministri hanno chiesto all’esercito di usare una forza “proporzionata” per contrastare questi “ingiustificabili atti di terrorismo”, ed hanno auspicato il rilascio immediato degli ostaggi e la protezione della popolazione civile.
A questo proposito, Israele ed Egitto avrebbero raggiunto un accordo, in linea di principio, sulla creazione di un corridoio umanitario sicuro per l’uscita dalla Striscia di Gaza di cittadini stranieri, mentre il Cairo avrebbe opposto il proprio diniego a un’analoga via d’uscita per i profughi palestinesi. Secondo le autorità egiziane, infatti, la fuga dalla Striscia non servirebbe la causa palestinese e non risolverebbe il conflitto in corso. D’altra parte, Izzat al-Risheq, un alto funzionario di Hamas, parlando alla Cnn dal Qatar, ha detto che è ancora troppo presto per discutere di uno scambio di ostaggi con Israele. “Discuteremo di questo problema solo quando finirà l’aggressione israeliana contro il nostro popolo”. La comunità internazionale resta comunque mobilitata al massimo livello per una de-escalation. Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in Israele dove sono previsti incontri con le autorità israeliane tra cui il premier Benjamin Netanyahu. Domani, secondo fonti palestinesi, Blinken vedrà il presidente palestinese Abu Mazen. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, da parte sua, ha precisato di essere impegnato con “tutta la forza” necessaria per il rilascio di tutti gli ostaggi, in stretto coordinamento con Israele. Nel frattempo ha annunciato la sospensione degli aiuti allo sviluppo ai Territori palestinesi in attesa del completamento di una revisione sulla loro destinazione, al fine di assicurare che servano al meglio la pace regionale e la sicurezza di Israele.
E anche la Cina starebbe lavorando per una cessazione delle ostilità. L’inviato cinese per gli Affari del Medio Oriente ha confermato che il suo governo è disposto a collaborare con l’Egitto per promuovere un “cessate il fuoco immediato e la fine delle violenze”. Zhai Jun ha ribadito in particolare la posizione di Pechino a favore di una soluzione a due Stati come “soluzione fondamentale” per raggiungere la pace tra Israele e Palestina. “La comunità internazionale dovrebbe compiere sforzi concreti con il massimo senso di urgenza per promuoverla”, ha affermato. Il presidente egiziano Al Sisi ha sentito oggi il premier britannico Rishi Sunak, mentre il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, a loro volta, hanno discusso del conflitto nella prima telefonata tra i due leader dopo l’accordo mediato proprio dalla Cina tra Teheran e Riad. Raisi e il principe ereditario saudita hanno parlato della “necessità di porre fine ai crimini di guerra contro la Palestina”. Salman ha insistito sul fatto il Regno sta facendo tutti gli sforzi possibili per comunicare con tutte le parti internazionali e regionali allo scopo di fermare l’escalation in corso. (di Corrado Accaputo)