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E’ morto Carlo Di Cicco. Giornalista della pace e del sociale

| Redazione StudioNews |

E’ morto Carlo Di Cicco. Giornalista della pace e del socialeRoma, 15 apr. (askanews) – Schivo e riservato ma preparatissimo e dalle profonde convinzioni etiche e sociali “senza se e senza ma”. Insomma, “un giornalista di altri tempi”, si potrebbe dire oggi. Così lo ricordano colleghi e quanti lo hanno conosciuto in questi quasi 50 anni di attività giornalistica. Se ne è andato, all’età di 79 anni e dopo una breve malattia Carlo Di Cicco, il giornalista “della pace e del sociale” che può essere a buon diritto annoverato tra i comunicatori “della e per la pace”, e del sociale. Tra i pionieri di un settore, quest’ultimo, fino a poco tempo fa, poco considerato e raccontato dalla grande stampa. Una vita passata da cronista vaticano prima e “sociale” poi all’agenzia Asca che contribuì a lanciare e per la quale svolse anche un importante lavoro sindacale nel Cdr. Una professionalità la sua che ebbe una sorta di conferma, con la chiamata, nell’ultima fase della sua vita professionale, Oltretevere quale Vice-Direttore de L’Osservatore Romano, che contribuì a guidare negli anni non semplici del pontificato di Papa Ratzinger. Fu lo stesso pontefice tedesco a chiamarlo perché positivamente colpito da un suo argomentatissimo libro: “Ratzinger. Benedetto XVI e le conseguenze dell’amore” del maggio 2006, (per le Edizioni Memori) nel quale – controcorrente – descriveva un pontefice dai tratti e dagli indirizzi completamente differenti da quelli presentati dalla stampa in quegli anni. Una lettura “altra” e del tutto inedita che colpì i vertici Vaticani per l’acutezza delle analisi oltre gli schemi ormai cuciti addosso a quello che fu subito bollato come “il Pastore tedesco”. Un libro, mi permetto di dire, che molti “esperti” dovrebbero riscoprire e rileggere, come contributo a disinnescare tante spigolosità e incomprensioni che si vogliono far scoppiare (per lo più artatamente) anche in questi ultimi anni all’interno della Chiesa guidata da un pontefice, come Francesco, molto amato dallo stasso Di Cicco. Ma Carlo Di Cicco è stato molto altro. Nato in un paesino nei pressi di Cassino, si trasferì giovanissimo in una Roma dai tratti pasoliniani vivendo un periodo della sua vita in quelli che erano i “borghetti” alla periferia della città, così ben descritti dall’artista friulano. Forse qui, tra quelli che Papa Francesco ha definito gli “scarti” ignorati da una società che non ama “le periferie”, sviluppò ancor di più la sua sensibilità sociale, tanto che fu l’ultimo a lasciare quel posto fatto di lamiere e baracche quando fu certo di una sicura collocazione per le famiglie che vi abitavano. Poi l’impegno per un giornalismo che, insieme a tanti altri settori della società italiana, ancora avevano il sogno e l’ambizione di cambiare la società. Ed è in questa dimensione che va sempre inquadrato, con testardaggine e poco margine ai compromessi, il suo impegno professionale che portò Carlo fino a diventare redattore capo all’Asca. L’ultima sua battaglia nella agenzia per la quale spese buona parte della sua vita fu di creare una redazione “Sociale” in cui credette con totale impegno, tanto da introdurre, per la prima volta in Italia, la figura del redattore sociale. Che assicurasse un flusso quotidiano e continuo di notizie su fatti e politiche che riguardassero le realtà marginali della società, il volontariato e il terzo settore, argomenti quali le droghe, il carcere, la salute negata e poi i migranti e le disabilità. Insomma tutte quelle che, soprattutto in quegli anni, erano considerate “non-notizie” con fasce di popolazione che non servivano né al consenso, né all’economia. In questo percorso si inserisce anche l’impegno di Di Cicco per la pace. Una “vocazione” che visse sulla sua pelle da obiettore di coscienza. Anche qui una scelta radicale e senza compromessi che lo portò fin nelle celle di un carcere militare per non tradire le sue convinzioni di pacifista assoluto. Amico di Pax Christi, militante di questa realtà associativa (per 10 anni ne fu direttore del Bollettino nazionale), fu amico dei vescovi Tonino Bello e Luigi Bettazzi. Le sue acute analisi, che non ha mai smesso di regalarci fino a pochi giorni prima della sua morte collaborando con alcuni siti, si sono anche esplicate attraverso la pubblicazione di alcuni libri. Oltre a quelli su Papa Ratzinger, sono da ricordarne altri. Tra questi: “I guardiani dei sogni con il dito sul mouse”, “Ti Credevo un altro”, “Se ti leggo amerò per sempre”, oltre ad una analisi su “Cuba, tra Francesco e Obama” del 2016.



Alle persone a lui più care e alla grande famiglia dell’Asca le più sentite condoglianze della direzione di Askanews.