Equo compenso, Fondazione Inarcassa: nessuna marcia indietro da Anac
Equo compenso, Fondazione Inarcassa: nessuna marcia indietro da AnacRoma, 13 mar. (askanews) – “Desideriamo tranquillizzare architetti e ingegneri liberi professionisti, nonchè i RUP e chiarire la natura del parere pubblicato da ANAC che attiene al principio di eterointegrazione della lex specialis. Questo principio è utilizzato in casi eccezionali per colmare una lacuna del bando di gara ricorrendo ad altra norma o istituto. Questo chiarimento è necessario a seguito di un’interpretazione diffusa ieri, in seguito alla delibera 28 febbraio 2024, n. 101 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione non aderente al dettato normativo, che arrivava a ipotizzare la possibilità di gare senza equo compenso”. Così si è espresso Andrea De Maio, Presidente della Fondazione Inarcassa – Fondazione degli Architetti e Ingegneri liberi professionisti.
Il caso trattato dall’ANAC è particolare, in quanto il bando carente del principio dell’equo compenso, è stato pubblicato all’indomani della entrata in vigore della L. 49/2023. Certamente non è una situazione ripetibile in futuro, atteso che la stessa ANAC ha già previsto nel bando tipo per i servizi di ingegneria e architettura – in consultazione – l’applicazione dell’equo compenso, suggerendo alle Stazioni Appaltanti di applicare il ribasso esclusivamente sulle spese generali. “Vogliamo ricordare che il bando-tipo ANAC sarà vincolante per le stazioni appaltanti, le quali dovranno uniformarsi ad esso. Siamo fermamente convinti che la delibera 28 febbraio 2024, n. 101 non influenzerà i comportamenti delle Stazioni Appaltanti, che registriamo essere sempre più corretti e attenti all’equo compenso, anche grazie al costante contributo di ANAC. Invitiamo coloro che avessero ancora dei dubbi a rileggere con attenzione la delibera in questione che chiude il parere con una prova di resistenza. In altre parole, anche se l’equo compenso fosse stato applicato, il ricorrente non sarebbe risultato comunque vincitore della procedura”.
“Da un punto di vista strettamente giuridico – conclude De Maio – il fatto che sia stata necessaria una prova di resistenza, conferma (e non indebolisce) la valenza del principio dell’equo compenso, misura assolutamente coerente al quadro normativo vigente e necessaria per frenare la perdita di competitività e di reddito di intere categorie professionali che impatta sulla qualità delle prestazioni rese e – con riferimento ai settori tecnici di ns. interesse – sulla sicurezza stessa dei cittadini”.