Europarlamento, grandi manovre a destra in vista delle elezioni
Europarlamento, grandi manovre a destra in vista delle elezioniBruxelles, 11 feb. (askanews) – A cinque mesi dalla elezioni europee del 6-9 giugno, e nel pieno di uno scontro elettorale partito in forte anticipo, si prospettano equilibri del tutto nuovi tra i gruppi politici del Parlamento europeo, mentre cambiano le strategie delle alleanze.
Tutti i sondaggi danno in forte aumento i due gruppi a destra del Ppe, quello sovranista (Conservatori e Riformisti europei, Ecr) di cui fa parte l’Fdi, e quello dell’estrema destra nazionalista Id (‘Identità e Democrazia’), in cui siedono gli eletti della Lega, nonché i francesi del Rassemblement national di Marine Le Pen e i tedeschi dell’Afd (Alternativa per la Democrazia). Le ultime rilevazioni (di Europe Elects e di Euractiv) prevedono tra 80 e 81 seggi per l’Ecr, rispetto agli attuali 68 (da 17 paesi), e tra 92 e 93 per Id, rispetto agli attuali 59 (da 8 paesi). L’Ecr, oggi quinto gruppo più numeroso, diventerebbe il quarto, mentre Id passerebbe addirittura dal sesto al terzo posto, a danno del gruppo Renew (Liberaldemocratici) che è dato in forte discesa (una ventina di seggi in meno) e passerebbe dall’attuale terzo al quinto posto, con poco più di 80 seggi.
Tuttavia, una serie di manovre in corso, o previste immediatamente dopo le elezioni, potrebbero aumentare considerevolmente il numero di partiti aderenti e il peso del gruppo Ecr, che non è escluso riesca così a superare Id, sottraendogli il terzo posto. Lo dimostra il recente ingresso nell’Ecr di uno dei due eurodeputati del partito di estrema destra francese ‘Reconquete’, e l’apertura a un’intesa con il partito del premier ungherese Viktor Orbán, Fidesz, che probabilmente entrerà nel gruppo dopo le elezioni. Il Ppe, anche se in calo dagli attuali 182 seggi, resterebbe il primo gruppo politico con 178 eurodeputati. Manterrebbero la seconda posizione, con 143 eurodeputati, anche i Socialisti e Democratici (S&D), sebbene con una decina di seggi in meno rispetto a oggi.
I sondaggi prevedono una dura sconfitta dei Verdi, che passerebbero dall’attuale quinto posto (74 seggi) al sesto (50 eurodeputati). Resta aperta la possibilità che dopo le elezioni entri finalmente nel gruppo ecologista la pattuglia del M5S, oggi tra i non iscritti, sempre che cada la contrarietà dei Verdi tedeschi, o che i pentastellati, spazientiti dal lungo periodo in sala d’attesa, non chiedano di entrare in altre famiglie politiche (S&D o Renew). Il M5S negli ultimi sondaggi italiani è dato attorno al 17%, la stessa percentuale del 2019, quando prese 14 seggi. Non dovrebbe cambiare molto, infine, per il gruppo della Sinistra, il più esiguo dei sette gruppi europarlamentari, dato in leggero calo (dagli attuali 41 a 37 seggi).
Va sottolineato tuttavia che alle prossime elezioni aumenterà il numero totale degli eurodeputati, dagli attuali 705 a 720, e la maggioranza assoluta passerà da 353 a 361 voti. Questo, insieme al fatto che le elezioni europee si svolgono con il sistema proporzionale, diversamente dalle elezioni nazionali in molti paesi, potrebbe comportare delle sorprese rispetto alle previsioni degli attuali sondaggi. In questo quadro, è importante notare le diverse strategia delle alleanze per il dopo-elezioni che stanno emergendo soprattutto al centro e a destra, mentre a sinistra non sembra esserci alcun cambiamento di paradigma rispetto alla volontà di ricostituire l’alleanza europeista con il Ppe che ha caratterizzato la cosiddetta ‘maggioranza Ursula’ in questa legislatura. Con la volontà di collaborare, quando è possibile, con l’Ecr, ma mantenendo il ‘cordone sanitario’ nei riguardi dell’ultradestra di Id. Il cambiamento di strategia più importante è quello già in atto da parte del Ppe, iniziato dopo le elezioni locali in Olanda della primavera scorsa che diedero, a sorpresa, la vittoria al ‘Partito di Contadini’ e segnarono l’inizio dell’ondata contraria all’attuazione dell’ultima parte del grande progetto legislativo del Green Deal. Un’ondata che il Ppe guidato da Manfred Weber (con il notevole apporto di un’altra esponente di spicco del gruppo, l’olandese Esther De Lange) ha cavalcato schierandosi decisamente a destra, e votando su molte misure, nelle commissioni parlamentari e in plenaria, non solo con l’Ecr e con una parte minoritaria di Renew, ma anche con Id, contro l’alleanza ecologista di centro sinistra. La strategia di Weber, già vista all’opera, non è affatto quella di creare una nuova alleanza stabile di centro destra, compresa la destra estrema e senza i Socialisti, come vorrebbero Id e una parte dell’Ecr, ma punta semmai a ridare centralità assoluta al Ppe nel costituire di volta in volta maggioranze diverse, a seconda dei temi in discussione e delle misure sottoposte al voto della plenaria. L’obiettivo è di fare in modo che la prossima presidenza della Commissione europea debba chiedere il sostegno e i voti per le proprie proposte direttamente al Ppe, e non più a una riedizione della ‘maggioranza Ursula’, in cui le priorità dei Popolari potevano essere messe in minoranza e marginalizzate. Questo disegno sembra essere stato ben compreso dalla premier italiana e leader dell’Ecr Giorgia Meloni, che ha già segnalato di non condividere affatto la pretesa dei suoi alleati di governo della Lega di ricreare anche in Europa la coalizione di maggioranza italiana (anche perché difficilmente Ppe, Ecr e Id avrebbero la maggioranza assoluta a Strasburgo). Se e quando sarà necessario, a partire dal voto di fiducia alla nuova Commissione, l’Ecr voterà, insieme al Ppe, anche con i Socialisti (oltre che, naturalmente, con i Liberali di Renew) e non con l’estrema destra. Soprattutto se, come appare sempre più probabile, a guidare la nuova Commissione sarà ricandidata Ursula von der Leyen, che, dopo una prima fase difficile nei rapporti con Weber, sembra ora essersi allineata con la nuova strategia del Ppe. E’ anche in questo contesto che vanno visti gli ottimi rapporti della premier italiana con l’attuale, e probabilmente anche futura, presidente della Commissione. Sarà importante, tuttavia, per l’Ecr, avere la forza e la credibilità necessarie per essere associato nel modo più stabile possibile alla strategia di Weber, in modo che anche il gruppo di Meloni possa assumere, almeno in parte, la nuova centralità a cui punta il Ppe. Svolgendo in cambio un ruolo stabilizzatore, di moderazione e integrazione completa del movimento sovranista nel mainstream europeo dei negoziati politici e delle alleanze. Per avere più forza politica, l’Ecr dovrà non solo avere i risultati elettorali brillanti che tutti si aspettano alle elezioni, ma anche aumentare il numero di partiti nazionali aderenti al gruppo; per avere la credibilità necessaria per l’alleanza con il Ppe, i Conservatori dovranno garantire la continuità della linea atlantista, anti russa e pro-Ucraina, di Giorgia Meloni, e un atteggiamento non anti europeo, ma anzi favorevole al rafforzamento dei progetti per la politica estera, di sicurezza e di difesa comune, e per la cosiddetta ‘autonomia geostrategica’ dell’Europa. Il sovranismo dei Conservatori resterà anti-federalista, ma si esprimerà piuttosto nel reclamare più ‘sussidiarietà’ in alcuni settori della politica interna dell’Ue, come le politiche ambientali. Per affermare questa linea e convincere le componenti più radicalmente sovraniste del suo gruppo, Giorgia Meloni sarà chiamata a esercitare le capacità di mediazione che ha già dimostrato a livello europeo. Il suo ruolo nel convincere Orbán a togliere il veto agli aiuti da 50 miliardi di euro all’Ucraina, all’ultimo Consiglio europeo, è stato riconosciuto da tutti. Appare molto fondata la tesi secondo cui, in cambio, la premier si sarebbe impegnata a fare quanto sarà necessario per assicurare a Orbán l’ingresso nell’Ecr di Fidesz (che in Ungheria viaggia sul 40% dei consensi) dopo le elezioni europee. Dalla sua uscita dal Ppe tre anni fa (decisa da Orbán per evitare l’espulsione, dopo due anni di sospensione) il partito ungherese era rimasto tra i non iscritti, perdendo molto del suo potere nel Parlamento europeo. Resta da vedere se Orbán e i suoi eurodeputati accetteranno di continuare a moderare le loro posizioni filorusse e fortemente anti europee. L’adesione al gruppo dei Conservatori di Nicolas Bay, del partito ‘Reconquete’ guidato da Eric Zemmour, fa parte della strategia di rafforzamento dell’Ecr, che in questo modo sarà rappresentato finalmente anche in Francia. L’altro eurodeputato di Reconquete, Gilbert Collard, è rimasto per ora tra i non iscritti, ma dopo le elezioni si prevede che i seggi del partito francese aumenteranno a sei. Sembra che l’operazione sia stata condotta direttamente dagli eurodeputati di Fdi, il vicepresidente del gruppo Ecr, Nicola Procaccini, e Vincenzo Sofo, marito della vicepresidente di Reconquete, Marion Maréchal, che è nipote di Marine Le Pen e guiderà la lista elettorale europea. Un altro partito di destra che potrebbe entrare nel gruppo Ecr, probabilmente dopo le elezioni, è quello dell’Alleanza per l’Unità della Romania (Aur). Fondato recentemente (nel 2019), l’Aur si è affermato con il 9% alle elezioni politiche romene del 2020 e i sondaggi lo danno oggi al 20% (a giugno potrebbe avere una decina di eurodeputati eletti). Più che l’atteggiamento riguardo a Russia e Ucraina, il problema che potrebbe porsi con l’Aur è il suo nazionalismo radicale, che comprende rivendicazioni romene sulla Moldova, paese candidato all’adesione all’Ue. Integrando questi nuovi partiti nazionali, l’Ecr rischia comunque di perdere dei pezzi. Il Partito civico democratico ceco (Ods), uno dei membri fondatori dell’Ecr, è contrario all’adesione di Fidesz, sostiene che le posizioni di Orbán non hanno nulla in comune con i valori del gruppo, e minaccia di andarsene se entreranno gli ungheresi. Il disagio per lo spostamento a destra che si preannuncia con l’ingresso di Fidesz e di Reconquete è stato segnalato anche dagli eurodeputati del partito nazionalista fiammingo N-va, che potrebbe lasciare il gruppo Ecr e chiedere di entrare nel Ppe. L’Ecr, fondato nel 2009 dai Conservatori britannici, dallo stesso Ods ceco e dal Pis polacco (‘Legge e Giustizia’), si è progressivamente spostato più a destra, dopo la Brexit, con la radicalizzazione del Pis e con le adesioni del partito spagnolo Vox e del ‘Partito dei Finlandesi’. Un altro problema è l’ostilità contro il Pis all’interno del Ppe (soprattutto da parte dell’attuale primo ministro polacco, Donald Tusk), mentre esponenti di Renew hanno annunciato di non voler negoziare con l’Ecr se Reconquete ne farà parte. Anche il gruppo Id si prepara ad accogliere nuove forze politiche nazionali di estrema destra. Dovrebbero entrarci gli eletti del Partito della Libertà’ (Pvv) di Geert Wilders (che non aveva eurodeputati finora, ma è diventato il primo partito in Olanda alle elezioni politiche del 2023), e quelli del partito populista portoghese ‘Chega!’ (Basta!) che tre anni dopo la sua fondazione ha ottenuto 12 seggi (il 7,2%), nelle elezioni nazionali del 2022. Tuttavia, anche nell’estrema destra cominciano a esserci problemi interni: dopo che l’Afd ha esposto il suo progetto di ‘remigrazione’ (l’espulsione dei migranti e dei cittadini tedeschi di origine straniera), che ha suscitato decine di manifestazioni di protesta in tutta la Germania, la leader del Rassemblement national, Marine Le Pen ha parlato di una possibile scissione nel gruppo, in cui l’Rn francese sarà il primo partito dopo le elezioni (e il partito più votato in Francia).